In Sudan 9 mila morti in sei mesi di guerra -IL MANIFESTO – REDAZIONE — 17 OTTOBRE + MARINELLA CORREGGIA, IL MANIFESTO 20 OTTOBRE 2023

 

 

IL MANIFESTO — 17 OTTOBRE 2023
https://ilmanifesto.it/in-sudan-9-mila-morti-in-sei-mesi-di-guerra

 

In Sudan 9 mila morti in sei mesi di guerra

 

AFRICA. Dal 15 aprile scorso – data dell’inizio del conflitto tra l’esercito e i paramilitari delle Rapid Support Forces – sono morte in Sudan circa 9 mila persone. 5,6 milioni di […]

 

In Sudan 9 mila morti in sei mesi di guerra

Khartoum, Sudan – foto Ap

 

Dal 15 aprile scorso – data dell’inizio del conflitto tra l’esercito e i paramilitari delle Rapid Support Forces

sono morte in Sudan circa 9 mila persone. 5,6 milioni di persone sono state inoltre costrette a sfollare e in 25 milioni risultano ad oggi bisognose di aiuti.

 

Sono i dati diffusi dal Sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza, Martin Griffiths, che in una nota del 15 ottobre ’23  è tornato a denunciare il dramma sudanese.

Particolarmente grave la situazione venuta a crearsi in questi sei mesi per la popolazione civile, che soprattutto nella capitale Khartum, nel Darfur e nel Kordofan non ha avuto tregua. Il documento si sofferma sulle continue notizie di stupri e violenze sessuali, i crescenti scontri su base etnica e denuncia l’uccisione di 45 operatori umanitari  o detenuti dal 15 aprile – quasi tutti facevano parte del personale nazionale, ha detto Griffiths.

 

Darfur | History, Causes & Impact in Sudan | Britannica

CARTINA, Britannica– in giallino, Il Darfur —

in azzurro : il Nilo —sotto : Il SUD-SUDAN

 

Il Darfur  ( in giallino ) è oggi suddiviso in cinque Stati (wilayat): Darfur Occidentale (Gharb Darfur), con capitale Al Junaynah,
Darfur Settentrionale (Chamal Darfur), con capitale Al Fashir,
Darfur Meridionale (Djanub Darfur), con capitale Nyala,
Darfur Centrale (Wasat Darfur), con capitale Zalingei e
Darfur Orientale (Scharq Darfur), con capitale Ad Daein.

+++  i maggiori giacimenti del Sudan sono in Darfur

+++ a Nyala c’è un ospedale Emergency

 

Manifestazione a Roma (2007) per sensibilizzare
sulla questione del Darfur

 

Sudan's revolution could end the conflict in Darfur

Khartoum
The Economist — link ::

 

La maggior parte degli sfollati interni – circa 3 milioni di persone, pari al 69% del totale – provengono dallo stato di Khartoum, seguito dal Darfur meridionale (14,58%), dal Darfur settentrionale (7,97%), dal Darfur centrale (3,99%), dal Darfur occidentale ( 3,75%)e altri stati. Inoltre, secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), a partire

dall’8 ottobre circa 1,1 milioni di persone hanno attraversato il confine con la vicina Repubblica Centrafricana (CAR), Ciad, Egitto, Etiopia e Sud Sudan.

 

 

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Ospedali al collasso in Sudan, ma c’è chi resta aperto per guerra

 

INTERVISTA. La dottoressa Gina Ortella, coordinatrice delle attività di Emergency nel paese. «La struttura di Nyala, nel Sud Darfur, tra carestie, epidemie e conflitti continua a funzionare grazie a medici e infermieri locali. È una grande prova»

Paramilitari sudanesi minacciano di istituire un'autorità con Khartoum come capitale - 14/09/2023 | MarketScreener

Paramilitari delle Rapid Support Forces nel distretto di Mayo – MARKET SCREENER 

 

«Attualmente chiuso per guerra»: l’avvertenza sul sito di Emergency riguarda il programma regionale di cardiochirurgia che l’associazione portava avanti in Sudan presso il suo Centro Salam a Khartoum. Creato nel 2007 per affrontare le cardiopatie che si apprestano a diventare la prima causa di mortalità in Africa, l’ospedale, innovativo anche dal punto di vista ambientale, ha operato negli anni oltre 10 mila persone da 28 paesi.

Il conflitto in corso da sei mesi non permette il trasferimento di pazienti da altri Stati verso la capitale sudanese. Ma le altre attività non si fermano, anzi. Più in generale i combattimenti tra l’esercito e i paramilitari delle Rapid Support Forces impedisce ai sudanesi l’accesso al cibo, all’acqua, alle cure. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Gina Portella, coordinatore medico di Emergency a Khartoum.

 

Gli sfollati interni sono ormai 7,1 milioni, 4,5 milioni dei quali dall’inizio del conflitto: un primato mondiale. A chi appellarsi perché finisca?

Mi verrebbe da dire: al buon senso. È una dolorosa follia. Una prospettiva non riesco a vederla, da qui. Per ora non c’è nulla che faccia sperare in un’apertura.

Avete aperto un altro ospedale, mentre l’Onu avverte che non funziona il 70% delle strutture nelle zone degli scontri.

Sì, dal 6 agosto è operativo il Centro di chirurgia d’urgenza e traumatologia qui a Khartoum. Gli ospedali esistenti facevano e fanno sempre più fatica, per mancanza di risorse umane e di mezzi. Abbiamo dunque ristrutturato una parte separata del compound del Centro Salam.

 

Chi arriva?

Tantissimi feriti. E le storie delle vittime collaterali sono le stesse di ogni zona di guerra. Fra i primi minori ricoverati ci sono state Mariam e Rayan, ferite da proiettili. E poi Juma, che ha perso un occhio e una mano. Arrivano anche bambini venuti a contatto con mine e altri ordigni. Come in Afghanistan.

L’Onu avverte che 58 centri medici sono stati attaccati, con morti e feriti, i lavoratori non sono più pagati, gli approvvigionamenti interrotti. La neutralità di Emergency, oltre alla sua importanza negli «epicentri del bisogno» (per citare Simone Weil) vi protegge anche in Sudan?

Sì. Il Salam Centre è conosciuto da tutti, popolazione e autorità. E così l’ospedale di Nyala.

Il centro cardiologico funziona tuttora per chi è in Sudan?

Continuiamo a garantire gratuitamente farmaci e visite di controllo per i pazienti già operati o in lista di attesa. E abbiamo creato sul territorio due cliniche cardiologiche (oltre a quelle già funzionanti nei nostri due centri pediatrici) per far sì che i pazienti che si sono spostati possano ricevere assistenza. Abbiamo in programma di aprire altri tre centri in punti strategici, d’accordo con il ministero della Sanità.

 

Si teme che 10 mila bambini potrebbero morire entro il 2023 per malnutrizione e malattie infettive in mancanza di cure salvavita. Da lì l’importanza dei vostri centri pediatrici.

L’ospedale di Nyala, la capitale del Sud Darfur dove si sommano carestie, epidemie e conflitti, continua a funzionare grazie a medici e infermieri locali. È una grande prova: gli spari di sottofondo accompagnano sempre le nostre telefonate. Del centro pediatrico a Port Sudan ( cartina: sul mare ) volevamo fare solo un ambulatorio, ma lo stiamo ripristinando come ospedale, visto il gran numero di sfollati. Purtroppo il centro di Mayo, in un campo profughi a circa 20 km da Khartoum, è chiuso: si trova al centro degli scontri.

 

Avete difficoltà per gli approvvigionamenti?

Lavorando in paesi fortemente instabili e con difficoltà di movimento, siamo abituati a mantenere stock di farmaci e materiale indispensabile. Ma siamo in difficoltà come tutti. Lo sforzo è decuplicato rispetto al normale.

 

Il personale di Emergency adesso è soprattutto locale?

Di internazionali siamo rimasti una quindicina (in maggior parte medici e infermieri); prima della guerra eravamo circa 50. Ma in questi anni abbiamo seminato molto, in termini di formazione. Ora vediamo i risultati. I colleghi sudanesi sono bravissimi. Non è facile per loro, anche per le tante difficoltà logistiche.

 

Avete canali aperti con entrambe le parti in guerra, diversamente dall’inizio della crisi?

Adesso parliamo in modo trasparente con tutti. Dobbiamo.

La sala d’attesa del Salam Centre di Emergency a Khartoum

 

 

L’AUTRICE DELL’ARTICOLO :: MARINELLA CORREGGIA

MARINELLA CORREGGIA

GIORNALISTA E SCRITTORE

Giornalista, scrittrice, operatrice rurale, impegnata da decenni nell’affrontare temi socioambientali a livello locale e internazionale, Marinella Correggia si occupa, sia nei suoi scritti che con ricerche, campagne e progetti, di giustizia socio-ecologica Nord-Sud, resistenza contro le guerre, solidarietà e redistribuzione internazionale, rispetto dei viventi, semplicità volontaria. Dal 1991 ha scritto libri, saggi e dossier. Tra i volumi da lei firmati: “L’Alba dell’avvenire” (Punto rosso), “Si ferma una bomba in volo?” (Terre di Mezzo), “La rivoluzione dei dettagli” (Feltrinelli), “Manuale pratico di ecologia quotidiana” (Mondadori), “Zero rifiuti” (Altreconomia), “Il presidente ribelle” (Manifestolibri), “Io lo so fare” (Altreconomia), “Diventare come balsami” (Sonda), “Alleanza per il clima” (Campagna Nord-Sud), “Il mondo lo salvo io” (Riserva di Monterano), “La malattia del profitto” (Msf), “Cucinare in pace” (Altreconomia), “Lo zucchero amaro di Carlos osé” (Egalibri). Nel 2003 ha vinto il premio Pieve Diario del presente, per il suo libro “Si ferma una bomba in volo?” scritto in Iraq. Nel 2014 ha vinto il premio Wangari Maathai per il giornalismo ambientale.

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1 risposta a In Sudan 9 mila morti in sei mesi di guerra -IL MANIFESTO – REDAZIONE — 17 OTTOBRE + MARINELLA CORREGGIA, IL MANIFESTO 20 OTTOBRE 2023

  1. DONATELLA scrive:

    E’ incredibile il coraggio e la volontà di questi operatori, qualcosa che mette in discussione la nostra indifferenza.

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