MARCO PALOMBI::: Conte ai ministri: “Il Mes non può essere fermato”–IL FATTO QUOTIDIANO DEL 23 NOVEMBRE 2019

 

IL FATTO QUOTIDIANO DEL 23 NOVEMBRE 2019

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IN EDICOLA/ECONOMIA

Conte ai ministri: “Il Mes non può essere fermato”

Conte ai ministri: “Il Mes non può essere fermato”

Il premier ha spiegato che l’Italia può forse proporre qualche modifica, ma il testo alla fine verrà comunque approvato

 

Il vertice di maggioranza col ministro dell’Economia Roberto Gualtieri sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità, cioè il vecchio fondo salva-Stati, s’è tenuto ieri mattina e ha cristallizzato le posizioni già note dei partiti: 5 Stelle e LeU contrari, Pd e renziani a favore. Come andranno presumibilmente le cose lo ha detto invece Giuseppe Conte in Consiglio dei ministri giovedì sera. Anche lì si era discusso del nuovo Mes, che dovrebbe essere approvato a dicembre, e le posizioni sono state più o meno le stesse. L’unica differenza, e non da poco, è che il premier ha ammesso che sarà difficile per l’esecutivo dire di no: alla fine la riforma sarà approvata e l’Italia non potrà tirarsi indietro, al massimo riuscirà a spuntare qualche modifica marginale o un parziale rinvio nella cosiddetta “logica di pacchetto” (la riforma del Fondo va di pari passo col completamento dell’unione bancaria e un embrione di budget dell’Eurozona). Forse per questo Luigi Di Maio ieri ha messo all’ordine del giorno della riunione dei gruppi M5S di mercoledì la questione: “Dovremo parlare del Mes. Ci sono delle decisioni importanti da prendere, non vogliamo una riforma che stritoli il Paese”.

La linea di Conte, però, è ovviamente benedetta anche dal Quirinale – i cui tecnici stanno comunque approfondendo il testo – che ritiene che i pericoli maggiori della proposta iniziale (ad esempio la ristrutturazione automatica dei debiti pubblici di chi chiedesse “aiuto” al Mes) siano stati scongiurati in fase di negoziato e che contenga anche novità positive come il backstop comune per il Fondo di risoluzione bancaria. È sostanzialmente la stessa opinione, espressa anche pubblicamente, del ministro Gualtieri e del suo predecessore Giovanni Tria: “I parametri fissi sono stati eliminati – ha sostenuto quest’ultimo – dunque dalle bozze è scomparso qualsiasi automatismo tra la valutazione del debito pubblico e la sua ristrutturazione”. Posizione forse troppo ottimista, se si tiene conto che il rischio (“enorme”) di questa riforma è stato sottolineato dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, e da economisti non esattamente anti-Ue come Carlo Cottarelli o Giampaolo Galli.

A rendere però più cogente l’obbligatorietà del percorso verso il via libera prefigurato dal presidente del Consiglio ci ha pensato il tour italiano del commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici: prima ha visto Sergio Mattarella, poi Conte e Gualtieri, infine i giornalisti. “Il testo di riforma del Mes è stato accettato a giugno dal governo precedente, anche se ora qualcuno che era al governo dice cose diverse”, la tradizionale stilettata a Matteo Salvini: in ogni caso “nessuno ha voluto mettere l’Italia sotto tutela”, anzi “credo sia una riforma accettabile e vantaggiosa per l’Italia. Con Conte e Gualtieri abbiamo scoperto di avere parecchie convergenze”.

Quali siano le convergenze vantate da Moscovici col premier – che faceva parte della squadra dei ministri di un partito che proponeva l’abolizione del Mes – non è chiaro, ma Conte promette che il confronto sarà “cristallino e trasparente”, specie con il Parlamento “che, ricordate, resta sempre sovrano”.

Il riferimento è non solo o non tanto all’obbligo di informare le Camere, impegno rispettato in maniera assai incompleta, quanto al “potere di veto” del Parlamento evocato dallo stesso Conte qualche giorno fa: a ben guardare una maggioranza per bloccare la ratifica del Trattato ci sarebbe pure, solo che è quella gialloverde e non l’attuale.

Quanto al governo, invece, il premier e il ministro dell’Economia (e il Quirinale) sono convinti – sempre nella “logica del pacchetto” – che se c’è un no su cui spendere il peso politico dell’Italia in questa fase è al completamento dell’unione bancaria secondo la proposta tedesca (cioè obbligando le banche a ponderare il rischio anche per i titoli di Stato), che sarebbe un colpo mortale tanto per la capacità del Tesoro di piazzare il debito pubblico quanto per la necessità di capitali che imporrebbe al nostro sistema del credito.

 

 

 

 

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