7 febbraio 2013 ore 07:35 “LA MEDICINA NARRATIVA” COME E’ REALIZZATA A TORINO NEL REPARTO RIANIMAZIONE DIRETTO DAL DOTTORE/ SCRITTORE GIUSEPPE NARETTO

 

Qui il sito del progetto: http://hstory.wordpress.com/h-story-in-rianimazione/

 

da:  LA STAMPA

12/04/2010 –

 

Marco Accossato – Torino

 

AL SAN GIOVANNI BOSCO E SU INTERNET UN PROGETTO DI MEDICINA NARRATIVA.

Così i torinesi esorcizzano la morte

 

Uno dei sei diari riempiti da giugno a oggi in Terapia Intensiva.

Storie di attesa, attimi di sconforto, di disperazione, sprazzi di speranza. Una poesia, una frase, le parole di una canzone o semplicemente un «Buona notte papà, ti voglio bene». All’ingresso del reparto di Terapia intensiva del San Giovanni Bosco un quaderno ad anelli raccoglie da un anno le emozioni dei parenti e degli amici dei ricoverati: «Ciao mamma, come un fulmine a ciel sereno venerdì sei arrivata qui. E ora stiamo aspettando che ritorni il sole, che ritorni tu. Dopo un temporale che ti sconvolge, che fa piovere dagli occhi, sto aspettando di incrociare il tuo sguardo».

Tutto nasce da un idea e da un incontro: quello del dottor Giuseppe Naretto, anestesistascrittore, con i curatori di «H.story in rianimazione», sito Internet dedicato alla medicina narrativa.

Ogni giorno, dallo scorso giugno a oggi, un figlio, una moglie, un marito, un padre o una fidanzata hanno lasciato un’emozione, una preghiera, una pagina di diario intimo che tutti possono leggere per non sentirsi soli nell’angoscia, per trovare anche un solo motivo per cui sperare, per cercare conforto.

O per darlo.«In un reparto come la rianimazione – spiega il dottor Naretto – entriamo sempre in modo pesante nella vita delle persone. Un tempo, nelle vecchie rianimazioni, il malato era come“sequestrato” ai parenti. Oggi, la Terapia intensiva è aperta ventiquattr’ore su ventiquattro.Così, in ogni istante, medici, infermieri e il resto del personale condividono non solo la vita del malato, ma anche quella dei suoi familiari».

Il diario è un modo per non troncare la rete di affetti: «Scrivere “buona notte” prima diandare a casa è come rimanere accanto a chi è ricoverato». E’ un modo per condividere, per continuare a comunicare anche nel silenzio di un sonno profondo. Ma è anche un aiuto per chi si prende cura del paziente: «Rileggendo ciò che viene scritto comprendiamo che cosa prova un parente mentre il malato è lì, nell’anticamera di una cura. E questo ci aiuta a non concentrare tutta l’attenzione soltanto sul ricoverato, ma pensare anche a chi ogni giorno spera in un miglioramento o aspetta un evento tragico a volte inevitabile».«Ciao, da noi il sole ha smesso di scaldare e non illumina più, nel buio più profondo due stelle brillano, Giulia e Giorgio, ti segnalano il cammino per tornare da noi. Non ci lasciare soli, abbiamo bisogno di te», scrive una moglie al marito in coma. «Sai, sono arrabbiata con te perché non hai voluto rimanere con noi, non sei riuscito a stringere la mano che ti porgevo – è il messaggio carico di disperazione di una fidanzata -: ho cercato con tutte le mie forze di afferrarti ma purtroppo non ci sono riuscita. Ti prometto di portare una pietra su al Quintino Sella. Non ti dimenticherò mai».

In un mondo dove le emozioni sono vere, «dove siamo tutti uguali e stiamo lottando per la stessa cosa, il problema principale è la vita», riflette una mamma. «Ciao nonno Pepe – ha scritto in semplicità una nipotina – forza, svegliati presto. Dormo io dalla nonna, coraggio,ti voglio bene».

Quante attese interminabili, nei messaggi lasciati sul quaderno. Giorni insopportabili, a volte. C’è il suicidio. E c’è, ineluttabile, anche la morte: «Buon viaggio, amore mio. Alle 12,45 ci hai lasciato, ti portiamo nel cuore, nei pensieri, nei momenti belli e brutti, ma comunque nei nostri momenti. Hai lasciato ai tuoi figli un insegnamento prezioso, l’amore per il prossimo e il rispetto, la sincerità e l’onestà. Accompagnaci sempre e ovunque; buonviaggio, amore mio».

Sei libri, decine di pagine, centinaia di frasi. «Cara nonna, così hai dato retta al nonno…piano piano lo segui e così la tua voglia di rivederlo è realizzata. Ma sappi che ci mancherai un sacco, mamma è molto triste e lo siamo tutti».

 

«Leggendo molte delle frasi lasciate in tante pagine di diario – riflette ancora il dottor Naretto – si comprende un aspetto importante del nostro lavoro, del nostro vero compito: dove c’è un rapporto più umano con i parenti dei ricoverati la medicina serve anche quando il paziente non ce la fa».

«Quando ho ricevuto la notizia che eri in coma (che ti sei procurato) ho avuto una grandissima rabbia nei tuoi confronti, al punto da non volerti vedere. Ma nei giorni successivi, vedendoti tanto soffrire, la mia rabbia è svanita lasciando il posto all’amore di mamma che niente è uguale. Forza figlio mio, devi farcela».——————————————————————————————————--Qui il sito del progetto: http://hstory.wordpress.com/h-story-in-rianimazione/

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