repubblica — 14 marzo 2019 –pag. 30
Invece Concita Sono andato a lottare altrove
Concita De Gregorio
Diego Bernacchia scrive da Londra
Mi capita sempre più spesso di ascoltare, a proposito di reddito di cittadinanza, che «in Italia il lavoro c’è solo che chi se lo vede offrire lo rifiuta», e che adesso con questo meccanismo sarà più difficile rifiutarlo e persino «cresceranno i salari». A me pare di vivere in un Paese diverso da quello di chi parla così. I salari non cresceranno in virtù del limite imposto dal reddito, semmai aumenterà il lavoro nero.
L’offerta di lavoro resterà la stessa (a parte i navigator, certo: il lavoro di chi cerca lavoro) a meno che non ci siano investimenti per crearlo. Per mesi ho raccolto ogni giorno in questo spazio le storie di persone che sono andate — come dice Diego — a «lottare altrove». La vera emergenza dell’Italia non sono i giovani che arrivano, disperati, da altri Paesi, ma quelli cresciuti qui che, disperati, se ne vanno.
«Mi chiamo Diego, ho 37 anni. Ero stanco di lottare e ho deciso di andare a farlo altrove, a Londra.
Sono decisamente d’accordo sul fatto che la fuga di quelli come me sia la vera tragedia dei nostri tempi, a cui la nostra “cara” classe dirigente non ha trovato rimedio. La mia storia racconta la frustrazione che noi ragazzi subiamo a ogni rifiuto, a ogni rinnovo negato, a ogni curriculum non selezionato. Sono scappato il 18 ottobre 2016 con un biglietto solo andata lasciando alle spalle la mia vita, la mia famiglia, i miei amici. La mia fuga è maturata nel tempo poiché sentivo troppo il peso dei fallimenti nel trovare un lavoro, anche qualsiasi, pur consapevole che nessun lavoro è “qualsiasi”.
Nel periodo che ha preceduto la mia partenza ho sostenuto 47 colloqui in 10 mesi, anche a 500 km dalla mia residenza nelle Marche. Ho ricevuto offerte di lavoro quantitativamente scarse e qualitativamente inqualificabili, poco o per nulla in linea con il mio profilo professionale.
L’Italia ci ha dato i mezzi e la formazione per diventare ottimi professionisti ma poi ci ha rigettati. A Londra, per esempio, il lavoro che cercavo l’ho trovato al primo colloquio, cinque giorni dopo essere arrivato: mi hanno subito assunto a tempo indeterminato.
Tornare significherebbe fare il disoccupato, ho lottato duramente per avere quello che ho e non mollerò di sicuro. Non mollerò mai, lotterò sempre, per me e per la mia famiglia per dimostrare che rifarsi una vita lontano dalla propria comfort zone è duro ma possibile, anche a 37 anni.
Infine non mollerò mai nel ricordo di una cara amica, Francesca, che nel 2013 ci ha lasciati, sopraffatta da quel dolore e quella frustrazione tipici del sentirsi rifiutati e inadeguati, anche per lei non mollerò mai e andrò avanti per realizzare quei sogni che un triste destino le ha portato via alla mia stessa età».
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