ALESSIA CANDITO, REGGIO CALABRIA– REPUBBLICA DEL 29-10-2018 pag. 17 ::: In Calabria Cinquant’anni per avere l’acqua::: Reggio festeggia la fine della sete

 

 

REPUBBLICA DEL 29 OTTOBRE 2018 pag. 17

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Il sindaco Falcomatà e il governatore Oliverio alla riapertura delle tre fontane in centro a Reggio Calabria

Il caso

In Calabria

Cinquant’anni per avere l’acqua Reggio festeggia la fine della sete

ALESSIA CANDITO,

 REGGIO CALABRIA

 

Basta serbatoi sui tetti, bacinelle in casa, taniche di riserva e docce a cronometro. Fine dei consumi record di acqua minerale per sostituire quella salata e inutilizzabile che viene giù dai rubinetti. Ci sono voluti 50 anni, ma anche a Reggio Calabria la grande sete è finita. Da ieri l’acqua della diga sul Menta, fiumara incastrata fra le montagne aspromontane, arriva in città e sulla riva calabrese dello Stretto sembra una rivoluzione.

Poco importa se il vento di scirocco spazza le strade o le piogge torrenziali le allagano.

Quando da una delle fontane di Reggio ricomincia a sgorgare l’acqua, è festa: «Ha smesso di funzionare quando ero giovane», dice l’ultraottuagenaria signora Pina, residente storica del quartiere San Paolo, arrivata diligente con la sua bottiglietta, nonostante la bufera in corso, «per provare l’acqua del sindaco». Soddisfatto come se avesse vinto alla lotteria il proprietario del bar accanto alla chiesa: «Adesso non dovrò più chiudere il locale perché non c’è acqua per far funzionare i bagni». Ma sono tanti i reggini pronti a mettersi in fila alla fontana. Perché in città è da troppo tempo che non si può fare. Costruita su sette fiumare, Reggio per mezzo secolo ha sofferto la sete. Colpa di una crisi idrica strutturale e di pozzi costruiti sulla costa e che in fretta il mare si è ripreso, contaminando l’acqua e obbligando le amministrazioni a costosi processi di desalinizzazione e a usare pompe di sollevamento per alimentare l’acquedotto. Risultato: costi (e tributi) alle stelle, acqua di pessima qualità e per di più spesso mancante per i continui guasti. Per risolvere il problema, già negli anni 60 si era pensato di fare ricorso all’acqua del vicino Aspromonte e nel ’69 il piano è stato approvato. Ma è stato necessario aspettare 10 anni ancora per il via libera del Consiglio dei Lavori pubblici, altri 5 per la posa della prima pietra, poi ancora 20 per il completamento dell’invaso, altri decenni per le condotte. In mezzo progettazioni, varianti, sprechi, controversie con le ditte, rifinanziamenti che hanno fatto lievitare i costi dai 56 miliardi di lire messi a bilancio da Cassa depositi e prestiti agli attuali 250 milioni di euro. Gli ultimi 25 li ha messi cinque anni fa la Regione, poco dopo l’elezione del governatore Mario Oliverio.

«C’era un cantiere abbandonato da anni, con impianti tecnologicamente avanzati lasciati nell’abbandono e abbiamo deciso di rendere normale una situazione che è anormale da decenni», dice. Un tavolo tecnico con il Comune e con Sorical, la spa che la Regione divide con la multinazionale Veolia per gestire l’acqua in Calabria, e i lavori sono — per l’ennesima volta — partiti.

Ma stavolta una delle più anziane incompiute della regione è stata completata. «Una battaglia di civiltà per garantire un diritto negato», per il presidente del Consiglio regionale Nicola Irto, «una rivoluzione della normalità che permetterà un risparmio di 2 milioni all’anno», commenta il sindaco, Giuseppe Falcomatà. Ma in città ci sono anche voci critiche. A Legambiente il progetto non è mai piaciuto e i comitati ricordano la promessa “tradita” «dell’acqua bene comune, e ancora affidata in gestione privatistica a Sorical».

Ma anche questo — dicono dalla Regione — in futuro si vedrà.

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