ore 18:16 ” IL MIO TEATRO HA A CHE FARE CON LE INCIVILTA’ SOCIALI ” EMMA DANTE (Palermo, 1967) —una biografia e una storia teatrale che spalanca universi // PER ESEMPIO :: recitare con le spalle al pubblico: “le spalle di Kantor per me sono il teatro” “dare le spalle e fare ricerca, questo mi interessa del fare teatro” // sempre che uno non abbia “la fobia dello spalancarsi”—

 

 

 

 

Emma Dante nasce a Palermo nel 1967 ma trascorre la sua infanzia a Catania, dove si trasferisce da piccola con la famiglia per seguire il lavoro del padre. Nel 1986, all’età di diciannove anni, appena conseguito il diploma di Liceo Classico, decide di tornare a Palermo, dove risiede tutt’oggi.

Al ritorno nella sua città natale, Emma Dante ha il primo incontro con il teatro: la scuola Teatès di Michele Perriera, un importante teorico italiano esponente del Gruppo 63, di cui frequenta un solo anno. Decide di lasciare la Teatès perché si accorge che il teatro di Perriera, fortemente legato all’espressionismo, non le suscita forti emozioni.

Nel 1987, spinta della madre, che la vuole lontana dalla Sicilia, Emma Dante decide di intraprendere la carriera teatrale vera e propria iscrivendosi al concorso per l’ammissione all’Accademia d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” di Roma. Si presenta alle selezioni con un testo di Henry Miller: Proprio pazza per Harry; viene ammessa dopo una esibizione che lei stessa giudica mediocre[1].

Il periodo dell’Accademia è segnato dall’incontro con Elena StancanelliArturo CirilloDavide IodiceLorenza IndovinaIlaria BorrelliRoberto RomeiSabrina Scuccimarra, alcuni tra i principali esponenti della nuova generazione teatrale italiana, all’epoca suoi compagni di corso. Durante gli anni di studio lavora con insegnanti del calibro di Mario FerreroLorenzo SalvetiElena PolvedoEnzo SicilianoPaolo TerniNinni Giromella; in occasione di un seminario proposto dalla scuola ha occasione di conoscere Andrea Camilleri, con cui produce uno spettacolo su La Morsa di Luigi Pirandello.

Durante gli anni dell’Accademia, Emma Dante ha l’opportunità di leggere un numero elevato di testi teatrali, i cosiddetti classici, che sono alla base di tutta la sua attività come regista e attrice.

Alla fine degli anni ottanta Emma Dante si avvicina al teatro di avanguardia. Si trova di fronte a spettacoli dellOdin Teatret e dello sceneggiatore polacco Tadeusz Kantor. È proprio durante uno spettacolo di Kantor, La macchina dell’amore e della morte, che la Dante riconosce di aver avuto quella che lei chiama “la folgorazione teatrale” che la guiderà verso una precisa direzione artistica come regista. In La macchina dell’amore e della morte, gli attori guidati da Kantor danno le spalle al pubblico e, dice la Dante: “le spalle di Kantor per me sono il teatro”, “ecco in quell’occasione, forse, ci fu un piccolo scarto che mi aiutò a capire che non mi interessava fare teatro, seguire la tradizione, ma dare le spalle al pubblico e fare ricerca[2].

Appena uscita dall’Accademia, nel 1990, si unisce alla Compagnia della Rocca dove lavora con Roberto Guicciardini. Gli spettacoli a cui partecipa sono TurandotLe preziose ridicoleRinoceronti.

Nel 1995 le compagnie di Torino si uniscono in un grande consorzio denominato “Canto per Torino”, diretto da Gabriele Vacis. A quell’esperienza partecipa anche Emma Dante, qualche anno prima prima di lasciare definitivamente la Compagnia della Rocca e Torino. Il sogno di lavorare con Vacis era maturato in lei fin dagli anni dell’Accademia[3].

Lasciata la città di Torino dopo l’esperienza di “Canto per Torino”, nel 1999, Emma Dante frequenta un laboratorio di canto con Cesare Ronconi e ricorda quel periodo come uno dei più formativi della sua carriera poiché ebbe l’occasione di incontrare Valeria Moriconi e capire che “fare l’attrice vuol dire vivere in un’altra dimensione fatta di negazione della vita privata, essere sempre in viaggio e quindi vivere ogni volta in un posto diverso”[4]. Da qui la decisione di abbandonare la professione di attrice e diventare regista. Nello stesso anno però – dopo aver interpretato La Rosa Tatuata, spettacolo diretto da Gabriele Vacis – decide di prendere una pausa dallo studio del teatro per seguire il fidanzato a Catania.

 

Dopo il periodo di “riflessione” sul ruolo del teatro nella sua vita e il ritorno a Palermo per assistere la madre morente, Emma Dante decide di fondare la sua compagnia. Nasce così, nel 1999, la Sud Costa Occidentale: “E allora mi sono chiesta: «dove siamo? A Palermo, in Sicilia, al Sud». Ho pensato che la compagnia potesse avere come nome la sua collocazione geografica, ovvero il luogo in cui viveva e lavorava. Palermo sta sulla Costa Occidentale: all’inizio avevo pensato a «Costa Sud Occidentale», ma sembrava il nome di una compagnia di crociere! Allora ho messo «Sud» prima di tutto. E «Sud Costa Occidentale» mi piaceva. In primo piano il Sud, la nostra lingua, le nostre storie, e poi, specificato, quale sud: la costa occidentale della Sicilia..”[5]

Fin dagli esordi decide di affidarsi ad attori provenienti dall’Accademia perché più preparati sui classici e sulle basi della recitazione teatrale: “A me interessano gli attori che escono dall’Accademia perché sono più «preparati». Che è diverso dall’essere «bravi». [..] L’attore che esce dall’Accademia possiede, in modo ancora informe, la sua possibile «bravura». Ha delle «basi»: l’Accademia non fa essere bravi, ma dà delle basi. E le basi sono fondamentali: io non lavoro con persone che hanno degli handicap psicofisici, non lavoro con persone «della strada»: lavoro comunque sulla formazione dell’attore.”[5]

Ritmo è uno degli elementi centrali del teatro di Emma Dante: durante i laboratori e i training lavora molto con la musica, con i suoni, con i gesti ripetitivi, quasi ossessivi, degli attori. Il ritmo è, nella sua visione del teatro, l’istinto che viene fuori, che viene lasciato libero. Questo la spinge a teorizzare che per essere attori sia necessaria una perdita totale della vergogna e di qualsiasi tipologia di giudizio e auto-giudizio; l’attore deve sentirsi libero da un retroterra culturale che lo limiterebbe nella sua espressione artistica. I training attoriali della Sud Costa Occidentale, generalmente della durata di una settimana, servono proprio a questo, a capire chi, tra coloro che si presentano per le selezioni, sarà in grado di lasciarsi andare totalmente e diventare un attore[6].

Gli attori della compagnia Sud Costa Occidentale parlano o in alcuni casi, mimano (non essendo tutti siciliani) la lingua siciliana, utilizzando parole spesso intraducibili in italiano, una sorta di grammelot alla maniera di Dario Fo, caratterizzato da una sonorità cruda, pungente, che rende con maggiore immediatezza i concetti da esprimere, e che spesso si traduce con il linguaggio del corpo.

A proposito del siciliano utilizzato per i suoi spettacoli, Emma Dante dice: “Non esistono sinonimi di molte parole dialettali che uso nei miei spettacoli, e quindi se devo tradurle faccio fatica. In questo senso dico che non conosco questo mio dialetto; cioè non lo conosco nella traduzione in italiano. Faccio un esempio con la frase che è all’inizio di mPalermu: «chi fa, arapemo ‘sta finestra?» Quel «chi fa» cambia tutto. La traduzione letterale sarebbe: «che fa, la apriamo questa finestra?». Ma «che fa» non vuol dire niente. Invece quel «chi fa» in dialetto racchiude un sentimento molto preciso che è: «se non apriamo questa finestra è la fine, perché moriamo soffocati». Come fai a tradurlo in italiano? Per questo dico che mi spiazza il dialetto, perché è un modo assolutamente segreto per me, perché ha in sé il segreto; in qualche modo è inaccessibile. E soprattutto sto scoprendo che certe parole stanno entrando nel mio vocabolario: sono parole rivedute e corrette, rielaborate che non esistono nel dialetto che si parla in città.. Quindi ci sono delle parole che tornano sempre e che sono diventate ormai una cifra stilistica.”[7]

L’uso del siciliano non impedisce alla Sud Costa Occidentale di lavorare molto anche all’estero, in particolare in Francia.

 

Emma Dante propone il suo teatro come sociale, non politico. “Non faccio un teatro «politico» perché non parlo di Berlusconi, di cronaca nera, ma ho messo in atto delle denunce sociali. Il mio teatro ha a che fare con le inciviltà del mondo.”[8]

Negli spettacoli della Dante le famiglie sono sole, allo sbando; non vi è mai un riferimento allo Stato, che risulta assente. Le pièce, generalmente brevi, raccontano una vita quotidiana fatta di fatica per la sopravvivenza, in spazi e tempi identificabili, in cui c’è poco spazio per l’amore, ma ce n’è per l’animalità e la violenza; tuttavia non c’è catarsi, il dolore rimane celato dentro e viene trasmesso agli spettatori.

Sud Costa Occidentale, il nome della Compagnia, si presenta in una duplice veste di orgoglio e marchio d’infamia per il degrado e la violenza di una regione “dove ancora nel 2006 manca l’acqua”[9] , un teatro che denuncia come in certi luoghi la sottomissione delle donne sia la normalità, in una società arcaica oppressa da una chiesa maschilista a volte in relazione con la mafia, due sistemi assolutistici che danno l’idea di una libertà fittizia, un’intricata rete in cui l’individuo è in trappola.

Dopo aver fondato la Sud Costa Occidentale, Emma Dante fatica a trovare la consacrazione presso il grande pubblico. A Palermo inizia a ideare e mettere in scena alcuni spettacoli: Il sortilegio, tratto dal romanzo diGabriel García MárquezDell’amore e di altri demoni, sovvenzionato dalla Regione Siciliana per un paio di repliche; Gli Insulti, tratto da Aldo NoveLa principessa sul piselloLa donna serpente, tratto da una favola diGasparo Gozzi infine uno spettacolo tratto da La panne di Friedrich Durrenmatt. Ottiene il primo successo nel 2001 con mPalermu, spettacolo con cui vince nel 2001 il Premio Scenario e nel 2002 il Premio Ubu.

Teatrografia[modificamodifica wikitesto]

Trilogia della Famiglia[modificamodifica wikitesto]

Vita MiaMPalermuCarnezzeria fanno parte di quella che viene definita la “Trilogia della Famiglia”, una serie di spettacoli collegati dal tema centrale della famiglia. Emma Dante affronta da varie angolazioni uno dei capisaldi della nostra società, mostrandocene tutte le debolezze, le frustrazioni e le criticità.

mPalermu (2001)[modificamodifica wikitesto]

Interpreti: Gaetano BrunoSabino CivilleriTania GarribbaErsilia LombardoManuela Lo Sicco. Luci: Cristian Zucaro. Foto: Giuseppe Di Stefano. Produzione: Sud Costa Occidentale. Testo e Regia: Emma Dante.

mPalermu è una riflessione amara sulla famiglia del Sud, la storia di cinque consanguinei che hanno come unico scopo – non raggiunto – uscire dalla propria casa; tutto lo spettacolo è giocato su questo desiderio frustrato. Il sogno di una gita fuori porta immediatamente soffocato dalla routine e dalla testardaggine con cui i protagonisti difendono convinzioni anche di poco conto. Troviamo perciò la famiglia Carollo, protagonista dell’intera vicenda, in continua lotta intestina, con l’intento scoperto dell’autrice di far diventare questa famiglia metafora perfetta di una Palermo ancorata alle sue tradizioni e alle sue cerimonie.

I cinque attori rappresentano in scena una famiglia che è a sua volta lo specchio di una città e di sentimenti appartenenti a un passato ormai remoto. La regista afferma che “a Palermo non si compiono azioni, si mettono in scena cerimonie”[10] e sul palco i cinque giovani attori, attraverso la forte fisicità della loro recitazione, celebrano una vera e propria cerimonia. Questo teatro dell’impossibile “fa di Palermo una sorta di rappresentazione simbolica dell’anima del mondo, incessantemente indaffarata e incessantemente morente”[11].

Con questo spettacolo Emma Dante partecipa e vince il Premio Scenario (2001) e il Premio Ubu (2002).

Carnezzeria (2002)[modificamodifica wikitesto]

Interpreti: Gaetano BrunoSabino CivilleriEnzo Di MicheleManuela Lo Sicco. Scene: Fabrizio Lupo. Foto: Giuseppe Di Stefano. Produzione: CRT Centro di Ricerca per il teatro. Testo e Regia: Emma Dante

Lo spettacolo inizia ex-abrupto con Nina, una giovane donna che è rimasta incinta pur non avendo un marito o un fidanzato; durante tutto lo spettacolo i suoi fratelli simulano atti sessuali espliciti che permettono al pubblico di inferire come la gravidanza di Nina possa essere il frutto di un rapporto incestuoso con loro stessi o col padre.

I tre fratelli, che ricordano da vicino i Bravi di Manzoni, sono dei tipi loschi che annunciano di aver avuto l’ordine dal padre di accompagnare Nina al suo matrimonio col padre del bambino che porta in grembo. Un matrimonio che non avrà mai luogo. I tre infatti, mentono a Nina per condurla lontano da casa, lontano probabilmente dagli occhi indiscreti della gente.

In scena troviamo Nina vestita da sposa con l’abito bianco e il velo sul viso; nonostante questo i suoi atteggiamenti sono visibilmente infantili. Si comporta come una bambina che per la prima volta va in vacanza e scopre un mondo fatto di animali, di pesci (ci troviamo in una località di mare) e di mille altre cose di cui Nina chiede spiegazione ai fratelli.

Il matrimonio a cui deve essere accompagnata si rivelerà un funerale, il suo. I fratelli hanno l’intenzione di ucciderla o abbandonarla (non è chiaro per tutta la durata dello spettacolo) in modo da nascondere l’abominio di un rapporto familiare fondato su relazioni incestuose.

Lo spettacolo culmina con la morte di Nina che si impicca con il velo del suo abito da sposa liberandosi e liberando la famiglia da tutto il dolore di una vita di sofferenza trascorsa nell’ombra.

Vita Mia (2004)[modificamodifica wikitesto]

Interpreti: Ersilia Lombardo (Nina), Enzo Di Michele (fratello), Giacomo Guarnieri (fratello), Alessio Piazza (fratello). Luci: Cristian Zucaro. Foto: Giuseppe Di Stefano. Produzione: Sud Costa Occidentale, Roma Europa Festival 2004, Scènes étrangeres- la rose des vents, lille, Festival Castel dei mondi 2004. Testo e Regia: Emma Dante

Vita Mia porta in scena la vicenda essenziale, scarna, di una famiglia composta da una madre e tre figli maschi che si trovano di fronte alla morte del più piccolo. Una morte che rimane sulla scena per l’intera durata dello spettacolo. Emma Dante propone un funerale sui generis che si trasforma in una sorta di delirio carnevalesco in cui il morto si alza continuamente dal letto – bara e non smette di girare per tutto l’arco del palcoscenico su una bicicletta. Il pubblico (che in questo spettacolo è seduto tutto intorno al letto, come a comporre una schiera silenziosa di partecipanti al rito funebre, con l’abbattimento della “quarta parete” tanto cara al teatro di tradizione) partecipa attivamente alla tragedia di questa famiglia. Questo tipo di avvicinamento tra attori in scena e spettatori riporta all’avanspettacolo, dove il pubblico può interagire in maniera diretta, senza mediazioni.

Medea (2003)[modificamodifica wikitesto]

Interpreti: Iaia Forte (Medea), Tommaso Ragno (Giasone), Gaetano Colella (Creonte), Francesco VillanoLuigi Di GangiStefano MiglioAlessio PiazzaAntonio Puccia (Donne di Corinto). Musiche: fratelli Mancuso. Scene: Fabrizio Lupo. Luci: Tommaso Rossi. Adattamento del testo e Regia: Emma Dante Produzione: Teatro Mercadante di Napoli in collaborazione con AMAT[12].

Medea di Euripide è uno degli spettacoli più criticati di Emma Dante.

La rivisitazione dei testi classici, e dei topoi culturali di cui essi si fanno portatori anche nel mondo contemporaneo, rappresenta un cardine del teatro di Emma Dante che in molti suoi spettacoli inserisce elementi, situazioni e personaggi archetipici, in particolare quello familiare.

La Medea di Euripide racconta la storia di una donna che, non potendo sopportare il tradimento del marito, mette in atto il piano di morte della contendente in amore e dei propri figli. Questo spettacolo rientra nell’idea di famiglia che soffre e muore di cui si è parlato nella Trilogia[13].

I problemi realizzativi di questo spettacolo nascono dal fatto che la regista, precedentemente abituata a lavorare col suo gruppo, si trova a dover dirigere due dei più grandi attori del panorama teatrale italiano: Iaia Forte nel ruolo di Medea e Tommaso Ragno nel ruolo di Giasone. I due protagonisti, dalle indubbie doti recitative, sono forse poco adatti a soddisfare e esternare quel rapporto carnale e viscerale con il personaggio che risulta di fondamentale importanza nelle messinscene di Emma Dante.

La Scimia (2004)[modificamodifica wikitesto]

Interpreti: Gaetano Bruno (prete), Sabino Civilleri (scimmia), Marco Fubini (prete), Valentina Picello (perpetua), Manuela Lo Sicco (perpetua). Adattamento: Elena Stancanelli. Foto: Giuseppe Di Stefano. Produzione: CRT Centro di ricerca per il teatro, Biennale di Venezia. Testo e Regia: Emma Dante.

La Scimia è uno spettacolo liberamente ispirato a Le due zitelle di Tommaso Landolfi.

La piecè breve propone una critica del culto religioso cattolico, dei costumi e dell’ottusità della società moderna che talvolta rimane ancorata al passato negli usi e nelle credenze.

Il vivace animale del titolo, la scimmia, che appare in scena nuda e incatenata, mette in atto un tentativo di ribellione attorno all’altare e a due giovani preti, stimolando una accesa discussione sul valore della fede tra Lilla e Nena, due zitelle brutte e devote al punto d’imporsi una vita di preghiera e penitenza.

Dopo una serie di fughe sul palco/presbiterio, Lilla e Nena riescono a fermare l’animale e lo legano con un guinzaglio; sono sconvolte per l’atteggiamento dissacrante della scimmia. “Questo peccato gravissimo dev’essere espiato” dice alterato uno dei sacerdoti: la scimmia deve morire perché Dio perdoni la sua ignobile colpa. “La scimmia – spiega Emma Dante – è una creatura di Dio, ed è un altro corpo preso in prestito per raccontarci, da secoli, la stessa storia”[14].

Nella scena finale lo spettatore si trova di fronte alla scimmia che sale sull’altare, si sovrappone al crocefisso e diviene, come Gesù, capro espiatorio e vittima della stupidità dell’uomo che, accecato da rituali e simboli, ha perso il valore del perdono cristiano.

Mishelle di Sant’Oliva (2006)[modificamodifica wikitesto]

Interpreti: Giorgio Li BassiFrancesco Guida. Luci: Irene Maccagnani. Foto: Giuseppe Di Stefano. Produzione: Sud Costa Occidentale. Testo e Regia: Emma Dante

Lo spettacolo anche questa volta scava all’interno di un ambito domestico pieno di miseria, economica e morale.

Mishelle di Sant’Oliva, nome che rimanda al quartiere palermitano della prostituzione, è una piece che mescola il tragico e il grottesco attraverso una scenografia essenziale (due sedie, due tende, due corde nodose) e la capacità recitativa dei due protagonisti: Gaetano e il figlio Salvatore.

Il primo, Gaetano, è un anziano distrutto dalla solitudine e dal ricordo della moglie scomparsa, mentre il figlio Salvatore è un travestito che si prostituisce e che cerca in modo affettuoso di riavvicinarsi al padre. Il padre è disgustato dai suoi atteggiamenti e lo spettacolo si muove tra dialoghi, liti e incomprensioni dei due personaggi che pur contrastandosi violentemente condividono lo stesso dolore per l’abbandono della madre e moglie, scappata per inseguire il sogno di diventare ballerina, in realtà finendo col prostituirsi.

Salvatore conosce l’attuale condizione di vita della madre e il suo travestirsi appare come un modo per stabilire un contatto col padre, ricordandogli in qualche modo le fattezze della moglie perduta. Soltanto alla fine dello spettacolo il padre ravviserà negli atteggiamenti di Salvatore l’ombra della moglie e il muro di distacco tra i due si scioglierà nell’abbraccio di due corpi stremati dal dolore.

Cani di bancata (2006)[modificamodifica wikitesto]

Interpreti: Sabino Civilleri, Sandro Maria Campagna, Salvatore D’onofrio, Ugo Giacomazzi, Vincenzo di Michele, Manuela Lo Sicco, Stefano Miglio, Carmine Maringola, Alessio Piazza, Antonio Puccia, Alessandro Rugnone. Scene: Emma Dante, Carmine Maringola. Costumi: Emma Dante. Luci: Cristian Zucaro. Assistente alla drammaturgia: Eleonora Lombardo. Foto: Giuseppe Di Stefano. Produzione: CRT Centro di Ricerca per il Teatro in collaborazione con Palermo teatro Festival. Testo e Regia: Emma Dante.

Cani di Bancata è uno spettacolo in cui l’autrice siciliana si confronta, per la prima volta, con il tema scottante e attuale della mafia e dei crimini mafiosi.

“La mafia è una femmina-cagna che mostra i denti prima di aprire le cosce”[15], dice la Dante.

Una femmina che è a capo di un branco di figli che in scena si atteggiano come cani affettuosi e si mettono in fila per baciarla. Il suo bacio è l’onore. La cagna dà ai figli il permesso di entrare: “Nel nome del Padre, del Figlio, della Madre (Cosanostra) e dello Spirito Santo”[15]. Il rituale prevede prima il castigo dei figli più giovani e in seguito la loro riemersione dentro un vestito imbrattato di sangue per ricevere la benedizione della Madre. I figli l’abbracciano e pronunciano il giuramento: “Entro col sangue ed uscirò col sangue. Il patto si stringe”[15].

Lo spettacolo si conclude con i mafiosi che diventano politici in giacca e cravatta e si masturbano di fronte ad una cartina dell’Italia che vede al centro una Sicilia conquistata dalla mafia.

Lo spettacolo viene spesso presentato con l’accompagnamento musicale di Carmen Consoli, siciliana, amica della Dante e come lei, schierata nella lotta contro la mafia.

Il Festino (2007)[modificamodifica wikitesto]

Interpreti: Gaetano Bruno. Luci: Antonio Zappalà. Foto: Carmine Maringola. Produzione: Sud Costa Occidentale Testo e Regia: Emma Dante.

Nel suo Festino Emma Dante porta in scena in modo molto realistico la disabilità mentale di Paride, il protagonista. Attraverso il monologo di Gaetano Bruno, l’unico attore in scena, la regista siciliana dà vita al mondo fantastico che si trova nella testa del personaggio. Questo mondo è popolato da amici immaginari (le scope, uniche invitate alla festa per fargli compagnia) e da ricordi del passato molto dolorosi. Alla sua festa Paride immagina di dialogare col fratello gemello Iacopo (disabile fisico) e ricorda l’abbandono del padre.

Il testo è in italiano ed è molto lontano dai fitti dialoghi in lingua siciliana tipici della Dante.

In quest’opera si celebra il dramma di una vita interna nascosta, tutto raccolto fra le quattro mura di una famiglia “normale”.

Ultimo atto della festa è il suicidio di Paride vissuto come volo, come liberazione al termine di una vita in salita.

Eva e la bambola (2007)[modificamodifica wikitesto]

Voce e Chitarra: Carmen Consoli. Musicisti: Massimo Roccaforte (mandolino), Santi Pulvirenti (chitarra acustica e buzouki), Puccio Panettieri (batteria e percussioni), Marco Siniscalco (contrabbasso), Andrea Di Cesare (violino), Giancarlo Parisi (fiati). Voce recitante: Simona Malato. Scenografie: Valerio di Pasquale. Costumi: Lou. Produzione: Francesco Barbaro. Testi Teatrali: Emma Dante.

Eva e la Bambola è la performance creata da Emma Dante per Carmen Consoli nel suo tour teatrale 2007/2008.

La regista palermitana parla della musica di Carmen Consoli per spiegare la piéce teatrale: “I suoi testi sono brevi atti unici dolci e tremendi con una parata di eroi tragici, peccatori imbelli del nostro tempo che abitano un mondo in cui si confondono verità e menzogna, santità e sudiciume, estasi e maledizione. La sua canzone è una donna determinata e forte che partendo da un teatro di provincia viaggia per le metropoli, fiera di mostrarsi diversa dai luoghi comuni che la vorrebbero remissiva e sottomessa. Mi piacerebbe rappresentare a teatro la sua canzone sotto una luce a pioggia che bagna il corpo di un’Eva sposa con una mela in mano. Un momento di dubbio ed Eva, peccatrice e imperfetta, mangia il frutto proibito. In questo istinto originario sta la musica di Carmen, in un “matrimonio” col peccato, senza nessuna preghiera di assoluzione”.[16]

Carmen di Bizet (2009)[modificamodifica wikitesto]

La Carmen di Georges Bizet, basata sull’omonima novella di Prosper Mérimée, è stata diretta per l’apertura del Teatro alla Scala 2009/2010 da Daniel Barenboim con la regia di Emma Dante. La regista siciliana è stata scelta da Stéphane Lissner, sovrintendente e direttore artistico, insieme alla giovane mezzo soprano Anita Raschevlishvili e al tenore Jonas Kaufmann.

La regista dice della sua Carmen: “Carmen è una creatura nuova per me, e mi sento più vicina a quella di Mérimée che a quella di Bizet: le donne dei miei spettacoli sono scimunite che un contesto di furia, dolore e sottomissione ha rincoglionito. Carmen invece non è una vittima, è una ribelle che trasgredisce ogni regola, che diserta ogni perbenismo: conosce da sempre il suo destino di morte e per sete di libertà, è lei ad andarle incontro”[17].

I loggionisti e gli habitué della Scala non hanno apprezzato la forte carica sessuale di cui è intriso l’intero spettacolo, il meridione pittoresco tipico del teatro di Emma Dante e la scelta di utilizzare simboli cristiani come il carro funebre (simbolo di una morte incombente) che è al fianco di Carmen per l’intera durata dell’opera.

Lo stesso Franco Zeffirelli (direttore dell’Aida per l’apertura della scala del 2006) definisce il lavoro della Dante come frutto di una scelta sbagliata: “Io credo nel diavolo e ieri sera alla Scala ho visto in scena proprio il diavolo. Quello spettacolo è il frutto di una scelta sbagliata, pericolosa soprattutto per i giovani. Immaginiamo un ragazzino che non è mai stato all’opera e va alla Scala, meraviglioso scrigno di bellezza, per vedere quella Carmen”[18].

Lina Sotis ha apprezzato le scelte ardite della Dante e ammette di non aver mai visto in quarantatré anni di prime niente di così erotico sul palcoscenico, Paolo Isotta sul Corriere della Sera scrive: “Ci sono grovigli di corpi femminili, le sigaraie all’uscita del turno, che paiono un’immensa medusa ove i serpenti sono i corpi delle femmine stesse. Non si può che rimanere ammirati dalla forza e dalla “verità” di quest’interpretazione scenica”[19].

L’autore del bestseller “Il Codice Da Vinci” Dan Brown, presente alla prima della Scala, si è recato dietro le quinte a parlare con la Dante definendo la sua performance spettacolare e ricordandole che molto spesso essere controversi è meglio che essere universalmente adorati (com’è accaduto a lui).

Le Pulle (2010)[modificamodifica wikitesto]

Interpreti: Elena Borgogni, Sandro Maria Campagna, Sabino Civilleri, Emma Dante, Ersilia Lombardo, Manuela Lo Sicco, Carmine Maringola, Clio Gaudenzi, Antonio Puccia. Musiche originali: Gianluca Porcu alias LU-PO. Testi delle canzoni: Emma Dante. Scene: Carmine Maringola. Luci: Cristian Zucaro. Costumi: Emma Dante. Foto: Giuseppe Di Stefano. Produzione: Teatro Mercadante di Napoli, Théatre du rond-point di Parigi. Testo e Regia: Emma Dante.

“L’operetta amorale, – spiega l’artista palermitana – è un atto unico di carattere popolare in cui la recitazione si alterna col canto e l’argomento che viene trattato non ha relazione con la comune morale”.[20]. Le protagoniste sono delle Puttane (Pulle in palermitano), per la precisione prostitute transessuali che, seppur additate dalla morale cattolica come peccatrici, credono in Dio. Le Pulle è ambientato in un bordello gestito dalla regina Mab, omonima della fata di “Romeo e Giulietta” di Shakespeare.

Mab, con l’aiuto di tre fate, innesca femminilità e desiderio nei quattro uomini-trans. Con questa pièce a metà tra il musical e l’operetta Emma Dante racconta le storie di queste prostitute emarginate dalla società e in cerca della realizzazione dei loro sogni.

Queste Pulle, che lamentano costantemente la loro condizione ai margini della società, hanno coscienza dell’impossibile realizzazione dei loro desideri in un mondo che le vede solo come peccatrici e perverse.

La trilogia degli occhiali (2011)[modificamodifica wikitesto]

La Trilogia degli occhiali consiste in tre spettacoli autonomi ma legati (AcquasantaBallariniCastello della Zisa), che portano in scena i temi della povertà, della malattia e della vecchiaia.

Le tre storie sono raccolte nell’omonimo romanzo edito da Rizzoli.

La Dante lega i tre spettacoli attraverso il ruolo unificatore degli occhiali, indossati dai protagonisti delle tre storie. Attraverso questo stratagemma affronta temi diversi fra loro soprattutto nel linguaggio e nella cifra stilistica. Il legame fra i tre atti lo si scopre nella mano della regista che anche in questo lavoro non abbandona la sua fonte ispiratrice: il mondo degli ultimi, gli emarginati, i malati, gli abbandonati fra vecchiaia e solitudine, colti in un momento buio della loro esistenza. Il quotidiano La Repubblica elogia lo spettacolo della Dante così: “un talento poetico unico in Italia che in questo nuovo lavoro, alla ricchezza del mondo creativo dell’autrice, affianca una ricerca linguistica straordinaria sui dialetti dell’Italia del sud”[21].

Acquasanta[modificamodifica wikitesto]

Interpreti: Carmine Maringola. Luci: Cristina Fresia. Foto: Giuseppe Di Stefano. Produzione: Sud Costa Occidentale, Teatro Mercadante di Napoli, CRT di Milano, Thèatre du rond-point di Parigi. Testo e Regia: Emma Dante.

Acquasanta è la storia di un mozzo che rievoca la sua vita da marinaio, legato alla prua di una nave ormai immaginaria. ’O Spicchiato è stato lasciato a terra perché “ha dichiarato il proprio amore al mare, a guagliona sua”. Si era imbarcato all’età di 15 anni e da allora non era mai sceso dalla nave.

“Non crede alla terraferma, per lui è ‘n’illusione. Sopra la sua testa pende il tempo del ricordo: una trentina di contaminuti ticchettìano inesorabili. Poi suonano e tutto tace. Il mare smette di respirare e ‘o Spicchiato rivive l’abbandono”[22] questo dice la regista, spiegando il suo personaggio.

Il monologo del protagonista è in napoletano stretto e “‘O Spicchiato”, legato in scena da spesse funi quasi a voler ricordare una camicia di forza che lo imprigiona, dona voce al capitano e ai marinai raccontando di salvataggi immaginari e ricordando il suo amore di sempre, il mare.

Ballarini[modificamodifica wikitesto]

Interpreti: Sabino Civilleri, Manuela Lo Sicco. Luci: Cristina Fresia. Foto: Carmine Maringola. Produzione: Sud Costa Occidentale. Testo e Regia: Emma Dante.

Ballarini è la storia di due anziani innamorati che danzano e tirano fuori da un baule i ricordi di una vita assieme. Tutto questo a pochi minuti dallo scoccare dell’anno nuovo. Sulle note di vecchie canzoni lui e lei festeggiano l’arrivo di un nuovo anno ballando a ritroso la loro storia d’amore.

Il castello della Zisa[modificamodifica wikitesto]

Interpreti: Claudia Benassi, Onofrio Zummo, Stéphanie Taillandier. Luci: Cristina Fresia. Foto: Carmine Maringola. Produzione: Sud Costa Occidentale. Testo e Regia: Emma Dante.

Il Castello della Zisa è la storia di un ragazzo down, Nicola, che abitava nel quartiere popolare che dà il nome all’opera e che ora vive in un istituto assistito da due suore che lo lavano e lo curano. La storia è incentrata sul sogno di questo ragazzo ritardato che crede di avere una missione, difendere il castello da diavoli e mostri, e così dalla mattina alla sera resta incantato davanti alla finestra che guarda verso il castello, come fosse il guardiano di quelle ricchezze.

I romanzi[modificamodifica wikitesto]

La favola del pesce cambiato (L’arboreto edizioni, Mondaino 2007)[modificamodifica wikitesto]

Definita da molti come una favola che spiega il mistero della nascita, è interamente scritta da Emma Dante e propone ai lettori una cornice pittorica coi disegni di Gianluigi Toccafondo.

È la storia della trasformazione del pesce che nuota fino allo stremo delle forze per vincere la sua gara e crolla appena raggiunta la vittoria. Ed è la storia della paura provata dall’animale (che tanto ricorda un bambino in cerca di avventura) che si abbandona fiducioso al suo futuro e lotta e mentre cresce a dismisura interrogandosi sul senso di stare in una vasca che gli sta sempre più stretta.

La favola del pesce cambiato è quindi la storia dell’amore per la vita e per la ricerca della propria identità. Ciò che rende più affascinante questa favola è il connubio tra il testo e il disegno. Il risultato di questo esperimento è che la parola di Emma Dante e il disegno di Gianluigi Toccafondo non sono separabili.

Via Castellana Bandiera (Rizzoli, 2008)[modificamodifica wikitesto]

È il primo romanzo di Emma Dante e ha vinto il Premio Vittorini nel 2009. La storia è incentrata sull’incrocio tra due auto in via Castellana Bandiera a Palermo. Questa strada poco più grande di un budello non permette ad entrambe le macchine di passare senza doversi fermare e lasciare il passaggio l’una all’altra. Ma né Samira, anziana albanese che abita in quella via, né Rosa, una ragazza che vive a Milano ma è d’origine palermitana, accettano di arretrare.

L’incontro delle due auto porta così all’incontro tra due generazioni differenti e allo scontro tra mondi diversi. Da una parte, Samira insieme al cognato Saro Calafiore, capostipite di una famiglia costruita tra odio e dissapori, opportunismo e costrizioni e Rosa dall’altra, che si è allontanata dalla famiglia perché il padre non voleva accettare una figlia lesbica. Attorno alle due donne si muovono personaggi grotteschi, a partire dalla famiglia Calafiore intenta ad organizzare un giro di scommesse per sfruttare a loro vantaggio il faccia a faccia. Il complotto avrà però esiti sconvolgenti.

Il quotidiano La Repubblica parla così dell’esordio di Emma Dante come scrittrice: “nel passaggio dalla scrittura scenica a quella letteraria, la Dante si porta appresso i suoi “Cani di bancata”, i suoi personaggi torvi, tanto violenti quanto violentati, e il suo gusto per la sberla allo spettatore, in questo caso lettore. Mira al ventre, Emma Dante, e chi cerca cartoline da Palermo o eroi seducenti ha sbagliato libro. E così, giusto per rimarcare le radici, via Castellana Bandiera diventa il palcoscenico di una tragicommedia tutta palermitana nella quale, alla maniera di Roberto Alajmo e del suo «È stato il figlio», la macchina si pone come un irrinunciabile simbolo di possesso e di potere, strumento di protervia col quale imporre la propria legge nel Far West del quartiere Fiera. Una sorta di protesi del proprio corpo grazie alla quale esigere rispetto in nome di un paraurti più poderoso di quelli altrui, di un clacson più strombazzante di quelli «avversari»”[23].

Anastasia, Genoveffa e Cenerentola (La tartaruga Edizioni, 2011)[modificamodifica wikitesto]

È il racconto dal quale è tratto l’omonimo spettacolo della Compagnia Sud Costa Occidentale (con Claudia Benassi, Italia Carroccio, Valentina Chiribella, Onofrio Zummo Luci Gabriele Gugliara).

Il libro parla della storia della sguattera Cenerentola e delle sue sorellastre, rivisitata dalla regista. Dentro la casa dove Cenerentola fa da serva, la matrigna e le due sorellastre si presentano in maniera totalmente diversa da come invece appaiono all’esterno. È un continuo gioco tra il dentro e il fuori. A casa sono malvestite e trasandate e comunicano tra loro in un siciliano ricco di parole ed espressioni colorite. Ma quando entrano a stretto contatto con l’alta società, negli ambienti aristocratici, i loro modi diventano raffinati e austeri.

Le tre arpie pettegole si riempiono la bocca di citazioni in francese, mostrando grande rispetto per le regole del galateo. La stessa cosa fa il principe: il suo disagio lo esprime in siciliano, usato come mezzo per esprimersi con schiettezza. Cenerentola è l’unica a usare sempre lo stesso linguaggio proprio perché non ha niente da nascondere.

Filmografia[modificamodifica wikitesto]

Nel 2013 Emma Dante esordisce come regista e attrice cinematografica con la trasposizione del suo romanzo Via Castellana Bandiera. Il film, che vede come coprotagonista Alba Rohrwacher, è stato presentato in concorso alla 70ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove Elena Cotta ha vinto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile[24].

Note[modificamodifica wikitesto]

  1. ^ Porcheddu, Palermo Dentro. Il teatro di Emma Dante, p.31.
  2. ^ Porcheddu, Palermo Dentro. Il teatro di Emma Dante, p.33.
  3. ^ Il regista da cui ha imparato il training attoriale, che adattato, è alla base dei suoi spettacoli, “la schiera”: “un esercizio che ho appreso da Gabriele Vacis ed è molto importante perché permette di lavorare sul ritmo, come se si avesse un metronomo davanti. Ma, invece di avere un metronomo, si lavora con quei poveretti di attori, tutti in schiera: e gli fai fare dodici passi avanti e indietro, per ore e ore, chiedendo loro di non perdere mai il ritmo iniziale. E soprattutto di non uscire mai da quella «trappola»: di stare lì dentro tutti mantenendo la concentrazione. Su questo esercizio si costruisce il personaggio: come cammina, come guarda, come parla.” Cfr.Porcheddu, Palermo Dentro. Il teatro di Emma Dante, p.36.
  4. ^ Porcheddu, Palermo Dentro. Il teatro di Emma Dante, p.40.
  5. ^ a b Porcheddu, Palermo Dentro. Il teatro di Emma Dante, p.42.
  6. ^ Porcheddu, Palermo Dentro. Il teatro di Emma Dante, p.43.
  7. ^ Porcheddu, Palermo Dentro. Il teatro di Emma Dante, p.67.
  8. ^ Porcheddu, Palermo Dentro. Il teatro di Emma Dante, p.77.
  9. ^ Porcheddu, Palermo Dentro. Il teatro di Emma Dante, p.77
  10. ^ Porcheddu, Palermo Dentro. Il teatro di Emma Dante
  11. ^ Sezione dedicata a mPalermu mPalermu di Emma Dante
  12. ^ Acronimo di: Associazione Marchigiana Attività teatrali
  13. ^ Anna Barsotti, La lingua teatrale di Emma Dante. MPalermu, Carnezzeria, Vita mia., Edizioni ETS, Pisa, 2009.
  14. ^ Sezione dedicata a La Scimiala scimia di emma dante di Emma Dante
  15. ^ a b c Sezione dedicata a Cani di bancataCani di bancata di Emma Dante
  16. ^ Sezione dedicata a Eva e la BambolaEva e la bambola Carmen Consoli e di Emma Dante
  17. ^ Emma Dante, un’eretica alla Scala “La mia Carmen un virus nell’opera” – Repubblica.it
  18. ^ Milano, fischi alla Scala per la regia della Carmen
  19. ^ Emma Dante e la regia contestata Zeffirelli: «Questa Carmen è il diavolo» – Milano
  20. ^ Sezione dedicata a Le Pulle le pulle di Emma Dante
  21. ^ Emma Dante La Trilogia degli occhiali scene di chi vive ai margini – Repubblica.it» Ricerca
  22. ^ Sezione dedicata a Acquasanta: acquasanta di Emma Dante
  23. ^ Il nuovo romanzo di Emma Dante | Palermo la Repubblica.it
  24. ^ Mostra del cinema di Venezia: Emma Dante divide. Conquista tutti, invece, «Tracks» – Il Sole


Bibliografia

  • Andrea PorchedduPalermo dentro. Il teatro di Emma Dante, Editrice Zona, Collana Pedane Mobili, Arezzo, 2005.
  • Anna BarsottiLa lingua teatrale di Emma Dante. MPalermu, Carnezzeria, Vita mia., Edizioni ETS, Pisa, 2009.
  • Estratti di un teatro bastardo, in “Atti e Sipari”, 1, 2007, Emma Dante intervistata da Federica Antonelli e Celeste Bellofiore.
  • Sicilia, Palermo, metafore… e il caso Emma Dante, in Atti e Sipari, 5, 2009.
  • Titti De Simone, Intervista a Emma Dante, Navarra Editore, Collana I racconti di Nzocchè, Palermo, 2011. ISBN 978-88-95756-42-4

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