grazie a nemo ! ANTONIO SCURATI, — — Le idee. Il fascismo è ancora vivo dentro di noi— REPUBBLICA DEL 23 MARZO 2019 — pp. 1-36/ 37

 

 

 

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Antonio Scurati (Napoli25 giugno 1969) è uno scrittore e accademico italiano.

Nel settembre 2018 pubblica M. Il figlio del secolo,  Bompiani, primo volume di una trilogia su Benito Mussolini destinata a raccontare la storia italiana dal 23 marzo 1919 – giorno della fondazione dei Fasci di combattimento – al 1945. M. si chiude col discorso pronunciato il 3 gennaio 1925 alla Camera dei deputati, instaurazione ufficiale della dittatura dopo la crisi politica determinata dall’omicidio di Giacomo Matteotti.

Per le opere, vedi : https://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Scurati

 

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PIAZZA SAN SEPOLCRO A MILANO, PALAZZO CASTANI:::

MUSSOLINI QUI FONDO’ IL MOVIMENTO DEI FASCI ITALIANI DI COMBATTIMENTO IL 23 MARZO 1919,

proprio in questa piazza, dove aveva sede tra l’altro l’allora Associazione degli Industriali Lombardi (la Confindustria era stata fondata da poco). I partecipanti a questa prima organizzazione furono detti sansepolcristi e godettero di particolari privilegi sotto l’amministrazione fascista, rafforzati e ribaditi nel regolamento del 1939.

Filippo Tommaso Marinetti compose a celebrazione di chi partecipò all’adunata Il poema dei sansepolcristi.

La piazza fu la sede nazionale presso Palazzo Castani del Partito Nazionale Fascista dal 1921 al 1924 e dal 1943 al 1945 del Partito Fascista Repubblicano. Il termine sansepolcrismo indicò invece quello spirito originario del movimento dei fasci di combattimento in cui, a fianco di idee nazionalistiche e dei miti combattimentistici, convivevano forti istanze di palingenesi sociale, egualitarismo ed anche componenti repubblicane.  (WIKIPEDIA )

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PALAZZO CASTANI, SEDE DEL FASCIO

 

UN’ADUNANZA  DEL FASCIO IN QUESTA PIAZZA NEL ’36 TESTIMONIATO DAL TELEGIORNALE LUCE ( vedi in fondo a destra)

 

 

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CHIESA SAN SEPOLCRO

 

REPUBBLICA DEL 23 MARZO 2019

https://quotidiano.repubblica.it/edizionerepubblica/pw/flipperweb/flipperweb.html?testata=REP&issue=20190323&edizione=nazionale&startpage=1&displaypages=2

 

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CULTURA

Le idee

Il fascismo è ancora vivo dentro di noi

ANTONIO SCURATI

 

Il 23 marzo 1919 Mussolini fondava i Fasci di combattimento, primo passo nella scalata violenta verso il potere. L’autore di “M” spiega perché oggi è venuto il tempo di svelare il grande rimosso che accompagna la storia italiana

Noi siamo stati fascisti. Gli italiani sono stati fascisti.

Il genus italico ha generato il fascismo. Di più: il fascismo è stato una delle potenti invenzioni (o innovazioni, se preferite) italiane del Ventesimo secolo, che dall’Italia si è propagata in Europa e nel mondo.

Non suonino come provocazione queste parole. So bene che non tutti gli italiani sono stati fascisti e che molti – non moltissimi, purtroppo – sono stati antifascisti anche durante il ventennio. La mia affermazione è perentoria perché, in anni di studio e scrittura sull’argomento, mi sono convinto che sia giunto il tempo di un allargamento della coscienza civile, di una nuova, più ampia, più consapevole, più veritiera narrazione dell’identità nazionale.

Ho sentito con forza che bisognava cercare una narrazione priva di pregiudiziali ideologiche, al di sopra della partigianeria della lotta politica perché questa storia priva di velami ideologici, nota eppure inaudita, porta a una condanna del fascismo ancora più radicale.

L’identità nazionale italiana repubblicana si è fondata su una narrazione edificante, su un meccanismo d’identificazione positiva, su una memoria della gloriosa Resistenza antifascista (della realtà e del suo mito).

Per cinquant’anni ci siamo raccontati di discendere dai partigiani della montagna. È stato giusto che così fosse, è stato necessario. Non a caso, la festa di questa identificazione positiva è sempre stato – e dovrà continuare a essere – il 25 aprile, giorno della Liberazione.

Questa narrazione ha, però, comportato una rimozione: la nostra discendenza dal fascismo è stata parzialmente obliata, il lato oscuro della forza è stato proiettato ai margini della nostra coscienza storica. Per questo motivo la data fatidica del 23 marzo, cioè oggi, è stata cancellata dalla memoria collettiva. La rimozione si è spinta fino a inghiottire la toponomastica, fino all’abrasione dei marmi che segnalano i nomi delle strade d’Italia. In piazza San Sepolcro a Milano, tabelloni didattici ricordano che fu foro romano e luogo di culto cristiano ma non un solo segno indica che in quella piazza elegante e sonnacchiosa nacque il fascismo.

Ebbene, cento anni dopo è giunto il tempo di togliere l’interdizione alla narrazione del fascismo, di completare la coscienza nazionale con la consapevolezza di essere stati fascisti. Dobbiamo ricordare che esattamente cento anni fa in Piazza San Sepolcro a Milano, di fronte a una platea di pochi, deliranti partecipanti, un politico sbandato alla ricerca di una strada fondò i Fasci di combattimento. Dobbiamo conoscere la storia di quella piccola accozzaglia di reduci, facinorosi, delinquenti, sindacalisti incendiari e gazzettieri disperati, professionisti della violenza e artisti, i quali – guidati da un leader pronto a ogni tradimento, a ogni nefandezza, pronto a scommettere sul peggio e a vincere la scommessa, pur partendo da un numero infimo e da una devastante sconfitta elettorale – nell’arco di soli tre anni conquistarono il potere. Gli italiani devono sapere che – contrariamente alla leggenda nostalgica secondo cui il fascismo sarebbe precipitato nell’abiezione soltanto alla fine della sua traiettoria, con le leggi razziali e la guerra – quegli uomini fecero sistematicamente uso di una violenza brutale come strumento di lotta politica fin dal principio, che quella del fascismo è storia di sopraffazione, ma devono anche sapere che quei violenti poterono prevalere grazie all’ignavia di molti, al bieco calcolo opportunistico dei liberali e di una monarchia indegna, alla voracità di una classe politica sfinita, alla visionaria inconsistenza dei dirigenti socialisti. Infine, ma soprattutto, dobbiamo conoscere, e saper riconoscere quando si ripresenti, l’innovazione dirompente nel linguaggio della politica che il fascismo rappresentò, la seduzione potente che esercitò sul rancore diffuso nella piccola borghesia che, a torto o a ragione, si sentiva delusa dalle promesse della storia, tradita dalla casta politica, declassata dalle conseguenze di una crisi epocale, minacciata nelle sue poche certezze e nei suoi piccoli possedimenti da un “invasore” straniero (i socialisti dipinti dalla propaganda fascista come portatori della “peste asiatica” perché seguaci della rivoluzione russa).

Sto proponendo una riabilitazione, una revisione, una memoria condivisa?

Al contrario. Sto affermando che, se nel dopoguerra fu necessaria la narrazione edificante e ideologica della Resistenza, oggi lo è poter raccontare Mussolini e il fascismo senza pregiudiziale ideologica, senza remore e senza sconti (per nessuno).

Questa maturità intellettuale deve oggi essere raggiunta, non solo da pochi storici di professione, ma da tutti noi. Dobbiamo maturare fino al punto di poter riconoscere che i fascisti delle origini furono affascinanti e sciagurati, che Benito Mussolini creò l’archetipo del leader che guida un popolo non precedendolo verso mete elevate ma seguendone gli umori più cupi, capace di prosperare su passioni tristi, sul caos, sullo smarrimento, capace di fare leva su ottime ragioni ma convertendole sistematicamente in torti.

Dobbiamo fare questo salto di coscienza civile per rinnovare le ragioni dell’antifascismo, che sono, semplicemente, quelle della democrazia, del progresso, dell’uguaglianza, della convivenza civile.

Oggi, cento anni dopo, possiamo riappropriarci della storia del fascismo come segno del fatto che non le apparteniamo più.

Non nel timore che si ripeta, perché non si ripeterà.

È vano – talvolta anche un po’ ridicolo – inalberare quotidianamente la bandiera dell’antifascismo militante.

Molto più utile, e serio, tenere ben alta la bandiera di una matura democrazia, addestrandosi a riconoscere le continue metamorfosi storiche della pulsione antidemocratica.

– © Antonio Scurati. In agreement with The Italian Literary Agency

Nella foto in alto, la sede della Fondazione Feltrinelli con la scritta “Mai più fascismo” realizzata in occasione del convegno sui Fasci di combattimento

Antonio Scurati

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