” Suonami, sono tuo ” — PLAY ME, I’M YOURS ” — ” IL PIANOFORTE URBANO / DI CAMPAGNA :::: E CONDIVISO ! ” —L’ispirazione venne nel 2003 a uno studente di Sheffield durante un trasloco: lasciò un cartello sui tasti per invitare i vicini a suonare.

uno dei cosiddetti  ” pianoforti urbani “

 

fabio ferrari  Lapresse

 

liquida_it_

Torino, Stazione di Porta Nuova

 

 

Fonte: http://www.darlin.it/

 

 

cronaca

Tendenza.
Successo degli strumenti lasciati a disposizione dei passanti nelle piazze o negli atri di aeroporti e stazioni
Il pianoforte collettivo da Londra a Milano ora si suona in strada
LUCA DE VITO
 
 
 
 
UN pianoforte pubblico che si offre a tutti, bravi e scarsi, senza preferenze di stili o di generi musicali, sempre in luoghi frequentati. Lo “street piano” è un fenomeno che sta prendendo piede in Italia e nel mondo perché si basa su un concetto tanto semplice quanto rivoluzionario: è il pianoforte che esce dal suo habitat naturale e va in luoghi insoliti come le stazioni ferroviarie, i corridoi di un ospedale, l’atrio dell’università, il sottopasso di una metropolitana, un lungomare. Semplicemente per lasciarsi suonare. L’idea riscuote successo anche perché quelli bravi nel fare le cose difficili — come appunto suonare bene il pianoforte — godono di ammirazione sconfinata: non è un caso che, da quando si sono visti in giro i primi pianoforti “pubblici”, abbiano cominciato contemporaneamente a circolare sui social network video di anonimi talenti che suonano in pubblico, immortalati da passanti col telefonino.

Come tutte le cose più belle, anche l’idea dello street piano nasce per caso. Nel 2003 a Sheffield, nel Regno Unito, un giovane studente di nome Doug Pearman si trovò costretto a lasciare un pianoforte in Sharrow Vale Road: trasferirlo nel suo nuovo appartamento era impossibile. Insieme al cugino Hugh Jones, quasi per scherzo, decisero di lasciare un cartello per invitare i passanti a suonarlo. Nacque così il primo pianoforte condiviso che venne adottato dal quartiere e dalla città e che durò per tre anni. Nel 2008 l’artista Luke Jerram diede vita alla sua installazione Play me, I’m yours, sparpagliandone 15 per le strade di Birmingham e dando inizio a un movimento che si è poi diffuso in tutto il mondo: in otto anni sono stati portati oltre 1.500 pianoforti in 50 città.

In Italia i primi sono stati quelli di Grandi Stazioni, con un piano nella stazione di Venezia nel 2012. Da allora sono stati messi anche in altre sei grandi snodi ferroviari: Milano Centrale, Torino Porta Nuova, Roma Tiburtina, Firenze Santa Maria Novella, Napoli Centrale. «È stato un successo clamoroso — spiegano dalla società — , praticamente suonano tutti i giorni tutto il giorno. Al punto che sempre più spesso i pianoforti sono in manutenzione, visto che non nascono per un uso così massiccio. Il nostro obbiettivo è portarne uno in tutte le stazioni che gestiamo, anche se non nell’immediato, perché va studiato bene il posizionamento e in alcune non abbiamo ancora finito i lavori di ristrutturazione».

Nei luoghi di passaggio, la musica richiama l’attenzione e «migliora la giornata di chi ascolta», come dice Paolo Jannacci. Così all’ospedale San Paolo, periferia sud di Milano, nessuno si è lamentato quando ne è comparso uno nella hall tra le sedie dove i pazienti attendono prima di una visita. Ogni settimana, un infermiere che ha studiato al Conservatorio si siede e regala ai pazienti un mini-concerto di musica classica. Con altrettanto entusiasmo è stato accolto il Furcht Kawai posizionato nell’atrio dell’università Bocconi: qui studenti abituati a maneggiare teorie, curve e statistiche si lasciano sorprendere volentieri dai quei compagni che, oltre ai numeri, studiano anche i pentagrammi. «Il sistema si autoregolamenta, perché i ragazzi suonano nelle pause tra una lezione e l’altra — dice Paola Dubini, professoressa di Strategia e direttore del corso di laurea in Economia per le arti, la cultura e la comunicazione della Bocconi — . È molto utilizzato, soprattutto da studenti stranieri di passaggio e da chi non ne ha uno a casa, o magari non può permetterselo».

Libertà di espressione, ma anche un modo diverso per conoscersi e farsi conoscere. Come accade all’aeroporto di Fiumicino, dove ci sono quattro pianoforti a coda posizionati oltre i varchi di sicurezza e nei pressi degli imbarchi ai Terminal 1 e 3. Rimasta celebre sul web l’esibizione di Danilo Cristaldi, giovane musicista siciliano che ha strappato applausi mentre attendeva un volo per Amsterdam. C’è poi chi cerca il colpo a effetto, sfruttando la magia dei luoghi oltre a quella dei tasti: come è successo sul lungomare di Civitanova Marche il mese scorso, o come accade all’ingresso degli scavi di Ercolano, su corso Resina.

Rimane però una sfida quotidiana da vincere: quella contro i vandali. A Cagliari, nel giro di due settimane, il pianoforte posizionato nella metropolitana di piazza Repubblica è stato rigato con delle chiavi scatenando le ire del sindaco Zedda. Mentre a Napoli quello in stazione è stato distrutto per ben due volte. In entrambi i casi però il sogno spezzato dei viaggiatori è stato ripristinato. A Napoli per mano di un anonimo cantautore che ha accompagnato il suo regalo alla città con queste parole: «l’ho suonato tante volte, quando ho letto di quello che era accaduto non ci ho pensato due volte. E ho deciso di prendere l’iniziativa».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

La performance “Play me, I’m yours” ha fatto il giro del mondo e sui social spopolano i video dei musicisti improvvisati L’ispirazione venne nel 2003 a uno studente di Sheffield durante un trasloco: lasciò un cartello sui tasti per invitare i vicini a suonare.

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

1 risposta a ” Suonami, sono tuo ” — PLAY ME, I’M YOURS ” — ” IL PIANOFORTE URBANO / DI CAMPAGNA :::: E CONDIVISO ! ” —L’ispirazione venne nel 2003 a uno studente di Sheffield durante un trasloco: lasciò un cartello sui tasti per invitare i vicini a suonare.

  1. Donatella scrive:

    Mi sembra una bellissima idea, speriamo che si allarghi anche ad altri strumenti. E perché non aggiungere qualcuno che vuole cantare, così, spontaneamente.
    Oggi facciamo gli auguri a RobRoy che compie gli anni. Io,lui,Chiara e chissà quanti altri facciamo parte di una generazione che guardava le stelle nel cielo e sentiva il fascino dell’infinito.
    Dalle stelle alla stalle, ti mando la ricetta della sardenaira, che con l’infinito ha qualche affinità:

    Calcola mezzo chilo di farina, doppio zero o zero, lievito di birra, sale, olio,filetti d’acciuga sott’olio, olive taggiasche, aglio, scatola di polpa di pomodoro o, se preferisci, pomodori fraschi, origano. La mia teglia rettangolare, di latta, è cm. 25 per cm.40.Oppure ne ho una di rame ( che va bene soprattutto per la farinata) di cm. 36 di diametro. Metto in una ciotola 400 gr di farina, sciolgo il dado di lievito di birra in un po di acqua appena appena tiepida ( ci puoi aggiungere anche un cucchiaino piccolo piccolo di zucchero per facilitare la lievitazione). Nella farina aggiungo due prese di sale fino e un cucchio o due di olio d’oliva ( se vuoi puoi anche non aggiungerlo, dico dell’olio). Comincio a rimestare nella ciotola la farina e il lievito ben disciolto nell’acqua ( l’acqua è più o meno una tazza). Quando la miscela comincia ad amalgamarsi la esco fuori sul tavolo e con le mani continuo a mischiare e ad impastare, aggiungendo farina ( i cento grammi lasciati da parte)e acqua, se necessario. E’ bene fare tutto a piccole dosi, soprattutto per l’acqua. Quando mi si forma una bella palla di pasta liscia e morbida, l’impasto va bene. Io lo distendo subito nella teglia, precedentemente oliata. Per distenderla mi aiuto anche con il mattarello e faccio sulla pasta i caratteristici bordi con i denti della forchetta. Metto la teglia con la pasta a lievitare in un luogo privo di correnti d’aria, a volte nello stesso forno spento: in estate basteranno 30 minuti o giù di lì, in inverno un po’ di più. Intanto preparo il sugo: faccio sciogliere sul fuoco in un po’ di olio di oliva cinque o sei filetti d’acciuga e quanso sono sciolti, aiutati dalla forchetta, metto un barattolo di polpa di pomodoro. Volendo, se hai pomodori buoni e maturi, puoi mettere al posto del barattolo i pomodori tagliati a pezzi e fare amalgamare il tutto. Attento a non aggiungere sale, perché le acciughe sono già salate. Lascia freddare o almeno intiepidire il sugo. Preparati l’aglio, separando i bulbi tra di loro. Lasciali vestiti e fa attenzione che l’aglio sia buono, che non sappia di muffa. Controllando la pasta ( calcola circa una mezz’ora e un po’ di più in inverno), se si è gonfiata, puoi mettere sopra il sugo, sempre in un ambiente che protegga la lievitazione, aggiungi a tuo piacimento gli spicchi d’aglio ( e dosse d’aju), le olive taggiasche, se vuoi anche i capperi dopo averli liberati dal sale o dall’aceto. Spolvera il tutto con ” a curnioera”, metti sopra un filo d’olio, naturalmente d’oliva, e poi inforna, nel forno che avrai preventivamente scaldato a 180°. Dopo aver infornato, alza il calore almeno a 200°, aspetta pazientemente un venti, trenta minuti e a sardenaira spanderà per la casa un profumo irresistibile. Tieni lontano i vicini che vorrebbero tutti assaggiare questa meraviglia. Procurati un buon vinello: non è indispensabile il Pigato, penso che vada benissimo quello dei Castelli, se d’estate un poco fresco.
    Per il tuo compleanno ti auguro una sardenaira prodigiosa, che faccia venire da te una schiera di persone richiamate dal profumo inconfondibile. Non rivelare niente: i liguri vivono un po’ segreti, questo è il loro fascino.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *