+++ YASCHA MOUNK (1982) — EMINENTE POLITOLOGO TEDESCO, REP. 10-05-2018, pag. 32 ::: CHE COSA PUO’ INSEGNARCI L’ITALIA POPULISTA

 

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10/5/2018

CULTURA

Il dibattito

Che cosa può insegnarci l’Italia populista

YASCHA MOUNK

 

I movimenti anti-sistema sono ormai diffusi nei parlamenti di tutto il mondo. Eppure il caso specifico del nostro Paese contribuisce a farci capire come salvare oggi la democrazia. Parola di un grande politologo

Come i suoi abitanti sanno fin troppo bene, l’Italia oscilla di continuo tra l’arretratezza e il progresso. In alcuni periodi storici, il Paese è apparso incredibilmente fuori dal tempo.

Malgrado le vicende turbolente della storia italiana nel dopoguerra – dagli anni della ricostruzione agli anni delle bombe, e dalle grandi battaglie sindacali fino alla conclusione della lunga Prima repubblica –, per esempio, la supremazia elettorale della Democrazia Cristiana dava ai governi un senso di immobilità ideologica che non aveva uguali in Europa occidentale. Viceversa, in altri periodi storici il Paese è stato all’avanguardia in fatto di innovazione istituzionale, collaudando nuove forme di governo ben prima che queste si diffondessero in altre parti del mondo. Vale per gli antichi stati italiani, nobili creazioni che molto tempo dopo la loro scomparsa cambiarono il corso della storia, incidendo sui pensatori repubblicani che fondarono la democrazia moderna.

Oggi alcuni tedeschi, polacchi e americani cominciano finalmente a riconoscere che la forma irresponsabile di politica antistituzionale che ha prevalso in Italia dopo la “discesa in campo” del Cavaliere non è un’eccezione come pensavano.

Tuttavia, sperano ancora che il palese fallimento di quel tipo di movimento populista faccia capire agli elettori che si sono imbarcati in un esperimento molto pericoloso, convincendoli a restituire la fiducia ai partiti tradizionali. Quando gli elettori si renderanno conto che Alternative fur Deutschland sta facendo un pessimo lavoro in parlamento, sostiene la classe politica berlinese, il partito verrà abbandonato in massa. Quando i più accesi sostenitori di Donald Trump si accorgeranno che il presidente americano non ha alcun vero interesse a migliorare le loro vite, afferma #TheResistance da Boston a San Diego, finalmente tutti si rivolteranno contro di lui.

Anche in questo caso, basterebbe prestare più attenzione alle vicende italiane per non sperarci troppo. Di fatto, le promesse di Berlusconi non si sono mai avverate, ma tuttora c’è un numero sorprendente di elettori che gli rimane fedele. A quanto pare, liberarsi dei populisti è difficile: anche se il loro indice di popolarità crolla, anche se vengono condannati in tribunale, è un errore sottovalutarli. Cosa ancora più importante, le recenti elezioni italiane dimostrano che il virus del populismo può sopravvivere al portatore originario. Il loro risvolto più significativo consiste infatti nell’ascesa di due movimenti che sono altrettanto ostili alle istituzioni consolidate e forse ancora più radicali nell’ideologia. La Lega disprezza i giornalisti ed è ostile ai giudici esattamente come Berlusconi, ma per giunta è dedita a una forma lampante di xenofobia che provoca conflitti sociali e viola i diritti di persone vulnerabili. Dal canto suo, il Movimento Cinque Stelle rimane un paradosso istituzionale e ideologico. Pur vantandosi di una trasparenza assoluta, non è riuscito a smentire le preoccupazioni sul fatto che in realtà il sistema di votazione interna sia controllato dai suoi proprietari.

Se persino un orologio fermo segna l’ora giusta due volte al giorno, allora i populisti hanno ragione almeno quattro o cinque volte al giorno, soprattutto nelle analisi della frustrazione popolare, che tendono a racchiudere una buona dose di verità, più che nelle soluzioni suggerite, che tendono invece a essere campate per aria. Date le pecche evidenti dei partiti italiani consolidati, è senz’altro comprensibile che le lamentele dei Cinque Stelle contro il vecchio ordine abbiano garantito tanti voti al movimento. Eppure la profonda ostilità del movimento alle istituzioni del governo rappresentativo e la riluttanza dei suoi leader ad accettare l’importante distinzione tra avversari politici da rispettare e nemici politici da distruggere dovrebbe destare preoccupazione in chiunque abbia a cuore le istituzioni della democrazia liberale.

Le lezioni che l’Italia offre ai difensori della democrazia di tutto il mondo sono dunque chiare e rigorose. Anche se ci sembra di averli sconfitti, i leader populisti possono tornare a perseguitarci.

E anche se loro di per sé risultano indeboliti per sempre, il loro stile politico – la propensione a infrangere le norme fondamentali del sistema, per esempio, o a considerare gli avversari alla stregua di nemici – probabilmente continuerà ad avere successo. Non siamo di fronte a un’ondata populista, ma piuttosto ci troviamo all’apice di un’era populista; per assicurare la sopravvivenza della democrazia liberale, non dobbiamo solo respingere questo o quel candidato populista alle urne, ma capire e combattere le cause più profonde che stanno dietro la loro ascesa.

Gli osservatori esterni come me possono trarre grandi lezioni dai recenti sviluppi della politica italiana, ma naturalmente le questioni più urgenti riguardano il Paese stesso. Persino per i suoi standard, oggi il sistema politico italiano si trova in uno stato di notevole caos. Molti italiani saranno tentati di vedere il caos come un’opportunità. Per chi ha smesso di sperare che un giorno il vecchio sistema diventi più attento ai bisogni e ai desideri dei cittadini comuni, qualsiasi promessa di scardinare lo status quo ha comprensibilmente un grande fascino.

È vero che i populisti salgono alla ribalta perché le élite politiche tradizionali non sono riuscite a gestire una frustrazione fin troppo concreta, ma il loro successo impedisce ancora di più ai partiti moderati di prendere provvedimenti al riguardo.

Non ingannatevi: il sistema politico italiano è al tracollo. Ha un disperato bisogno di cambiamento. Ma serve un cambiamento reale, non simbolico, in grado di aiutare anziché danneggiare le persone che hanno sofferto di più a causa dei decenni di stagnazione.

Traduzione di Francesca Pe’

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