ENRICO BELLAVIA SALVO PALAZZOLO, REP. 08-05-2018, pag 19::: L’ULTIMO MISTERO SU IMPASTATO

 

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Il personaggio

Quarant’anni fa l’omicidio a Cinisi

L’archivio sparito la notte del delitto l’ultimo mistero su Impastato

ENRICO BELLAVIA SALVO PALAZZOLO,

 

 PALERMO

Quante idee, quanti progetti di inchieste sono scomparsi — sussurra Giovanni Impastato — La notte in cui Peppino fu ucciso alcuni carabinieri infilarono tutto l’archivio di mio fratello dentro dei grandi sacchi neri e lo portarono via da casa nostra » .

Quarant’anni dopo, l’ex generale Antonio Subranni e tre ex sottufficiali dei carabinieri sono indagati per il depistaggio scattato attorno alla morte di Peppino Impastato, il giovane attivista di Cinisi che denunciava la mafia e le collusioni eccellenti dai microfoni di Radio Aut. Gli investigatori provarono a fare passare un omicidio di mafia per un attentato terroristico suicida sui binari della ferrovia. « Sono responsabili, il primo del reato di favoreggiamento, gli altri di falso ideologico — ha scritto la procura di Palermo — ma il reato è estinto per prescrizione » . E, inesorabile, è scattata una richiesta di archiviazione. Ma il fratello di Peppino non ci sta: « Non si può chiudere questa inchiesta con un colpo di spugna. Il generale Subranni ha fatto una splendida carriera dopo il depistaggio e oggi è fra i condannati del processo trattativa Stato- mafia » .

Con Subranni sono indagati Carmelo Canale, il sottufficiale che poi diventò il braccio destro del procuratore di Marsala Paolo Borsellino, Francesco Abramo e Francesco Di Bono. La famiglia Impastato chiede che il caso non sia chiuso soprattutto per provare a recuperare l’archivio di Peppino. « Molti anni dopo — spiega Giovanni — abbiamo trovato traccia di un verbale in cui si dava atto di un “ sequestro informale”, venne scritto proprio così, dei documenti prelevati quella notte da casa nostra. Ma il sequestro informale non esiste nel nostro codice, si trattò di un gravissimo abuso » . E da quarant’anni, l’archivio di Peppino è scomparso, sepolto in chissà quale archivio di Stato. O forse distrutto.

Adesso, un giudice dovrà pronunciarsi sulla richiesta di archiviazione. Ma, intanto, le parole scritte dal pm Francesco Del Bene pesano come macigni.

« Venne esclusa subito la causale mafiosa dell’omicidio, sottovalutando o non tenendo in nessuna considerazione la coraggiosa attività di controinformazione svolta dalla vittima in quel territorio gestito da uno degli esponenti più potenti dell’organizzazione mafiosa come Gaetano Badalamenti » . Proprio Badalamenti è stato poi condannato all’ergastolo, nel 2002, come mandante del delitto Impastato. Due anni prima, la commissione antimafia presieduta da Giuseppe Lumia, aveva messo in fila tutte le anomalie delle prime indagini.

Oggi, la procura ribadisce: « Non venne individuata una testimone chiave come la casellante. Non furono repertate e analizzate le impronte sull’auto di Impastato, non furono fatte perquisizioni nelle abitazioni di soggetti ritenuti vicini all’organizzazione mafiosa » . Fecero di più, quei carabinieri. Non tennero in alcuna considerazione le prove che i compagni di Peppino avevano raccolto sul luogo del delitto. « Avevamo trovato una pietra insanguinata all’interno di un casolare — racconta Pino Manzella — Scomparve pure quella » . Scrive oggi la procura: « Il comportamento degli inquirenti, e in particolare di Subranni, che dirigeva le indagini, appare davvero sconcertante e apparentemente incomprensibile » .

L’allora maggiore poi diventato capo del Ros provò a giustificarsi davanti alla commissione antimafia: « Ero divorato dall’ansia di venire a capo di quel caso — ha detto — c’era un clima storico particolare, di terrorismo » .

Ma è rimasto il mistero delle prove scomparse. Dice ancora Giovanni Impastato: « Fra le carte di Peppino portate via c’era un dossier sulla strage della casermetta di Alcamo, nel 1975 erano stati uccisi due carabinieri in circostanze misteriose » .

Cosa aveva scoperto Peppino, su Alcamo e altre vicende molto particolari?

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