28- 10-2012 … ore chissà! Un vecchio testo di cui ho rifatto la prima parte: “A volte mi vedo da lassù-lassù… oltre il firmamento… da una stella lontanissima vari millenni da noi, quasi persa nella sua eternità.”

 

 

Escher

 

 

 

A volte mi vedo da lassù-lassù… oltre il firmamento… da una stella lontanissima vari millenni da noi quasi persa nella sua eternità. Naturalmente guardo me e solo me. Me insieme a miliardi di gente.
E’ la possibilità di sdoppiarsi, una parte osserva l’altra che vive. Ammessa la distinzione. Non è neanche facile averla. Tecnicamente, come tutto oggi, si chiama in inglese e la parola è: “splitting”. Scissione sdoppiamento divisione. E’ una cosa buona o malata. Questione di gradi. Come tutto nelle cose vive.
Da lassù vedo una specie di formichina già vecchietta che va per la sua strada, convinta dei suoi valori e decisa a realizzarli… E’ addirittura ammattita per questi principi, incapace com’era di mollarli almeno un po’…Sì sì, adesso fa un po’ un ridere quella formichina vista da qui: stringe i denti, e tutto quello che può stringere, e va avanti sempre avanti perché lei ha ben chiaro una meta, uno scopo e un significato in tutto quello che fa…”Pedààànte pedàààànte”, dicono intorno… Lei sente tutto e ci sta male, molto male, ma da buona formichina va avanti nei suoi schemetti mentali e lotta e lotta, lotta sul serio, con sé e con gli altri, persino “per” sé e “per” gli altri (nessuno le chiede niente, sia chiaro, tutto è “spontaneo” nella formichina), come se questi scopi e significati ci fossero davvero.

Ce la mette tutta, in parte perché non è dotata di molto maneggio per girarsi nella vita, da sempre deve supplire con l’olio di gomito, ma anche perché il bisogno di illudersi, così connaturato all’essere umano, la fa sentire importante nel suo attribuirsi un “senso”.
Sì sì, è proprio buffa e carina nella sua disarmante ingenuità.

Ma quello che conta è che, da lassù, mi accorgo, la formichina, è una realtà “inesistente”, per così dire, e tutto il mondo attorno gira e gira e continua a girare senza sapere che lei c’è, che un secondo fa non c’era e che fra un momento sparirà.

Nessuno sa quando siamo arrivate al mondo (…”noi maestatis” ci vuole per tenerci su), non sanno dell’attimo che è la nostra esistenza e ancor meno si accorgeranno quando spariremo: e noi, invece, sappiamo, con assoluta certezza, che l’universo dopo di noi sarà esattamente come prima di noi, quando non ci eravamo dati la pena di nascere.

Questo modo di guardarmi mi fa bene, non potete sapere quanto, perché, se si capisce, mi “oggettivizza”: come oggetto, mi piace essere un pesciolino sperduto in tutti gli oceani dell’Universo e Universi infiniti, quel piccolo Nemo del cartone va bene.  Se sono un cosino da niente, o anche “una cosa” in tutta la sua dignità, che diamine!, un oggetto che vive la sua vita, di fiore mattutino, nella presunta armonia di tanti universi anche sconosciuti, sono libera, almeno per un attimo, della mia soggettività… La mia poi così pesante, come tutti sanno!  “Pesààànte…pesààànte”, dicono tutti intorno (i più furbi, e buoni amici, non dicono niente e prendono la formichina a piccole dosi).
Adesso, in quel punto sperduto delle notti e dei giorni di luce, mi vedo finalmente con chiarezza: sono un nanissimo secondo dei miliardi dei miliardi dei miliardi… Lo sa dire un grande: “Sono l’attimo di una porta che si apre e si chiude”

I miei cari? No, non riesco a vederli così, non avrei cuore; vedo benissimo me e mi sento più leggera…leggera come un pulviscolo di polvere sotto un raggio di sole in una stanza scura. Se guardate bene in quella finta oscurità, quelle pagliuzze di polvere diventano tutte dorate…E’ perché la leggerezza, quella così lieve che evapora subito, rende felici.

Se scorrete i millenni e millenni di storia dietro di noi… e poi guardate me, o  voi, a modo vostro, e quanta altra gente si è impegnata… proprio come me, o come voi, credendo nella forza della razionalità, della volontà, dell’amore e della giustizia, formichine e gente piccola media grande, i martiri…

 

Ebbene, è tutto  sparito.

Anche quel ragazzo vicino alla mia nuova casa a Milano, viale Regina Giovanna 16, di diciassette anni, ammazzato dai fascisti il 24 aprile del 1945.

 

Forse perché sono così vecchia, vecchia di tempi vissuti (tutti sanno che, a livello psichico, a volte in un secondo, viviamo millenni… Il dolore di qualunque tipo dilata il tempo, quasi fosse un elastico tirato da una forza infinita), guardando il nostro paese amato molto, guardandolo con il cuore stretto, devastato, assistendo attoniti a “come si è ridotto” (ma anche gli altri, tanti altri paesi), mi prende una pena di questi ragazzi, di loro, dei nostri Resistenti e di tanti tanti ragazzi nel mondo che: “sono morti per niente”.
Anche oggi, in questo istante.
E che forse siamo proprio noi con i nostri “falsi” ideali, alti ideali beati di loro stessi, nei quali ci specchiamo sentendoci re, quel bianco di neve bianca ci inebria tanto da non poterci distrarre a trovarci le gambe per realizzarli…Eh sì, la neve del nostro cuore si sporcherebbe…Quanta nostra brava sinistra non saprebbe più come stare in piedi al mattino né guardarsi nello specchio!

Sì, ormai vivo di pena, sarà la microcircolazione scadente, ma una gran pena, forse ancora più forte, ho di questi nostri giovani che hanno adesso venti trent’anni quaranta, e che devono vivere “venendo dal vuoto”, senza passato, senza radici se non questi magnificenti anni Ottanta, che li hanno istruiti a cogliere l’attimo fuggente, il piacere “che si fugge tuttavia” perché del doman, mai come oggi, non c’è certezza. Annichiliti, piatti come fogli di quaderno, nel presente. Non ditemelo: grazie al cielo che ci benedice, vedo una minuscola scheggia della realtà dall’apertura che la mia tana mi consente.

Ormai la formichina è scesa da lassù dove stava tanto bene.  E, stamattina almeno, non sa più ritornarci, la casa si è svegliata, la quotidianità…Il dolore e la felicità ricominciano il loro gioco. La soggetività è un peso e una liberazione. Tutti lo sanno. Che sia un peso, lo si vede anche da tanti che liberamente se ne liberano, illudendosi che quella sia leggerezza. Lo è senz’altro nell’immediato, la cicala così ci vive, e fa bene, io l’ho vista, c’è gente felice che vive così, ma una formichina come ahimé sono io, né cambierò questa struttura mentis, non sognatevelo, ahimé, ahimé, non può che credere, né può far diverso, dovrebbe rivoltarsi come un guanto, che quella leggerezza nell’inverno…Ma, se potete, avetemi simpatia, sono una delle tante formichine che, quando viene il freddo, il granaio lo lascia aperto, anzi, si ritira in un cantuccio perché le cicale si possano alimenare cantando libere e leggere.

 

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3 risposte a 28- 10-2012 … ore chissà! Un vecchio testo di cui ho rifatto la prima parte: “A volte mi vedo da lassù-lassù… oltre il firmamento… da una stella lontanissima vari millenni da noi, quasi persa nella sua eternità.”

  1. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    La cicala e la formica, eterne attrici che necessitano l’una dell’altra pur essendo in antitesi come stili di vita ( si direbbe adesso) mi fanno venire in mente quella barzelletta che raccontava meravigliosamente Walter Chiari: la cicala che dopo l’estate si presenta in grande spolvero alla formica e le annuncia che passerà l’inverno a Parigi con i suoi amici e la relativa risposta piccata della formica. Mi fa ridere per l’assoluta impossibilità di vederci chiaro in questo grande assoluto incomprensibile mondo.

  2. diletta luna scrive:

    Bella questa favola sulla formichina. “La cigale et la fourmi” mi è sempre piaciuta molto ed ogni tanto mi ritrovo a recitarmela nel cervello . Devo dirti però, chiara, che la finale della tua formicuzza che lascia il granaio aperto perchè la cicala possa sfamarsi, porta in sè un concetto che io ho sempre avuto delle due poverette : è più brava la cicala o la formica ? Direi che io ho un gran rispetto per la formica, ma mi piace tanto anche la cicala, che canta, canta, canta fino a rischiare di morir di fame. Che triste essere solo formica !Quasi è più bello morir di fame, tanto di una cosa o di un’altra devi morire, ma , se ce la fai, cantare fino all’ultimo respiro.

    • Chiara Salvini scrive:

      tu sei una formichina che canta canta, anche da sola, fino all’ultimo respiro! Non canti mangiando solo perché te l’hanno e te lo proibiscono! Tu sei una vera cicala travestita da “seria formichina”, quando di serio e di buono ecc. ecc…men che meno di suora, non hai niente! tua cugina ch.

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