La Rosa Bianca – Sophie Scholl (Sophie Scholl – Die letzten Tage) è un film del 2005 diretto da Marc Rothemund.
MARC ROTHEMUND, IL REGISTA ( Monaco di Baviera, 1968 )
Interpreti e personaggi
- Julia Jentsch: Sophie Magdalena Scholl
- Fabian Hinrichs: Hans Scholl
- Gerald Alexander Held: Robert Mohr
- Florian Stetter: Christoph Probst
- Johanna Gastdorf: Else Gebel
- André Hennicke: Roland Freisler
- Jörg Hube: Robert Scholl
- Maximilian Brückner: Willi Graf
- Johannes Suhm: Alexander Schmorell
PARTE PRIMA — 56 minuti ca
PARTE SECONDA — 58 minuti ca
STORIA
Il 17 febbraio del 1943, quando il governo tedesco dichiarò caduta e perduta Stalingrado, un gruppo di studenti dell’università di Monaco si convinse che la fine della guerra fosse ormai prossima. Otto mesi di bombardamenti continuati e le numerose perdite di soldati sul fronte orientale accrebbero l’ottimismo e l’euforia del movimento di resistenza studentesco de La Rosa Bianca. I tempi e il popolo tedesco erano maturi per il loro sesto volantino rivoluzionario. Furono i fratelli Scholl, Hans e Sophie, a offrirsi volontari e a immolarsi, ignari, per la causa. Quella mattina di febbraio centinaia di volantini di denuncia contro i crimini nazisti vennero disseminati lungo i corridoi degli atenei. Un gesto azzardato che divenne il loro punto di non ritorno: sorpresi da un sorvegliante, furono interrogati dalla Gestapo, processati dalla Corte Popolare di Giustizia e condannati alla ghigliottina in soli cinque giorni.
I fratelli Scholl, così come tutti i membri della resistenza che nei mesi successivi furono rintracciati e indagati, “peccarono” di entusiasmo: all’epoca dei fatti nessuno di loro avrebbe potuto prevedere che la guerra sarebbe durata ancora due anni, ma soprattutto nessuno di loro capì quanto lontani fossero i tedeschi dal prendere coscienza dell’orrore del quale finirono per essere complici.
Alcuni testimoni raccontarono il lungo applauso che accolse il ritorno in accademia del sorvegliante delatore.
La storia de La Rosa Bianca e dei fratelli Scholl non è nuova al cinema tedesco, il regista Marc Rothemund è stato preceduto negli anni Ottanta da due connazionali, gli autori Percy Adlon e Michael Verhoeven.
Questa volta però ci troviamo davanti a un’opera con un diverso respiro e con una diversa storia, che prende avvio ed è favorita dal ritrovamento di documenti inediti conservati per decenni negli archivi della Germania Est e resi pubblici soltanto nel 1990.
A partire dai verbali originali degli interrogatori e dalle numerose testimonianze, come quella della compagna di cella Else Gebel, Rothemund costruisce un film dove il 90% delle parole e delle azioni sono autentiche, riservandosi soltanto in due occasioni di sviluppare una sua verità.
Nelle opere precedenti Sophie finiva per perdersi e confondersi nel gruppo, nel coro studentesco. Qui, al contrario, ogni movimento della macchina da presa, ogni piano è per lei, per la sua figura esile e tragica, portatrice sana, come Antigone, di amore fraterno e di coraggio civile. A incarnare il sacrificio di Sophie è il talento di Julia Jentsch, sola davanti alla macchina da presa che lascia sullo sfondo bandiere e divise. Dentro resta soltanto il volto di una ragazzina che raggiunge la maturità nel tempo fugace di una canzone di Billie Holiday.
COMMENTO :
Luce e buio della libertà e del totalitarismo
di Salvatore Scaglia
domenica 3 gennaio 2010
“La rosa bianca” è un lungometraggio ambientato a Monaco di Baviera, nella Germania nazionalsocialista del 1943, in cui una studentessa universitaria, Sophie Scholl (Julia Jentsch), assieme a pochi altri, tra cui il fratello Hans e l’amico Christoph Prost, anima un gruppo d’ispirazione cristiana – sparuto, ma combattivo – di lotta alla dittatura. Basato su una storia vera nonché su documenti scoperti di recente, il film è un’autentica lezione di democrazia, seppur per contrapposizione concettuale, in cui appaiono essenziali i valori della coscienza e della libertà (che “è il tesoro più prezioso che abbiamo”) – quasi spettacolare è su questo punto il confronto dialettico tra Sophie e il funzionario di polizia Robert Mohr (Gerald Alexander Held), alla fine dell’interrogatorio della ragazza -.
Coscienza e libertà opposte all’offuscamento dell’io interiore e del totalitarismo quali conseguenze dell’impiego immorale del diritto – significativa, a tal proposito, è la rappresentazione filmica del processo, cui i tre amici sono sottoposti, privo di ogni garanzia effettiva di difesa -. Ma il dramma di Marc Rothemund si presenta pure come un pungolo di riflessione sulla forza delle idee, che, nell’opera, sostanziano la cosiddetta resistenza passiva al Terzo reich (“noi non rimarremo in silenzio”), ma che, in una prospettiva metacinematografica, costituiscono veicolo di rinnovamento positivo rispetto alla canea di un potere fanatico ed antiumano (nel film in questione efficacemente rappresentata dalle figure del bidello d’ateneo; del giudice, sbrigativo esecutore di una sentenza politicamente pre-scritta; e di un poliziotto, sosia di Hitler, che insegna a qual segno possa giungere l’ubbidienza cieca ad ordini superiori).
Dal punto di vista scenografico e fotografico queste antitesi sono sottolineate dall’uso ricorrente della luce (del cielo guardato dalla protagonista; persino della lampada puntata, a mo’ di tortura, sul suo volto; o della candela che rischiara la cella di detenzione) e dei toni cupi (della stanza dell’estenuante inquisizione e della prigione).
Dei toni cupi della barbarie dei persecutori (che, ieri come oggi, antepongono una – labile – ragion di stato alle – poderose – ragioni della persona) e della luce della giustizia – ma anche della Fede – di Sophie e dei suoi compagni; della “Rosa bianca”, a formare simbolicamente la quale infine i tre si abbracciano.
A fondersi in un vincolo perenne, ben oltre la morte-pena del potere e fino alla vera vita-premio della libertà rettamente applicata.
TRAMA E CRITICA DA :
https://www.mymovies.it/pubblico/articolo/?id=510304
L’eroismo di questi ragazzi, il loro pensiero, è tanto più straordinario in quanto la stragrande maggioranza del Paese era ancora affascinata dalle tetre utopie razziste, malgrado si delineasse già la terribile realtà.