IL FILM ” FIGLIA MIA ” DI LAURA BISPURI (2018)—INTERVISTA ALLA REGISTA E ALLE DUE ATTRICI CHE SONO::: ALBA ROHRWACHER E VALERIA GOLINO—SARA CASU INTERPRETA LA RAGAZZINA VITTORIA

 

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“Le mie donne coraggiose e imperfette”: Laura Bispuri con Valeria Golino e Alba Rohrwacher protagoniste a Berlino 2018 (unico film italiano)

"Le mie donne coraggiose e imperfette": Laura Bispuri con Valeria Golino e Alba Rohrwacher protagoniste a Berlino 2018

La carriera di Laura Bispuri è strettamente legata alla Berlinale, dove ha presentato il suo film d’esordio nel 2015, Vergine giurata, e ora, sempre in concorso, torna con Figlia mia, sempre con Alba Rohrwacher protagonista, a cui si aggiunge Valeria Golino. In una Sardegna ancestrale e torrida, nel corso di un’estate, seguiamo una bambina di 10 anni, Vittoria, e le sue due madri: quella naturale, Angelica, disinteressata emotivamente, Alba Rohrwacher, e quella che la piccola l’ha cresciuta, Tina (Valeria Golino).

“Si tratta di un’idea antichissima, quella del duello fra due madri che si contendono un figlio”, ha dichiarato la Bispuri incontrando la stampa italiana a Berlino, “rimanda a Re Salomone come a Brecht. Ho cercato di riproporlo ponendo domande contemporanee, mettendo in discussione la famiglia classica. Quest’estate scorre con due madri sullo stesso livello, entrambe con il diritto di essere madri di questa bambina”.

La Sardegna è stata una scelta istintiva, poi per due anni sono andata a cercare un equilibrio fra la pagina scritta e il posto, come avevo fatto con l’Albania per il film precedente. La forza prepotente e malinconica del paesaggio ricordava i personaggi del film e l’identità fortissima dell’isola, non solo nell’entroterra. Il loro è un dibattito costante fra apertura all’esterno, al nuovo, e una linea di chiusura e tutela della propria identità, che alla fine si specchia nei tre personaggi femminili e nel loro percorso identitario. Abbiamo lavorato per dare loro un lieve accento sardo, non volevo un’immagine stereotipata della Sardegna, mi stava a cuore il lavoro iniziato con Vergine giurata sulla femminilità imperfetta, non ho paura di mettere a nudo le complessità, avevo voglia di indagare ancora un’attrice meravigliosa quale Alba Rohrwacher, ma su delle corde completamente diverse”.

Il ritorno dell’attrice umbra è sembrato naturale a entrambe. “Leggendo Figlia mia ho avuto una reazione simile a quella avuta leggendo Vergine giurata, che fosse un azzardo verso territori attoriali sconosciuti, tanto che all’inizio mi sono detto che non potevo farlo, che era troppo difficile. Poi la fiducia di Laura Bispuri mi ha dato il coraggio di lanciarmi, questa volta, verso territori opposti e per me ancora più sconosciuti. Mi sono fidata di lei e la grandezza di alcuni registi è proprio quella di spingere noi attori dove non pensano di poter andare. Mi sono anche divertita molto”.

A farle compagnia, infatti, questa volta c’era Valeria Golino, con cui il suo personaggio ha dovuto combattere per il ruolo di “vera” madre. “Il cinema permette di andare al di là bel bene e del male, ogni storia individuale può essere raccontata senza pregiudizi, in maniera non giudicante. È un racconto sulle donne e le loro passioni, tanto che il mio personaggio per troppo amore esaurisce la propria identità con l’essere madre di questa bambina, annullando persino la propria sessualità e un rapporto erotico con il marito. Angelica, invece, il suo amore non riesce ad esprimerlo per un senso di inadeguatezza. Grazie alla bambina forse si modernizzeranno un po’, sicuramente la piccola crescerà più evoluta di loro”.

Le due donne sono protagoniste di scontri vocali e anche fisici estremi, ma una cosa è stato loro subito chiara, lo dicono entrambe. “Se una era brava lo sarebbe stata anche l’altra, eravamo completamente co-dipendenti, da subito siamo state molto sincere, per stima e affetto, ma anche perché sennò il film non sarebbe stato in piedi. Ci siamo sostenute una con l’altra,un’esperienza vissuta in maniera simbiotica”. Sull’elemento spirituale del film, in cui ricorre l’immagine di una Madonna, Laura Bispuri sottolinea come “sia una Grande madre, che nelle prime stesure era più presente e poi è abbiamo alleggerito. È il contorno in cui si muove Tina, con Valeria siamo andate in mezzo alle donne che leggevano il rosario”.

Un film tutto al femminile, “una mia presa di posizione”, come dice la regista, “in un momento particolare non vorrei fosse strumentalizzata, ma è un mio percorso, se volete un piccolo atto politico. Sono stufa di vedere tanti film con donne in ruoli di secondo piano, a casa mentre aspettano figli e mariti. Ho scelto la strada di raccontare delle donne a tutto tono, con le loro imperfezioni.”

Figlia mia è in arrivo nelle sale italiane, in 60 copie, a partire dal prossimo 22 febbraio, distribuito da 01 distribution.

 

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Il film di Laura Bispuri –Daughter of Mine recita il titolo internazionale – come dice lei stessa è una parabola, un viaggio complesso che crea una sfida che per certi versi ricorda un western, declinato al femminile, un accostamento che la regista accetta con un sorriso, quanto le viene proposto il paragone con Johnny Guitar e Duello al soledurante l’incontro ristretto con la stampa italiana di stamattina. Racconta di un avvicinamento che quasi è emerso da solo durante la scrittura con un risultato a volte anche involontario. La sfida è in quello che viene anche definito un balletto ad intervalli incrociati.

Rispondendo invece sulla presenza della soap all’interno del film come replica del racconto rivista con le caratteristiche di un feuilleton, esclama stupita:Sono contenta che qualcuno l’abbia notato. Questo aspetto in fase di stesura della sceneggiatura aveva molto più spazio, uno spazio che poi si è poco a poco ridimensionato, con il rischio concreto potesse essere ridotto ad un particolare e passasse inosservato. Sono davvero felice non sia stato così!”

Il dato che la Bispuri tende più volte a rimarcare è quello della preparazione meticolosa nella ricerca dei luoghi adatti a girare e dell’enorme importanza che riserva alla scrittura:Sono passati due anni di approfondimento per conoscere l’isola. La scelta della Sardegna è stata istintiva, mi aveva catturato l’atmosfera, è un posto con un’identità molto forte che ha a che fare ovviamente con l’interno ma anche con l’esterno, con una continua ricerca anche al di fuori. A questo lavoro preparatorio segue la scrittura segnandola fortemente.”

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Sara Casu interpreta Vittoria

Parlando della tecnica, le piace ricordare l’uso di lunghi piani sequenza con la camera a mano, che utilizza per la capacità di sporcare e non per il particolare vacillare. E l’adozione di una luce calda, una grossa cifra distintiva per ricreare l’atmosfera intima e sentimentale della trama. Una contaminazione tra interni ed esterni difficile da ricreare.L’origine dell’idea risale a molto tempo addietro e nasce dalla confessione di una mia amica che mi disse che avrebbe preferito essere adottata da un’altra madre, una frase che mi colpì molto e sulla quale cominciai ad esplorare. Si parte da qualcosa di ancestrale ed antico per arrivare a delle domande universali e contemporanee.”

Niente di più antico e profondo può rintracciarsi della figura della madre che viene decostruita intaccandone la cornice perfetta per sostituirle con mamme inadeguate e che nei loro difetti appaiono molto più belle. “Volevo che i personaggi scendessero sempre più giù per dare poi all’immagine finale di Vittoria una massiccia dose di speranza, una peculiarità delle donne forti.”

Così come sono forti le due protagoniste Valeria Golino e Alba Rohrwacher con le quali si è stabilita un legame dai tratti familiari. La Golino ricorda che “sul set si godeva davvero di spazi di grande libertà, ed io anche se ero in fondo l’ultima arrivata, non mi sono mai sentita emarginata.” Per la Rohrwacher le cose sono state più facili perchè fin dai tempi di Vergine giurata conosceva il metodo di lavoro della Bispuri e quindi riusciva ad abbandonarsi nelle sue mani senza timore: “Con Valeria e Laura abbiamo instaurato una sorellanza, franco e sincero. Conoscendo già l’ambiente sono riuscita anche a compiere delle scelte rischiose, che soltanto riponendo totale fiducia nella regista sei portata a compiere.”

Nel gioco dei richiami viene un’immancabile domanda sulla vicinanza del cinema della Bispuri al Neorealismo, cosa che per la regista è come una lusinga. E infatti precisa: “Qualche tempo fa una persona diede due definizioni sul mio lavoro. La prima è che faccio un cinema fisico, e mi sembra particolarmente attinente. Quanto al Neorealismo lui aggiunse l’aggettivo disegnato, infatti cerco sempre di fare attenzione alla realtà iscrivendola sempre dentro qualcosa di strutturato“.

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