20 SETTEMBRE 2012, NIC HA 10 MESI OGGI, ORE 14:22 ECCO A VOI LA VOSTRA DONATELLA IN UNA STORIA DI ANIMALI CHE, LEI, AMA INFINITAMENTE DI PIU’ DEGLI UOMINI.

 

 

 

CIELI PROFONDI

 

 

Prima che me lo chiediate voi chi sono, mi presento io: sono un lama, sì, avete capito bene, un lama delle Ande. L’ho subito specificato perché tanti, per fare gli spiritosi, giocano sull’equivoco del lama tibetano. E’ da quando sono nato che questi scherzi da asilo mi perseguitano e anche se cerco di stare calmo, come mi hanno sempre raccomandato i miei, preferisco prevenire  la battuta idiota piuttosto che avere delle reazioni  troppo violente. L’altra domanda che in genere mi viene fatta è cosa ci sto a fare in Italia, visto che la mia patria è così distante. Mi piacerebbe domandarlo a chi mi ha portato qui, per dire che non è certo stata una mia scelta.  Forse la cosa più breve è cominciare dall’inizio. Sono nato sull’altopiano andino, in una giornata  di sole ma molto fredda. Mi sembra ancora adesso di sentire il vento che mi sferza ed io che sto attaccato a mia madre per succhiare il latte e per ripararmi. Da noi la vita è molto dura: appena nati dobbiamo imparare contemporaneamente un sacco di cose, ma la più difficile è stare in piedi e tenere il passo dei grandi. Non ci sono alternative e vi assicuro che a una scuola di quel genere uno fa di tutto per imparare. Ad ogni modo la mia infanzia  ebbe anche dei momenti piacevoli: quando si giocava con gli  altri  piccoli, quando mia madre mi teneva stretto contro di lei per ripararmi dal freddo della notte, quando mi insegnava a non mangiare certe erbe che erano velenose oppure mi faceva vedere i passaggi più facili per passare da un pascolo all’altro. Non ci posso pensare troppo perché mi commuovo e allora succede che non sono abbastanza coriaceo per affrontare la vita che mi sta attorno. Ho nel cuore quello spazio sconfinato che ho visto dal momento in cui ho aperto gli occhi e in certi momenti sembra risucchiarmi da dentro. Devo fare attenzione perché mi capita  come una  vertigine, credo di perdere per qualche secondo la coscienza del presente. Tutto ciò è molto pericoloso, non me lo posso permettere. Ho scoperto però che se mi addormento pensando alle mie montagne, mi succede di sognarle e allora sto bene per intere giornate.

Non vi ho ancora detto come ho fatto ad arrivare fin qui. Mi ci hanno portato, naturalmente, e senza chiedere il mio parere. Un giorno, mentre facevo colazione coi miei amici (mia madre mi aveva appena detto che stavo aspettando un fratellino), sentimmo uno strano rumore nell’aria, ma non era né il vento né qualche stormo di uccelli. Era un aggeggio luccicante, che faceva un baccano infernale man mano che si avvicinava e che seppi, in seguito, chiamarsi elicottero. Cercai di scappare, ma ero così  curioso che mi attardai qualche istante di più per veder lo strano uccello. Sentii una fitta sul dorso, come se una pianta spinosa mi avesse punto. Quando mi risvegliai, ero impastoiato e con la testa confusa. Stavo rannicchiato senza potermi muovere sul fondo dello strano uccello che mi aveva rapito. Sentivo un rumore terribile e c’erano degli strani esseri (seppi in seguito che erano degli animali terribili, con poteri  enormi e che si chiamavano uomini). Non posso dire che mi abbiano trattato male, anzi, una volta  arrivati di nuovo sulla terra, erano molto preoccupati del mio stato di salute. Mi misero dentro un recinto, con altri lama che erano stati catturati come me. Per parecchi giorni non mi mossi dal suolo e non presi l’erba che  due volte al giorno  venivano a mettere nelle mangiatoie. Poi una femmina mi si avvicinò e mi disse: “Non fare così, se no morirai o ti abbatteranno loro. Ci prendono per venderci  in posti lontani, dove non siamo conosciuti e altri uomini pagano per vederci. Cerca invece di stare bene, perché tanto è lo stesso. Se  ti lasci morire nessuno piangerà la tua mancanza; solo noi qui dentro saremo un po’ più tristi e tua madre, anche da distante, sentirà che non ci sei più e non si darà pace. Se vivi invece potrai magari fare in modo che altri come noi non facciano la nostra fine. Non tutti gli uomini sono come quelli che ci hanno preso; altri, vedendoci in questo stato, avranno pietà di noi e cercheranno di impedire che queste malvagità accadano”. Mi lasciai convincere, forse perché mi ricordava mia madre, forse perché era come me ma più coraggiosa. Successe come  quando, appena nato, avevo deciso di tenere il passo degli adulti. Ancora una volta scelsi di vivere, così, istintivamente.

Da allora di cose me ne sono successe : ho fatto dei lunghi viaggi in aereo, sono stato per molto tempo in uno zoo in una grande città  che mi hanno detto  che si chiama Roma. Non è che ci si stia poi tanto male, ma mi ha sempre dato fastidio il fatto di dovere vivere in vetrina, con tutta quella gente che ti fissa e non pensa che potrebbe esserci lei dall’altra parte del recinto. Dopo un po’ di anni  sono stato ceduto ad un piccolo circo ambulante perché gli zoo non sono più di moda. In qualche modo la femmina che mi aveva convinto a vivere aveva avuto ragione: gli uomini, per quanto interessati quasi solo al denaro, hanno capito, anche se non tutti, che ogni essere vivente va lasciato nel suo ambiente. Altri miei compagni di sventura mi hanno voluto dire invece che l’animo degli uomini è sempre lo stesso, solo che con la televisione  si possono veder tutti gli animali di questo mondo. Ad ogni modo, in questo piccolo circo io sto bene, sono rispettato, anche coccolato perché, insieme ad un dromedario un po’ spelacchiato sono l’unica risorsa della famiglia che mi ha comperato. Viaggiando vedo sempre cose nuove, perché nel nostro furgone (mio e del dromedario) c’è una piccola finestrella. Nella città ero sempre nello stesso punto; invece adesso quasi ogni giorno cambiamo paese. Ho rivisto dopo tanti anni delle montagne in lontananza e, quando si fa sosta per riposarsi o mangiare, se il posto è tranquillo, mi lasciano andare un po’ in giro a brucare l’erba fresca. Mi si risveglia allora una nostalgia terribile e il dromedario, che anche da giovane non deve essere stato molto sveglio, mi guarda con un po’ di fastidio e mi dice: ” E’ possibile che ti commuovi per un po’ di erbetta? Se vedessi allora le mie dune di sabbia!”. I primi tempi ho cercato di spiegargli  che la mia erbetta valeva  la sua sabbia, ma poi ho visto che non capiva, anzi rischiavo di rovinare il rapporto e così adesso non dico più niente. Mi limito ad andarmene un po’ più in là  e a godermi in pace la mia nostalgia. C’è una bimbetta molto carina, la più giovane della famiglia, che mi viene vicino, mi parla, mi racconta di quando la sua famiglia è dovuta andare via dal paese perché c’era la guerra. Mi ha detto che c’erano degli uomini molto cattivi che volevano ucciderli tutti : dicevano che erano stranieri, zingari mi pare, che rubavano ed erano di un’altra religione, perciò dovevano sloggiare. Ho capito da lei che gli uomini trattano male non solo noi animali, ma anche  quelli della loro specie che hanno  la colpa terribile di essere poveri. La bimba mi guarda e mi chiede” Tu mi capisci, no? Raccontami di come sei venuto qui. Chissà la tua mamma, poverina, quando sei andato via. Io almeno la mia mamma ce l’ho. Raccontami dove sei nato.” Stiamo così per un po’ di tempo, ci guardiamo negli occhi e credo che lei mi capisca, perché mi accarezza dolcemente, mi dà bacini,è come se mi volesse in tutti i modi consolare. Io mi godo quella tenerezza e quando mi addormento sogno le mie montagne sotto un cielo terso.

 

 

CARA DO, SE MAI L’ITALIA TI STESSE STRETTA…

Nimm dich in acht vor blonden frauen (1930) Marlene Dietrich

 

 

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3 risposte a 20 SETTEMBRE 2012, NIC HA 10 MESI OGGI, ORE 14:22 ECCO A VOI LA VOSTRA DONATELLA IN UNA STORIA DI ANIMALI CHE, LEI, AMA INFINITAMENTE DI PIU’ DEGLI UOMINI.

  1. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Non so se interpreto bene l’ accostamento dei due video: da una parte c’è la musica bella ma allegramente superficiale della rivista italiana rappresentata dalla Wanda nazionale; dall’altra le immagini di Berlino prima e dopo la grande tragedia, con una seducente e misteriosa Marlene Dietrisch che accompagna una musica viva e per niente mielosa, con una voce ferma e affascinante.( tra l’altro mi pare che Marlene fu accusata dai Tedeschi di essere antinazista e quindi antitedesca; quasi identica sorte toccò, durante il nazifascismo, ad un’altra grande vedette internazionale, la francese Josephine Baker). A chi non piacerebbe essere un po’ l’una e un po’ l’altra? A me non spiacerebbe per niente, anzi mi prenoto per un altro giro!

  2. nemo scrive:

    Wanda è più ‘ruspante’, appartiene all’ immaginario di una nazione ancora ottocentesca e povera, soprattutto culturalmente, in cui larga parte della mia giovinezza ha ‘sguazzato’ ( si fa per dire ).

  3. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Sempre per restare tra gli animali, trascrivo una poesia in memoria della cagnetta Zoe, figlia adottiva della Lucia, che ne porta il lutto:

    Zoe, cagnetta mite,
    i tuoi occhi
    guardavano condiscendenti
    questo mondo,
    con una certezza di bontà
    negli uomini.
    Zoe, nome di vita,
    San Francesco
    ti avrebbe parlato
    e tu
    con la tua coda
    gli avresti sorriso.

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