LE PERLE DI NEMO OGGI:: MATTEO PUCCIARELLI, PIETRO BARABINO::: REPORTAGE :: ” Ventimiglia-Taranto il gioco dell’oca dei migranti al confine “—REPUBBLICA 22-12-2018 — pp. 14-15

 

 

 

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REPUBBLICA 22-12-2018–pp. 14-15

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Il reportage

Verso il Meridione ( e ritorno)

Ventimiglia-Taranto il gioco dell’oca dei migranti al confine

MATTEO PUCCIARELLI

 

Dal nostro inviato

 

DA VENTIMIGLIA A TARANTO

 

 

Il primo migrante entra sul pullman alle 8.30, ad accoglierlo ci sono i sedili ricoperti dai teli di plastica bianchi, asettici: neanche il diritto di non essere considerato un potenziale portatore di malattie. Passerà 23 ore lì dentro, per poi essere scaricato dall’altra parte dello stivale. Tecnicamente libero, come tecnicamente libero era una volta “invitato” ad entrare nel bus. Questa è la storia di un viaggio assurdo, di uno spreco insensato, del trionfo della burocrazia più cieca. Dove conta ubbidire senza chiedersi perché.

Da oltre due anni più o meno ogni settimana una corriera parte dal confine tra Italia e Francia diretta all’hotspot di Taranto. È come un gioco dell’oca, finanziato dallo Stato: ci sono esseri umani che arrivano quasi sempre dall’Africa e tentano di arrivare nel Nord Europa, ma una volta arrivati alla frontiera francese si beccano la penalità.

Infatti siamo qui, nella linea di mezzo tra Ventimiglia e Mentone. Da una parte i militari italiani, dall’altra la gendarmeria. Il pullman blu di “Riviera trasporti”, partecipata dei comuni dell’imperiese, è arrivato alle 8. Ora c’è da riempirlo. Con chi? Gli agenti della polizia vanno e vengono con i loro furgoncini, basta fare un giro a ridosso del fiume Roja, trovare e fermare qualche persona di colore è facile. Una volta portati al commissariato, se gli sfortunati non hanno con sé il permesso di soggiorno o qualcosa che attesti una loro richiesta di asilo, è fatta, si conquistano il viaggio a ritroso. Gli hotspot infatti sono strutture allestite per identificare e registrare i migranti ma si trovano tutti al sud: Lampedusa, Taranto, Messina, Trapani e Pozzallo. Il senso del viaggio, ufficialmente, è solo quello di scoprire chi sono queste persone. Nel frattempo altri passeggeri arrivano dal territorio francese. Un ragazzo del Gambia, Ebrima S., ha in mano un foglio bianco col tricolore transalpino e la bandiera europea; “refus d’entree” c’è scritto, ha tentato senza successo di passare il confine con il treno. La data di nascita, secondo il pezzo di carta, è quantomeno originale: 1° gennaio 2000. A guardarlo Ebrima potrebbe avere 16 o 17 anni, ma con quella attestazione fai-da-te della Police aux Frontieres è riconosciuto maggiorenne.

Chi può dire il contrario?

Quindi la Francia non è tenuta ad ospitarlo. «Ho mio fratello a Lione!», grida. C’è poco da fare, appena rientrato sul suolo italiano trova i poliziotti. «Vieni un po’ qua», gli fanno segno. Entra negli uffici, dopo una mezz’ora lo vediamo sul bus. Per salire la scaletta bastano cinque secondi, ma poi l’attesa della partenza è snervante. I due autisti di “Riviera trasporti” vanno al bar di frontiera e pranzano.

Quando si parte? «Non sappiamo nulla, eseguiamo gli ordini». Alla fine il viaggio comincia alle 13.40 e gli “ospiti” sono una ventina. Una Jeep “in borghese” e una camionetta di polizia scortano il mezzo. Il crollo di Ponte Morandi comporta qualche disagio. La carovana entra dentro Genova, si mette in fila dentro al traffico, per poi riuscire al casello Ovest. Sono le 16.30, il primo stop è a Borghetto Vara (Spezia), alla caserma della polizia stradale. I poliziotti si sgranchiscono le gambe, è il loro cambio turno.

Per i viaggiatori invece l’avventura continua; sul piazzale ci sono anche quattro bagni chimici e dopo cinque minuti si riparte. All’area di servizio di Firenze Nord avviene la terza sosta. Anche in questo caso velocissima, ora è la Jeep a darsi il cambio con un altro mezzo. Alle 20.20 c’è un quarto stop, all’altezza di Chiusi. Appena fuori dal casello la carovana si ferma, ma ora escono solo i poliziotti.

È una pausa sigaretta. Il contachilometri dice che ne abbiamo fatti 520: ne mancano ancora più di 700.

Ore 21.20, area di servizio Giove, tra Umbria e Lazio.

Stavolta lo stop sembra destinato a durare un po’ di più: lo si intende perché il bar butta giù la serranda delle toilette. «Non si può andare, ci sono degli immigrati», dice la signorina alla cassa. Il pullman ha parcheggiato sul retro e si sentono entrare agenti e migranti. Non possiamo vederli, separati da questa inferriata. Da alcuni scatoloni scorgiamo dei sacchetti, ci sono dei panini per gli “ospiti”. Restiamo fermi una quarantina di minuti, i poliziotti vanno a prendersi un caffè.

Taranto invece è ancora lontana. All’una di notte c’è un nuovo cambio di scorta, alla caserma della Finanza di via Gianturco a Napoli. È zona di capannoni cinesi, alla pompa di benzina lì accanto c’è un ragazzo pachistano che lavora, ha un accento misto, straniero e insieme campano: «Conosco quel bus, e come no». Finito il cambio di uomini, ci rimettiamo alla coda del torpedone ma ci fermano degli agenti: patente, libretto eccetera. Perdiamo la carovana. Proviamo a raggiungerla, ma ad Avellino un pezzo di autostrada è chiusa per lavori, basta un nulla a perdersi.

Però alle 5.15 siamo fuori dalla struttura tarantina, alla porta nord del porto, tra vecchi binari e gru, con la fuliggine rossa dell’Ilva ai bordi delle strade. È tutto chiuso. Alle 6.20 eccoli attivare. Finalmente i passeggeri usciranno?

Macché. La burocrazia è un mostro che si nutre di attese.

Alle 7.30 due agenti ci chiedono nuovamente i documenti — è la quinta volta dall’inizio — e spiegano che non possiamo stare lì: quella è una zona portuale. I ragazzi erano ancora tutti dentro il pullman, liberamente reclusi.

Dice Alessandra Ballerini, avvocata specializzata in diritti dei migranti, che «non ci sono casi previsti dalla legge né un atto dell’autorità giudiziaria che permette agli agenti di prelevare queste persone costringendole a un viaggio del genere». Mentre Erminia Rizzi di Asgi Puglia (associazioni di studi giuridici per l’immigrazione), racconta di un tunisino che tre settimane fa è arrivato qui con segni evidenti di percosse ed è stato poi trasferito in ospedale: «Ha testimoniato di essere stato picchiato dai poliziotti nel bagno di un autogrill». Ad altri ancora sarebbero stati somministrati tranquillanti.

Nel frattempo “Riviera trasporti”, con una offerta di 2,25 euro più Iva a km, ha vinto il bando e salvato il bilancio 2017. Quanto ai migranti, una volta identificati vengono smistati: o nei centri per il rimpatrio — complicatissimo da realizzare — oppure, se si scopre che invece avevano un permesso di soggiorno, lasciati davvero liberi. Ma sanno tutti che in entrambi i casi riproveranno il grande salto. È un gioco dell’oca, dove alla fine viene da sperare che vincano i resilienti.

Il pullman ha i sedili protetti da teli di plastica ed è scortato dalla polizia. Arriva a destinazione dopo 23 ore

Ogni settimana un bus porta, a spese dello Stato, i profughi fermati alla frontiera francese negli hotspot del Sud. Abbiamo seguito il loro viaggio

PIETRO BARABINO

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