grazie a Donatella, la sempre bella ! — SANDRO ORLANDO, Putin, il topo: improvvisazione e paura per non arrendersi mai – IL FATTO QUOTIDIANO DEL 22 MAGGIO 2022

 

IL FATTO QUOTIDIANO DEL 22 MAGGIO 2022

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/05/22/putin-il-topo-improvvisazione-e-paura-per-non-arrendersi-mai/6600563/

 

Il ritratto di Putin, molto particolare realizzato dal fotografo bielorusso Krychko ( Rai News )

 

Putin, il topo: improvvisazione e paura per non arrendersi mai

MITOLOGIA – La strategia dello zar è non avere una strategia

DI SANDRO ORLANDO

22 MAGGIO 2022

Nel luglio 2017, la Russia informa la Nato che sta preparando un’esercitazione congiunta con la Bielorussia e invita i suoi osservatori a seguirla. La manovra Zapad è un’attività di routine, frutto di un accordo con Minsk, che impegnerà per cinque giorni 13 mila militari tra Kaliningrad e il mar Bianco. L’intelligence di tutto l’Occidente entra in fibrillazione: s’ipotizzano piani per rovesciare Aleksandr Lukashenko, invadere i Paesi baltici, aggredire il Nord Europa. Per reazione la Svezia diventa il primo Paese non-Nato a dotarsi dei missili Usa Patriot; e la Polonia organizza una contro-esercitazione, alla quale partecipano anche Ucraina e Georgia. Alla fine non accade nulla di più di quanto annunciato, e la manovra viene liquidata dagli analisti come una “prova di forza”.

Questo episodio serve a ricordarci quanto poco capiamo della Russia e del suo presidente, il leader più raccontato del mondo, quello che tutti crediamo di conoscere, ma anche il più sfuggente e imprevedibile. Intorno alla sua figura è fiorita una vasta letteratura, accomunata spesso dall’assenza di fonti dirette, sostituite da congetture e opinioni raccolte da dissidenti, oligarchi in esilio e uomini dell’apparato caduti in disgrazia. Con risultati quasi caricaturali, che han resuscitato i peggiori stereotipi della Guerra fredda. L’ex spia del Kgb è divenuta simbolo del Male, nemico dei film di James Bond.

Cosa non gli abbiamo attribuito in questi anni? La vittoria di Donald Trump in America, la Brexit, l’ascesa dei sovranismi e la crisi dei migranti in Europa. Intendiamoci: qualcuno a Mosca ha sicuramente cercato di trarre vantaggio dalle difficoltà dell’Occidente. Ma ricondurre tutto a Vladimir Vladimirovich vuol dire fare il suo gioco:

“Lo stratagemma più intelligente di Putin è convincerti che dietro a tutto ci sia lui”, osserva uno dei più autorevoli studiosi di politica russa, Mark Galeotti (in We need to talk about Putin, 2019). È il mito dello zar, l’uomo forte del Cremlino, il nuovo Stalin. Proprio l’errore commesso dai politici europei, pensando che Putin fosse tanto pericoloso e potente da cercare piuttosto di comprarlo, facendo affari con lui.

L’altro grande errore che Galeotti mette in evidenza è credere che in ogni mossa di Putin ci sia una strategia. Esempio: il tentato golpe in Montenegro, nel 2016. Il piano doveva impedire l’ingresso del piccolo Stato balcanico nella Nato, come poi è avvenuto, e coinvolse anche alcuni ufficiali dei servizi russi. Ma l’iniziativa era stata lanciata da un finanziere ultranazionalista legato ai vertici della Chiesa ortodossa — e sponsor della Lega di Salvini e altri partiti antieuropeisti — che già nel 2014 aveva cavalcato la rivolta dei separatisti in Crimea e Donbass: Konstantin Malofeyev. Il Cremlino l’ha raccolta e sostenuta per cogliere un’opportunità.

Putin è un campione di judo, e sa che l’abilità di questa arte marziale non sta nell’avere una strategia, inseguendo un disegno predeterminato, ma nel riuscire a cogliere rapidamente ogni vantaggio. E lo Stato che ha plasmato risponde a tale logica: da qui l’imprevedibilità della politica estera russa. “Se sembra che la Russia si stia muovendo in tutte le direzioni possibili contemporaneamente, non è perché è stato fatto un errore o c’è uno schema che non comprendiamo — continua Galeotti — ma è perché è proprio così che la Russia agisce”.

Inutile allora cercare di capire perché dopo i primi due mesi di guerra Mosca abbia deciso di abbandonare Kiev, concentrandosi sul Donbass. “Non siamo in grado di prevedere in anticipo le mosse di Putin, perché lui stesso non sa cosa farà dopo”, osserva Galeotti.

La mancanza di pianificazione ha contraddistinto nella primavera 2014 anche l’annessione della Crimea, sottolinea il politologo Daniel Treisman (in The New Autocracy, 2018). All’efficacia dell’incursione militare, che in tre giorni portò al controllo della penisola, fece da contraltare una gestione politica caotica e improvvisata: con fazioni del Cremlino in competizione per influenzare la sollevazione degli indipendentisti filorussi, e un referendum che dall’autonomia dall’Ucraina passò a decidere della piena unificazione alla Russia.

L’intervento era stato deciso in solitudine da Putin, per la paura di perdere la basa navale di Sebastopoli, concessa in affitto alla flotta russa sul mar Nero, dopo la fuga da Kiev del presidente Victor Yanukovich, burattino di Mosca. Ma la situazione gli sfuggì di mano, e Putin si ritrovò intrappolato in un esito da cui non vedeva vie d’uscita. Chi è convinto che il presidente russo sia animato da ambizioni neoimperialiste dovrebbe chiedersi: perché non ha annesso anche le Repubbliche di Donetsk e Lugansk, e tutte le altre enclave separatiste nate finora nello spazio postsovietico:  Transnistria (in Moldavia), Nagorno-Karabakh (Armenia), Abkhazia e Ossezia del Sud (Georgia)?

Uno dei motivi per cui Leonid Breznev è durato tanto a lungo ai vertici del Pcus, nonostante una salute malferma e diversi infarti, è perché aveva attorno persone che avevano tutto da perdere dalla sua uscita di scena. Un Putin sempre più annoiato e distaccato dalla gestione quotidiana del Cremlino è da tempo in cerca di un successore: a ottobre compirà 70 anni, e le voci sulla sua malattia sembrano fondate. Ma un presidente russo non si può ritirare se non trova chi lo protegga, come Putin fece quando subentrò a Boris Eltsin, concedendogli per decreto l’immunità permanente. C’è qualcuno di cui Putin si fida ancora? E chi sta traendo benefici dalle sanzioni e dallo spostamento del baricentro economico della Russia verso l’Asia? Sono le domande che bisognerebbe porsi prima di ragionare su un ipotetico cambio di regime a Mosca. Ricordandosi — è l’ultimo errore di valutazione — che le prime vittime del regime sono i russi stessi, la maggioranza silenziosa che non andrebbe isolata dall’Occidente, se non altro per evitare il ricompattamento interno dei consensi. La Russia è come quel topo che Putin ha raccontato d’aver inseguito da ragazzo per le scale, nella Leningrado del dopoguerra. Una volta messo nell’angolo s’è voltato e gli è saltato in faccia. Senza una via d’uscita dalla guerra, dalle ombre del Cremlino potrebbe saltare fuori un “nuovo Putin”, ancor più pericoloso di quello che conosciamo.

 

NOTE :

  1. MARK GALEOTTI 

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Mark Galeotti (nato nell’ottobre 1965) è un docente e scrittore con sede a Londra sulla criminalità transnazionale e gli affari di sicurezza russi e direttore della società di consulenza Mayak Intelligence.

 

UNICA OPERA IN ITALIANO ADESSO

L' esercito russo dal 1992 al 2016 - Mark Galeotti - copertina
LEG Edizioni, 2018

Le altre opere sono in inglese o in francese ( Una breve storia della Russia ): sono moltissime e degli argomenti più vari.. vedi su Amazon

 

NOTA 2.

DANIEL TREISMAN 

Daniel Treisman | NBER

Daniel Treisman è professore di scienze politiche all’Università della California, Los Angeles e ricercatore associato del National Bureau of Economic Research.
La sua ricerca si concentra sulla politica e l’economia russa, nonché sull’economia politica comparata, includendo in particolare l’analisi della democratizzazione, la politica degli stati autoritari, il decentramento politico e la corruzione.

Dal 2014 è direttore del Russia Political Insight Project, una collaborazione internazionale finanziata dalla Carnegie Corporation di New York, per indagare sul processo decisionale politico nella Russia di Putin. Ciò ha portato alla pubblicazione di The New Autocracy: Information, Politics, and Policy in Putin’s Russia (Brookings Institution Press 2018).

Il suo ultimo libro, scritto in collaborazione con Sergei Guriev, Spin Dictators: The Changing Face of Tyranny in the 21st Century , sarà pubblicato dalla Princeton University Press nella primavera del 2020. The Return: Russia’s Journey from Gorbachev to Medvedev (The Free Press, 2011 ) è stato uno dei “Migliori libri di politica del 2011” del Financial Times.

 

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SEGUE DA : https://en.wikipedia.org/wiki/Spin_Dictators – 
TRADUZIONE AUTOMATICA

 

Spin Dictators: The Changing Face of Tyranny in the 21st Century è un libro di scienze politiche dell’economista russo Sergei Guriev e dello scienziato politico americano Daniel Treisman.

Esamina come i dittatori e gli autocrati moderni – messi in pratica da Lee Kuan Yew di Singapore e Alberto Fujimori del Perù, e replicati da Vladimir Putin in  Russia, Recep Tayyip Erdoğan in Turchia e Viktor Orbán in Ungheria  – si concentrino maggiormente su metodi di propaganda come lo spin, la disinformazione e il mantenimento psicologico delle loro popolazioni nella paura dell’Altro, invece dei metodi più apertamente brutali di repressione politica favoriti dai dittatori del passato come Joseph Stalin dell’Unione Sovietica o Mao Zedong della Cina. 

Gli autori sostengono che i moderni “dittatori spin” pretendono di essere democratici (permettendo ad esempio a un gruppo selezionato di giornali dissidenti di alto livello, ma a bassa circolazione, di esistere per dimostrare che rispettano la libertà di stampa ), ma continuano a utilizzare il loro potere di reprimere il dissenso (ad esempio, aumentando le richieste fiscali alle emittenti indipendenti, o anche  tali punti vendita vengono acquistati dai compari del leader; o accusare le emittenti indipendenti di pubblicare notizie false e chiuderle).

Pertanto, questi leader autoritari manipolano i media, piuttosto che censurarli o sopprimerli totalmente, e sono quindi più popolari tra la gente. Il libro discute anche delle simpatie tra dittatori spin e populisti democratici come il presidente americano Donald Trump.

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