ore 21:47 —- A RICHIESTA ISTERICA E PROCACE DI CHIARA — DI NUOVO…” INSIEME ” ! le parti— 1 / 4 / 6 / 8 sono di Francesca.

 

 

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Nicolò di Francesca e Valerio + (molto in lontananza)  nonni …

e prima di tutto “suo-di lui “!

 

 

“INSIEME”

 

 

 

 

 

Tu, io, te me e tanti altri! Non si può sempre sentirsi colpevoli di qualcosa. Io non mi sento colpevole di un bel niente! Io ti avevo telefonato per avere un po’ di consolazione, per piangere o ridere un po’ insieme! Non importa. Ci risentiamo presto. Ti abbraccio…

 

 

Da quando sono caduti tutti i “muri” esterni, anche se è difficile pensare a dei muri solo esterni, mi pare che sia emerso con maggiore evidenza il problema dello stare insieme come un problema che riguarda tutti.

 

Anche se non si può non ammettere il maggior benessere in cui viviamo, mi pare che, almeno da vent’anni a questa parte, si sono moltiplicati dei muri sottili e invisibili tra le persone: la gente ha perso il gusto di parlare e non sa più ascoltare. Altre cose premono e travolgono.

 

Per una storia personale che preferisco non raccontare, io non ho potuto partecipare a questa “corsa” e inevitabilmente la mia attenzione si è rivolta a quelle trame sottili.

 

Da spettatrice forzata ho sentito il bisogno di offrire agli altri questi piccoli “flash” di quello che ho visto.

 

 

 

 

 

1.

 

 

 

 

 

– Vai a lavarti i piedi.

 

– No.

 

– Sono neri.

 

– Mamma ti voglio male.

 

– Lo so. Mi vuoi male e mi vuoi bene. Ma adesso vai a lavarti i piedi. Col sapone.

 

– Perché?

 

– Solo l’acqua non toglie quel nero. Ti porto le scarpine così te le metti in bagno.

 

– Mamma, vuoi vedere come sono venuti i miei piedi?

 

– Anche camminando sui talloni li sporchi. Senza sapone?

 

– No, col sapone. Mamma vuoi vedere il sapone? È bagnato.

 

– No, mi fido. Hai detto che te li sei lavati col sapone.

 

– Mamma, vuoi vedere il sapone?

 

– Ti ho detto di no.

 

Ci sono ancora delle mutandine?

 

Guarda. Hai fatto il bides, i denti la faccia?

 

– Si.

 

– Allora vestiti. Metti le mutandine, dalla parte giusta, brava, prima la maglietta, la maglietta va dentro la gonna.

 

– Dentro la gonna?

 

– Avevamo deciso che stava bene dentro quella gonna che non fa vedere la pancia. Hai messo le scarpine? Sono sporche, ma questa è stoffa, si può solo lavare. Vieni che ti pettino.

 

– Uei!

 

– Approfitto per toglierti i nodi. Metti il cerchietto

 

– Tu te ne approfitti!

 

– È vero. Va bene così adesso ti metto la crema per il viso.

 

– No, me la metto io.

 

– Adesso ce l’ho già in mano e finalmente per una volta te la metto io.

 

– La metti sempre tu. Ti ricordi quell’altra crema a Milano. La metti sempre tu.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2.

 

 

 

– Preoccupata?

 

– Moltissimo. Ma oggi non mi caverà una parola di bocca!

 

– Come vuole.

 

– Non è detto che questo sistema serva sempre a far parlare la gente.

 

– Non è detto.

 

– Guardi che se pensa che sono pazza si sbaglia!

 

– No, non è pazza.

 

– Ecco, in questi giorni mi sono convinta che non sono pazza ma non c’è niente che mi spaventi di più della normalità.

 

– Mmm

 

– Vorrebbe dire uscire da qualcosa che mi comprime in un modo spaventoso.

 

Lei sta pensando al solito utero materno?

 

– Io no

 

– Le dico una stranezza tanto c’è abituato. È come uscire da un pene che dovrebbe essere eccitato per comprimermi a quel modo.

 

– Sua madre?

 

– Si. Adesso la stranezza l’ha detta lei.

 

Adesso non ho più niente da dirle.

 

– Come vuole.

 

– Ha visto che si è fitto nella testa che questo sistema serve sempre con la gente?

 

– Con lei, non con la gente.

 

– Questa cosa che mi comprime è spaventosa ma mi protegge, è come essere sepolti sottoterra. Beh allora si sarebbe morti. Non è passata l’ora?

 

– Manca qualche minuto.

 

– Lei non potrebbe dire qualcosa di divertente?

 

– Mmm

 

– Almeno fare una faccia con una espressione… è come stare insieme a un muro.

 

– Ci vediamo giovedì. Arrivederla.

 

– Arrivederla.-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3.

 

 

 

 

 

– Oggi non mi sento.

 

– Dai, girati. Dici sempre così.

 

– Oggi è diverso.

 

– Vuoi che provi a picchiarti?

 

– Vuoi il mio permesso?

 

– Una sculacciata?

 

Sai che non mi piace se tu non vuoi.

 

– Potrei picchiarti io.

 

– No, adesso no. Ti desidero, io.

 

– Oggi sono andata troppo lontana. Sto bene così.

 

– Ritorna insieme a me. Potresti perderti.

 

– Voglio perdermi. Voglio andare più lontano.

 

– E io?

 

– Tu? Niente.

 

– E tu?

 

– Io? Niente.

 

– Dai, non fare la scema.

 

– Sto bene scema, oggi non mi sveglierai.

 

– Perché mi sfidi?

 

– Così mi fai male.

 

– Abbastanza male?

 

– No, sono sciolta. Oggi non puoi raggiungermi.

 

– Pensi che non ti ami abbastanza? Potrei ucciderti per farti tornare.

 

– Non puoi e io non voglio.

 

– Perché piangi adesso?

 

– Mi svegli senza prendermi. Soffro troppo.

 

– Lo sai che esisto se ci sei tu. Vieni.

 

– Prova a farmi più male. Ti sentirò.

 

– Allora girati.

 

– Dai, deciso.

 

– Senti male adesso?

 

– Si.

 

– Sei tornata?

 

– Si.

 

Siamo insieme

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4.

 

 

 

 

 

– Mamma, ti davo i calci quando stavo nella tua pancina?

 

– Si. Del resto me li dai anche adesso.

 

– Ma non mi accorgo.

 

– Si. Ci mancherebbe ancora che lo facessi di proposito!

 

– Mamma, sei bella.

 

– Tu sei bella. Bella impossibile.

 

– Non c’è bisogno che mi stacchi il naso per abbracciarmi. Ahi, adesso c’è rimasto un buco. Piangerò.

 

– Tu non sai piangere.

 

– È vero, ma imparerò. Con te imparerò.

 

– Mamma, io sono piagnona?

 

– Beh, un po’

 

– Del resto alla tua età non potevo leggere perché alla minima cosa piangevo. È vero che in casa circolavano solo libri come “In famiglia” “Senza famiglia”. Io non ero né in una condizione né nell’altra, così dovevo piangere per tutte e due.

 

– Mamma, parli così seria e io mi sento male di quello che dici… sei triste?

 

– Ora non più perché ho te e papà, tutti insieme siamo riusciti a fare proprio una bella famiglia, noi ci divertiamo insieme. Se tu non tentassi sempre di azzopparmi…

 

– La nonna è zoppa.

 

– Si, forse per questo ho usato questa espressione, ma tu non ti limiti ai piedi e alle gambe, come ti giri mi arriva almeno un gomito in un occhio…

 

– Oh mamma, è così divertente, e poi te l’ho detto, non lo faccio apposta.

 

– Si che lo fai apposta, quando una cosa si ripete sempre la stessa e non serve parlarne, bisogna pensare a un proposito ben preciso. Tu mi vuoi male.

 

– Mamma, non dirlo io ti adoro.

 

– Si, lo so, forse è proprio per questo. Anch’io ti adoro. Ma non stiamo comodi su questa altalena, dobbiamo scendere.

 

O forse per noi due, stare insieme sarà sempre così?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5.

 

 

 

 

 

 

 

– Cosa ne dici delle elezioni? Io sono ancora sotto shock. Pensavo che non avremmo vinto, ma che perdessimo in questo modo! E poi contro personaggi del genere!

 

– Ma si poteva prevedere che sarebbe andata così! Se si predica bene e si razzola male, prima o poi c’è da aspettarselo.

 

– Si, magari i candidati non erano sempre azzeccati… però dall’altra parte era comunque peggio! La scelta era tra destra e sinistra; quindi mi pare che contro il fascismo avremmo dovuto votare in grande maggiorana.

 

– Cosa vuoi che la gente capisca di destra e sinistra! Hai visto la televisione, ha scelto il personaggio più affascinante.

 

– Il brutto è che tantissimi hanno votato contro il proprio interesse. Più poveri e disperati erano, più hanno votato B., almeno mi sembra da quello che ho sentito. E il bello deve ancora venire….

 

– Beh, io ho ben poco da perdere! Chiunque venga non potrà certo peggiorare la mia situazione; peggio di così non potrò stare sicuramente!

 

– Sta tranquillo che un peggio c’è sempre! Metti che questi smantellino del tutto la sanità e la scuola pubblica! Ci vorranno decenni per riaggiustare quello che verrà distrutto. È inconcepibile quello che è avvenuto, anche perché si aveva già sotto gli occhi il fallimento di questa politica negli Stati Uniti e in Inghilterra.

 

– È inutile: quando si comincia a cedere, a non essere rigorosi con se stessi, poi certe cose sono inevitabili. Perché io, ad esempio, nel mio collegio, avrei dovuto votare per il candidato della sinistra, che è un commercialista stranoto, che aiuta la gente ad evadere meglio il fisco?

 

– Va beh, ma questo è un fatto personale”! Non puoi generalizzare”! Votare a destra è sempre peggio!

 

– Si, però non va nemmeno bene votare per gente che non ti rappresenta. La sinistra ha tante responsabilità!

 

– Sono d’accordo. Però in questo momento io non mi sento responsabile di quello che è successo. Penso proprio che non ce lo siamo meritati.

 

Qualcuno deve sapere perché è successo! Ma loro, lassù, se lo chiederanno?

 

 

 

 

 

6.

 

 

 

 

 

– Mamma, è vero che mi stanno crescendo le tette?

 

– Si, è vero, ma data la tua età credo che sia eccesso di grasso come la pancina.

 

– Tu hai delle belle tette!

 

– Ma vedi che non ti capisci proprio di niente! Io le ho così pluffe perché sono obesa, ma poi mi scendono alle ginocchia!…

 

– Mamma, come devono essere le tette?

 

– Alte e sode, poi grandi o piccole dipende dai gusti.

 

– Dai gusti di chi?

 

– Beh anche dai propri, ci sono delle donne che soffrono di avere tanto seno e se lo comprimono in tutti i modi o altre che se lo imbottiscono, o fanno la plastica… ma soprattutto dai gusti degli uomini, quelli che hanno tanto bisogno di una mamma cercano delle donne con delle tettone… anche se adesso usano di più i culi.

 

– Cosa vuol dire che usano?

 

– Vuol dire che da un po’ di anni gli uomini guardano più il sedere che le tette… tu non puoi ricordartelo, ma basta vedere come sono evoluti i costumi da bagno.

 

– Mamma, io avrò un bel seno?

 

– Io penso di si, ma non ci ho mica la palla di vetro.

 

– Il mio culetto è bello?

 

– Bellissimo, alto e sodo.

 

– Bello da toccare?

 

– Bellissimo.

 

– Hai visto che belle gambe ho?

 

– Sei sempre così entusiasta di te stessa che mi dà la nausea.

 

– Ma non sono bellissime?

 

– Si

 

– È vero che mi piace tanto toccarti le tette perché non mi hai allattato?

 

– Te l’ho detto io, ma sono quelle cose da manuale. Magari ti piace perché sei una lussuriosa.

 

– Cosa vuol dire?

 

– Uno dedito al piacere della carne, che non vuol dire che gli piace la bistecca. Uno che non guarda tanto quello che c’è dentro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

7.

 

 

 

 

 

 

 

– Mi hai portato la ricetta per le applicazioni alla schiena?

 

– No, non l’ho portata.

 

– Ma perché? Ti avevo pur detto che non le facevo a Milano perché le volevo fare qui in vacanza! Avevo già parlato con il fisioterapista di qui.

 

– Non mi sarò ricordato, poi la schiena ti sta meglio, perché sai… hai un tale menefreghismo per la tua salute che alla fine si comunica anche a me.

 

– Diciamo che- che io stia un po’ meglio o un po’ peggio- a te importa poco. Del resto ho appena visto come è rinato e come è felice il tuo analista da quando gli è morta la moglie. Perciò non mi stupisco. Prima ha dovuto assisterla, così il sollievo e la felicità sarà stata doppia. Dovrebbero metterlo come regola per far morire le mogli!

 

– Tu sei la solita vittima che fa tutto per gli altri e gli altri non fanno niente per lei.

 

– No, la questione è più semplice: invece di ricordarmi io cosa devi portarti tu e tu per me, ognuno si ricorda le sue cose e chiuso.

 

– È già così per la maggioranza delle cose.

 

– Si, ma le ricette mediche, le mie, le tieni tu. Così tu ti senti di poter decidere se io vorrò fare quella cura o no, anche senza chiedermelo. E abitiamo insieme, voglio dire, non dovevi attraversare l’Oceano per sapere come la pensavo!

 

– Nella corsa della partenza mi sarà sfuggito…

 

– Si, ma vedo che la ricetta del vaccino della bambina che sappiamo tutti e due a memoria e che probabilmente non avrò bisogno di fare, l’hai portata.

 

– Vedo che prendi la ricetta del dott. Fumagalli dalla mia cartella. La vuoi tenere tu?

 

– Si, cominciamo bene da subito e così andremo avanti bene.

 

Certo che si puo’ stare insieme senza essere mai insieme.

 

– Cosa vuoi dire?

 

 

 

 

 

8.

 

 

 

 

 

– Giochiamo che io nasco dalla tua pancia?

 

– Andiamo in camera della nonna. Stiamo più comodi.

 

– Ma tu non hai la pancia abbastanza gonfia per far nascere una bimba extrastellare!

 

– Aspetta, mi infilo tutta la coperta: adesso ci sta anche un elefante.

 

– Tu ce li hai i superpoteri?

 

– No, assolutamente no, non ho neanche il potere.

 

– Allora me li devo prendere da me

 

– Guarda che mi stai tutta addosso, mi schiacci.

 

– Tu devi fare la frittella per farmi nascere. Ti faccio male?

 

– No, no, un bene che non so descriverti!

 

Mi asfalti dalla testa ai piedi.

 

– Credo che dovro’ uscire dalla testa per mantenere i superpoteri

 

– L’importante è che esci. Da dove vuoi.

 

– Oggi ho un parto molto difficile.

 

– Me ne accorgo, sarà quasi due ore che manovri, mi sento come sotto un camion.

 

– Ma adesso d’improvviso esco…

 

… e sono bellissima e potentissima.

 

Non sei impressionata di avere una figlia così?

 

– Ninìn, sono basita, ma sono tutta rotta, forse non ho più l’età per mettere al mondo dei figli, ‘sta schiena…

 

– Aspetta, adesso ti tocco coi miei poteri magici e rinascerai nuova.

 

– Domani, bimbìn, facciamo domani la resurrezione, ti prego ti prego!

 

Nascita morte resurrezione…Tua nonna diceva: “Lasciamoci qualcosa per domani!”

 

 

 

 

 

9.

 

 

 

 

 

 

 

– Ah! È lei? Mi ero preparata il sorriso stereotipato per il fisioterapista.

 

– E per me com’è il sorriso?

 

– Per lei… c’è un abbraccio e un bacio.

 

– Posso già andare a fare la sua camera?

 

– Si, non c’è nessuno.

 

– Oggi sono andata al mercato a comprarmi il costume. Vuole vederlo?

 

– Certo.

 

– La parte di sotto me la metto perché per me è sempre la più difficile. Come mi sta?

 

– Benissimo, è un costume molto bello.

 

– Poi qui devo depilarmi.

 

– Ma il reggiseno non si infila così.

 

– Non riesco a slacciare la chiusura. Guardi se ci riesce lei.

 

– Io sono negata, realmente non si capisce, un modo ci deve essere. Adesso non avrò più tranquillità se non ci riesco! Ecco.

 

– Grazie

 

– Non così, deve sollevare il seno con la mano e calzare la coppa in modo che aderisca dal basso.

 

– Oh io ho sempre troppo seno!

 

– Non è contenta? Le piacciono le donne piatte?

 

– No, traffico traffico ma non riesco a metterlo bene, lo metterò a casa.

 

– Così si vede che ha un bellissimo seno… posso aggiungere per la sua età?

 

– Dice?

 

– Beh, adesso mi vesto perché sua mamma si starà già domandando cosa sto facendo qua.

 

 

 

 

 

 

 

10.

 

 

 

 

 

 

 

– Ma sa che è proprio una stronza! Mi scusi se parlo così, ma non riesco proprio a trattenermi!

 

– Parli pure come vuole.

 

– Ma sa cos’ha avuto il coraggio di dirmi? Le ho detto “Vai a stirare in camera, io qui in cucina ho bisogno del tavolo!… se non sono assolutamente tranquilla non riesco a cucinare, lei questo lo sa, io mi agito, poi mi sale la pressione a 200, poi non riesco a fare le cose bene e lei sa come sono loro… non va mai bene niente… e sa lei cos’ha avuto il coraggio di dirmi? “In camera non ci si può andare perché poi tu hai le tue due ore da riposare” Ma ci pensa? L’avrei strozzata! Allora le ho detto: “Senti cara io in piedi 18 ore non ci posso stare”. Ma le pare? Lei mi ha detto che lei ci sta. Oh, lei non sa come avrei voglia di bestemmiare!

 

– Allora deve bestemmiare, almeno si sfoga.

 

– Ma così ci vanno di mezzo persone che non c’entrano per niente.

 

– Ma lei lo sa che Ersilia è matta.

 

– Si, lei può giudicare la mia pazienza e come riesco a controllarmi sempre.

 

– Si è vero, lei si controlla sempre e con tutti.

 

– Ma lo sa che quel giorno che vado a casa ho la pressione 80/102 e come metto piede qui mi sale a più di 200 e devo continuare a prendere le pastiglie? Tutte le cose che ho da fare, lei queste cose le capisce, e il dottore e sua mamma… e poi questa stronza tra i piedi… il caldo, ma lo sente come fa caldo, io colo mentre faccio da mangiare e questa mi viene con il ferro in cucina. E poi le dico, avevo il forno acceso e mi sono trovata la finestra chiusa! La mia testa scoppia e non so più quello che ho da fare.

 

– Forse un’altra cosa…

 

– Ah, all’inizio sono tutte rose e fiori, poi ogni casa ha i suoi problemi. Se pagano bene, non serve girare. Io voglio lavorare ancora due anni per permettere a mio figlio di finire l’Università, poi mi metto in pensione.

 

Lei ha bisogno di qualcosa?

 

– No, grazie, va tutto bene. Io vado di là.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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  1. Donatella scrive:

    Sono molto belli questi flash e si leggono volentieri. Colgono dei momenti della vita che non sempre è facile descrivere.

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