CARLO BONINI E GIULIANO FOSCHINI, Russiagate quell’incontro segreto a Ferragosto. L’incauto colloquio del capo del Dis Vecchione con il procuratore Barr nell’ambasciata Usa di via Veneto. REPUBBLICA DEL 6 OTTOBRE 2019 — pag. 10

 

 

REPUBBLICA DEL 6 OTTOBRE 2019 — pag. 10

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POLITICA

Russiagate quell’incontro segreto a Ferragosto

L’incauto colloquio del capo del Dis Vecchione con il procuratore Barr nell’ambasciata Usa di via Veneto. La promessa all’amministrazione Trump

 

di Carlo Bonini e Giuliano Foschini

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William Pelham Barr (New York23 maggio 1950) è un politico statunitenseWilliam Pelham Barr è il general attorney, il ministro della Giustizia Usa, che è stato in Italia due volte per il Russiagate.

 

ROMA . Tra il 15 agosto e il 27 settembre, precipitata alle nostre latitudini, l’infernale partita del Russiagate, quella da cui dipende il destino politico dell’uomo più potente del mondo, il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, è diventata un “Italian job”, “un lavoretto da imbroglioni”. Dove, per dirla con Flaiano, la tragedia scolora in farsa. Dove un presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a capo di una maggioranza politica sovranista implosa e in cerca di una personale legittimazione al suo bis con una maggioranza di segno opposto, promette il Colosseo alla Casa Bianca (informazioni di intelligence che non ha, ma sulla carta in grado di annichilire il rapporto del Procuratore speciale Mueller e dell’Fbi che accusa Trump).

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GENNARO VECCHIONE, DIRETTORE DEL DIS ( =Il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza -)

Dove il vertice della nostra intelligence, nella persona del direttore del Dis, Gennaro Vecchione, si genuflette fuori da ogni cornice o prassi costituzionale all’autorità politica di un Paese straniero, ancorché alleato – il ministro della Giustizia Usa, l’Attorney general William Barr – mettendogli a disposizione i vertici operativi delle nostre due agenzie di spionaggio e controspionaggio (i direttori di Aise e Aisi) che pure nulla hanno da dire e che, in ogni caso, nulla potrebbero dire, a meno di non voler compromettere la nostra sicurezza nazionale, svelando di aver avuto un ruolo in un complotto internazionale ai danni degli Usa. Dove gli americani comprendono la “truffa” a tempo scaduto e per questo mettono in moto una macchina del rumore – la coppia glamour George Papadopulos- Silvia Mangiante, l’avvocato testimone chiave del Russiagate e la moglie modella ed ex avvocatessa ieri intervistata da Repubblica – per accreditare la contro- narrazione del Russiagate che a Roma non ha trovato la sponda promessa.

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Joseph Mifsud è un accademico maltese. Nel 2016, è stato coinvolto con George Papadopoulos, un consigliere della campagna presidenziale di Donald Trump, e in seguito è stato accusato di essere un collegamento tra quella campagna e la Russia. ( WIKIPEDIA )

 

E che, all’osso, suona così: Trump è vittima di un complotto ordito da inglesi e italiani che doveva avvelenare la campagna repubblicana per le presidenziali del 2016 accusandola di intelligenza con il nemico russo ai danni di Hillary Clinton e che ha utilizzato come agente provocatore un enigmatico professore maltese, Joseph Mifsud, coperto, va da sé, dalla nostra intelligence, armato dal vecchio governo di centro-sinistra (Renzi), e protetto da una università privata, la Link di Roma, fucina della nuova classe dirigente Cinque Stelle, passerella per seminari di alti dirigenti della nostra intelligence e fondata e governata da un grande vecchio della Politica Italiana, Vincenzo Scotti, classe 1933, prodotto di purissima scuola Dc, navigatore secolare di tre ere geologiche della politica italiana e internazionale.

Il plot della contro narrazione sta in piedi come un sacco vuoto. Perchè, verrà da sorridere, le cose stanno così.

La visita di Ferragosto

La scena madre è in una Roma deserta del 15 agosto quando Gennaro Vecchione, direttore del Dis, su indicazione di Conte, ) e di unell’assoluta inconsapevolezza degli organi di controllo parlamentari (che non sono stati avvisati né formalmente né informalmenten governo che tecnicamente, dopo il pronunciamento del Papeete, non esiste più, varca l’ingresso dell’ambasciata Usa di via Veneto con al seguito funzionari del nostro Servizio. Quel giorno, Vecchione si sta infilando in un pasticcio di cui probabilmente non comprende neppure la portata. Sta infatti andando non a raccogliere, non a scambiare informazioni con dirigenti dell’Intelligence americana, ma a ricevere la lista della spesa che hanno portato con sé a Roma il ministro della Giustizia Barr e il procuratore John Durham, titolare della “controinchiesta sul Russiagate”.

Il furetto Vecchione

Vecchione non ha esattamente il physique du role della Grande Spia e con un tipo così gli americani arrivati dalla Casa Bianca giocano facile. È un ex generale di seconda fila della Guardia di Finanza, amico personale di Conte, che si è ritrovato al vertice della nostra Intelligence senza neppure sapere il perché. È un presenzialista, spesso fuori spartito (Dagospia lo ha pescato l’11 maggio in un fondamentale simposio dell’Università Pontificia Salesiana sulla “Nuova frontiera nelle cure e nella prevenzione delle talassemie ed emoglobinopatie” promosso e organizzato da Maria Stella Giorlandino presidente di Artemisia Onlus). Per giunta, nella comunità dell’Intelligence domestica e internazionale, è inseguito dalla fama di “womanizer” e grande gaffeur. Al Dis, per dire, in meno di un anno si è guadagnato il nomignolo di “furetto”, oltre a far venire i capelli bianchi a chi inutilmente gli ha raccomandato attenzione nell’uso e nella qualità degli ospiti cui ha aperto la sua residenza privata: un villino liberty di fronte all’ambasciata giapponese.

Le richieste e le prove Usa

Barr e Durahm spiegano a Vecchione due cose. La prima: vogliono che l’Intelligence italiana gli dica dove si nasconde il professor Mifsud. La seconda: vogliono conferma a quelle che loro dicono essere “le prove” della mano italiana nel complotto contro Trump. E a sostegno citano ritagli di giornale e stampate su fonti aperte scaricate da Internet in cui l’enigmatico professore maltese appare in convegni dove siedono l’ex senatore del Pd Nicola Latorre, e il senatore dem Gianni Pittella e che mettono insieme la Link university di Vincenzo Scotti, dirigenti della nostra intelligence (che lì tengono conferenze) e naturalmente Mifsud, che alla Link ha tenuto alcuni seminari fino a quando non è sparito. Un minestrone, insomma. Latorre cade dal pero: «Mifsud chi?». Pittella confessa: «È vero, come ha scritto Repubblica , ho presentato io Mifsud alla moglie di Papadopoulos. Ma altro che storie di spie: a me del professore interessava solo il suo curriculum, perché così avevo un ospite maltese nei miei panel sul Mediterraneo».

Il 15 agosto, dunque, Vecchione dovrebbe soltanto prendere cappello e salutare. Non fosse altro perchè negli archivi dei nostri servizi il professore maltese era noto come poco di più di un millantatore. Al contrario, si mette a disposizione. E fissa per il 27 settembre, nei nuovi uffici dei Servizi a piazza Dante, un nuovo appuntamento. Stavolta con gli ignari direttori di Aise, Luciano Carta, e Aisi, Mario Parente, convocati per iscritto. Il Parlamento, nel frattempo travolto dalla crisi di governo e dalla sua soluzione, continua a non saperne nulla. E nulla continua a saperne il nuovo governo di cui Conte è rimasto premier. L’incontro del 27, di fronte a due trasecolati e preoccupati Carta e Parente, non produce ovviamente nulla. Barr e Durahm tornano a Washington, Conte e Vecchione finiscono in un guaio. Si dice pagherà Vecchione. Lascerà rapidamente il Dis e il presidente del Consiglio dovrebbe portarselo a Palazzo Chigi come consigliere. Forse.

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1 risposta a CARLO BONINI E GIULIANO FOSCHINI, Russiagate quell’incontro segreto a Ferragosto. L’incauto colloquio del capo del Dis Vecchione con il procuratore Barr nell’ambasciata Usa di via Veneto. REPUBBLICA DEL 6 OTTOBRE 2019 — pag. 10

  1. Donatella scrive:

    Ci sarà anche qui lo zampino di Renzi?

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