JENNY NAVILLE ( Cambridge, 1970 ) è una pittrice inglese. A FIRENZE FINO AL 20 FEBBRAIO 2022 -In 5 spazi museali : al Museo del Novecento, Museo di Palazzo Vecchio, Museo dell’Opera del Duomo, Museo degli Innocenti e Museo di Casa Buonarroti. 

 

 

 

A T E L I E R L O G: Jenny Saville #5

foto da :

http://atelierlog.blogspot.com/2021/06/jenny-saville-5.html

 

 

 

Il nuovo racconto dello scrittore Gioacchino Lonobile: Jenny Saville a palazzo Cutò | ilSicilia.it :ilSicilia.it

foto : Il Sicilia.it

 

Jenny Saville (Cambridge, 7 maggio 1970) è una pittrice inglese, è stata membro del Young British Artists.

Attualmente lavora e vive tra Londra e Palermo.

 

 

 

A Conversation between Light and Darkness in Jenny Saville's Powerful 'Shadow Head' | Contemporary Art | Sotheby's

foto: Sotheby’s

 

 

 

23 SETTEMBRE 2021

 

Museo Novecento di Firenze: arriva la grande retrospettiva di Jenny Saville

 

foto da Amazon

Museo Novecento di Firenze: arriva la grande retrospettiva di Jenny Saville

  
By

 Giorgia Basili

L’EX PUNTA DI DIAMANTE DEGLI YOUNG BRITISH ARTISTS, OGGI TRA GLI ARTISTI VIVENTI PIÙ CARI AL MONDO, APPRODA A FIRENZE CON UN PROGETTO ESPOSITIVO CHE COINVOLGE DIVERSI MUSEI DELLA CITTÀ. A CURARE LA GRANDE RETROSPETTIVA È SERGIO RISALITI, DIRETTORE DEL MUSEO NOVECENTO

 

 

 

JENNY SAVILLE Fulcrum, 1999 Olio su tela 261.6 x 487.7 cm 103 x 192 in © Jenny Saville. Tutti i diritti riservati, DACS 2021 Collezione privata. Courtesy Gagosian

 

Un progetto espositivo che coinvolge alcuni dei luoghi più suggestivi di Firenze: è concepita come una sorta di mostra diffusa la grande retrospettiva che dal prossimo 30 settembre il Museo Novecento di Firenze dedica a Jenny Saville (Cambridge, 1970), tra le più influenti artiste viventi al mondo, della quale verranno presentati dipinti e disegni degli anni Novanta e lavori appositamente realizzati per l’occasione. A curare la mostra è il direttore del museo Sergio Risaliti, in collaborazione come spesso ultimamente avviene al Museo Novecento, con alcuni dei maggiori musei della città: quello di Palazzo Vecchio, dell’Opera del Duomo, il Museo degli Innocenti e Casa Buonarroti, tutti luoghi in cui verranno esposte opere della pittrice inglese.

 

JENNY SAVILLE Rosetta II, 2005 - 2006 Olio su carta, montato su tavola 252 x 187.5 cm 99 3/16 x 73 13/16 in © Jenny Saville. Tutti i diritti riservati, DACS 2021 Collezione privata. Courtesy dell'artista e di Gagosian

JENNY SAVILLE

Rosetta II, 2005 – 2006

Olio su carta, montato su tavola

252 x 187.5 cm

Jenny Saville.

Collezione privata.

Courtesy dell’artista e di Gagosian

 

 

 

 

JENNY SAVILLE A FIRENZE

 

Nella città culto del Rinascimento verrà enfatizzato il legame tra Saville e i maestri italiani: nella sua ricerca, infatti, la pittrice trae spesso ispirazione da artisti del passato come Michelangelo, Tiziano o Rubens. Nelle sale del Museo Novecento saranno esposte un centinaio di opere di medio e grande formato; nel loggiato esterno, una vetrina che si affaccia sulla piazza permetterà ai passanti di fruire del ritratto monumentale di Rosetta II (2000-06), una ragazza non vedente che l’artista ha immortalato nelle vesti di cantore cieco o di mistica in estatica contemplazione. Altre opere di Saville saranno poi ospitate in altri musei cittadini: il dipinto Fulcrum (1998-99), di grandi dimensioni, sarà collocato nel salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio; Study for Pietà (2021) verrà ubicato nel Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, nella sala in cui si conserva la Pietà Bandini (c. 1547-55); The Mothers (2011) verrà posto a confronto con due capolavori della Pinacoteca del Museo degli Innocenti, la Madonna col Bambino (1445-50 ca.) di Luca della Robbia e la Madonna col Bambino e un angelo (1465-76). Infine, due disegni eseguiti a distanza di tempo dall’artista, Saville Study for Pietà I (2021) e Mother and Child Study II (2009), saranno collocati nelle sale di Casa Buonarroti per rendere omaggio ai bozzetti michelangioleschi (1517-1520).

 

 

 JENNY SAVILLE Study for Pentimenti III (sinopia), 2011 Carboncino e pastello su carta 200 x 152 cm 78 11/16 x 59 13/16 in © Jenny Saville. Tutti i diritti riservati, DACS 2021 Foto: Mike Bruce Collezione privata. Courtesy dell'artista e di Gagosian

 

JENNY SAVILLE

Study for Pentimenti III (sinopia), 2011

Carboncino e pastello su carta

200 x 152 cm

@Jenny Saville.

Foto: Mike Bruce

Collezione privata.

Courtesy dell’artista e di Gagosian

 

 

LA MOSTRA RACCONTATA DA SERGIO RISALITI

 

“Stiamo arrivando a inaugurare una mostra di straordinario spessore e valore. Ritengo di poter dire che si tratti di un’impresa realizzata in tempi così difficili e tormentati”, spiega ad Artribune  Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento.

“Sia per quanto riguarda l’artista, Jenny Saville, una tra le più importanti pittrici al mondo, sia per il coinvolgimento di cinque tra le più prestigiose istituzioni museali della città di Firenze. È stato un lavoro di grande diplomazia in questi due anni e mezzo, reso possibile da uno spirito di collaborazione eccezionale tra le parti: tutti hanno accolto con grande entusiasmo e compreso a fondo la qualità dell’opera di Jenny Saville e il senso profondo di queste ‘irruzioni’ in contesti così ricchi di poesia e bellezza. E di questo ne siamo felici e orgogliosi. Stiamo operando importanti lavori di adeguamento degli spazi per accogliere le opere della pittrice britannica, si tratta di dipinti di dimensioni monumentali.

Stiamo inoltre preparando una grande sorpresa per il loggiato esterno del Museo Novecento, in modo che l’opera di Jenny Saville si proietti direttamente nello spazio pubblico, oltre le sale interne del museo”.

 

 

CHI È JENNY SAVILLE

 

Tra le artistar della contemporaneità, l’ex Young British Artist detiene il record mai raggiunto a un’asta da un’artista donna vivente: 12,5 milioni di dollari (9,537,250 di sterline) per Propped all’asta Sotheby’s di Londra nell’ottobre 2018. L’opera, contesa per parecchi minuti, è un autoritratto dell’artista risalente al 1992 che ribalta i canoni della bellezza femminile, estremamente spavaldo e diretto: la donna è su uno sgabello completamente nuda, le braccia incrociate davanti a sé e le mani intente ad afferrare la carne delle cosce prosperose, il volto è piegato all’indietro con gli occhi chiusi, sognante o rapito dal piacere. L’opera ha stregato Charles Saatchi, che l’ha inclusa nel 1997 in Sensation: Young British Artists from the Saatchi Gallery alla Royal Academy di Londra, mostra che ha fatto impennare la fortuna dei giovani londinesi.

Il dipinto Shift (1996-1997) ha invece raggiunto 5.950.000 £ di hammer price, partendo da una stima di 1.5-2 milioni durante l’evening sale di Sotheby’s del giugno 2016. Il lotto è andato nelle collezioni del Long Museum di Shanghai.

 

 

 

 

ARTE.IT– 30 SETTEMBRE 2021

https://www.arte.it/notizie/firenze/e-l-arte-si-fece-corpo-jenny-saville-incontra-michelangelo-a-firenze-18735

 

 

E L’ARTE SI FECE CORPO. JENNY SAVILLE INCONTRA MICHELANGELO A FIRENZE

 

Jenny Saville, Arcadia, 2020. Acrilico e olio su lino, 200 x 160 x 3 cm. © Jenny Saville I Courtesy Gagosian

FRANCESCA GREGO

30/09/2021

Firenze – Mentre Jenny Saville spalma e raschia il colore sulle sue grandi tele, la distinzione tra un corpo che vive e respira e la sua rappresentazione vacilla. “La percezione umana del corpo è così acuta e consapevole che il più piccolo indizio della presenza di un corpo innesca il riconoscimento”, ha detto l’artista britannica. Stesa in strati pesanti, nelle sue mani la pittura a olio diventa viscerale come la carne stessa: ogni segno si anima di vita propria, elastico e mobile. Lo vedremo presto a Firenze, dove Saville è protagonista di una grande mostra diffusa in dialogo con i maestri del Rinascimento. Cuore pulsante del progetto è il Museo Novecento, con il direttore Sergio Risaliti nelle vesti di ideatore e curatore.

Da oggi, giovedì 30 settembre, i visitatori avranno occasione di ammirare più di 100 opere tra disegni e dipinti – alcuni dei quali monumentali – con lavori realizzati appositamente per l’occasione. Se il museo di piazza Santa Maria Novella accoglierà il nucleo più cospicuo, sedi storiche e prestigiose come il Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, Casa Buonarroti, l’antico Spedale degli Innocenti e il Museo dell’Opera del Duomo ospiteranno allestimenti più intimi, ma di impatto potente. Non è un caso: il richiamo della tradizione italiana è da sempre forte nell’immaginario artistico di Saville, che racconta di essere stata folgorata da Tiziano e Tintoretto già da adolescente, durante un viaggio con lo zio. In seguito, ha aggiunto l’artista, “è stato meraviglioso ‘dialogare’ con Michelangelo, l’ho sempre considerato il più grande maestro dell’arte, capace di esprimere l’arte al massimo: adesso fa parte di me, è dentro di me”.

Jenny Saville, Fulcrum, 1999. © Jenny Saville I Courtesy Gagosian

L’interesse per il corpo nella sua dimensione più carnale, le misure esorbitanti delle sue opere, i soggetti nudi, mutilati, schiacciati dal peso dell’esistenza rappresentano alcuni evidenti punti di contatto tra la ricerca della pittrice e l’eredità michelangiolesca.

Ma nel bagaglio di Saville ci sono anche il confronto serrato con il modernismo di Willem de Kooning e Cy Twombly, i ritratti di Pablo Picasso e Francis Bacon.

E c’è chi giura che nei suoi volti sorprendenti, nelle membra disordinate e nelle pieghe cadenti delle sue figure si percepiscano gli echi della Venere di Urbino di Tiziano, del Cristo che scende dalla croce di Rubens, dell’Olympia di Manet. Con questa dotazione l’artista britannica ha ridato nuovo vigore alla pittura figurativa fin dagli anni anni Ottanta e Novanta, quando militava tra gli Young British Artists (YBA), mescolando alle influenze del passato ispirazioni raccolte sulle riviste scandalistiche o negli obitori, osservando un chirurgo plastico al lavoro o i corpi di persone incontrate nella vita di ogni giorno.

Jenny Saville, Reproduction drawing (after Leonardo cartoon), 2010. © Jenny Saville I Courtesy Gagosian

Oltre i limiti della figurazione e dell’astrazione, a Firenze la pittura di Jenny Saville si confronta con i big di casa, da Giotto a Michelangelo. Il maestoso Fulcrum, per esempio, che consacrò l’autrice nel 1999 durante la sua prima personale da Gagosian, sfida le imponenti figure affrescate da Giorgio Vasari nel Salone delle Battaglie di Palazzo Vecchio,

mentre al Museo degli Innocenti Motherssi lancia in un gioco di rimandi con le Madonne di Botticelli e di Luca della Robbia.

A Casa Buonarroti – “la mia casa ideale, il mio luogo del cuore”, ha detto l’artista – bozzetti e lavori su carta michelangioleschi si confrontano con il disegnoStudy for Pietà I, o con la contemporaneità di dipinti come Aleppo e Compass.

Ma il climax del dialogo dell’artista con il Buonarroti si raggiunge al Museo dell’Opera del Duomo, parte del complesso monumentale di Santa Maria del Fiore, dove la Pietà Bandini si specchia in una Vesperbild dei nostri tempi, un disegno di grandi dimensioni che rappresenta un giovane martoriato per motivi politici o ideologici, privo di abiti o segni di appartenenza e perciò simbolo universale dell’esperienza del lutto e del compianto che segue ogni violenza.

Jenny Saville, Propped, 1992. Olio su tela, 213 x 182 cm. © Jenny Saville I Courtesy Gagosian

“Se il giovane Michelangelo – scrivono gli organizzatori della mostra – è divenuto il più grande scultore dei suoi tempi per aver dato vita a una statua monumentale, il David, campione di bellezza maschile secondo la cultura neoplatonica, Jenny Saville al contrario ha raggiunto la fama grazie a enormi raffigurazioni di corpi femminili nudi, ritratte in posa su sgabelli o riverse, che esibiscono forme sessuali procaci confrontandosi su questo piano con altri pittori come Tiziano e Gustave Courbet”. Femminili o maschili, dipinti o scolpiti, i corpi esposti a Firenze si fanno avanti come entità vive, presenti, voluminose, sfuggendo a ogni tentazione di sottrarsi allo sguardo.

 

Promossa dal Comune di Firenze, organizzata da MUS.E e sostenuta da Gagosian, la mostra Jenny Saville sarà visitabile dal 30 settembre al 20 febbraio nelle sedi del Museo del Novecento, Museo di Palazzo Vecchio, Museo dell’Opera del Duomo, Museo degli Innocenti e Museo di Casa Buonarroti. 

Jenny Saville, Study for the Eyes of Argus (dettaglio), 2021, matita colorata su carta da acquerello I Ph. Prudence Cuming Associates (© Jenny Saville. All rights reserved, DACS 2021 / Gagosian)

 

 

 

 

 

| 30 settembre 2021  | Firenze

 

https://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/i-nudi-femminili-di-saville-tra-i-giganti-del-rinascimento/137110.html

 

CRISTIANA PERRELLA 

I nudi femminili di Saville tra i giganti del Rinascimento

 

«A Firenze, per questa mostra, ho intrapreso un viaggio emotivo durante il quale ho capito come accedere alla potente umanità di Michelangelo. Prima mi stava sempre dietro le spalle, ora è dentro di me»

 

 

 

Jenny Saville, «Fulcrum», 1999 © Jenny Saville. Tutti i diritti riservati, DACS 2021. Collezione privata. Cortesia di Gagosian

Jenny Saville, «Fulcrum», 1999 © Jenny Saville.

Collezione privata. Cortesia di Gagosian

 

 

Nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio il monumentale dipinto «Fulcrum» (1998-99) porta tre nudi femminili riversi nel Salone delle Battaglie, tra gli affreschi di Vasari, le «Fatiche di Ercole» di Vincenzo de’ Rossi e il «Genio della Vittoria» di Michelangelo.

Al Museo dell’Opera del Duomo la Pietà Bandini del Buonarroti ha come compagno un disegno alto tre metri da cui trasudano i temi della violenza, della politica, dei contrasti etnici.

Sono due «stazioni» della mostra di Jenny Saville (Cambridge, 1970) aperta a Firenze sino al 20 febbraio 2022. È un progetto che coinvolge, oltre alle sedi storiche già citate, il Museo degli Innocenti e il Museo di Casa Buonarroti, ma l’epicentro è il Museo del Novecento, diretto da Sergio Risaliti, ideatore e curatore della mostra: qui è esposta una serie di dipinti e disegni, circa un centinaio di opere.

Nel loggiato esterno del museo è poi aperta una vetrina affacciata sulla piazza per rendere visibile sia di giorno sia di notte un dipinto di grande formato esposto sopra l’altare all’interno della ex Chiesa dello Spedale (il museo sorge nel complesso quattrocentesco), il ritratto monumentale «Rosetta II» (2000-06), una giovane donna non vedente conosciuta dall’artista e ritratta come un cantore cieco.

Il passante, sulla piazza sottostante, si troverà tra quello sguardo negato e il Crocifisso ligneo di Giotto al centro della navata di Santa Maria Novella, visibile anche dall’esterno quando il portale della basilica, di fronte al museo, si trova aperto. Dipinti e disegni degli anni Novanta e lavori realizzati appositamente per la mostra invadono la città e propongono altri confronti e assonanze con gli antichi maestri amati dall’artista britannica, da Luca della Robbia allo stesso Michelangelo.

Nelle sale di Casa Buonarroti, ad esempio, sono allestiti i disegni «Study for Pietà I» (2021) e «Mother and Child Study II» (2009): un dialogo aperto con «Madre con bambino (il celebre «cartonetto» michelangiolesco del 1525 ca).

La mostra è promossa dal Comune di Firenze, organizzata da MUS.E e sostenuta dalla Gagosian Gallery. Cristiana Perrella, direttrice del Museo Pecci di Prato, ha incontrato l’artista durante l’allestimento.

Avevi 26 anni quando hai esposto a «Sensation!», la mostra che nel 1997 ha sancito il ricambio generazionale dell’arte britannica. I 44 artisti avevano pochissime cose in comune, ma tutti facevano arte audace. Sentivi di avere delle affinità con altri Young British Artists?

Ripensandoci oggi, è stato considerato un gruppo coeso, ma non ho frequentato la stessa scuola d’arte degli altri e all’epoca non erano il mio gruppo di amici, quindi non ero così legata a loro come potrebbe sembrare. Ma il linguaggio e lo spirito erano gli stessi, indipendentemente dai media con cui ciascuno lavorava. Avevamo ammirato l’arte internazionale della collezione Saatchi da giovani a Londra, quindi avere la possibilità di fare una mostra presso con lo stesso Charles Saatchi… ha cambiato tutto. La mia prima mostra a New York ha aperto la sera dopo l’inaugurazione di «Sensation!» al Brooklyn Museum, un lancio sulla scena artistica internazionale. È stato decisamente eccitante.

E nel 1992, a soli 21 anni, il tuo lavoro «Propped», che avevi realizzato per il diploma (alla Glasgow School of Art, Ndr), è finito sulla copertina del «Sunday Times Magazine». Come sei riuscita ad approdare a un lavoro così maturo nella primissima fase della tua carriera?

Sono stata fortunata perché ho ricevuto una solida formazione da mio zio che era un artista e uno storico dell’arte, quindi ero giovane quando ho scoperto Rembrandt. Andavamo ad Amsterdam per vederlo e abbiamo trascorso alcuni anni a Venezia ammirando Tiziano e Tintoretto. Venivamo spesso qui a Firenze…

Che cosa ti ha colpito di più di Firenze?

Ricordo la cappella di Masaccio. La «Cacciata dall’Eden» ha avuto un grande effetto su di me.

Anche la dimensione nel tuo lavoro è stato un aspetto determinante.

Ho un istinto per il grande formato e dopo aver visto Pollock e de Kooning a New York, oltre alle grandi pale d’altare a Venezia, volevo che i miei dipinti fossero valutati seriamente: sai, per le donne si usano spesso termini come «minuta», «gentile», «interessante»… Sono sempre stata una pittrice tradizionale ma quando sono andata a studiare in America ho preso consapevolezza del sistema patriarcale che dominava in quel settore. La maggior parte delle artiste che lavoravano intorno al femminismo facevano lavori concettuali, non dipinti. Io avevo questo profondo amore per la pittura, è il mio linguaggio. Dovevo provare a far lavorare questi due elementi insieme e questa battaglia interiore è diventata il mio lavoro, come in «Propped», per esempio.

In pittura si è parlato molto dello sguardo maschile. Che cos’è per te lo «sguardo femminile»? Esiste?

Questa è una domanda difficile, penso che lo stiamo ancora imparando. Sai che sei stata educata come una donna con una forte consapevolezza di essere oggetto di sguardi. Sei preparata a essere guardata. Ho cercato di incorporare questa accezione di «sguardo» nella nozione di sguardo in pittura. Non è un sistema univoco, è quasi un’idea cubista del modo di guardare di una donna. Penso che una donna in Afghanistan, una donna ad Harlem o in Africa sperimenti qualcosa di molto diverso rispetto a noi due sedute qui. Quindi non posso avere una «teoria femminile», è impossibile. E forse è anche pericoloso. Sto solo cercando di farmi strada nella mia posizione. Questo è tutto ciò che posso fare.

In che modo la fotografia influisce sulla tua pratica?

La fotografia digitale è importante nel mio lavoro. Ho scoperto che posso osservare più aspetti della vita attraverso l’uso della fotografia di quanto non potrei con una modella tradizionale che posa per me. Ad esempio, stavo lavorando con una modella il cui lavoro era il cucito. Quando posava, il piede si muoveva avanti e indietro, steso in avanti. Ho iniziato a scattare foto con la mia fotocamera digitale molto velocemente. Quando ho guardato le immagini mi sono accorta che ero riuscita a catturare le sue dita allungate in modo completamente animalesco; nessuno nella storia dell’arte ha mai dipinto un piede in questo modo perché non c’è modo attraverso il quale l’occhio umano possa catturare quelle informazioni e usarle in pittura.

Venendo alla mostra di Firenze, in qualche modo essa afferma l’ineluttabilità della storia dell’arte, l’attrazione e il potere del passato. In un periodo storico in cui il primato della tradizione occidentale è messo in discussione e smantellato, perché stai affrontando questo tema?

Ovviamente Michelangelo è un’icona della storia dell’arte occidentale. È un artista molto stimolante e non voglio negarlo. Questo progetto in particolare è stato un viaggio emotivo perché ho imparato da lui, ho capito come accedere a questa potente umanità, comprendendo come ci è riuscito e come ha usato tutti gli aspetti di una composizione umana. Negli ultimi due anni è stato il più grande insegnante. L’ho detto al curatore Sergio Risaliti: Michelangelo mi stava sempre alle spalle e adesso è sotto la mia pelle.

E come hai reagito ai diversi luoghi della mostra? Penso che sarebbe interessante parlare di «Fulcrum» installato in Palazzo Vecchio, che condivide lo stesso spazio con i dipinti che celebrano la storia fiorentina. Mi fa pensare alla giustapposizione del soldato e della donna nuda ne «La Tempesta» di Giorgione. Ancora una volta, il corpo femminile è messo in relazione con un’idea di passività mentre il corpo combattente è maschile.

Il motivo per cui ho messo «Fulcrum» lì è a causa del Covid-19. Quando stavamo facendo la selezione delle opere vedevo tante immagini molto grandi di persone che stavano morendo a causa del virus e mi sembrava che quel dipinto avesse improvvisamente una profondità diversa… Che questi enormi corpi fossero i più vulnerabili alla pestilenza. Questo era il motivo per avere «Fulcrum» lì, come una sorta di promemoria dell’era post Covid.

Gli ultimi due anni sono stati molto importanti per chi lavora sul corpo come te. Penso anche al movimento Black Lives Matter, che ha aggiunto un’altra dimensione al rapporto con il corpo, la rappresentazione, le immagini che abbiamo visto. Anche questo fa parte del tuo lavoro?

Tutto quello che succede attorno a me influenza il mio lavoro. Come l’Afghanistan adesso. Ero seduta nel mio studio due settimane fa e ho sentito la notizia che l’educazione femminile era stata sospesa. Penso a me stessa e alle altre donne che lavorano alla preparazione di questa mostra. Ho goduto della libertà di esprimere me stessa, quindi sento una profonda tristezza per quelle donne in Afghanistan che non possono realizzare i propri sogni. C’è un’opera nella mostra che si intitola «Exodus», che in realtà ho iniziato prima delle notizie sull’Afghanistan, che hanno reso il pezzo ancora più significativo per me. È una sorta di pietà con i corpi dei bambini ripresi da fotografie di guerra.

E parlando della «Madonna con Bambino», agli Innocenti esponi «The Mothers» che dialoga con la «Madonna col Bambino» di Leonardo. Entrambi sono in qualche modo incompiuti…

È un lavoro deliberatamente aperto. Quando ho lavorato sull’iconografia della «Madonna con Bambino», ho esaminato antichi miti in Sicilia e nell’antico Egitto e il lavoro è scaturito da questo. Se consideri un pittore come Leonardo, per quanto emozionante, la sua è una visione molto esterna di una madre e di un bambino. Mentre il mio sguardo parte dall’interno, in quanto madre e artista. Con le mie gravidanze, stavo in effetti partorendo e dipingendo carne allo stesso tempo.

Dopo Firenze che cosa ti aspetta?

Sto realizzando un progetto a Venezia di cui sono entusiasta. Ho ricevuto una commissione per un dipinto di 6-7 metri che non vedo l’ora di cominciare.

È il più grande che tu abbia mai fatto?

Sì, e voglio realizzare un dipinto che rappresenti il ​​nostro tempo.

 

Jenny Saville, «Aleppo», 2017-18. © Jenny Saville. Tutti i diritti riservati, DACS 2021. Foto Lucy Dawkins. National Galleries of Scotland. Collezione dell’artista. Cortesia di Gagosian

Jenny Saville, «Aleppo», 2017-18. © Jenny Saville. Tutti i diritti riservati, DACS 2021. Foto Lucy Dawkins. National Galleries of Scotland. Collezione dell’artista. Cortesia di Gagosian

 

 

 

 

 

 

 

 

Jenny Saville, «Study for Pentimenti III (sinopia)», 2011 © Jenny Saville. Tutti i diritti riservati, DACS 2021. Foto Mike Bruce. Collezione privata. Cortesia dell’artista e di Gagosian

Jenny Saville, «Study for Pentimenti III (sinopia)», 2011 © Jenny Saville. Tutti i diritti riservati, DACS 2021. Foto Mike Bruce. Collezione privata. Cortesia dell’artista e di Gagosian

 

 

 

 

 

 

 

 

Jenny Saville, «Rosetta II», 2005-06 © Jenny Saville. Tutti i diritti riservati, DACS 2021. Collezione privata. Cortesia dell’artista e di Gagosian

Jenny Saville, «Rosetta II», 2005-06 © Jenny Saville. Tutti i diritti riservati, DACS 2021. Collezione privata. Cortesia dell’artista e di Gagosian

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