ORE 07:40 RAGAZZI, DORMITE BENE, DORMITE TANTO: VI SVEGLIERETE CON L’EUROPA IN MANO AI SOCIALDEMOCRATICI, PAROLA DI ANGELA! SCHERZO: PURTROPPO NON SO CHI CONTA E QUANTO DEI VARI RUOLI E, CREDETEMI, E’ UN FATTO DI SOSTANZA PER CAPIRE COSA SUCCEDE. OH POVERA CHIARA! CHI L’AIUTA? MI E’ ANCHE SPARITO IL CONTRIBUTO DI DONATELLA PROPRIO SU QUESTO! OH ANCORA PIU’ POVERA CHIARA! DAI, PIANGI! NON SONO CAPACE….OH POVERISSIMA CHIARA!

 

CHIARA: OH DONNA ANGEL, DU BIST WUNDERSCHOEN  (sei meravigliosa)

VIDEO SOTTO, Lo DEDICO AD ANGELA MERKEL, UNA DONNA CHE STIMO MOLTISSIMO, CHIARA (nata ad Amburgo nel 1954—vorrei trovare il discorso che ha fatto mi pare nell’anniversario della riunificazione della Germania? BISOGNEREBBE CHIEDERE A NEMO, ORMAI CIECO ALLA LETTURA NOSTRA!

 

Andrea Bonanni

ANDREA BONANNI (1952)- PRATICAMENTE, PER TESTATE VARIE, IL CORRIERE SOPRATTUTTO. DALL’85 VIVE A BRUXELLES…MA CON UN INTERVALLO MOSCOVITA DALL’88 AL 93, ANNI COME SAPRETE ASSAI FORMATIVI— CIAO ANDREA! IL NOSTRO BLOG  TI SEGUE–

 

 

IL GOVERNO DELL’EUROPA
Ma ancora una volta le nomine europee si decidono a Berlino
ANDREA BONANNI
BRUXELLES
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Sembrava messa in un angolo, costretta ad accettare alla guida della Commissione Jean-Claude Juncker, un candidato scelto dal Parlamento europeo. E invece Angela Merkel riesce ancora una volta a ribaltare i giochi: non solo diventa la paladina di Juncker, imponendolo contro il veto britannico, ma si prende anche il gusto di nominare il prossimo presidente del Parlamento indicando il nome del socialdemocratico tedesco Martin Schulz. Una scelta che permette di spianare la strada al complicato pacchetto delle nomine europee.
Mentre ancora ieri il premier britannico David Cameron sperava di riuscire a evitare una decisione finale al vertice di giovedì prossimo, la svolta che ha messo fine alle speranze inglesi di boicottare la nomina di Juncker si è giocata tutta in casa tedesca. Il gruppo socialista al Parlamento europeo era disposto a votare in favore di Juncker, ma chiedeva in cambio per Schulz, candidato di punta dei socialisti alle elezioni, una poltrona di “numero due” della Commissione europea. Questo avrebbe costretto la Merkel a dare agli alleati socialdemocratici il posto di commissario che spetta alla Germania, creando scontento all’interno dei democristiani tedeschi, e in particolare della Cdu, che punta alla riconferma dell’attuale commissario Guenther Oettinger.
La Merkel ne ha parlato con il leader dei socialdemocratici tedeschi, il vice-cancelliere Sigmar Gabriel. E Gabriel, nel corso di una lunga telefonata con Schulz, ha ottenuto da questi la disponibilità a rinunciare alla poltrona in Commissione in cambio di una riconferma alla presidenza del Parlamento europeo. E la Cancelliera non si è lasciata sfuggire l’occasione. «Se i socialisti presenteranno la candidatura di Schulz alla presidenza del Parlamento europeo, il gruppo tedesco del Ppe lo appoggerà», ha dichiarato.
A questo punto i giochi sembrano chiusi. Con buona pace dei molti, anche tra i membri italiani del Pse, che ambivano alla poltrona di presidente del Parlamento europeo. Oggi a Parigi i leader socialisti si incontreranno su invito del presidente Hollande. Ma sembra difficile che possano e vogliano riaprire la partita. Resterà loro da giocare la carta della scelta del presidente del Consiglio europeo, il successore di Van Rompuy, che dovrebbe logicamente spettare al Pse se Juncker di insedierà alla guida della Commissione.
Ma anche su questo fronte la Merkel si è mossa in anticipo impartendo una implicita benedizione alla premier danese Helle Thorning-Schmidt, che fa parte della famiglia socialdemocratica. Ricevendola giovedì a Berlino con il tempismo di un grande stratega, la Cancelliera ha tessuto le lodi della Thorning-Schmidt, spiegando che nulla impedisce la nomina alla guida del Consiglio europeo dell’esponente di un Paese che non fa parte dell’eurozona. Se riuscisse anche in questa operazione, la Merkel avrebbe centrato l’en plein: non solo imporre Juncker alla Commissione, non solo pilotare l’elezione di Schulz al Parlamento, ma riuscire perfino a dettare ai suoi colleghi socialisti la scelta del presidente del Consi- glio europeo.
Non sembra però probabile che questa nomina, come quella dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, venga già decisa al vertice di giovedì prossimo. I capi di governo potrebbero limitarsi a designare Juncker, la cui elezione a presidente della Commissione da parte del Parlamento è a questo punto strettamente legata a quella di Schulz. Le altre poltrone di vertice potrebbero essere decise in un secondo momento, sotto presidenza italiana, andando a legarsi con la scelta dei portafogli-chiave da assegnare ai commissari. L’Italia, le cui ambizioni sono state limitate in partenza dal fatto di avere già Draghi alla guida della Bce, potrà in questa seconda partita giocare un ruolo importante di regista. Renzi si è già guadagnato uno spazio politico rilevante riaprendo la discussione sulle future strategie di politica economica dell’Ue. Potrebbe, se le circostanze glielo consentiranno, ottenere una poltrona importante in Commissione: magari persino quella di “ministro degli esteri” della Ue. Una tessera del puzzle resta però vistosamente fuori posto. La Gran Bretagna di David Cameron rimane completamente isolata nell’opporsi alla nomina di Juncker: una battaglia in cui si trova a fianco solo l’impresentabile premier oltanzista unghere, Viktor Orban. Su questo punto ormai la Merkel è decisa ad andare allo scontro, mettendo Londra in minoranza: «Vogliamo operare in spirito europeo – ha spiegato ieri la Cancelliera – e questo significa che presteremo attenzione alla voce britannica, particolarmente sul programma di lavoro della prossima Commissione». Potrebbe però essere un recupero tardivo per salvare il premier britannico da una bruciante sconfitta personale e da una ulteriore ondata di eurofobia che darebbe ulteriore impulso al processo di uscita della Gran Bretagna dall’Ue.
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