+++ ORIETTA MOSCATELLI::: PUTIN LIQUIDA “VLADISLAV IL BURATTINAIO”—LIMES ONLINE DEL 19 FEBBRAIO 2020 +++NEOCON ALLA RUSSA: SURKOV E LA DEMOCRAZIA SOVRANA —  13/07/2007

 

 

LIMES ONLINE DEL 19 FEBBRAIO 2020 –NOTIZIE DAL MONDO

https://www.limesonline.com/notizie-mondo-oggi-19-febbraio-russia-licenziato-surkov-putin-serbia-montenegro-cavi-usa-cina-indonesia-francia-islam/116713

 

Risultato immagini per VLADISLAV SURKOV

VLADISLAV SURKOV ( nato nel 1964 ), è un uomo d’affari ed un uomo politico

 19/02/2020

La rassegna geopolitica del 19 febbraio.

con commenti di Federico Petroni, Orietta Moscatelli, Simone Benazzo, Viola Serena Stefanello

 

PUTIN LIQUIDA “VLADISLAV IL BURATTINAIO”

di Orietta Moscatelli

 

 

Il Cremlino ha annunciato il licenziamento di Vladislav Surkov, uno dei più stretti consiglieri del presidente Vladimir Putin.

 

Perchè conta: Le due righe con cui il Cremlino ha congedato definitivamente Vladislav Surkov erano attese da alcune settimane: da quando lui stesso, a fine gennaio, aveva fatto circolare voci circa le sue dimissioni in polemica con la nomina di Dmitrij  Kozak a delegato russo nei negoziati con Kiev per la pacificazione (ancora molto lontana) nel sud-est dell’Ucraina.

D’altronde, il primo e unico vero architetto  del sistema putiniano era già stato messo da parte.

Surkov si occupava dal 2013 di Ucraina e rapporti con altri problematici Stati dell’ex Urss: un demansionamento, malgrado l’annessione della Crimea e il conflitto nel Donbass. Quest’ultimo, in particolare, viene considerato opera sua. Non a caso, si fa notare, il suo siluramento è stato accompagnato da una ripresa dei combattimenti nel devastato sud-est ucraino.

Oggi cinquantacinquenne, Surkov aveva appena  35 anni quando entrò nell’amministrazione presidenziale russa, affermandosi subito come il più influente tra i consiglieri di Putin. Uno stratega ammirato e temuto per la sua estrema intelligenza e la totale spregiudicatezza, tanto potente quanto volutamente poco noto.

O meglio, ha dosato la sua notorietà: un suo distopico libro-confessione, “Vicinoallozero”, è stato pubblicato con uno pseudonimo che richiama il cognome della moglie. I cultori del genere “eminenze grigie” lo chiamano “l’uomo delle verità alternative”: perché ritenuto il creatore della macchina di informazione e disinformazione al servizio del Cremlino e perché nessuno sembra sapere con certezza che legame esista tra quel che “Vladislav il burattinaio” dice e ciò che fa veramente.

 

Per approfondireNeocon alla russa: Surkov e la democrazia sovrana

 

limes online del 13 luglio 2007

https://www.limesonline.com/cartaceo/neocon-alla-russa

 

 

NEOCON ALLA RUSSA: SURKOV E LA DEMOCRAZIA SOVRANA

Pubblicato in: IL MONDO IN CASA – n°4 – 2007

Carta di Laura Canali

Carta di Laura Canali, 2019.

 

 13/07/2007

Nel nome del recupero della sovranità della Federazione Russa, intesa come forma attuale dell’impero, l’élite intellettuale e politica vicina a Putin esprime una visione culturale e geopolitica assai ambiziosa. Le radici metastoriche e religiose del progetto.

di Adriano Roccucci

ARTICOLI, RUSSIA, NAZIONALISMO, RUSSIA E CSI

Le tesi sulla «democrazia sovrana» di Vladislav Surkov, l’ideologo del Cremlino, hanno animato nell’ultimo anno il dibattito politico e ideologico della Russia putiniana ( nota 1.)

Non sono mancate le critiche, non solo da ambienti liberali: è stato rilevato a volte il difetto di una traduzione letterale, ma non corrispondente al senso originale, dell’espressione coniata dalla politologia anglosassone «sovereign democracy», altre volte il pericolo di declinare il concetto di democrazia con aggettivi che ne limitano il valore, fino a leggere nella formula del consigliere di Vladimir Putin un sostanziale ossimoro.

 

Tuttavia non conviene applicare alle riflessioni di Surkov i criteri ermeneutici dei modelli politologici, quasi si trattasse di un intervento nel quadro di un dibattito di natura accademica o di carattere scientifico. Infatti, occorre cogliere il senso politico, il messaggio ideologico che ha inteso veicolare il consigliere di Putin.

 

La Federazione Russa, nel corso del secondo mandato presidenziale di Putin, si è emancipata da una tutela che di fatto le era stata imposta negli anni Novanta.

Lo status, non de iure ma de facto, di potenza sconfitta della «guerra fredda» induceva Mosca a un atteggiamento di soggezione, sebbene pervaso di aspirazioni a una qualche revanche, nei riguardi degli occidentali. Scelte politiche e militari, influenze culturali, strategie comunicative, piani di intervento economico, elaborati e attuati dai governi dei principali paesi occidentali, e soprattutto dall’amministrazione Clinton, rispondevano a un disegno politico che, pur auspicando cooperazione e partenariato, mirava piuttosto a una integrazione della Russia nel sistema occidentale in una posizione di chiara subordinazione, quasi nella condizione di una sorta di protettorato di nuovo tipo.

 

Il discorso del presidente russo a Monaco di Baviera in occasione della 43ª Conferenza sulla sicurezza nel febbraio scorso, le reazioni di Mosca al progetto di scudo antimissile da collocare in Polonia e nella Repubblica Ceca – ben diverse nei toni e nel contenuto dalla opposizione all’allargamento della Nato a quei paesi negli anni Novanta – la vitalità dell’economia russa, che dal crack dell’estate del 1998 è passata all’estinzione del debito estero e a un protagonismo reale nelle relazioni economiche internazionali, i nuovi investimenti per fiction televisive di produzione russa, ispirate ai classici della letteratura e alla storia del paese, sono tutti segnali emblematici, seppure di natura diversa, della fine di una sostanziale dipendenza della Russia dall’Occidente e, in modo particolare, dagli Stati Uniti d’America.

 

La genesi e il senso delle tesi di Surkov sulla «democrazia sovrana» devono, quindi, essere compresi alla luce di tale quadro geopolitico.

 

Una attenta valutazione del contesto culturale e politico russo è condizione per una corretta ermeneutica della valenza semantica dei due termini che compongono la formula coniata dal consigliere di Putin. L’accentuazione posta sul concetto di sovranità, infatti, deriva da una percezione diffusa nella classe dirigente russa alla fine degli anni Novanta: la dissoluzione dell’Unione Sovietica e l’istituzione della Federazione Russa erano state accompagnate da un deficit di esercizio effettivo della sovranità da parte del nuovo Stato.

La percezione corrispondeva a una reale difficoltà del governo russo, per cause interne ed esterne – si pensi solo alla condizione di completasoggezione finanziaria ed economica dopo il 1991 e al ruolo dell’Fmi e della Banca mondiale nelle riforme dei primi anni Novanta –  a esercitare il proprio potere sull’intero territorio del paese e a controllare tutte le sfere della vita economica, sociale, militare e culturale. La politica di Putin, con l’enfatizzazione della necessità di ristabilire la «verticale del potere» e con tutti i provvedimenti adottati in coerenza con tale linea, può essere letta sotto questa chiave, cioè come un tentativo di ripristinare l’autorità dello Stato, liberandola dai vincoli a cui era sottoposta, e di restituirle efficacia e funzionalità.

 

Negli anni Novanta, secondo un commentatore russo, «era un fatto ed era ritenuto una norma» che il «centro direzionale» del paese si trovasse fuori dai confini della Russia.

Il regime politico era solido nella misura in cui soddisfaceva alle esigenze del gruppo dei paesi leader, in primo luogo degli Usa. All’interno del paese era raro che sollevasse proteste il fatto che all’estero «si dessero i voti al grado di “democratizzazione”» raggiunto dalla Russia( nota 2.)

 

Maksim Sokolov, uno dei principali commentatori dell’autorevole settimanale moscovita Ekspert, ha sottolineato che il ricorso alla categoria di sovranità presuppone «il rifiuto di qualsiasi tipo di arbitrato esterno, sia diretto, che indiretto» (nota 3)

 

La «democrazia sovrana», dunque, è in primo luogo una formula politica che intende dichiarare l’emancipazione della Russia da qualsiasi forma di condizionamento esterno.

 

Nel pensiero di Surkov, infatti, essa si contrappone alla «democrazia guidata», che, «imposta da alcuni centri di influenza globale e imposta a tutti i popoli senza discernimento», consiste in ultima analisi in «un modello stereotipato, imposto con la forza e con furbizia, a regimi politici ed economici non efficaci, e conseguentemente diretti dall’esterno».

Il consigliere di Putin non propone una reazione autarchica, ma di «collaborare secondo regole giuste, e non di essere guidati dall’esterno»: «in questa formula è quasi tutta la sostanza della democrazia sovrana», ha commentato un analista russo( nota 4 ).

Il logoramento a cui è stato sottoposto in Russia il concetto di democrazia nel corso degli anni Novanta ha condotto a un suo discredito nell’opinione pubblica russa: «Per la maggior parte della popolazione russa, come rivelano i sondaggi, la parola “democrazia” è sinonimo di rovina e furto organizzato, condotto sotto lo slogan delle privatizzazioni negli anni della presidenza di Boris El’cin», scriveva su Limes  Dmitrij Sabov nel 2004 ( nota 5. )

 

È una conseguenza degli anni Novanta e della politica occidentale nei confronti della Russia con cui si deve fare i conti. Ha scritto un altro analista russo nel novembre 2006: «Il progetto di modernizzazione autoritaria della Russia negli anni Novanta ha condotto non solo a colossali perdite materiali, ma anche a una profonda delusione nei confronti dei valori democratici». Per l’opinione pubblica russa è preferibile una «democrazia sovrana» a un «pluralismo irresponsabile», mentre d’altra parte la situazione viene ulteriormente compromessa dall’utilizzo sistematico da parte dei paesi occidentali e in particolare degli Stati Uniti «della richiesta di democratizzazione come strumento di geopolitica» (nota 6. )

 

Anche una analista di orientamento occidentalista come Lilija Ševcova ha riconosciuto la diffusione nell’opinione pubblica russa di una radicata delusione nei confronti del principio democratico, provocata, a suo parere, dall’inefficienza degli istituti democratici formatisi negli anni Novanta in un contesto di ibridazione tra una tradizione di personificazione del potere e un processo di democratizzazione che era la fonte di legittimazione del potere stesso. La politologa moscovita osserva un sostanziale arretramento nel percorso di trasformazione democratica del sistema politico russo, causato, o quanto meno reso possibile, anche dall’evidente mutamento della sensibilità dell’opinione pubblica.

 

«La delusione nei confronti della democrazia liberale», continua Ševcova, «ha attivato i tentativi di dimostrare l’unicità della Russia, e conseguentemente la sua incompatibilità con il modo liberale di organizzazione della società» ( nota 7.)

Un politico di lungo corso della Russia sovietica e postsovietica, il presidente della Repubblica Autonoma del Tatarstan Mintimer Šajmiev, ha come fatto eco alle analisi della Ševcova, sebbene con un’attitudine di tutt’altro segno: «Negli anni Novanta dello scorso secolo la Russia, dopo avere rifiutato il comunismo, si è avviata per la strada delle riforme, che molti in maniera semplificata hanno compreso come una cieca copiatura, tra l’altro anche degli istituti politici, dell’esperienza politica di altri paesi, soprattutto di quelli sviluppati. I risultati che ne sono conseguiti sono stati per lo più negativi. Il prestigio del potere è caduto. Si è ridotta l’efficacia della direzione statale. Si è arrivati perfino al fatto che la gente ha iniziato a considerare il concetto stesso di democrazia non più in modo univoco. Per questo oggi è in corso un processo non di arretramento della democrazia, ma di formazione di un modello nazionale di democrazia, che rifletta in modo più adeguato la particolarità delle relazioni tra potere e popolo in Russia» ( nota 8)

 

Ševcova ritiene che siano le difficoltà della classe politica e di quella intellettuale ad adeguarsi alle regole di una società democratica ad avere suscitato la ricerca di un modello particolare di sistema politico, che, a suo parere, equivale a un sostanziale allontanamento dalle prospettive di democratizzazione della Russia. Tuttavia non si può ignorare il peso della tradizione russa di cultura politica, modellata sulle forme che storicamente ha assunto il potere politico e sulle modalità del suo rapporto con la società. Un processo di democratizzazione non può fare i conti con tale eredità del passato solo in una prospettiva liquidatoria. Un tale approccio si rivela il più delle volte destinato al fallimento. Non si tratta, infatti, di collocare in un museo cimeli e testimonianze di un tempo ormai finito, come in una collezione di uniformi di eserciti del passato. La storia e la tradizione di cultura politica della Russia non solo hanno formato una scuola di pensiero, ma anche, e forse soprattutto, hanno modellato nell’universo culturale dei russi una mentalità, una sensibilità culturale e politica, un modo di guardare al potere e di considerarne i rapporti con la società.

Una delle cause del fallimento della politica liberale negli anni di El’cin è da rintracciare nell’attitudine a considerare la società russa, dopo il disastro dell’esperimento comunista, come una realtà dal punto di vista della cultura politica tabula rasa. Alla Russia postsovietica si sono applicati modelli politici di matrice occidentale, sfornati da laboratori di pensiero politologico o sociologico, senza una adeguata considerazione dello spessore storico e culturale della realtà russa. Non è questione di enfatizzare una specie di tic intellettuale dei russi, sempre pronti ad esaltare le diversità del loro paese, ma di comprendere i caratteri di un mondo che ha un suo profilo culturale. La rimozione della specificità della cultura russa provoca sovente cortocircuiti concettuali ed ermeneutici, tali da falsare gravemente la visione e la comprensione della realtà della Russia. Non si può fare a meno della profondità di analisi data da una prospettiva storica per comprendere tutto lo spessore di un universo complesso quale quello russo, che rifiuta nel profondo un destino di omologazione a modelli culturali e politici estranei.

 

La formula della «democrazia sovrana» è dunque l’espressione compiuta di una volontà di emancipazione dalla soggezione ai modelli di cultura politica che si erano affermati come dominanti con il crollo del potere sovietico.

 

Dopo il fallimento del comunismo erano liberalismo e democrazia a costituire il riferimento unico e inevitabile di ogni riflessione politica sul presente e sul futuro della Russia. Surkov con la sua proposta ideologica e politica ha voluto segnare la fine di tale dipendenza culturale e ideologica. Egli ha definito la «democrazia sovrana», come «la forma di vita politica della società, nella quale le autorità, i loro organi e i loro atti sono eletti, sono formati e sono indirizzati esclusivamente dalla nazione russa in tutta la sua multiformità e integrità»( nota 9.)

Il suo messaggio ha inteso comunicare al mondo e all’opinione pubblica del suo paese che la Russia «è diventata definitivamente consapevole del suo posto nel mondo» ( nota 10.)

D’altronde ha anche segnato, come ha osservato Vitalij Tret’jakov, la ripresa di un pensiero strategico sul futuro della Russia ( nota 11)

 

http://limes.ita.chmst05.newsmemory.com/newsmemvol1/italy/limes/20120201/lm_2_2012_018_w-r90.pdf.0/parts/adv_0.jpgCarta di Laura Canali, 2012.

Dal liberalismo al nuovo conservatorismo

In un recente seminario con alcuni dei principali politologi russi, Surkov ha proposto una sua interpretazione dei caratteri di originalità della cultura politica russa. Sulla base di una concezione del mondo che privilegia l’integrità, i russi hanno sempre teso alla centralizzazione del potere, per lo più identificato nella personalità che lo detiene piuttosto che in alcune istituzioni. È una cultura politica, a parere del consigliere di Putin, caratterizzata da una buona dose di idealismo, che alimenta una visione politica sbilanciata verso il futuro: «È un romanticismo e una sorta di presbiopia politica» ( nota 12.)

 

Il messaggio politico della «democrazia sovrana» di Surkov assume maggiore rilievo alla luce del più ampio dibattito culturale e politico, in larga parte non riconducibile alle posizioni dell’ideologo del Cremlino, che nella Russia dei primi anni del XXI secolo ha segnato il passaggio da un orizzonte dominato dalla stella della democrazia liberale a una prospettiva di cui il conservatorismo costituisce la cifra preminente. In un certo senso le tesi sulla «democrazia sovrana» sono state un segnale di questo spostamento assiologico del quadro culturale russo.

Lo stesso consigliere di Putin in una intervista a Der Spiegel il partito di maggioranza Russia unita, sostegno parlamentare del presidente della Federazione Russa ha dichiarato che , debba essere collocato nel settore «conservatore di destra» del quadro politico: «Russia unita rappresenta i valori liberali e conservatori, nella loro specifica comprensione russa» ( nota 13.) Nella specificità della realtà e della cultura russe è il carattere conservatore a prevalere su quello liberale. George F. Kennan negli anni Cinquanta del secolo scorso si chiedeva su Foreign Affairs quale Russia fosse inutile sognare: «Uno Stato capitalistico, liberaldemocratico, simile per ordinamento alla nostra repubblica», fu la sua risposta ( nota 14.)

 

Nella Russia postsovietica assieme al termine democrazia si è progressivamente logorato anche il lemma liberale

 

Le riforme dei primi anni Novanta, realizzate da Egor Gajdar e Anatolij Čubajs sotto il segno del liberalismo, hanno provocato un sensibile peggioramento delle condizioni di vita di larghe fasce della popolazione. Nella Russia putiniana il tentativo di dare vita a una versione di liberalismo orientata in senso nazionale e statalista ha condotto a esaltare soprattutto scelte e temi politici più prossimi a una tradizione di pensiero politico conservatore. È stata in primo luogo la reazione agli effetti del liberalismo degli anni Novanta a spingere la classe dirigente della Russia di Putin verso posizioni conservatrici, pur senza una chiara visione del conservatorismo, come ha riconosciuto lo stesso Surkov davanti a un pubblico di dirigenti del partito Russia Unita: «Noi, senza dubbio, siamo conservatori, ma ancora non sappiamo cosa sia esserlo» ( nota 15.)

 

È stato osservato, già nel 2004, su una delle più autorevoli tribune del liberalismo russo, la rivista Neprikosnovennyj Zapas, che il personale politico e intellettuale della «leva putiniana» aveva contribuito in modo piuttosto concorde a formare un vero e proprio «campo antiliberale»( nota 16. )

Aleksandr Cipko ha sottolineato come il ricorso al conservatorismo sia un fenomeno comune a tutte le società uscite dall’esperienza comunista. Tuttavia egli ritiene che il corso conservatore della politica di Putin non sia una delle varianti plausibili per lo sviluppo del paese ma l’unica alternativa possibile ( 17. )

Il liberalismo, come ha rilevato un osservatore russo, non sarà mai scelto dalla Russia quale «via magistrale del proprio sviluppo nazionale»:

«È troppo forte da noi la tradizione dello statalismo, che si coniuga con una potentissima tradizione di comunitarismo.La via della Russia è quella di un conservatorismo creativo, nazionale, fondato su di una “autocrazia” illuminata e su di un potente sistema di difesa sociale» ( nota 18. )

L’orientamento statalista della tradizione russa di cultura politica è stato messo in risalto anche da Eduard Batalov come uno degli archetipi della cultura russa, emersi con forza davanti al rapido esaurimento dell’«onda liberale» degli anni Novanta, scomparsa «senza lasciare orme profonde nella coscienza pubblica della Russia». «In Russia lo Stato viene considerato», ha proseguito lo studioso russo, «come spina dorsale della civiltà, come garante dell’integrità e dell’esistenza della società, come ordinatore della vita anche economica. Una tale considerazione è stata il riflesso, sebbene in una forma un po’ ipertrofica, del ruolo reale dello Stato in un paese dotato di specifici requisiti geopolitici e geografici e sprovvisto di una società civile»  ( nota 19. )

 

Il tono al dibattito politico e ideologico nella Russia di inizio secolo è stato dato da una serie di circoli culturali e politici che hanno innalzato la bandiera di un «nuovo conservatorismo». Sono stati soprattutto pensatori e intellettuali delle giovani generazioni a dare vita a questa corrente di pensiero. Cipko ha sostenuto che sia in corso un cambiamento generazionale di élite, nel segno di una nuova classe dirigente conservatrice: «Tale svolta sostanziale nella vita spirituale e politica della Russia, la comparsa di un’intera generazione di giovani che cercano il senso della propria vita nella costruzione di una nuova Russia sovrana non è stata prevista da chi vuole costruire una Russia democratica da zero, da chi ancora spera di rompere l’“archetipo russo”. Il nostro liberalismo, come anche il nostro patriottismo russo, è stato un prodotto del pensiero sociale sovietico, della infarinatura sovietica di istruzione. Il giovane conservatorismo russo è il prodotto della Russia libera, aperta, esso cresce dalle migliori tradizioni del pensiero sociale russo prerivoluzionario» ( nota 20.)

Secondo Cipko il nuovo conservatorismo russo è il frutto di una rivolta contro il politically correct liberale imposto alla Russia nei primi anni Novanta. Da questi circoli è venuto anche un deciso richiamo alla necessità di riappropriarsi della piena sovranità, di una sovranità che fosse anche di tipo culturale. Nei testi dei neoconservatori ritorna con frequenza il riferimento all’idea e al valore della sovranità statale, come anche si riscontra una tensione a salvaguardare il diritto a una propria «sovranità morale e spirituale». Uno dei più lucidi esponenti della giovane generazione di conservatori russi, Michail Remizov, in un dibattito dell’aprile 2004, aveva indicato con notevole chiarezza quale fosse la spinta che muoveva il nuovo movimento di pensiero: «In che cosa vedo la missione del nuovo conservatorismo? In breve noi vogliamo avere un potere sovrano. Solo un potere sovrano può disporre di autorità e legittimità. Ma al fine di avere un potere sovrano noi, come società, come opinione pubblica conservatrice, dobbiamo imparare a pensare in modo sovrano. Che cosa significa? Noi dobbiamo restituire a noi stessi la sensazione del nostro tempo e del nostro spazio, che oggi è come se non ci appartenessero. Ad esempio noi siamo abituati al fatto di vivere in un “periodo di transizione”. E abbiamo dimenticato ormai da molto tempo verso dove stiamo transitando. Non è questo il problema, ma che quel punto verso cui transitiamo si trova da qualche parte fuori di noi, è controllato non da noi, ma dai padroni degli standard di civiltà. Pensando noi stessi nei termini di un periodo di transizione, ci troviamo in una sorte di schiavitù di senso, consegniamo nelle mani di altri il criterio e il diritto di giudicare quanto siamo avanzati lungo la strada maestra della storia. Bisogna comprendere che il “controllo esterno” sui lineamenti del futuro, sui parametri del movimento storico è un colossale fattore di privazione di sovranità»( nota 21.)

 

Arkadij Maler ha indicato alcuni elementi qualificanti dell’ideologia di queste nuove correnti del pensiero politico russo ( nota 22. ) È la Russia come tale a costituire il valore assoluto di riferimento del mondo neoconservatore, che attorno a tale orientamento assiologico presenta un complesso di elaborazioni culturali e politiche di un qualche interesse.

Il tema della necessità di difendere la piena sovranità della Russia, sotto minaccia nelle condizioni di un mondo globalizzato, appare centrale nella riflessione dei nuovi conservatori. Per gli esponenti di questa corrente di pensiero è inammissibile che sia una qualche istanza politica esterna alla Russia a fungere da fonte di legittimità delle sue istituzioni e del suo ordinamento statale. Il possesso di una sovranità assoluta permane come condizione primaria dell’esistenza stessa dello Stato, su cui non è possibile transigere in alcun modo.

La sovranità non rappresenta, tuttavia, il fine ultimo dell’esistenza di uno Stato o di una nazione, e in modo particolare della Russia. La sovranità stessa acquista senso in presenza di una «idea superiore» di valore universale che giustifichi l’esistenza stessa della Russia nella storia. Il richiamo alla tradizione del messianismo russo è evidente.Una cultura intrisa di messianismo, infatti, si caratterizza da un lato per una spiccata coscienza della propria identità e dall’altro per l’acquisizione di una prospettiva universale sul cui sfondo è necessariamente proiettata la missione della propria nazione ( nota 23. ) Tale inclinazione alla ricerca di un senso ulteriore del divenire storico, da rintracciare in un quadro di riferimenti di carattere escatologico per lo più di natura religiosa, è caratteristica del pensiero russo. In questo quadro concettuale è proprio la dimensione ulteriore allo scorrere degli eventi storici che dà senso alla storia stessa. Nikolaj Berdjaev la chiama metastoria: «Il metastorico, incorporandosi a ciò che è storico, gli conferisce senso» ( nota 24.)

 

«La Russia si è sempre affermata come portatrice di qualche progetto metastorico», ha osservato Maler, «che le ha permesso di mantenere il gigantesco territorio di tutta l’Eurasia settentrionale e con alterne fortune di realizzare un proprio controllo geopolitico per tutto il mondo. Un paese confinante con la Norvegia e la Corea non può permettersi di trasformarsi in una riserva etnografica» ( nota  25.)

 

Il pensiero neoconservatore russo, quindi, si presenta come reazione a una situazione di sottomissione geopolitica della Russia, con le conseguenti ripercussioni di carattere culturale, ma anche come una ribellione intellettuale nei confronti della classe dirigente che negli anni Novanta non ha voluto e non ha saputo misurarsi con il patrimonio di cultura politica che la storia russa le consegnava in eredità. L’incapacità e il disinteresse manifestati dai circoli di potere della Russia di El’cin nei confronti dell’esigenza di elaborare una nuova idea di portata universale che giustificasse l’esistenza della nuova Russia postsovietica ne hanno segnato il fallimento storico e hanno provocato una reazione intellettuale e politica che si è posta l’obiettivo di ripristinare la connessione con una tradizione di pensiero politico radicata nella storia russa.

 

Maler nella sua analisi distingue tre tipi di conservatorismo russo apparsi sulla scena politica postsovietica. Il primo coincide con quello che denomina «conservatorismo classico» o «vecchia destra». L’associazione Pamjat’, attiva negli ultimi anni della perestrojka e nei primi anni Novanta, è stata l’espressione più nota di questa destra conservatrice, connessa senza troppe mediazioni all’universo ideologico del nazionalismo russo prerivoluzionario e al patrimonio politico della resistenza dei bianchi al bolscevismo. Un conservatorismo di sinistra si è sviluppato nel corso degli anni Novanta e ha ricevuto l’appellativo di fronte rosso-bruno. Le cause storiche della comparsa di questa «ibrida» ed «eclettica» sintesi di elementi del nazionalismo russo e di istanze ideologiche del comunismo sovietico sono da rintracciare nel crollo dell’Unione Sovietica, interpretata dai circoli patriottici russi come la caduta dell’ultima delle manifestazioni storiche dell’impero russo. Il settimanale patriottico Zavtra, il Partito comunista di Gennadij Zjuganov, il nazional-bolscevismo di Aleksandr Dugin sono state le espressioni più significative di tale corrente del conservatorismo russo.

 

Nel 1999, la guerra della Nato contro la Jugoslavia, per la questione del Kosovo, costituì una svolta: per la prima volta, infatti, si stabilì una convergenza dell’establishment governativo e dell’opposizione patriottica a difesa degli interessi geopolitici della Russia. Ebbe inizio così il logoramento dell’egemonia del conservatorismo di sinistra sulle forze di opposizione di orientamento patriottico, che con l’avvento al potere di Putin è andata rapidamente declinando. In questo contesto si è profilata la terza corrente del conservatorismo postsovietico, quella dei neocon russi, che, pur condividendo l’esigenza di un rinnovamento delle posizioni del conservatorismo, differiscono dai loro omonimi statunitensi per un diverso orientamento ideologico e politico.

 

Carta di Laura Canali, 2019Carta di Laura Canali, 2019

 

L’arcipelago neoconservatore

I neocon russi piuttosto che essere una scuola di pensiero unitaria sono un arcipelago di circoli intellettuali e politici. All’interno di questa galassia si possono individuare alcuni poli più significativi.

 

Nel 2003 attorno all’autorevole settimanale moscovita di politica ed economia Ekspert, per iniziativa di alcuni rinomati giornalisti – Aleksandr Privalov, Michail Leont’ev, Maksim Sokolov e Valerij Fadeev – si è formato il Serafimovskij Club, che con il fine di elaborare una ideologia «nazionalliberale» ha raccolto giornalisti e intellettuali di orientamento liberal-conservatore. Tra il 2003 e il 2004, invece, negli ambienti di un altro think tank di orientamento conservatore, il Fond effektivnoj politiki di Gleb Pavlovskij, si è raccolto un circolo di intellettuali riconducibili all’arcipelago del nuovo conservatorismo, il Konservativnyj Press-Club. Quest’ultimo, composto da giornalisti e studiosi, si è caratterizzato per una visione che pone al centro della sua riflessione questioni di carattere culturale, piuttosto che economiche, come è invece nel caso del Serafimovskij Club, alla cui sintesi nazional-liberale ha inteso opporre un conservatorismo antiliberale ( nota 26.)

 

Un terzo polo può essere individuato in un conservatorismo elaborato in ambienti interni o vicini alla Chiesa ortodossa russa, nei quali negli ultimi anni si è sviluppata una riflessione di carattere intellettuale su temi di rilevanza politica ( nota 27.) È da segnalare che vicino a questi circoli conservatori di orientamento ortodosso si posiziona Vladimir Jakunin, indicato come uno dei possibili successori di Putin, potente presidente delle ferrovie russe e ispiratore di una serie di iniziative e di organizzazioni di carattere culturale-religioso, che non mancano però di una valenza socio-politica ( nota 28 ). Oltre a questi tre poli di maggiore caratura vi è una serie di circoli minori che possono essere ascritti all’arcipelago del neoconservatorismo russo ( nota 29.)

 

Quali le posizioni di questi nuovi conservatori russi? Non ci troviamo ancora di fronte a un movimento con un chiaro, o quanto meno condiviso, disegno politico. Tuttavia alcuni tratti comuni sono rintracciabili nelle posizioni dei diversi esponenti di questo universo culturale e politico ancora frastagliato. Maler, nella sua analisi del fenomeno del neoconservatorismo russo, ha suggerito alcune chiavi interpretative: «I neocon russi (tranne qualche rara eccezione) non sono ex esponenti della «vecchia destra», ma sono ex rivoluzionari conservatori, che negli anni Novanta avevano dedicato la loro vita al rovesciamento del regime liberale, mentre negli anni 2000 sono divenuti consapevoli di tutta la profondità di quelle trasformazioni reali che erano avvenute nel paese e sono diventati restauratori ugualmente radicali, non per “l’ordine e la stabilità”, ma per quei fini che essi perseguivano anche prima, vale a dire per la sovranità assoluta e per la missione metastorica della Russia» ( nota 30.)

 

L’itinerario dei neocon russi differisce da quello dei loro omologhi statunitensi, che sono approdati al neoconservatorismo da posizioni di sinistra, dal trozkismo.

Il cammino percorso dai principali esponenti dell’arcipelago neoconservatore in Russia, secondo Maler, è stato da posizioni di opposizione di destra, sulla base delle quali si proponeva una rivoluzione conservatrice dal basso, all’idea di una reazione controrivoluzionaria dall’alto. Il messianismo costituisce una cifra comune ai vari circoli del neoconservatorismo russo che eredita l’idea di una missione universale e metastorica della Russia. L’espansionismo è in un certo senso una conseguenza dello stesso messianismo e prima di essere un concreto progetto geopolitico, al di là dei richiami mitici alle missioni storiche di liberare Costantinopoli e Gerusalemme, è un imperativo che scaturisce dalla stessa idea della missione della Russia nel mondo.

 

«La Russia come impero della Terza Roma», osserva Maler, «non conosce confini: (…) tutta la storia russa fino al 1991 è la storia di una espansione planetaria permanente, e solo il ripristino dei processi espansionisti salverà la stessa Russia dalla disintegrazione.Per conservare se stessa, la Russia deve fare una inversione di marcia verso l’esterno, non come il “buco nero” vuoto di Brzezinski, ma come progetto geopolitico universale, in grado di dare un assetto allo spazio mondiale secondo la sua visione. La Russia deve disegnare una propria cartina geopolitica del mondo e regolare la realtà circostante secondo gli imperativi schematici di questa cartina» ( nota 31.)

 

Tuttavia non ci troviamo davanti a un ennesimo caso di elaborazione politica visionaria, come altre volte è avvenuto nella storia russa, sebbene una qualche dose di visionarietà sia insita alla natura stessa della tradizione culturale russa. Infatti il pragmatismo politico emerge come un altro elemento comune alle diverse espressioni della galassia neoconservatrice russa, che non presenta i tratti di un fenomeno romantico di passatismo nostalgico, ma mostra il profilo di un conservatorismo che sa fare i conti con le manifestazioni della modernità e della postmo­dernità. Il pathos messianico e lo spirito di espansione sono come compensati da una valutazione sobria e realistica della realtà geopolitica e della condizione culturale e politica della classe dirigente: «Un sano pragmatismo nella risoluzione di tutti i compiti a tutti i livelli è il principale principio strategico dei neocon» ( nota 32.)

La strategia politica del neoconservatorismo russo non conduce a una sua formalizzazione in una qualche organizzazione o partito politico. Una tale opzione limiterebbe le possibilità di azione del movimento, riducendone la capacità di incidere in profondità nella realtà russa. L’obiettivo principale è quello di essere gli ispiratori e i custodi del paradigma ideologico della cultura politica delle élite della Russia: «Il “know how” essenziale dei neocon russi resta la chiara comprensione che nel postmoderno XXI secolo la forza delle masse è insignificante in paragone alle possibilità delle élite» ( nota 33.)

 

Michail Remizov, nell’articolo «Konservatizm segodnja» («Il conservatorismo oggi») pubblicato nel marzo 2006, ha individuato cinque opzioni qualificanti il nuovo conservatorismo della Russia putiniana. In primo luogo, i neoconservatori sono sostenitori di un orientamento «antiglobalista», nel senso di un rifiuto dei progetti di integrazione che tendono alla omologazione a modelli culturali elaborati in altri contesti: è il pluralismo degli universi culturali e delle civiltà a costituire il loro modello di riferimento.

 

Il «solidarismo economico», che si esprime in un patto di solidarietà tra il potere politico, il potere economico e la popolazione, è un altro postulato del nuovo conservatorismo russo, che prende chiaramente posizione a favore di un ordinamento economico basato sul sistema paese in contrapposizione al sistema-mondo dell’economia globalizzata. I neocon sottolineano anche la rilevanza del «nazionalismo demografico», inteso come la volontà di contrastare la crisi demografica, anche se con fatica riescono a indicare provvedimenti efficaci con i quali tradurre in una coerente politica demografica le loro intenzioni.

Il «legittimismo statale», inoltre, è un ulteriore architrave della costruzione ideologica dei neconservatori. A loro parere la legittimità storica della Federazione Russa risiede nella linea di continuità che lega tra loro tutte le forme che nella storia ha assunto l’ordinamento statale della Russia: «Tale posizione ha alcune conseguenze dirette», nota Remizov: «In primo luogo è la negazione della interpretazione liberal-democratica della Federazione Russa come nuovo Stato nazionale. Per molti versi questa interpretazione costituisce il presupposto della politica di integrazione della Federazione Russa nelle strutture euroatlantiche. In secondo luogo è l’inammissibilità del separatismo e del «federalismo contrattuale», vale a dire del modello in cui lo Stato federale è considerato come «istituito» dai soggetti della federazione. (…) In terzo luogo è l’asimmetria nelle relazioni con gli Stati postsovietici. Se la Russia non è un frammento dell’impero, ma il suo successore – indipendentemente dalle misure – essa di conseguenza non è una formazione dello stesso ordine degli Stati ad essa conti­gui, sorti da spezzoni dell’Urss. Proprio in qualità di erede dell’impero la Russia può essere il centro «del grande spazio» postimperiale» ( nota 34.)

 

Infine i conservatori sostengono le ragioni del «tradizionalismo religioso», convinti della rilevanza del ruolo pubblico delle religioni tradizionali, «della loro priorità nella sfera culturale e della loro influenza in quella politica» ( nota 35.)

L’ortodossia in Russia è necessaria allo Stato, come fattore identitario: «È proprio il quadro religioso del mondo a dare quel sistema di coordinate in cui è possibile l’autonomia della Russia come civiltà» ( nota 36.)

Ed è la tradizione religiosa a svolgere una funzione decisiva per la legittimazione del potere e per la socializzazione della popolazione.

Carta di Laura Canali, 2015Carta di Laura Canali, 2015

 

Alla conquista dell’egemonia culturale

Un primo tentativo di dare vita a una elaborazione compiuta dei princìpi del nuovo conservatorismo si è avuto nel 2005, quando ha visto la luce un documento dal titolo Russkaja doktrina (Sergievskij proekt) (La dottrina russa [progetto di Sergij]) – il riferimento è a Sergij di Radonež, il santo monaco emblema dell’identità ortodossa della Russia – elaborato da un collettivo di autori formatosi per iniziativa del Centr Dinamičeskogo Konservatizma, un altro dei circoli del neoconservatorismo. I giovani redattori del documento hanno riconosciuto l’influenza di alcuni pensatori che negli anni Novanta del XX secolo avevano proposto un pensiero di orientamento conservatore, in particolare di Aleksandr Solženicyn, del filosofo Aleksandr Panarin e del politologo Michail Nazarov.

 

Uno tra i principali esponenti del gruppo redazionale di Russkaja doktrina, Egor Cholmogorov,ha proposto un indice tematico del testo, enucleandone alcuni punti.

La prima questione è quella della «restaurazione del futuro» per un paese senza progetti per il futuro. A tal fine è necessario che i russi abbiano consapevolezza di essere «un popolo dalla storia sacra», a motivo della connessione tra la fede ortodossa e un grande itinerario storico. Il dominio sulle idee, attraverso l’appropriazione del senso ultimo della storia posto alla base di una rifondazione della cultura, costituisce un ulteriore elemento della Russkaja doktrina.

 

Inoltre la «autocrazia», intesa nel senso della «concentrazione di tutto il potere nello spazio e nel tempo in mani russe» e «della indipendenza da qualsiasi tipo di forze esterne», deve essere il principio dell’ordinamento statale russo. Un solido sistema economico nazionale e una efficace azione di contrasto della crisi demografica costituiscono altri due capisaldi del disegno elaborato dagli intellettuali neocon.

 

Infine la Russkaja doktrina profila una prospettiva di carattere universale: «Qualsiasi costruzione culturale raggiunge la sommità quando il popolo fonda una nuova civiltà, come un insieme degli ethos di comportamento e delle forme materiali, uniti dalla condivisione di un senso e dei valori. La Russia rappresenta già una civiltà per sé, ma dovrà diventare anche una civiltà per gli altri, fondata su un nuovo ethos e su una nuova cultura. Questa civiltà, civiltà del Settentrione, dovrà sostituire l’Occidente nel dominio globale ed è chiamata a condurre il nostro mondo fino ai suoi confini escatologici, fino alla soglia degli ultimi eventi» ( nota 37.)

 

L’arcipelago dei neocon, o dei «giovani conservatori» secondo la definizione di uno dei suoi più brillanti esponenti, Vitalij Aver’janov, ha prodotto nel corso del 2006 due manifesti di carattere culturale e politico, con l’intento di favorire processi di aggregazione all’interno del movimento neoconservatore ( nota 38.)

 

Nel marzo 2006 un gruppo di nove tra intellettuali e politici attraverso il sito pravaya.ru,espressione dei circoli del nuovo conservatorismo di ispirazione ortodossa, ha pubblicato il documento Imperativy nacional’nogo vozroždenija. Manifest russkich konservatorov (Gli imperativi della rinascita nazionaleManifesto dei conservatori russi) ( nota 39.)

Il manifesto esprime l’aspirazione a una Russia che giochi un ruolo chiave nei processi storici e negli equilibri geopolitici mondiali, la convinzione della centralità della questione demografica per il futuro del paese, la certezza che nella Chiesa ortodossa sia il fulcro della storia e della vita sociale e spirituale del paese, il convincimento che lo Stato russo debba poggiare su un forte potere centrale di tipo verticistico.

 

Nel luglio dello stesso anno, su un altro sito della galassia neoconservatrice, apn.ru, è stato pubblicato un più ampio manifesto dal titolo Russkij političeskij konservatizm. Konservatizm kak ideologija (Il conservatorismo politico russoIl conservatorismo come ideologia), annunciato come manifesto della Liga konservativnoj žurnalistiki, fondata con il sostegno dell’influente Institut nacional’noj strategii, diretto prima da Stanislav Bel’kovskij e poi da Michail Remizov ( nota 40.)

Il riferimento alla coscienza religiosa ortodossa costituisce secondo gli autori del documento il carattere distintivo del conservatorismo russo: «Per questo motivo il conservatorismo russo non può non distinguersi in modo radicale dal conservatorismo anglosassone con la sua propensione all’individualismo e con la sua impostazione a di­fesa della proprietà privata dagli attentati nei suoi confronti da parte dello Stato. Analogamente grande è la sua differenza dalla versione europea contemporanea di conservatorismo, denominata ideologia della “nuova destra”, con la sua chiara inclinazione verso la tradizione pagana precristiana» ( nota 41.)

 

Per il resto il contenuto del manifesto riflette i postulati del nuovo conservatorismo già indicati da Remizov nel suo articolo del marzo 2006 che è stato precedentemente preso in esame.

 

La comparsa dei due documenti programmatici ha suscitato un certo dibattito tra i loro firmatari. In particolare uno degli autori del manifesto Imperativy nacional’nogo vozroždenija, il caporedattore del sito pravaya.ru Il’ja Bražnikov, ha accusato i firmatari dell’altro manifesto di deviare dai princìpi del conservatorismo per una certa propensione ad accogliere alcuni elementi più conformi al pensiero politico di sinistra che a quello conservatore, come nel caso del riferimento al «solidarismo economico». Non si trattava, quindi, secondo Bražnikov, del manifesto del conservatorismo russo ma solo di quello di una sua parte: «Davanti a noi è il manifesto del conservatorismo di sinistra» ( nota 42.)

Tale critica è stata respinta da uno degli autori del manifesto Russkij političeskij konservatizm, Dmitrij Volodichin, che ha negato il carattere di sinistra attribuito al documento dal suo opponente: «Il manifesto della Lega del giornalismo conservatore nel migliore dei casi è più a sinistra del manifesto Imperativy – sì, un po’ più a sinistra! Ma non si può definirlo semplicemente “di sinistra”. Non ci sono fondamenti» ( nota 43.)

 

Tuttavia, al di là della polemica tra gli autori, i due manifesti, pur in una innegabile differenza di accentuazioni nei loro testi, sono espressione di una cultura politica di orientamento conservatore sostanzialmente condivisa dai due circoli dell’intelligencija conservatrice. Gli ambienti conservatori, con i temi e le idee da loro elaborati e promossi, esercitano una egemonia oramai ben riconoscibile nel dibattito politico e culturale, come ha riconosciuto nel febbraio 2005 Aleksandr Janov in un articolo con il quale esortava l’intelligencija liberale a reagire ( nota 44.)

Il nuovo conservatorismo russo, infatti, si presenta più che come una delle parti del dibattito politico nella Russia attuale, come la cifra ideologica dell’intero sistema politico. Tale è la sua autocoscienza. «È evidente che il conservatorismo russo oggi è l’idea nazionale della Russia, i valori conservatori sono materia di consenso dello Stato, della società e della Chiesa», ha sostenuto Bražnikov ( nota 45.)

È la visione del mondo del nuovo conservatorismo a costituire la trama su cui si delinea la cultura politica della Russia di Putin: «I nuovi conservatori», osserva Remizov, «sono capaci di produr­re dalle loro file l’intero spettro politico. Per di più puntano proprio a questo, poiché i loro postulati sono, dal punto di vista dei loro sostenitori, non un pretesto per una polemica di idee, ma l’ordine del giorno del consenso patriottico di tutta la classe politica. Essi esprimono le condizioni quadro dell’esistenza della Russia come soggetto storico. In Russia possono quindi detenere il potere, quale che sia, solo coloro che sono d’accordo con queste condizioni» ( nota 46.)

 

Secondo l’analisi di Andrej Okara, un politologo neocon, il nuovo conservatorismo è diventato il pensiero politico di riferimento del secondo mandato presidenziale di Putin. Egli rintraccia nelle tesi sulla «democrazia sovrana» di Surkov l’impronta preponderante dell’ideologia dei neoconservatori russi. L’elaborazione ideologica del consigliere di Putin ha segnato una svolta. Il primo mandato presidenziale si è caratterizzato per un conservatorismo restauratore. L’esaurimento della capacità di mobilitazione dei richiami all’ordine e alla stabilità come valori in grado di legittimare l’azione di governo ha indotto il Cremlino a cercare altri riferimenti concettuali. Dall’armamentario ideologico dei nuovi conservatori è stato possibile trarre argomentazioni e temi che possono restituire vigore alle dinamiche di legittimazione e ai processi di mobilitazione attorno alle strutture di potere. Si è trattato di un’operazione di tecnologia politica, che nel segno di un passaggio dalle esigenze di stabilizzazione a quelle di una «modernizzazione senza occidentalizzazione» ha iniziato a modificare l’orientamento ideologico dello Stato russo nel senso della filosofia politica dei nuovi conservatori russi ( nota  47.)

 

Non è più il liberalismo a rappresentare l’asse ideologico della costruzione della nuova Russia. Anzi il liberalismo appare ai neocon russi come un sistema di valori assolutamente estraneo all’universo culturale russo: «In Russia il liberalismo non può essere, altrimenti non sarà più la Russia», ha scritto un esponente neoconservatore ( nota 48. )- Il nuovo conservatorismo russo, dunque, si pone come alternativa al liberalismo, visto come «antisistema». L’obiettivo che intende perseguire non è «una astratta presa del potere», ma «la conquista dell’egemonia culturale», quale prerequisito indispensabile per la piena vittoria politica ( nota 49.)

 

«Occorre riconoscere», osserva ancora a questo proposito Remizov, «che nella Russia degli anni Ottanta e Novanta, sono stati prevalentemente gli ideologi “liberali” a puntare sul dominio semantico e sull’“attività sociale”. Tuttavia negli ultimi anni si è verificata una inversione indicativa: il liberalismo intelligente, cosciente dei propri requisiti diviene nella Russia contemporanea sempre più animato in modo autoritario; e contemporaneamente, il nuovo conservatorismo sempre più attivamente si attrezza con gli strumenti della società civile. Ciò è connesso al fatto che la “società” (e in primo luogo i suoi strati colti) oggi è significativamente più conservatrice del “potere”. Come conseguenza, proprio la fondazione di un ambiente sociale conservatore – nella sfera economica, culturale, informativo-politica e in quella della difesa dei diritti dell’uomo – rappresenta la forma più naturale di potenziamento dell’influenza» 50.

L’emancipazione della cultura politica russa da una tutela di tipo culturale e ideologico,imposta nel nome del liberalismo, costituisce un tratto di non secondaria importanza per comprendere l’evoluzione della Russia negli anni della presidenza di Putin. Il passaggio da un panorama culturale a dominante liberale a un quadro di segno diverso, in cui è invece una sensibilità di orientamento conservatore a dare la tonalità prevalente, è uno dei segnali più eloquenti che il tempo post-guerra fredda si è concluso. La Russia si presenta sugli scenari internazionali con un rinnovato e autonomo profilo geopolitico, militare, economico, politico e anche culturale, senza soggezioni e subordinazioni. Il nuovo conservatorismo russo costituisce dal punto di vista ideologico un movimento culturale e politico che aspira a dotare la Russia di una visione del mondo che possa restituirle la sua grandezza e la sua missione universale. Ha osservato a questo proposito Okara che per qualsiasi tipo di regime politico russo la mancanza di «alte motivazioni, orientate escatologicamente, di idee sugli obiettivi di lungo periodo e sul senso dello sviluppo del paese, rappresenta una seria minaccia alla esistenza dello Stato» ( nota 51.)

L’obiettivo dei neocon russi non è, per ora, quello di una conquista del potere politico, in un quadro di sostanziale intesa con il regime di Putin, ma quello di un’egemonia culturale, con la quale intendono modellare la cultura politica delle élite russe secondo i postulati del loro pensiero e indirizzare lo Stato secondo gli orientamenti della loro concezione della Russia e della loro visione geopolitica del mondo. I nuovi conservatori russi riaffermano il senso e il valore della storia del loro paese, da cui traggono un patrimonio di pensiero che intendono coniugare con le sfide del mondo contemporaneo per disegnare una visione del futuro della Russia. In un certo senso sono la più recente manifestazione di una linea di tendenza di lungo periodo della cultura russa, che corrisponde a una convinzione di fondo sintetizzata con efficacia da Berdjaev: «È un errore credere che i popoli e le società vivano nel presente. Il presente è a mala pena raggiungibile. Si vive molto di più nella potenza del passato e nell’attrattiva dell’avvenire» ( nota 52.)

Carta di Laura Canali, 2006Carta di Laura Canali, 2006

Note:

1. Vladislav Surkov ha esposto le sue tesi sulla «democrazia sovrana» in un intervento al Centro di formazione del partito Russia unita il 7 febbraio 2006, «Suverenitet – eto političeskij sinonim konkurentosposobnosti» («La sovranità è il sinonimo politico di competitività»), Političeskij klass, n. 3/2006, pp. 15-21.

2. M. ROGOŽNIKOV, «Čto takoe “suverennaja demokratija”» («Che cosa è questa “democrazia sovrana”», Ekspert, 14/11/2005, www.expert.ru/printissues/expert/2005/43/43ex-suveren/

3. M. SOKOLOV, «Perechodnoe samoderžavie» («Autocrazia transitoria»), Ekspert, 25/12/2006, www.expert.ru/printissues/expert/2006/48/perehodnoe_samoderzhavie/

4. V. IVANOV, «Mnogoznačitel’naja demokratija» («Una democrazia dai molti significati»), Russkij Žurnal, 30/8/2006, www.russ.ru/layout/set/print/politics/docs/mnogoznachitel_naya_demokratiya

5. D. SABOV, «Democrazia? No, grazie!», Limes, n. 6, 2004, pp. 89-90.

6. V. POLTEROVIČ, «Ot suvereniteta k demokratii» («Dalla sovranità verso la democrazia»), Russkij Žurnal, 21/11/2006, www.russ.ru/layout/set/print//politics/docs/ot_suvereniteta_k_demokratii

7. L. ŠEVCOVA, «Kak Rossija ne spravilas’s demokratiej: logika političeskogo otkata» («Come la Russia non se la è cavata con la democrazia: la logica di un arretramento politico»), Pro et Contra, n. 3/2004, pp. 36-55; la citazione è a p. 39.

8. M. ŠAJMIEV, «Sud’by demokratii v Rossii. Nacional’naja političeskaja model’: principy i prioritety» («Il destino della democrazia in Russia. Il modello politico nazionale: principi e priorità»), Nezavisimaja Gazeta, 15/9/2006.

9. V. SURKOV, «Nacionalizacija buduščego» («La nazionalizzazione del futuro»), Ekspert, 20/11/2006, www.expert.ru/printissues/expert/2006/43/nacionalizaciya_buduschego/

10. A. MOROZOV, «Demokratičeskaja kulinarija» («Gastronomia democratica»), Russkij Žurnal, 23/11/2006, www.russ.ru/layout/set/print//politics/docs/demokrati_eskaya_kulinariya

11. Cfr. V. TRET’JAKOV, «Čertëz Šurkova» («Il disegno di Surkov»), Političeskij klass, n. 1/2007, pp. 30-38.

12. V. CHOLMOGOROVA, «Utopičeskij suverenitet» («La sovranità utopica»), Ekspert, 9/6/2007, www.ek-spert.ru/articles/2007/06/09/surkov_ran/

13. «Vladislav Surkov: “Zapad ne objazan nas ljubit”» («Vladislav Surkov: “L’Occidente non è costretto ad amarci”»), inoSMI.ru, 20/6/2005, www.inosmi.ru/translation/220396.html

14. Le parole di Kennan sono riportate in M. T RUDOLJUBOV, «Moloko i mëd» («Latte e miele»), in Trudnosti perechoda: demokratija v Rossii (Difficoltà di una transizione: la democrazia in Russia), Moskva 2004, Moskovskij Centr Carnegie-Vedomosti, p. 7.

15. La citazione di Surkov è in M. REMIZOV, Konservatizm segodnja (Il conservatorismo oggi), 13/3/2006, www.pravaya.ru/govern/392/6943?print=1

16. G. KOŽEVNIKOVA, «“Putinskij prizyv”: ideologi ili mifotvorcy?» («La “leva putiniana”: ideologi o creatori di miti?»), Neprikosnovennyj Zapas, n. 5/2004, pp. 43-48.

17. A. CIPKO, «Eščë raz o Dne narodnogo edinstva» («Ancora una volta sulla Giornata dell’unità del popolo»), Rossijskaja Gazeta, 26/10/2006.

18. A. ELISEEV, «Sročno trebuetsja Liberal» («Si richiede urgentemente un liberale»), Apn, 16/5/2006, www.apn.ru/publications/print9639.htm

19. E. BATALOV, «Političeskaja kul’tura Rossii skvoz’ prizmu civic culture» («La cultura politica della Russia attraverso il prisma della civic culture»), Pro et Contra, n. 3/2002, p. 17.

20. A. CIPKO, «Vožidanii Gagarina. Sila i slabost’ molodëžnogo konservatizma» («In attesa di Gagarin. Forza e debolezza del conservatorismo giovanile»), Literaturnaja Gazeta, 18-24/1/2006, p. 3.

21. Novye konservatory: buduščee Rossii? (I nuovi conservatori: sono il futuro della Russia?), 17-122004, www.pravaya.ru/govern/392/1911?print=1

22. Cfr. A. MALER, Ideologija russkogo neokonservatizma (L’ideologia del neoconservatorismo russo), 28/3/2006, www.pravaya.ru/look/7179?print=1

23. Si vedano le osservazioni di T. ŠPIDLÍK, L’idée russe. Une autre vision de l’homme, Troyes 1994, Éditions Fates, trad. it. di S. MORRA, L’idea russa. Un’altra visione dell’uomo, Roma 1995, Lipa, pp. 195-196. Sul messianismo russo è d’obbligo il rimando a N. BERDJAEV, Russkaja Ideja. Osnovnye problemy russkoj mysli XIX veka i načala XX veka, Paris 1946, Ymca-Press, trad. it. di C. DE LOTTO, L’Idea russa. I problemi fondamentali del pensiero russo (XIX e inizio XX secolo), a cura di C. De Lotto, intr. di G. Riconda, Milano 1992, Mursia.

24. N.A. BERDIAEFF, Dialectique existentielle du divin et de l’humain, Paris 1947, Janin, p. 33, cit. in O. CLÉ MENT, Berdiaev. Un philosophe russe en France, Paris 1991, Desclée de Brouwer, trad. it. a cura delle monache benedettine dell’Abbazia Mater Ecclesiae, Isola San Giulio (Orta, Novara), La strada di una filosofia religiosa: Berdjaev, ed. it. a cura di A. Dell’Asta, Milano 2003, Jaca Book, 2003, p.149.

25. A. MALER, op. cit.

26. Gli esponenti principali del Konservativnyj press-club sono Vadim Cymburskij, Viktor Militarev, Jurij Solozobov, Boris Mežuev, Konstantin Krylov, Egor Cholmogorov, Andrej Okara. Sono da segnalare come espressioni di questo gruppo di neocon russi il sito analitico Agentstvo političeskich novostej (apn.ru) e la rivista Russkij predprinimatel’. Per queste informazioni e per il quadro dei diversi circoli che compongono la galassia neoconservatrice russa si veda M. REMIZOV, op. cit.

27. Remizov indica nel dipartimento per le Relazioni esterne del patriarcato di Mosca, diretto dal metropolita di Smolensk e Kaliningrad, Kirill (Gundjaev), e nel monastero moscovita della Presentazione dell’icona della Madre di Dio di Vladimir, guidato dall’archimandrita Tichon (Ševkunov), di una cui presunta vicinanza al presidente Putin si è spesso scritto sui media russi, i due centri ecclesiastici di riferimento per questo conservatorismo ortodosso. I siti pravoslavie.ru e pravaya.ru ne sono espressione, mentre Vitalij Aver’janov, Il’ja Bražnikov, Oleg Beljakov e Natalija Naročnickaja sono gli intellettuali di maggior spicco.

28. Si veda V. PROZOROV, «“Revnitel’ blagočestija”. Vladimir Jakunin – tradicionalist v rossijskoj vlasti» («“Il difensore della devozione”. Vladimir Jakunin: un tradizionalista nel potere della Russia»), Političeslij klass, n. 4/2007, pp. 16-24. Tra le iniziative promosse da Jakunin sono da menzionare il Fond Andreja Pervozvannogo, il programma Dialog civilizacij (Dialogo delle civiltà), il Centr nacional’noj slavy Rossii.

29. Tra questi circoli si possono ricordare il gruppo letterario-filosofico Bastion, che raccoglie letterati e ideologi di orientamento imperialista; il Fond Kul’tury Nikity Michalkova che ha dato vita a un seminario conservatore; l’Eksperimental’nyj tvorčeskij centr di Sergej Kurginjan, che edita l’almanacco Rossija XXI; l’Istituto di storia russa della università moscovita RGGU diretto da Andrej Fursov; il gruppo di Russkaja doktrina (Sergievskij proekt) (La dottrina russa [Progetto di Sergij]).

30. A. MALER, Prišestvie russkich neokonov (L’avvento dei necon russi), 18/4/2006, www.pravaya.ru/look/7442?print=1

31. Ibidem.

32. Ibidem.

33. Ibidem.

34. M. REMIZOV, op. cit.

35. Nel dibattito culturale e politico in Russia, fin dalla seconda metà degli anni Novanta, e anche nei testi legislativi che normano la libertà di coscienza e le associazioni religiose, si è affermata la categoria di «religioni tradizionali» della Russia, nel cui novero rientrano l’ortodossia, l’islam, l’ebraismo e il buddismo: cfr. G. CODEVILLA, Stato e Chiesa nella Federazione Russa. La nuova normativa nella Russia postcomunista, Milano 1998, La Casa di Matriona e A. R OCCUCCI, «La Chiesa ortodossa russa nel XX secolo», in A. PACINI (a cura di), L’ortodossia nella nuova Europa. Dinamiche storiche e prospettive, Torino 2003, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, pp. 237-283.

36. M. REMIZOV, op. cit.

37. M. TJURENKOV, «Russkaja doktrina» non stop («La dottrina russa» non stop), 14/12/2005, www.pravaya.ru/word/121/5895?print=1

38. Cfr. V. AVER’JANOV, Dva konservativnych manifesta (Due manifesti conservatori), 18/9/2006, www.pravaya.ru/look/8921?print=1

39. Imperativy nacional’nogo vozroždenija. Manifest russkich konservatorov (Gli imperativi della rinascita nazionale. Manifesto dei conservatori russi), 21/3/2006, www.pravaya.ru/word/120/7943?print=1. I firmatari del manifesto sono Sergej Baburin, deputato del partito Rodina e vicepresidente della Duma, Aleksandr Fomenko, deputato di Rodina, Il’ja Bražnikov caporedattore del sito pravaya.ru, Michail Tjurenkov e Aleksej Česnokov, vice caporedattori dello stesso sito, Kirill Frolov, guida della sezione moscovita dell’Unione dei cittadini ortodossi, Arkadij Maler, membro del consiglio centrale dell’Unione dei cittadini ortodossi e responsabile di un altro progetto dell’arcipelago neocon Severnyj Katechon, Vladimir Karpec, membro dell’Unione degli scrittori di Russia, Egor Cholmogorov, presidente del circolo Konservativnoe soveščanie.

40. «Russkij političeskij konservatizm. Konservatizm kak ideologija» («Il conservatorismo politico russo. Il conservatorismo come ideologia»), Apn, 20/7/2006, www.apn.ru/publications/print10058.htm. I firmatari di questo manifesto sono Dmitrij Volodichin, Boris Mežuev, Michail Remizov, Vladimir Tor.

41. Ibidem.

42. I. BRAŽNIKOV, «“Obmirščënnyj” konservatizm» («Un conservatorismo “secolarizzato”»), 27/7/2006, www.pravaya.ru/look/8450?print=1

43. D. VOLOCHIDIN, Včëm otličie? (In che cosa è la diversità?), 29/8/2006, www.pravaya.ru/column/8654?print=1

44. Si veda l’articolo di A. JANOV, pubblicato nel febbraio 2005 sulla rivista Polis, «Idejnaja vojna. Epigony, liberaly, Rossija i Evropa» («Una guerra di idee. Epigoni, liberali, Russia ed Europa»), www.politstudies.ru/universum/dossier/03/yanov-2.htm

45. I. BRAŽNIKOV, Konec liberalizza i konservativnye cennosti (La fine del liberalismo e i valori conservatori), 27/12/2005, www.pravaya.ru/look/6081?print=1

46. M. REMIZOV, op. cit.

47. A. OKARA, «Reprivatizacija buduščego» («La riprivatizzazione del futuro»), Političeskij klass, n. 4/2007, pp. 27-33.

48. P. TROICKIJ, Nužen li Rossii liberal’nyj konservatizm? (Ha bisogno la Russia di un conservatorismo liberale?), 22/11/2006, www.pravaya.ru/look/9867?print=1

49. Le citazioni sono tratte dall’intervento di Michail Remizov a un dibattito svoltosi a Mosca il 23 aprile 2004 riportato in Novye konservatory: buduščee Rossii?, cit.

50. M. REMIZOV, op. cit.

51. A. OKARA, op. cit., p. 27.

52. N. BERDIAEFF, Au seuil de la nouvelle époque, Neuchâtel-Paris 1947, Delachaux et Nestlé, p. 99.

 

 

 

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1 risposta a +++ ORIETTA MOSCATELLI::: PUTIN LIQUIDA “VLADISLAV IL BURATTINAIO”—LIMES ONLINE DEL 19 FEBBRAIO 2020 +++NEOCON ALLA RUSSA: SURKOV E LA DEMOCRAZIA SOVRANA —  13/07/2007

  1. Donatella scrive:

    Insomma, meglio stare alla larga dalla Russia per la difficoltà di comprensione del loro mondo. Quello che finora abbiamo capito, come dice scherzando lo storico Barbero, che è fatale invadere o aggredire la Russia.

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