APOLOGO SULL’ONESTA’ NEL PAESE DEI CORROTTI DI ITALO CALVINO (1980)

Written on 23 marzo 2012 at 13:15 by CivicoLab

DAL SITO CITTADINANZAATTIVA, RESPONSABILE VITTORINO FERLA


“C’era un paese che si reggeva sull’illecito. Non che mancassero le leggi, né che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti più o meno dicevano di condividere. Ma questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (ne aveva bisogno perché quando ci si abitua a disporre di molti soldi non si è più capaci di concepire la vita in altro modo) e questi mezzi si potevano avere solo illecitamente cioè chiedendoli a chi li aveva, in cambio di favori illeciti. Ossia, chi poteva dar soldi in cambio di favori in genere già aveva fatto questi soldi mediante favori ottenuti in precedenza; per cui ne risultava un sistema economico in qualche modo circolare e non privo d’una sua armonia.

 

Nel finanziarsi per via illecita, ogni centro di potere non era sfiorato da alcun senso di colpa, perché per la propria morale interna ciò che era fatto nell’interesse del gruppo era lecito; anzi, benemerito: in quanto ogni gruppo identificava il proprio potere col bene comune; l’illegalità formale quindi non escludeva una superiore legalità sostanziale. Vero è che in ogni transizione illecita a favore di entità collettive è usanza che una quota parte resti in mano di singoli individui, come equa ricompensa delle indispensabili prestazioni di procacciamento e mediazione: quindi l’illecito che per la morale interna del gruppo era lecito, portava con sè una frangia di illecito anche per quella morale. Ma a guardar bene il privato che si trovava a intascare la sua tangente individuale sulla tangente collettiva, era sicuro d’aver fatto agire il proprio tornaconto individuale in favore del tornaconto collettivo, cioè poteva, senza ipocrisia, convincersi che la sua condotta era non solo lecita, ma benemerita.

Il paese aveva nello stesso tempo anche un dispendioso bilancio ufficiale alimentato dalle imposte su ogni attività lecita, e finanziava lecitamente tutti coloro che lecitamente o illecitamente riuscivano a farsi finanziare. Perché in quel paese nessuno era disposto non diciamo a fare bancarotta ma neppure a rimetterci di suo (e non si vede in nome di che cosa si sarebbe potuto pretendere che qualcuno ci rimettesse) la finanza pubblica serviva a integrare lecitamente in nome del bene comune i disavanzi delle attività che, sempre in nome del bene comune, s’erano distinte per via illecita. La riscossione delle tasse che in altre epoche e civiltà poteva ambire di far leva sul dovere civico, qui ritornava alla sua schietta sostanza d’atto di forza (così come in certe località all’esazione da parte dello stato s’aggiungeva quella di organizzazioni gangsteristiche o mafiose); atto di forza cui il contribuente sottostava per evitare guai maggiori pur provando, anziché il sollievo della coscienza a posto, la sensazione sgradevole d’una complicità passiva con la cattiva amministrazione della cosa pubblica e con il privilegio delle attività illecite, normalmente esentate da ogni imposta.

Di tanto in tanto, quando meno ce lo si aspettava, un tribunale decideva d’applicare le leggi, provocando piccoli terremoti in qualche centro di potere e anche arresti di persone che avevano avuto fino ad allora le loro ragioni per considerarsi impunibili. In quei casi il sentimento dominante, anziché la soddisfazione per la rivincita della giustizia, era il sospetto che si trattasse d’un regolamento di conti d’un centro di potere contro un altro centro di potere. Cosicché era difficile stabilire se le leggi fossero usabili ormai soltanto come armi tattiche e strategiche nelle battaglie intestine tra interessi illeciti, oppure se i tribunali per legittimare i loro compiti istituzionali dovessero accreditare l’idea che anche loro erano dei centri di potere e d’interessi illeciti come tutti gli altri.

Naturalmente una tale situazione era propizia anche per le associazioni a delinquere di tipo tradizionale che coi sequestri di persona e gli svaligiamenti di banche (e tante altre attività più modeste fino allo scippo in motoretta) s’inserivano come un elemento d’imprevedibilità nella giostra dei miliardi, facendone deviare il flusso verso percorsi sotterranei, da cui, prima o poi, certo riemergevano in mille forme inaspettate di finanza lecita o illecita.

In opposizione al sistema guadagnavano terreno le organizzazioni del terrore che, usando quegli stessi metodi di finanziamento della tradizione fuorilegge, e con un ben dosato stillicidio d’ammazzamenti distribuiti tra tutte le categorie di cittadini, illustri e oscuri, si proponevano come l’unica alternativa globale al sistema. Ma il loro vero effetto sul sistema era quello di rafforzarlo fino a diventarne il puntello indispensabile, confermandone la convinzione d’essere il migliore sistema possibile e di non dover cambiare in nulla.

Così tutte le forme d’illecito, da quelle più sornione a quelle più feroci si saldavano in un sistema che aveva una sua stabilità e compattezza e coerenza e nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto. Avrebbero potuto, dunque, dirsi unanimemente felici, gli abitanti di quel paese, non fosse stato per una pur sempre numerosa categoria di cittadini cui non si sapeva quale ruolo attribuire: gli onesti.

Erano, costoro, onesti non per qualche speciale ragione (non potevano richiamarsi a grandi principi, né patriottici né sociali né religiosi, che non avevano più corso), erano onesti per abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso. Insomma non potevano farci niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il guadagno col lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione d’altre persone.

In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto loro erano i soli a farsi sempre degli scrupoli, a chiedersi ogni momento cosa avrebbero dovuto fare. Sapevano che fare la morale agli altri, indignarsi, predicare la virtù sono cose che trovano troppo facilmente l’approvazione di tutti, in buona o in malafede. Il potere non lo trovavano abbastanza interessante per sognarlo per sé (almeno quel potere che interessava agli altri); non si facevano illusioni che in altri paesi non ci fossero le stesse magagne, anche se tenute più nascoste; in una società migliore non speravano perché sapevano che il peggio è sempre più probabile.

Dovevano rassegnarsi all’estinzione? No, la loro consolazione era pensare che, così come in margine a tutte le società durante millenni s’era perpetuata una controsocietà di malandrini, di tagliaborse, di ladruncoli, di gabbamondo, una controsocietà che non aveva mai avuto nessuna pretesa di diventare la società, ma solo di sopravvivere nelle pieghe della società dominante e affermare il proprio modo d’esistere a dispetto dei principi consacrati, e per questo aveva dato di sé (almeno se vista non troppo da vicino) un’immagine libera e vitale, così la controsocietà degli onesti forse sarebbe riuscita a persistere ancora per secoli, in margine al costume corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversità, di sentirsi dissimile da tutto il resto, e a questo modo magari avrebbe finito per significare qualcosa d’essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato ancora detto e ancora non sappiamo cos’è.”

Italo Calvino da La Repubblica del 15 marzo 1980

 

chiara: ritengo un privilegio leggere questo gioiello, lo dobbiamo agli amici-compagni di

CITTADINANZAATTIVA.

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6 risposte a APOLOGO SULL’ONESTA’ NEL PAESE DEI CORROTTI DI ITALO CALVINO (1980)

  1. nemo scrive:

    Lucidità, disincanto e appello per una ‘controsocietà degli onesti’. Calvino ha degnamente e altamente rappresentato il ‘compito preveggente’ degli intellettuali (onesti ) e dei poeti.

    • Chiara Salvini scrive:

      ti ringrazio del commento, ma chi la fa questa “controsocietà”, io da sola no, né tu, ma ci vorrebbe proprio, a mio modestissimo parere, in modo che questi “onesti” si vedano, sappiano che esistano e che sono in tanti, ma non si sentano più degli “esclusi” dalla società e dai valori dominanti quasi dei “reietti”; è sbagliato che questa realtà rimanga un puro problema di coscienza individuale e del piccolo o grande giardinetto dove ognuno di noi, ammesso sia onesto, zampetta. Tu essendo militante, come si diceva una volta, del PD potresti con i tuoi compagni pensare qualcosa. Butto là quella che certamente è una sciocchezza: per esempio, si potrebbe proporre una lista dove le persone si iscrivono su Internet, certo fornendo i loro dati, forse alla gente non piacerà “la famosa trasparenza” quando personale. Le buste paga e i pensionati, forse, forse, francamente dovete valutare voi, io non lo so, potrebbero essere d’accordo.Se non hanno proprietà che, magari non vogliono far sapere al vicino, e sono in tanti che non ce l’hanno, non avrebbero proprio nulla da nascondere perché è già tutto palese. E se a poco a poco si raggiungesse un bel numero…a me parrebbe un bel risultato da esibire all’opinione pubblica e ai potentati vari, anche a quelli del governo, che, le tasse…le hanno fatte piovere sul bagnato! Forse in incognito sei rientrato a Bordighera? ch.

  2. nemo scrive:

    In incognito … ? Ma la ‘controsocietà’ c’ è già e si manifesterà alle elezioni solo che si riesca a cambiare la legge elettorale …

    • Chiara Salvini scrive:

      ti avevo risposto confessando il mio cuore politico-progressista (lungo lungo fino alle unghie dei piedi), ma pur facendo esattamente come mi hanno spiegato di fare per non cancellare i messaggi, è sparito tutto…qualcosa ho toccato senza accorgermi ma anche c’è una “non segreta” malvagità in questi aggeggi…ritroverò il coraggio di ricominciare quando mi sarà passato il magone del lutto…devo dire che i messaggi che mi si cancellano, nella mia mente, li ricordo “esattamente” come i migliori! Ti mando una buona giornata anche se sarai già “sulla giostra” ma insieme la auguro “al mio unico lettore” che francamente se lo merita molto di più e poi, o prima, fa lo stesso, la auguro a me perché oggi ne ho bisogno; stamattina, dopo giorni di “ultima che non sarà mai tra i primi”, canticchio… “primeiro eu, segundo eu, terceiro eu também…primo io, secondo io, e terzo di nuovo io”, come canta sempre M. il mio compagno di vita, anche senza condivisione del pane, nonché ufficialmente impalmato – ed io impalmata insieme-ahimé- in un ufficio comunale di San Paulo, Brasile, nel 1980, dopo condivisione di pareti ecc. e grandi sogni (questi solo da parte mia) dal dicembre ’63…Ma la sua (come quella di tanti che magari non cantano) non è una canzone brasiliana, ma un “biglietto da visita” e un’allegra confessione di cui sentirsi fieri. C’è chi lo confessa, almeno a se stesso (lui non si accorge che ascolto e registro anche perché a volte non si accorge che ci sono, dico in casa mentre gira ciabattando e appunto cantando), e chi non lo fa…ma questo “credo religioso” o la vera fede religiosa di oggi, è assai diffuso…anche tra le donne, ma ben di più nei figli della mamme – maccarao o mamme pastasciutta, come mi piace chiamarle, quindi praticamente tutti i maschi, che hanno allevato il loro piccolino con il pistolino (rima inconscia) come l’ombelico del mondo e adorato come un totem (osservarne la forma), “a cui tutto tuttissimo era dovuto”…come mamma naturalmente…ma chissà mai non cercassero anche “una protesi sognante” al “pistolino” del padre in questione, una consolazione. La realizzazione di un bisogno naturale e di un addirittura diritto sulla carta e nelle pieghe degli organi genitali, nonché nei sentimenti e nella passione. E poi, se c’è una cosa diffusa tra le donne, anche tra le famose femministe (osservazione personale) oppure tra le compagne addirittura militanti di sinistra, quella antica che portava la bandiera della liberazione… dell’umanità tutta! (osservazione personale) è proprio il maschilismo…Alla mia tenera età, non lo vorrei ripetere più, dopo aver “sempre” osservato come una civetta (“che falar nao fala, mas presta uma atençao—che parlare non parla-come il papagallo- ma dà un’attenzione…! pezzo di barzelletta) tutta la mia santavita senza potermi distrarre un attimo (tratto chiaramente “ossessivo” e di difesa) tutti gli umani anche quando bestiali…forse forse la cosa più certa che ho verificato è che per una donna “mettersi dalla parte di una donna, almeno cercando di vedere il suo punto di vista senza doverlo condividere, o addirittura chiedere la sua opinione dandole una spazietto minuscolo mentre animatamente discute col maschio di turno…delle famose cose interessanti e “serie”!!; o anche sentire un solletico di pietà quando “sempre il lui” la tratta ecc o difenderla se apertamente maltrattata magari dal proprio marito… BENE, CONCLUDO PERCHE’ I CASI SAREBBERO DECISAMENTE TROPPI, vedere un minimo, anche stracciato, di SOLIDARIETA’ (vera, ah questo sì! aria fritta ce n’è anche troppa!) tra due donne MI E’ APPARSO QUASI IMPOSSIBILE, forse alcune rare eccezioni, ma se ci penso meglio farei anche fatica a trovarle” Il fatto è che la donna in quanto castrata o “essere mancante” e quindi inferiore, prima di essere una teoria di Freud, essere di eccezionale capacità di osservazione prima di teorizzare (ma qui la grossolanità mia parlando di Freud è grondante!) è nel “senso comune”, nella mentalità corrente (che ahimé sta ferma impalata) ecc e viene, direi come storico pilastro, dalla nostra tradizione cristiana dove Maria doveva essere vergine, gli apostoli maschi, non parliamo poi della Chiesa dove si preferiscono preti che si abboffano criminalmente sui bambini, anche su istituti di sordo-muti, così sono anche garantiti, piuttosto che questo essere lordo di peccati (già Eva era lei che aveva peccato! Mica quello scemotto di Adamo che guardava senza interferire mentre si pregustava già tutto…). Certo si può andare anche più indietro, ma non ne ho le competenze…per quel poco che so, almeno a Roma, le donne era più libere…in Grecia, se c’era bisogno di fare all’amore con un uomo per avere un vero rapporto d’amore…be’…ma chiederei lumi agli esperti. L’Asia e le sue donne, le lascio a voi! A questa “ostilità e competizione latente o meno, o latentissimo disprezzo” tra le donne è giusto contrappeso, nella stessa “linea teorica!!”, l’inverosimile comunella tra i maschietti. Oltre al cristianesimo, certamente, ha un enorme ruolo la cosiddetta “Natura” che vorrebbe continuare ad esistere e perpetuare se stessa. Ma, santo d’un cielo, per non dire altro, come mai in tante altre cose o in altri campi, questa famosa “Natura” viene superata in nome di una migliore civiltà, che poi…???

  3. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    E’ bellissimo il pezzo di Calvino, perché riesce a fare, col tono della favoletta, la fotografia del nostro Paese, cioè di una tragedia.Non credo che le prossime elezioni faranno molto, perché da una parte il potere è enorme ( le tv nemmeno l’attuale governo osa toccarle! Non parliamo poi dei notai, farmacisti, avvocati,ecc.ecc.); dall’altra, malgrado gli sforzi di molti che si dedicano onestamente alla politica, non si fa abbastanza, soprattutto nel comunicare al ” popolo” la situazione nel modo più chiaro possibile e nell’escogitare delle forme di protesta, sicuramente nonviolente, possibilmente “simpatiche” ma efficaci e che magari facciano anche un po’ di male all’avversario. Pensavo come occupare le Camere e farsi portare via, occupare le sedi dei partiti, fare la lista pubblica, come dici tu, di tutti quelli che non hanno da temere il fisco, perché è tutto dichiarato. Bisognerebbe fissare poi alcuni punti programmatici, pochi ma da perseguire con forza che coinvolgano la maggior parte delle persone ( tasse più eque per tutti, amministrazione pubblica efficiente, scuola di buon livello per tutti, come anche per la sanità). Certamente queste cose andrebbero perseguite in continuazione, con il resoconto a tutti di come va la lotta ( che dire di un Partito, che faccia queste cose, ma non diventi un tiranno con gli stessi difetti di quello che condannava negli altri? ).
    La condizione della donna è un argomento su cui non riesco quasi a discutere, perché parlandone me ne viene una rabbia incredibile verso l’altro sesso, che riuscirei a sfogare solo con l’omicidio. Io penso che un po’ di conquiste siano state fatte, ma poi c’è stato un vuoto di una ventina d’anni e più, dove ci si è rimangiati quel po’ che si era ottenuto ( pensa alle dimissioni in bianco da utilizzare dalla ditta in caso di maternità, alla faccia della sacra famiglia! ). Nel caso del rapporto tra i sessi penso che ,ancora di più che su altri argomenti, deva cambiare la testa delle persone, perché è un argomento che coinvolge moltissimo la parte affettiva, con quello che ne consegue. A questo punto smetto, se no ho già fatto la rivoluzione e agli altri non rimane niente da fare! Con abbracci e baci da Do appartenente come tutti, uomini e donne, alla razza umana( qualcuno l’ha già detto ).

  4. Salvatore scrive:

    Posso partire dall’ultimo argomento? Ecco, se vogliamo essere precisi, io distinguerei la questione femminile in due parti. La prima è di ordine generale, implicando tradizioni, stereotipi, convinzioni, mitologie, forme mentis che afferiscono tutte a quello che chiamerei l’attrito sociale. Da questo punto di vista, il maschilismo è talmente radicato non solo nella nostra società, ma in società da noi lontane per storia e per valori, che c’è da temere che esista un comune sostrato sociopsicologico che “giustifica” in qualche modo il ruolo subordinato della donna. Mi riferisco al fatto che, nella divisione sociale del lavoro, alla donna si sia attribuito direi quasi naturaliter il ruolo della garante e custode della propagazione ordinata della specie, ma soprattutto dei gruppi in cui la specie umana si è di volta in volta suddivisa. Quello che le donne custodiscono e salvaguardano è essenzialmente una struttura sociale che consenta ai maschi di svolgere le attività utili alla sopravvivenza e al benessere dell’intera società. Allo stesso tempo, alle donne viene affidato lo spazio del “privato” all’interno del quale esse sono regine. E’ risaputo che le donne musulmane, per esempio, all’interno dell0 harem, possano imporsi sugli uomini o su alcuni uomini della famiglia. Ovviamente è un’ipotesi e non pretendo che abbia valore di teoria scientifica. E’ un fatto comunque che se guardiamo a quello che succedeva e spesso continua a succedere nei quattro punti cardinali del nostro pianeta, non si puòà non rimanere colpiti dall’analogia, per nella differenza, delle diverse situazioni delle donne. Su questo terreno si deve fare decisamente ancora molta strada, scontando anche il fatto che non sempre le conquiste non vengono mantenute e che, addirittura, si possa tornare indietro, come ha giustamente notato Donatella.
    Però, ragazze, esiste anche un secondo aspetto della questione, e questa volta la cosa concerne lo specifico di un singolo uomo e di una singola donna. Trovo che spesso la grande questione sociale che è la condizione femminile venga brandita a mo di arma contro il maschio di turno da parte di donne che tutto hanno conosciuto tranne che l’emarginazione o lo sfruttamento. Dirò di più, le lamentazioni più accorate, le proteste più veementi contro il maschilismo, sui giornali o in altri contesti, in troppi casi le sento fare da donne di successo che hanno lo stesso atteggiamento arrogante e arrivistico del peggiore dell’ultimo dei maschi maschilisti (scusate il bisticcio di parole). Chi ne subisce le conseguenze è il povero maschietto non maschilista che si vede accomunato alla genia degli sfruttatori e dei sopraffattori nelle invettive di compagne di vita di tal fatta. Nella vita privata allora si scaricano tensioni e contraddizioni che non hanno saputo trovare il loro giusto sbocco in un impegno ad altro livello. Si è fatto tardi e non ho la forza né la concentrazione per affrontare la questione della corruzione, così come l’ha magistralmente descritta Calvino nel testo proposto da Chiara. Mi riservo un secondo “round”.

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