+++ MARCO DAMILANO, L’ESPRESSO DEL 28 MAGGIO 2017, LA MUTAZIONE GRILLINA

http://espresso.repubblica.it/palazzo/2017/05/25/news/il-piano-di-davide-casaleggio-e-del-m5s-per-accreditarsi-tra-poteri-forti-e-lobby-1.302647

 

 
POLITICA

Il piano di Davide Casaleggio e del M5S per accreditarsi tra poteri forti e lobby

In piazza i pentastellati citano San Francesco, ma nelle stanze del potere parlano con poteri economici, enti di stato e apparati di sicurezza. Il regista? L’erede di Gianroberto

DI MARCO DAMILANO

Il piano di Davide Casaleggio e del M5S per accreditarsi tra poteri forti e lobby
Davide Casaleggio

Sorrisi. Strette di mano. Uno sferragliare di bigliettini da visita. I gesti tipici che accompagnano l’ingresso del nuovo arrivato in un club ristretto e esclusivo. Una mattinata in prima fila, nella sala conferenze del Maxxi, accanto al ministro Carlo Calenda e al presidente di Confindustria digitale Elio Catania. L’intervento a inizio lavori, da solo sul palco, privilegio concesso solo a lui e al ministro, in piedi davanti al leggio con il telecomando in mano, per parlare di startup, investimenti pubblici e incentivi fiscali per aiutare le imprese che fanno innovazione, compresa la sua.

Che spettacolo l’apparizione nella Capitale di Davide Casaleggio, un mese fa, all’Internet day organizzato dall’agenzia Agi, di proprietà dell’Eni. Una giornata da imprenditore della rete, lui, il Davide della piccola Casaleggio associati seduto accanto ai grandi, alla pari con i Golia: Microsoft, Ibm, Airbnb.

Riverito e omaggiato da una platea di operatori del settore, giornalisti, il presidente della Commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia che gli stringe la mano e elogia la preparazione dei deputati del Movimento 5 Stelle della sua commissione. In sala, però, di M5S non c’è nessuno: solo il portavoce Rocco Casalino si materializza alla fine per trascinare via Casaleggio dalle telecamere. Camicia bianca, completo scuro, cravatta a fantasia grigia, la divisa impersonale del capo azienda in una convention di colleghi, l’opposto della maglietta del militante sfoggiata alla marcia per il reddito di cittadinanza Perugia-Assisi la settimana scorsa.

L’oratoria metallica, schematica come le slides che accende alle sue spalle. Niente potrebbe far immaginare a un osservatore distratto che questo quarantenne è il capo di un movimento considerato da molti in Italia e in Europa populista, sfasciatutto, pericoloso per la democrazia. Nessun segno, almeno visibile. Ma è nell’invisibilità delle relazioni e dei rapporti che Davide Casaleggio sta provando a far cambiare pelle a M5S.

Dalla piazza dei Vaffa di Beppe Grillo e delle profezie avveniristiche di Gianroberto Casaleggio alla tessitura riservata di legami con aziende di Stato, apparati, il reticolo dei poteri imprescindibili per chi intende candidarsi a governare. È questa la vera conversione francescana predicata la settimana scorsa da Grillo ad Assisi: il lupo di Gubbio che spaventava con le sue razzie la politica italiana si sta addomesticando, sta prendendo casa nei palazzi del potere che voleva scoperchiare come una scatoletta di tonno. Fratello governo, sorella lobby.

A Roma ormai è quasi un intercalare. Non c’è lobbista, responsabile di relazioni istituzionali di un ente qualsiasi, capo di un’agenzia di comunicazione che non cominci il discorso così: «L’altro giorno abbiamo incontrato il Movimento…». Una strategia di doppio accreditamento: M5S verso i poteri romani, i poteri verso il Movimento, perché tra poco si vota, hai visto mai che vincano loro.

Luigi Di Maio e Davide Casaleggio...
Luigi Di Maio e Davide Casaleggio alla marcia di Assisi

Davide Casaleggio è il regista della svolta, come si è visto a Ivrea, al meeting organizzato per il primo anniversario della morte del padre. Niente politica e molti relatori non sospettabili di simpatie grilline o di populismo, da Paolo Magri dell’Ispi, l’istituto per gli studi di politica internazionale, a Fabio Vaccarono, amministratore delegato di Google Italia.

I deputati e senatori di M5S accorsi in massa sono rimasti silenziosi in sala, a fare da platea. Come se, in quel caso, i rapporti tra l’azienda di Casaleggio e il partito di Casaleggio fossero invertiti rispetto ad esempio a quelli che ci furono tra Fininvest e Forza Italia agli esordi del berlusconismo in politica. Nel caso del Cavaliere l’azienda del Biscione fu chiamata a convertirsi rapidamente in partito, con gli uomini di Publitalia piazzati ai vertici della nascente formazione azzurra. Nel caso di M5S, il movimento esiste già, è una forza politica che raccoglie tra un quarto e un terzo del consenso degli italiani, e questa forza può tornare utile per far crescere l’azienda Casaleggio, che invece sul mercato ha ancora dimensioni ridotte. Di certo l’idea di entrare in rapporto con il capo di un partito che potrebbe conquistare il governo tra qualche mese permette al suo presidente, il figlio del fondatore Gianroberto, di essere introdotto in mondi e ambienti finora off limits.

L’Eni, per esempio, fino a poco tempo fa era considerata il male assoluto, con Grillo che si era presentato a un’assemblea tuonando contro i vertici, ora è cominciato il disgelo, con un lungo incontro tra Davide e alcuni ambasciatori dell’azienda: tantissime domande e lunghissimi silenzi da parte di Casaleggio, fase di ascolto ma l’incomunicabilità è finita.

Con l’Enel i rapporti sono già in fase avanzata: anche in questo caso non è passata un’era geologica da quando Grillo attaccava le centrali a carbone «che uccidono l’Italia», le bollette e i contatori inutili. Ma due mesi fa una delegazione di M5S è volata a Copenaghen per visitare le aziende che stanno compiendo «la rivoluzione energetica danese», come l’hanno definita. C’erano i parlamentari Riccardo Fraccaro, Davide Crippa, Piernicola Pedicini, Gianni Girotto e il più entusiasta della compagnia, Luigi Di Maio: «Abbiamo toccato con mano un progetto stupendo che porta la firma dell’Italia: l’hub dei veicoli elettrici con tecnologia V2G dell’Enel», ha esultato il vice-presidente della Camera e candidato premier in pectore a proposito delle infrastrutture di ricarica per le auto elettriche. Per tutto il viaggio gli esponenti del Movimento 5 Stelle sono stati affiancati dagli uomini dell’Enel. Il senatore Gianni Girotto che segue le questioni energetiche del M5S, ha partecipato il 21 dicembre 2016 al seminario ” Energies Perspectives 2017 and beyond ” promosso dall’Enel e organizzato Dal Centro studi americani presieduto da Gianni De Gennaro, ex capo della polizia oggi Presidente di Leonardo Finmeccanica. Nel programma per l’energia di M5S ci sono riconoscimenti espliciti per l’Enel. E a Civitavecchia il sindaco grillino Antonio Cozzolinoha firmato una convenzione con l’Enel con un contributo di 4,5 milioni al comune, dopo anni di battaglie in senso opposto. L’altro uomo di contatto con le aziende partecipate è il deputato veneto Riccardo Fraccaro, molto attivo e molto lodato. “Ho incontrato Riccardo ” ripetono i lobbisti intorno ai Palazzi di Camera e Senato. (l’articolo continua alle pagine 30-31)

Luigi Di Maio
Luigi Di Maio

 

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2 risposte a +++ MARCO DAMILANO, L’ESPRESSO DEL 28 MAGGIO 2017, LA MUTAZIONE GRILLINA

  1. roberto rododendro scrive:

    e allora eccomi sui commenti. Cosa c’è di meglio del francescano Grillo?
    Venendo a noi: questo, com’è evidente, è l’ultimo della serie “il topo” ( anche se il titolo non è corretto.
    Ecco qua:

    Un giorno per caso

    Entrambe le mani occupate da due borse di libri, passavo per piazza Argentina. Tornavo da aver fatto acquisti da Feltrinelli, ero sul lato del teatro, dove c’è anche la fermata dell’autobus. Una folla da spintonarsi per passare. Ma la bacheca del teatro mi prende: tra qualche giorno c’è una serata in ricordo di Pasolini e mi assale la memoria di una serata simile di tre anni addietro, uno di quei ricordi che lasciano una nostalgia impalpabile come un senso di perdita.
    Avevamo appena cenato a casa di Veronica.. e chiacchieravamo bene come non sempre capitava.. quando lei mi dice :” Dobbiamo andare e mi devo ancora preparare !” Io lo so il perché, anche se speravo l’avesse dimenticato. C’è la serata all’Argentina in ricordo di Zavattini, e poi lei deve incontrarsi col suo caro amico Fausto. Così usciamo, piuttosto malvolentieri da parte mia, un po’ per pigrizia, un po’ perché stavamo bene, forse con sollievo per lei.
    Sull’autobus che ci porta, ridiamo e scherziamo. Non abbiamo il biglietto e pensiamo all’ispettore che potrebbe sorprenderci, io rido con una certa apprensione.. un distinto cinquantenne : sto pensando a come potrei cavarmela. Già, un distinto signore cinquantenne con moglie e figli.. ormai avviato su una strada in discesa verso la vecchiaia.. ci sarebbe poco da ridere se io non vivessi un momento fuori dalle cose..
    A teatro lo spettacolo ci prende, bei brani e ben recitati. Siamo su un palco laterale, piuttosto stretti ed io, anche se guardo lo spettacolo ho palpabile la presenza di Veronica. E sento la sua mano che mi accarezza il collo e ci si sofferma . E’ un gesto affettuoso e improvviso, per un momento siamo stati uniti. Lei ritira subito la mano, come pentita. Capisco, perché la conosco, che è stato un gesto che non ha saputo comandare, lei dice di non avere sentimenti verso di me: “ E’ un’amicizia malata, malsana, la nostra..” dice, io sono sposato, cosa voglio da lei ?
    Lei rifiuta e ha in odio gli uomini sposati e non posso darle torto. Ma è un fatto che sono là e con lei, anche se nella veste assolutamente impropria di amico.
    Ed ecco che, tre anni dopo, mi ritrovavo nuovamente dove eravamo quella sera alla fine dello spettacolo, con una sorta di felicità nascosta che ci accomunava.
    E’ un pensiero fuggevole e veloce, che mi prende e lascia con un impalpabile velo di malinconia che neanche me ne accorgo. E ***nemmeno ho il tempo di pensarci: devo scansare la folla alla fermata dell’autobus, quando un tizio davanti a me si sposta improvvisamente e sbam ! Ci scontriamo, letteralmente ci scontriamo. Un incontro casuale. Anche perché, se ci fossimo visti prima, probabilmente avremmo provato ad evitarci. Invece no. Io abbasso lo sguardo per vedere chi è l’ostacolo, distratto ma pronto a scusarmi e lei alza il suo. Cosi ci troviamo a guardarci dritti dritti negli occhi. Non lo so, forse sono sbiancato, forse ho messo su quello sguardo da cane sconvolto che mi diceva sempre lei. In Veronica invece, niente, magari il solito mutare velocissimo di espressione che ad una osservazione meno attenta ( anzi, io lo immagino perché lo so già) passerebbe inosservato. Un indurimento degli occhi. S’è messa la maschera, come quella volta che, sconvolta per qualcosa che avevo detto io, tanto sconvolta da reggersi a stento in piedi, con la sua sensibilità a fior di pelle che si ferisce ad un particolare che solo lei sa cogliere, incontrando due amiche, riesce a chiacchierare disinvolta, a ridere, perfino a fissare un appuntamento. Ma quando poi le chiedo come ha fatto, lei mi dice, e pare tranquilla, che non ricorda nulla :” Perché ? Dice. E’ una difesa, devo pur proteggermi.” E scoppia a piangere.
    E’ il suo istinto di sopravvivenza comunque, lei è come un animale che vive in una sua foresta personale dove crede di conoscere i pericoli, ma che la spaventano sempre.
    Sono più di due anni che nessuno di noi due sa nulla dell’altro. Ma assolutamente nulla. Come se lei fosse svanita o emigrata in Australia. Quando ci siamo conosciuti non avevamo conoscenze in comune, e nel periodo in cui siamo stati insieme, tranne rari amici in rare occasioni, siamo sempre stati appartati, lei ed io, come timorosi che qualcosa o qualcuno potesse romperci, senza capire che solo noi potevamo essere gli artefici della nostra rottura.
    E dopo, ciascuno ha ripreso le proprie amicizie. Ambienti diversi senza punti di contatto e lei che evitava accuratamente qualunque possibilità d’incontro. Me l’aveva detto quell’ultima volta, fredda come il marmo scolpito :” Non dobbiamo vederci mai più. Non lo sopporterei. Devi scomparire anche dalla mia memoria.”
    E restiamo a guardarci, mentre io cerco di individuare emozioni sul suo volto, nei movimenti del viso, nella sua mascella contratta. Niente, sembra di ghiaccio o di pietra. Quindi, so che è sconvolta almeno quanto me. Ma, io sono sconvolto ? Quante volte ho cercato e immaginato un incontro ?
    So che è sconvolta almeno quanto me, ma non so interpretarla, e mentre lo penso, mi chiedo che importanza abbia ormai.
    Io sono sempre alla ricerca di emozioni negli altri, anche ora: mi servono per valutarmi, per sapere che esisto ancora per lei, che sono esistito e che sono stato importante. E mentre queste cose penso e tutto questo avviene, mi disprezzo per il solo fatto di capirmi. Come se avessi bisogno di una sua conferma, ora. Ma, e io ? Mentre la scruto, forse senza nemmeno riuscire a metterla a fuoco, mentre il mio sterno è un pezzo di cuoio indurito che mi scava dentro, io penso semplicemente che lei non è cambiata. Lei sempre uguale. Non vedo il passare del tempo su di lei, e intanto penso a me, che mi sento invecchiato, ingrigito, imbolsito con pochi slanci e pochi desideri. Che mi trovo in questa piazza Argentina con le mani occupate da due borse piene di libri che compro e forse nemmeno leggerò se non un’occhiata qua e là, senza più alcuno interesse una volta comprati. Me l’ha detto e ripetuto più volte, come una sfida, come una maledizione :”Quando mi lascerai, tornerai quel morto che eri. Ora sei vivo grazie a me, lo capisci ?” A volte lo urlava anche, dalla disperazione : “Lo capisci ?”
    No, io non l’ho mai capito :” Come fa un morto a capire di essere morto ? “ Questo avrei potuto dirle in quel momento, se ci avessi pensato. Sarebbe stato un modo per riallacciare una memoria.
    Lei aveva una certezza che mi ripeteva sempre, quando si paragonava con me: “ Nella mia famiglia non invecchiamo facilmente.” Lo vedo bene che è vero, non ha rughe, non ha nulla che in qualche maniera mi dimostri che il tempo è passato anche per lei. Che magari se l’è passata male, sempre a barcamenarsi in cerca di un lavoro o come sbarcare il lunario e pagarsi l’affitto di quella casa in Trastevere. Nulla. E io lo so, e l’ho sempre pensato in questo tempo trascorso, che la sua vita non sarebbe cambiata, che i suoi problemi e le sue ansie potevano solo peggiorare col tempo.
    Macché. Lei è li, di fronte a me, immutata.
    Ed io non posso vedere dentro la sua vita. Non ho modo di capire.
    Penso solo che non è cambiata.
    Ed è la prima cosa che mi viene da dirle.
    E glielo dico che non è cambiata per niente, sempre uguale, anzi, dico : mi sembri leggermente dimagrita e ..stai meglio. Forse mentre dico queste banalità ho anche sfoderato un incerto sorriso.
    Mentre parlo mi accorgo con stupore, con sgomento, con dolore, con rabbia, con nostalgia che non ho nulla da aggiungere, che tra noi non c’è più nulla da dire se non le banalità di due che si incontrano per caso e forse non volevano nemmeno incontrarsi, ma rispettano le formalità. Che nemmeno posso dire nulla, perchè se parlassi sarebbe un fiume di parole e di recriminazioni o di rimpianti o di che diavolo chissà che. Che, alla fin fine, sarebbe il mio solito lato melodrammatico che non accetta la fine delle cose. Per me le mie storie devono sempre essere presenti, non posso ripudiare o dimenticare nulla di quel che ho vissuto: ne andrebbe della mia vita, della mia sanità mentale. Non posso lasciare che momenti come questo passino inosservati, deve esserci pathos, ma sono solo io, preoccupato a pensarci, a non vedere che c’è : si tocca.
    Annaspo, le chiedo come sta.. ma forse l’ho già chiesto. Lei mi risponde che sta bene senza cambiare sguardo, e non mi chiede come sto io. A lei non importa. Vorrei chiederle come se l’è passata in questi anni se ha pensato a me… già, la cosa più importante : sapere quanto ha sofferto pensando a me. E invece anch’io sto zitto perchè so sempre come comportarmi per apparire umano.
    Cosi stiamo per scostarci e andare ciascuno per la nostra strada senza esserci detti nulla, ma è quello che dobbiamo fare.
    Mi premono domande, vorrei risposte. Vorrei sapere. Ma niente. È silenzio e non c’è altro tra noi che silenzio. Ed è giusto cosi, tutto è finito, tutto è passato. “E che senso avrebbe ?” Questo mi dico e mi ripeto mentre me ne sto inebetito con il mio sguardo da pesce davanti a lei.
    Ed è lei che , senza cambiare sguardo, senza un movimento sul suo viso o nei suoi occhi, come se cambiando espressione rischiasse di decomporsi, mi dice : ” Sei vestito uguale all’ ultima volta.”
    Questo dice, e nemmeno un saluto.

  2. roberto rododendro scrive:

    e già che ci siamo, anche due poesie:

    AGOSTO IN CITTA’

    Quando trascineremo i nostri piedi
    al bar dell’angolo
    – tavoli in formica segatura al pavimento –
    partiranno i bagnanti
    per i carnai di Rimini e Sanremo

    Canottiera e braccia bianche
    commenteremo la cronaca del mondo
    gialli sapienti senza saggezza

    e una rivoluzione ci starebbe bene
    per noi che nulla abbiamo a perdere
    oltre al sangue grigio delle nostre vene
    novella nobiltà

    Ma uno di noi cade ogni giorno
    – la cronaca lo insegna –
    dal nono piano del suo formicaio
    – due stanze più servizi
    geranio al davanzale –
    ed il suo sangue appare sempre rosso
    schizzato sul selciato.

    **

    Tra palazzi di ferro e cemento
    sotto il sole d’agosto in città
    una ragazza dorme sdraiata
    sulla panchina verde
    e sull’asfalto giocano bambini

    Un cane soddisfatto
    ha pisciato a ridosso del muro
    sicuro d’essere cane

    La ragazza che dorme sotto il sole
    non sogna e le mamme che passano
    trascinano i figli per mano
    e gli uomini voltano il capo

    Un vigile grasso
    la tocca sul braccio e la scuote
    felice nell’uniforme

    ma la ragazza che dorme
    continua a dormire
    e un sorriso le trema sul labbro
    e il vigile la guarda e non sa cosa fare
    si toglie il berretto e si sventola
    e se ne va a dirigere il traffico.

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