VIRGINIA DELLA SALA, ” Sul 5G è troppo tardi per tornare indietro ma si può intervenire sui dati e i servizi–INTERVISTA A PAOLO PRINETTO, DIRETTORE DEL LAB NAZ DI CYBERSECURITY

 

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IL FATTO QUOTIDIANO DEL 16 MARZO 2019

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sabato 16/03/2019

Sul 5G è troppo tardi per tornare indietro ma si può intervenire sui dati e i servizi

Assetti – Il problema non è l’Oriente: le tecnologie strategiche devono essere nazionali

Sul 5G è troppo tardi per tornare indietro ma si può intervenire sui dati e i servizi

Sorpresa: il problema del 5G non è la Cina. Per la sicurezza nazionale non conta più di tanto che si appaltino tecnologia e reti a Pechino bensì che le si appaltino a player stranieri. Ma è tardi: i buoi sono scappati dalle stalle.

La cosiddetta asta sul 5G, vinta dai maggiori operatori in Italia, ha fruttato al governo così tanti soldi che tornare indietro è impensabile (6,5 miliardi di euro). E le conseguenze partono da qui: dopo quell’asta, che ha assegnato le frequenze, sono state avviate importanti sperimentazioni sul 5G, affidate ad aziende cinesi come Huawei e Zte. Sono pioniere del settore, tecnologicamente più avanti di Ue e Stati Uniti e in Italia (come nel resto del Mondo, prima di essere sfiduciate da molti paesi) hanno avviato anche importanti investimenti in ricerca e sviluppo, soprattutto nelle università. Laboratori, progetti, centri specializzati coinvolgono ricercatori e docenti dei più importanti atenei. Zte ha stabilito in Italia il suo quartier generale europeo. La prima telefonata sulla rete 5G dal Mobile World Congress di Barcellona è stata con l’Italia.

Due livelli di problemi: da un lato l’egemonia commerciale nella tecnologia che frutterà miliardi perché sarà la base per lo sviluppo di tutte le innovazioni nel campo delle telecomunicazioni, dall’altro l’allarme sulla sicurezza lanciato dagli Usa e rimbalzato in modo contagioso con l’accusa che una legge cinese preveda l’inserimento di backdoor nei sistemi di rete per spiare gli utenti. Huawei ha sempre sostenuto di “rispettare le leggi del Paese in cui opera” e che la legge prevede solo collaborazione col governo se richiesta. E mai nessuna prova di spionaggio è mai trapelata. Certo, la prudenza comunque non è troppa quando si parla di asset strategici. Ma vale per tutti.

“Potenzialmente stiamo dando in mano a un’azienda straniera la gestione del nostro 5G – spiega Paolo Prinetto, Direttore del Laboratorio Nazionale di Cybersecurity – Questo non significa che siano un problema i cinesi. Si parla semplicemente di sicurezza del sistema paese. La sfida vera è fare in modo che ci siano aziende italiane che si occupano di temi strategici”.

Esistono oggettivi rischi di sicurezza. “Per questo è fondamentale avere una tecnologia hardware nazionale, anche se è ovvio che non possiamo pensare di attivare ora una fonderia di silicio per la produzione di processori. Servirebbero investimenti di diverse decine di miliardi di euro”. Così, materiale e know how oggi lo si trova altrove, soprattutto in Cina. “A noi resta allora il dovere di progettare e sviluppare una architettura nazionale che, pur utilizzando componenti commerciali acquisiti sul mercato estero, sia in grado di proteggere adeguatamente gli asset strategici del sistema paese per aumentarne la resilienza ad attacchi informatici”. Intanto le aste sul 5G ci sono state, tornare indietro è difficile. “La mia impressione è che sì, lo è – continua Prinetto – . Ma ritengo che qualcosa possa essere recuperato”. Si potrebbe ragionare sul tipo di servizi da dare o evitare che sia affidata ad aziende straniere la gestione dei dati raccolti. “E in ogni caso evitare di affidare loro servizi sensibili, eventualmente ricorrendo al cosiddetto Golden Power” conclude.

L’altro punto riguarda invece l’approvvigionamento dell’infrastruttura. Il ministero dello Sviluppo Economico si è per il momento portato avanti con l’istituzione, alcune settimane fa, del Centro di Valutazione e Certificazione Nazionale che dovrà verificare le condizioni di sicurezza e l’assenza di vulnerabilità di prodotti, apparati e sistemi utilizzati nelle infrastrutture e nelle reti di interesse nazionale. E ieri, il ministro Di Maio, rispondendo sulla questione degli F35 ha fatto un appunto non di poco conto: “Bisogna rivisitare il progetto per una semplice ragione: magari dobbiamo recuperare risorse per investirle in cybersicurezza”.

 

 

 

Virginia Della Sala

Virginia Della Sala

Giornalista

Sono nata nel 1989 e sono irpina. Ho amato gli studi scientifici del liceo, poi anche quelli letterari all’università. Poi è arrivato il giornalismo, senza sapere perché. Gavette nei giornali locali subito dopo il diploma e scuola di giornalismo a Urbino, dove ho iniziato a capire cosa significasse davvero fare questo lavoro h24. Giornalista professionista, ho scritto per la cronaca di Napoli di Repubblica, collaborato con il visual desk di Repubblica.it e con l’Huffington Post. Ovunque, dove posso, scrivo di ambiente, digitale e di tecnologia. Ma anche di quelli che mi piace definire “problemi reali”.

 

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