GIORGIO LABO’ ( 1919-1944 ) E GIANFRANCO MATTEI ( 1916 – 1944 ) –DUE PARTIGIANI AMMAZZATI DAI TEDESCHI A ROMA – ++ ASCANIO CELESTINI, Labo Giorgio, senza fissa dimora–IL MANIFESTO  18 MARZO 2020

 

 

 

GIORGIO LABO’  (Modena 1919-Roma 1944) 

 

 

 

 

I chimici non si tirano indietro. Ricordo di Gianfranco Mattei ...

GIANFRANCO MATTEI  –  (Milano 1916-Roma 1944)

 

 

Chi era Costui - Scheda di Gianfranco Mattei

 

La targa in questione si trova in Via Giulia, nella parte della strada che ricade nel Rione Regola, e ricorda gli antifascisti Giorgio Labò e Gianfranco Mattei, partigiani dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica), che in questa casa, adibita a “Santabarbara” della loro organizzazione, fabbricavano gli ordigni. Da questa casa furono prelevati prima di essere imprigionati nel carcere delle SS di Via Tasso, dove Mattei si suicidò per paura di cedere alle torture dei soldati nazisti, e tradire i compagni, mentre Giorgio Labò fu fucilato a Forte Bravetta.

La targa è stata qui posta dal Comune di Roma il 3 Marzo 1957.

 

 

 

 

Un sabotatore: Giorgio Labò

 

Autore: Lionello Venturi, Giorgio Labò, Mario Labò, Antonello Trombadori, Franco Calamandrei, Alberto Lattuada, Giulio Carlo Argan (a cura di)

Saggi di: Francesca Romana Stabile, Antonio Parisella, Alberto Lattuada, Franco Calamandrei, Antonello Trombadori, Mario Labò, Giorgio Labò, Lionello Venturi, Giulio Carlo Argan

Collana: Storia, Filosofia, Religione

 

Contenuto: Oggi, a settant’anni dalla sua fucilazione a Forte Bravetta, la memoria di Giorgio Labò rivive attraverso la ristampa di questo piccolo libro pubblicato il 7 marzo 1946, nel secondo anniversario della morte. Una reliquia della storia, come ha scritto Antonio De Benedetti sulle pagine del «Corriere della Sera», nell’articolo «Un sabotatore: Giorgio Labò». Omaggio a un eroe dimenticato (22 aprile 2007). Il libro è infatti una straordinaria raccolta di testimonianze e comprende: la prefazione di Lionello Venturi, alcune pagine scritte da Giorgio, il diario del padre Mario, le memorie di Antonello Trombadori, Franco Calamandrei, Alberto Lattuada e, a chiusura del testo, una lettera di Giulio Carlo Argan a Mario Labò. La sequenza delle voci rivela con amore, dignità e senza retorica.

 

 

 

IL MANIFESTO  18 MARZO 2020

https://ilmanifesto.it/labo-giorgio-senza-fissa-dimora/

 

 

Labo Giorgio, senza fissa dimora

Virus e memoria . Ci dicono che muoiono soprattutto gli anziani. Muoiono i ragazzini degli anni ’40, quelli che hanno intravisto la guerra mondiale e il nazifascismo

 

 

 

Ascanio Celestini

 

 

Il nome di uno studente che un paio di mesi dopo avrebbe compiuto 25 anni sta scritto nel manifesto che gli attacchini del comune incollano sui muri romani all’inizio di marzo del 1944.

Il padre Mario era sceso da Genova il primo del mese di marzo alla ricerca del figlio.

Certamente era stato arrestato. Fa tappa prima a Pisa, poi Firenze, poi raggiunge Giulio Carlo Argan, il professore di Giorgio, che lo ospita nella sua casa a Roma.

Dà mandato a un avvocato per avere informazioni, prova anche col Vaticano. In questura non sanno niente e nemmeno al Viminale o a Regina Coeli.

Poi il 9 marzo appare il nome del figlio su quel manifesto. Fucilato insieme ad altri nove. «Tento di credere a un’omonimia, ma non ci riesco. Manca l’accento, ma è lui, è lui» scrive. Non Labo, ma Labò.

Con Argan si reca a Via Tasso, la palazzina dove i tedeschi torturano i partigiani. «La sentinella avvolta in nastri di cartucce, e con le bombe a mano negli stivali, mi dice che non c’è». Passano dal cimitero, ma «il direttore è uscito e non tornerà» gli dicono.

Così se ne tornano a casa col filobus 129. Il giorno dopo riesce a leggere un «verbalino», uno dei tanti che gli operai del comune stilavano per poter, alla fine della guerra, far riconoscere le tante salme di sconosciuti che erano stati fucilati dai nazifascisti. Mario si imbatte «in un cappotto scuro spigato, pull-over verde pisello e scarpe con la suola di gomma». Forse è la descrizione di suo figlio, ma non torna un particolare: baffetti castani. «Aveva più volte tentato di farseli crescere, ma si era fermato scontento».

Passa ancora un giorno e torna a Via Tasso.

Nella stanza «c’è un borghese ad una scrivania, e vicino a lui un soldato» e poi un ufficiale tedesco e un «gobbetto» che viene fatto uscire. «L’interprete mi dice “Un bel figlio avete tirato su! Volete sapere quel che faceva? Era sab-bo-ta-to-re”». Per quattro mesi aveva fabbricato bombe insieme a Giulio Cortini e a Gianfranco Mattei. Uno diventerà uno dei maggiori fisici italiani. L’altro è un chimico, assistente di Giulio Natta che nel ’63 gli dedicherà il premio Nobel. Anche Giorgio Labò è un promettente architetto.

In quei giorni di guerra continuava a parlare di architettura. «Si parlava di urbanistica» scrive Argan e di «città da ricostruire», luoghi nei quali «l’umanità disperata si riconosca guarita e felice».Intanto l’interprete tira fuori da un cassetto un pacco di fotografie e un sacchetto. Consegna tutto all’ufficiale tedesco. Una cravatta, due penne, gli occhiali, due tessere con la fotografia. Prima di morire era riuscito a farsi crescere i baffi.

Questi fatti accadevano in un mese di marzo in tempo di guerra.

Giorgio Labò fabbrica bombe in un laboratorio accanto al Tevere, in Via Giulia 23/a, ma quando parla col suo professore pensa alle città da ricostruire, «al dovere morale della felicità umana», compito anche dell’architetto.

Quando ci discorrevi «si sarebbe detto che passasse le sue giornate in biblioteca, invece faceva le bombe per i G.a.p.».

 

 

l’articolo continua nel link del giornale e lega questa storia ai tempi del Covid- 19

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1 risposta a GIORGIO LABO’ ( 1919-1944 ) E GIANFRANCO MATTEI ( 1916 – 1944 ) –DUE PARTIGIANI AMMAZZATI DAI TEDESCHI A ROMA – ++ ASCANIO CELESTINI, Labo Giorgio, senza fissa dimora–IL MANIFESTO  18 MARZO 2020

  1. Donatella scrive:

    E’ commovente, struggente pensare come le migliori persone di quel periodo non riuscirono a vedere la fine di quelle atrocità.

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