MARCO, IL PINGUINO DI TRIESTE CHE VISSE 32 ANNI ( DAL ’53 ALL’85 ) NELL’ACQUARIO DELLA CITTA’ MA ANCHE FUORI PER LE STRADE…FOTO E UN PICCOLO VIDEO + UN LIBRO DI ROBERTO KOVAZ CHE RACCONTA LA SUA STORIA

 

 

Marco il pinguino di Trieste

 

 

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Il pinguino Marco e quella bimba bionda che gli sorrideva nella foto di 46 anni fa a Trieste - Il Piccolo Trieste

Marco accanto ad una bambina che lo accarezza teneramente

 

 

https://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2017/02/04/news/quel-viaggio-della-nave-europa-con-ospite-il-pinguino-marco-1.14826795

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 2 personeUNA BELLA FOTO DI TRIESTE DI ALDO BUDICIN DA TRIESTE CAFE — link sotto

 

 

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particolare del Palazzo d’oro del Governo in piazza Unità (Trieste) illuminato dal sole che volge al tramonto– Foto Gianni Zigante

 

breve filmato sul pinguino Marco

https://www.facebook.com/TgrRaiFVG/videos/1967844053480249/

 

pinterest

 

 

CompagniaGinoFranzi  —

La vera storia del pinguino Marco

 

 

 

 

 

https://www.marypoppinshouse.com/2017/02/storia-di-marco-il-pinguino-rapito.html

 

 

Marco, il pinguino
che si credeva uomo

 

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Una fantastica avventura

Agata Fish

 

 

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Un’ immagine di Marco davanti all’Aquario con la vecchia insegna che credo non esista più e il bel cancello in ferro battuto.

 

FACEBOOK : Trieste cafe https://www.facebook.com/triestecafeTv/photos/a.284256011968091/518548191872204/

 

Un pinguino di nome Marco usciva tutti i giorni dall’acquario di Trieste e se ne andava tranquillamente a passeggio per le vie della città. Se vedeva una macchina fotografica si metteva in posa. Ha vissuto 32 anni -un autentico record- nell’acquario triestino, dal 1953 al 1985. Per Trieste è stato un simbolo. Un mito e una leggenda. Un delizioso libriccino di Roberto Covaz ne ricostruisce la storia. Svelando anche alcuni retroscena ancora inediti. Come il fatto che Marco, in realtà, venne rapito, e che diversamente da quel che si credeva non era un maschio ma una femmina. La scoperta fu fatta solo dopo la sua morte, con l’autopsia. Venne imbalsamato e chiuso in una teca. Ma non è mai stato esposto al pubblico.

 

TRIESTE – Città strana, Trieste. Sarà per via della bora “che fa vegnìr mato”, o per colpa di San Giusto che tanto giusto non doveva essere. Dove ghe xe più giorni che luganeghe, dove viva la e po bon, dove i ragazzi sono “muli”, le ragazze “mule”, le vecchie “babe” e gli stupidotti “bubez”.

 

Com'è nato "Un pinguino a Trieste"? Lo racconta Chiara Carminati

 

Dove il caffè si chiama “néro”, il cappuccino è un caffè macchiato che si chiama “capo” e lo si può avere anche come “capo in b”, dove “b” sta per bicchiere, e per avere un cappuccino bisogna ordinare un caffelatte. Da far girar la testa. Specie se senti ordinare “un capo deca in b macchiato bianco”, con la variante “macchiato néro”, che vorrebbe dire un caffè macchiato decaffeinato in bicchiere con un’aggiunta di latte oppure di caffè.

 

 

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Nessuna meraviglia dunque se qui i pinguini si credono uomini e vanno tranquillamente a spasso per la città.

E’ la meravigliosa storia di Marco, il pinguino di Trieste. Un mito. Una leggenda.
Ma è esistito veramente.

Arrivò a Trieste dal Polo Sud nel 1953 a bordo della motonave “Europa”. Fu il nostromo di coperta, tale Barrera, a donarlo al direttore dell’acquario cittadino, tale Gridelli. “Non ce la faccio più a tenerlo”, gli disse con gli occhi lucidi.

 

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Marco, il pinguino che si credeva uomo e che gli uomini, sbagliando, pensavano fosse un pinguino, è stato per più di trent’anni il simbolo di Trieste. Molto più del castello. Marco ha vissuto all’acquario di Trieste dal 1953 al 1985: 32 anni, un autentico record per un pinguino. La sua storia è raccontata da Roberto Covaz, giornalista della redazione di Monfalcone del quotidiano triestino “Il Piccolo”, in un delizioso libriccino intitolato “Marco, il pinguino di Trieste” (edizioni Mgs Press, 50 pagine, 7,50 euro), impreziosito da una gustosissima prefazione in dialetto dello scrittore Alessandro Fullin (“come mato son mi per i aquari…”).

 

https://www.ilmondodietrolangolo.com

 

A oltre trent’anni dalla scomparsa –sostiene l’autore- il suo ricordo è ancora ben impresso nella memoria di generazioni di triestini e non solo. Non c’è stato bambino che non abbia incontrato almeno una volta Marco che “riceveva” talvolta nella vasca centrale dell’acquario, costruita apposta per lui, ma più spesso lungo le rive, dove attraversava goffamente i binari sui quali procedeva pigramente la “cagoia”, nomignolo emblematico affibbiato al treno che più volte al giorno trasportava merci tra le stazioni Centrale e di Campo Marzio”

 

Marco, si legge, era sempre in compagnia dei suoi amici custodi ed era affettuosamente perdonato e assecondato in tutti i suoi capricci, compreso quando beccava sul naso qualche bimbo troppo intraprendente nel volerlo accarezzare. Marco si atteggiava come una star: se c’era una succulenta contropartita (sardoni in primis), batteva le ali a comando e quando spuntava una macchina fotografica si metteva in posa.

 

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Eccolo in una foto d’epoca, quando era la star dell’Acquario Marino di Trieste. L’Acquario Marino. Sembra una fiaba la storia del pinguino Marco, forse il pinguino più famoso del mondo…

Una rivelazione: Marco non fu salvato dalle fauci di un’orca, come vuole la vulgata, bensì venne rapito, vittima di un puerile gioco fra marinai.

La storia comincia nel 1953, quando la motonave «Europa», con il suo carico di emigranti triestini, arriva a Città del Capo. La nave, comandata da Arrigo Liberi, è al suo secondo viaggio in Sudafrica, dopo quello inaugurale da Genova dell’ottobre dell’anno prima. Fra i più giovani componenti dell’equipaggio ci sono due ragazzi istriani, Ezio e Nini. Hanno il compito di pulire le camere dei passeggeri, e come tutti i giovani si annoiano quando la nave è alla fonda. Perciò organizzano il rapimento di un pinguino, uno dei tanti che bazzicano le scogliere di Città del Capo.

Ezio e Nini, scrive Roberto Covaz, «all’imbrunire della sera precedente la partenza dell’Europa si muniscono di una rete da pesca trovata sui pontili e, dopo alcuni tentativi andati a vuoto, riescono a catturare un pinguino». È un esemplare molto piccolo, alto nemmeno mezzo metro, della specie Spheniscus demersus, che finisce «stremato e impaurito» chiuso in un sacco nella cambusa della nave. È talmente malridotto che i due ragazzi, pentiti, pensano di riportarlo a terra, ma ormai è troppo tardi: l’«Europa» salpa alla volta di Trieste con il suo piccolo clandestino
a bordo. Naturalmente il comandante Liberi non sa nulla, il nostromo Giovanni Barrera, un veterano della Marina militare, copre i due ragazzi e la loro bravata.

Ma presto la salute del pinguino diventa un problema: nella cambusa il caldo è insopportabile, l’animale non mangia nulla e deperisce a vista d’occhio. Allora, con la complicità di altri marinai, il cucciolo viene trasferito nel gabinetto alla turca della cucina «dove di tanto in tanto si potrà rinfrescarlo con i getti d’acqua dello sciacquone». Poi, a turno, i marinai si affacciano di nascosto dal portello basso della cambusa per pescare pesce fresco direttamente in mare. Intanto il pinguino è stato battezzato: Marco, appunto.

Le cure dei marinai gli fanno bene, Marco sta meglio e ne combina di tutti i colori. Si sta sviluppando anche quel fenomeno noto agli etologi come «imprinting»: il pinguino crede che i marinai siano suoi simili, e prende e seguirli e a imitarli.

La nave prosegue la sua rotta, ma allo scalo di Brindisi il segreto non può più essere mantenuto, e Barrera rivela al capitano l’esistenza a bordo del clandestino piumato. Marco arriva così a Trieste il 18 maggio del 1953 e, spacciato per orfano sottratto a morte sicura, viene affidato all’Aquario marino, allora diretto da Renato Mezzena.

 https://undicianni.wordpress.com/2016/06/23/la-storia-di-marco-il-pinguino/

 

 

Sul suo arrivo a bordo della motonave “Europa” circolarono fantasiose ricostruzioni. Questo libro ne svela una inedita: Marco fu rapito! Ma non vi diremo come, dovete leggerlo. E c’è anche un’altra sorpresa. Questa ve la raccontiamo: dopo aver creduto per più di trent’anni che fosse un maschio, si scoprì solo dopo la sua morte, in seguito all’autopsia, che invece si trattava di una femmina. Una pinguina.

Ora Marco, anzi Marzia, è imbalsamata, chiusa in una teca del museo di storia naturale, in una stanza purtroppo inaccessibile al pubblico. Sta per partire una raccolta di firme per chiedere che venga esposta. Perché tutti, ma proprio tutti, vogliono rivederla.

 

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3 risposte a MARCO, IL PINGUINO DI TRIESTE CHE VISSE 32 ANNI ( DAL ’53 ALL’85 ) NELL’ACQUARIO DELLA CITTA’ MA ANCHE FUORI PER LE STRADE…FOTO E UN PICCOLO VIDEO + UN LIBRO DI ROBERTO KOVAZ CHE RACCONTA LA SUA STORIA

  1. Chiara Salvini scrive:

    biagini bruno
    Grande Marco, arrivato a Trieste nel mio anno di nascita, lo ho “conosciuto” quando ero bambino e me lo ricordo bene, è una storia che resterà per sempre nel cuore.

    • Biagini Bruno scrive:

      E’ così bella la storia del pinguino Marco — ce l’eravamo dimenticata, ce l’hai fatta venire in mente tu — , così bella che l’abbiamo ripubblicata con minuscole aggiunte, grazie di venire a trovarci e farci memoria, chiara per il blog

  2. ueue scrive:

    Una favola vera finita bene: grazie per averci raccontato questa storia gentile e sorridente.

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