12 aprile 2014 ore 23:34 JULIAN BARNES, LO CONOSCETE? CHIARA-CHE NON LEGGE ROMANZI DA TEMPO- NON L’HA MAI SENTITO NOMINARE—MA STASERA NON HO PIU’ TEMPO PER UNA RICERCA, E’ TROPPO NOTTE, LA NOTTE TI TIRA SEMPRE DA QUALCHE PARTE ANCHE SE NON LO SAI, MAGARI AD USCIRE PER LE STRADE (UNA VOLTA BISOGNAVA DIRE “SOTTO LA PIOGGIA”) OPPURE OPPURE —TUTTE GRADEVOLEZZE E PIACERE, SPERO—ULTIMAMENTE HO COME L’IMPRESSIONE DI VEDERE I MIEI SOGNI MENTRE LI FACCIO, PER ME UNA NOVITA’ ASSOLUTA, E MI E’ DI UNA PIACEVOLEZZA CHE NON DIRE NEANCHE AL CUORE—FORSE E’ DIDI’ CHE ARMONIOSAMENTE DORME AI PIEDI DEL LETTO, INFAGOTTATO NELLA MIA COPERTA SCOZZESE E QUALCHE GIOCATTOLINO CHE ERA DI NICOLO’…SE MI ALZO, APRE GLI OCCHI MA GLI DICO “DORMI NININ, E’ ORA DI DORMIRE, NANNA FACCIAMO NANNA” E LUI, CHE NON SI E’ FATTO TROPPO CONVINCERE, VORREBBE LE CAREZZE, SE MI VEDE DIETRO IL GIORNALE, SI ADDORMENTA—LO AMO? SI’! E LUI AMA ME! RAGAZZI, PIU’ DI COSI’ NON SI PUO’ CHIEDERE ALLA VITA—NON VI PARE? CHIARA

Beethoven Sonata N° 14 ‘Moonlight’ Daniel Barenboim
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Prima
IL RACCONTO
R2/ LA CULTURA
Io, diventato scrittore per sfidare mia madre
JULIAN BARNES

AVEVO dieci o undici anni, credo, ed ero seduto con mia madre nella parte superiore di un autobus rosso a due piani, a Londra. Non ricordo l’argomento della conversazione, ma sicuramente avevo fatto delle libere associazioni, così come fanno i bambini, inseguendo un’idea dopo l’altra, una parola dopo l’altra. Poi mia madre mi disse: «Quanta immaginazione! ». Non lo disse come un rimprovero severo, ma come un’osservazione dolce, perfino divertita. Tuttavia, capii che l’“immaginazione”, anche se non era necessariamente una cosa cattiva, era comunque una cosa irrilevante: era irrilevante nel processo di diventare un adulto, di maturare, di farsi strada nel mondo e di guadagnarsi da vivere.
Dunque, il mio ricordo più significativo non è quello di un momento stimolante, rivelatore, nel quale avrei visto la strada potenziale da seguire e nel quale avrei aperto gli occhi; fu, invece, scoraggiante, perché il consiglio che ricevetti fu quello di tenere gli occhi chiusi. Ad ogni modo, credo che gli scrittori si formino in modi diversi. Alcuni raccontano di un maestro che li ha ispirati, o di uno zio gentile che li lasciava fare in biblioteca, o
cose del genere.
BE’, ovviamente i libri c’erano a casa mia (i miei genitori erano entrambi professori in una scuola), ma la loro presenza sembrava sempre insinuare che fossero altri, e non persone come noi, quelli li scrivevano. MIA madre aveva pubblicato una volta una lettera su un giornale della sera, e suo padre una volta aveva pubblicato un manuale di falegnameria. La mia eredità letteraria era quella. Ma, di nuovo, questo è ciò che era normale, abituale.
Diventare uno scrittore fu un processo complesso costituito da diversi elementi. Uno di essi, ne sono abbastanza sicuro, fu una ribellione inconsapevole contro mia madre. Credi che la mia immaginazione sia sopravvalutata? Allora ti farò vedere che non lo è. Ti dimostrerò che la libera associazione dell’infanzia sbocca nelle associazioni controllate, strutturate e artistiche della narrativa. Lo vedrai e poi ammetterai che non avevi ragione. Questi atteggiamenti ostili non furono mai articolati (eravamo molto “britannici” in questo senso), e mia madre non ammise mai che si sbagliava. Non dubito che, quando pubblicai il mio primo romanzo, lei aveva ormai dimenticato completamente l’episodio dell’autobus. Ma, in qualche modo, le sono grato per quella dissuasione.
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