+++ DONATELLA D’IMPORZANO CI SUGGERISCE::: IL FATTO DEL 12-05-2018, MAURIZIO PALLANTE, UNA RIVOLUZIONE ECONOMICA CONTRO LA STAGNAZIONE

 

editore Lindau, Torino, marzo 2018

 

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO DEL 12-05-2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/una-rivoluzione-ecologica-contro-la-stagnazione/

 

 

Una rivoluzione ecologica contro la stagnazione

Uno dei problemi fondamentali che i Paesi industrializzati devono risolvere è l’elaborazione di una politica economica e industriale in grado di conciliare due esigenze apparentemente antitetiche: la riduzione dell’impronta ecologica e l’aumento dell’occupazione.

Questi risultati si possono ottenere con innovazioni tecnologiche finalizzate a ridurre gli sprechi e aumentare l’efficienza nei processi di trasformazione delle risorse in beni, perché, se si riduce il consumo di risorse per unità di prodotto, non solo si riduce l’impatto ambientale, ma si risparmia del denaro con cui si possono pagare i costi d’investimento.

L’impegno principale deve essere rivolto alla diminuzione degli sprechi e all’aumento dell’efficienza dei processi di trasformazione energetica, che nei Paesi tecnologicamente avanzati può dimezzare i consumi di energia alla fonte senza ridurre i servizi finali. Ne deriverebbero: una drastica riduzione delle emissioni di anidride carbonica e dell’effetto serra, delle guerre per il controllo delle fonti energetiche fossili, delle spese energetiche dei consumatori finali: famiglie, aziende, pubbliche amministrazioni.

In Svizzera sono stati realizzati i primi quartieri di abitazioni e servizi in cui le tecniche costruttive e l’efficienza degli impianti consentono di soddisfare i consumi energetici degli abitanti con una potenza continua pro-capite di 2.000 watt, che corrisponde, grosso modo, alla media degli anni Sessanta. Attualmente si superano i 5.000 watt, meno della metà della potenza pro-capite negli Stati Uniti, ma ben più della media africana, che è di 500 watt. L’obiettivo di una società a 2.000 watt, elaborato da alcuni ricercatori del Politecnico di Zurigo, è stato assunto dall’Ufficio federale dell’energia.

In Italia per riscaldare gli edifici nei mesi invernali si consumano mediamente 200 kilowattora al metro quadrato all’anno (circa 20 litri di gasolio o 20 metri cubi di metano). In Germania non è consentito superare un consumo di 70 chilowattora al metro quadrato all’anno, un terzo della media italiana, ma gli edifici più efficienti, quelli che rientrano nello standard delle “case passive”, non devono superare i 15 chilowattora al metro quadrato all’anno e devono essere coibentati in modo così efficiente da non avere bisogno di un impianto di riscaldamento. Se al centro della politica economica e industriale del nostro Paese si ponesse la ristrutturazione energetica del patrimonio edilizio esistente, con l’obiettivo di ridurre gli sprechi e le inefficienze al livello dei peggiori edifici tedeschi, i consumi per il riscaldamento si ridurrebbero dei due terzi. I posti di lavoro che si creerebbero attraverso questa decrescita selettiva degli sprechi di energia pagherebbero i loro costi d’investimento con i risparmi che consentono di ottenere.

Un incentivo all’adozione di queste misure in una logica di mercato, senza contributi di denaro pubblico, può essere costituito dall’uso delle forme contrattuali che dovrebbero caratterizzare le energy service companies (Esco): società energetiche che pagano di tasca propria i costi d’investimento degli interventi di ristrutturazione energetica che eseguono negli edifici, o negli impianti pubblici di illuminazione, mentre i proprietari degli edifici e degli impianti ristrutturati si impegnano a pagare per i loro consumi energetici la stessa cifra che pagavano prima della ristrutturazione, per un numero di anni fissato al momento del contratto. Per la durata del contratto le Esco incassano i risparmi economici conseguenti ai risparmi energetici che riescono a ottenere. Al termine, il risparmio economico va a beneficio del cliente. La durata degli anni necessari a recuperare gli investimenti è inversamente proporzionale all’efficienza ottenuta. La ricerca della maggiore efficienza possibile diventa pertanto l’elemento concorrenziale vincente. Inoltre il cliente è tutelato perché, essendo prefissato contrattualmente il tempo di rientro dell’investimento, se la Esco ottiene una riduzione dei consumi energetici inferiore a quella che ha calcolato, incassa meno denaro di quello che ha previsto. Fare bene il lavoro e gestire bene l’impianto è nel suo interesse.

Un altro settore strategico dove l’ammortamento degli investimenti necessari a ridurre gli sprechi si può pagare con i risparmi economici che ne conseguono, senza contributi di denaro pubblico, è la gestione dell’acqua potabile. In Italia le reti idriche perdono mediamente il 65 per cento dell’acqua pompata dal sottosuolo e depurata. Nei periodi estivi di siccità le perdite degli acquedotti stanno creando problemi alla fornitura di acqua nelle aree urbane. La sostituzione delle tubazioni delle reti idriche costituisce pertanto una misura indispensabile non solo per ridurre gli sprechi di energia e denaro, ma anche per continuare a fornire un servizio indispensabile per il benessere e l’igiene di decine di milioni di persone. Invece di risolvere questo problema si è preferito, incomprensibilmente, finanziare opere di utilità quantomeno dubbia e certamente dannose per gli ambienti, che non consentiranno mai di recuperare gli investimenti effettuati per realizzarle: il treno ad alta velocità in Val di Susa, gli inceneritori, strade e autostrade su cui transita un numero irrisorio di autoveicoli, gasdotti per aumentare la fornitura di energia che si spreca invece di realizzare le opere edili necessarie a ridurre gli sprechi di energia, spese per sistemi d’arma che non hanno una funzione difensiva, ma chiaramente offensiva sebbene la nostra costituzione ripudi le guerre di aggressione, il pretesto ricorrente di manifestazioni sportive internazionali per realizzare grandi opere che non verranno più utilizzate in seguito.

Le stesse dinamiche si verificano nella gestione degli oggetti dismessi. Il recupero e la riutilizzazione dei materiali che contengono è certamente meno dannosa e più conveniente economicamente delle metodologie con cui si rendono definitivamente inutilizzabili: l’interramento e l’incenerimento. Poiché il costo dello smaltimento è proporzionale al peso degli oggetti conferiti alle discariche o agli inceneritori, meno se ne portano e più si risparmia. Ma, per non portare allo smaltimento le materie prime secondarie contenute negli oggetti dismessi occorre venderle. Più se ne vendono e più si guadagna. Affinché qualcuno le compri occorre effettuarne una raccolta differenziata molto accurata che ne consenta il riciclaggio e il riutilizzo. La vendita delle materie prime secondarie contenute negli oggetti dismessi consente pertanto di creare un’occupazione utile; di pagarne i costi con i risparmi conseguiti nello smaltimento e con i guadagni ottenuti dalla vendita, senza contributi di denaro pubblico.

Una società con un numero inaccettabile di disoccupati, che non riesce a far ripartire l’economia, ma non commissiona lavori finalizzati ad attenuare la crisi ecologica che ripagano i loro costi con i risparmi che consentono di ottenere, è profondamente malata.

 

 

Maurizio Pallante a Cintello (VE) nel giugno 2012–Elena Tubaro – Flickr (archiviato il 5 agosto 2014)—WIKI:: … 

 nel 1988, con Mario Palazzetti e Tullio Regge, è stato tra i fondatori del Comitato per l’uso razionale dell’energia (CURE); dal 1990 al 1995 è stato assessore all’ecologia e all’energia del comune di Rivoli (To). Successivamente, è stato consulente per il Ministero dell’Ambiente riguardo all’efficienza energetica.

Nel 2007 è stato il fondatore del Movimento per la Decrescita Felice[1], di cui è stato presidente fino al 2015 (oggi è presidente emerito). Ne dirige le edizioni.

È autore di molti saggi pubblicati da diverse case editrici (vedi Opere) e ha collaborato a diverse testate giornalistiche. Tra l’altro, collabora con Caterpillar, è membro del comitato scientifico della campagna sul risparmio energetico M’illumino di meno e della testata online di informazione ecologica “Terranauta”[2].

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