19:32 — SPIELGER— AL NEW YORK FILM FESTIVAL –IL PONTE DELLE SPIE —TRAILER IN ITALIANO++ IL MANIFESTO CHE L’HA VISTO !

 

 

IL PONTE DELLE SPIE  –TRAILER IN ITALIANO

https://www.youtube.com/watch?v=8JICEhUw9C0

 

 

 

il manifesto - quotidiano comunista

 

 

oggi 6 ottobre 2015

http://ilmanifesto.info/lavvocato-della-guerra-fredda-un-eroe-dei-nostri-tempi/

 

 

 

VISIONI 

L’avvocato della guerra fredda, un eroe dei nostri tempi

Cinema. «Il ponte delle spie», il nuovo film di Steven Spielberg al New York Film Festival, e nelle sale italiane il 17 dicembre. Tra thriller e gusto dell’assurdo, protagonista Tom Hanks, usa la Storia per illuminare il presente

Tom Hanks in Il ponte delle spie 

NEW YORK

06.10.2015

6.10.2015, 0:59

5.10.2015, 21:13

Il thril­ler da Guerra fredda alla John Le Carré, un eroe che ricorda le col­la­bo­ra­zioni tra Frank Capra e Jimmy Stewart, il gusto per l’assurdo dei fra­telli Coen e un finale insce­nato come la deco­stru­zione, nella neve, di un duello all’OK Cor­ral. È Il ponte delle spie, l’ultimo film di Ste­ven Spiel­berg, pre­sen­tato dome­nica sera al New York Film Festi­val, e nelle sale ita­liane il 17 dicem­bre. Ai discor­danti ingre­dienti di sopra, il regi­sta di E.T.Indiana Jones aggiunge la pas­sione per la Sto­ria che, sem­pre di più, attra­versa il suo cinema, da regi­sta (L’impero del soleSchindler’s ListIl sol­dato Ryan, Ami­stadMunichWar Horse e Lin­coln) e non (basta pen­sare a Flags of Our FathersLet­tere da Iwo Jima diretti da Clint East­wood o alle due serie tele­vi­sive sulla seconda guerra mon­diale, Band of Bro­thers e The Paci­fic).
Al suo meglio, come per esem­pio in Lin­coln, la Sto­ria vista da Spiel­berg, è pas­sato per illu­mi­nare il pre­sente e que­sto dia­logo con l’attualità è par­ti­co­lar­mente vitale in Il ponte delle spie, che è ispi­rato da fatti e per­so­naggi real­mente esistiti.

L’azione – su sce­neg­gia­tura dell’inglese Matt Char­man poi però rivi­sta e spe­ziata da Joel ed Ethan Coen– si svolge a par­tire dal 1957. L’esecuzione dei Rosen­berg, avve­nuta quat­tro anni prima, è ancora nell’aria quando, in un soleg­giato pome­rig­gio new­yor­kese, incon­triamo Rudolf Abel (l’attore tea­trale Mark Rylance), anziano, soli­ta­rio, signore che passa il tempo libero dipin­gendo auto­ri­tratti e viste del Man­hat­tan Bridge, e che di pro­fes­sione fa la spia per i russi. Alter­nando a un fre­ne­tico pedi­na­mento per le strade e la metro­po­li­tana di Broo­klyn, alla tran­quilla rou­tine di Abel, ripresa con splen­dido gusto hit­ch­coc­kiano della suspense, Spiel­berg sug­ge­ri­sce subito la ten­sione nell’aria di quel par­ti­co­lare momento sto­rico e l’indiscutibile col­pe­vo­lezza del vec­chio signore.

Quando la Cia irrompe in casa sua e lo arre­sta senza troppi con­ve­ne­voli, ma anche senza tro­vare nulle per incri­mi­narlo, il pub­blico sa che Rudolf Abel non è un mal­ca­pi­tato inno­cente. L’eventualità della sua inno­cenza non entra nem­meno nel discorso quando i ver­tici della Cia si rivol­gono a uno stu­dio legale new­yor­kese per­ché asse­gni uno dei suoi migliori avvo­cati alla difesa di Abel. L’idea è di un pro­cesso veloce, che salvi la appa­renze del sistema legale di un paese demo­cra­tico, e trovi il suo lieto fine con l’imputato sulla sedia elet­trica. Ma la scelta del difen­sore cade su James B. Dono­van (Tom Hanks), spe­cia­liz­zato in polizze assi­cu­ra­tive, che non è entu­sia­sta dell’incarico ma crede nei diritti civili del suo cliente. «Un uomo di prin­ci­pio» dice di lui — in russo e con sar­ca­smo — il signor Abel.

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Spia o non spia, l’imputato ha diritto alla migliore difesa pos­si­bile, sostiene Dono­van, citando la costi­tu­zione ame­ri­cana ma alie­nan­dosi col­le­ghi, supe­riori, tutta l’opinione pub­blica e per­sino la fami­glia. E le cose non miglio­rano — quando, una volta che Abel viene decre­tato col­pe­vole– rie­sce ad evi­tar­gli la con­danna a morte. Cosa che poi però torna utile quando l’agente russo diventa merce di scam­bio per un gio­vane sol­dato ame­ri­cano, Fran­cis Gary Powers, pre­ci­pi­tato su suolo sovie­tico con il segre­tis­simo pro­to­tipo di un aereo spia U2.

Da New York, a Washing­ton fino a una Ber­lino di rovine, in cui si stanno met­tendo gli ultimi mat­toni al muro che la divi­derà per quasi quarant’anni, Dono­van — inviato infor­mal­mente e a suo rischio e peri­colo per nego­ziare lo scam­bio — è il libero bat­ti­tore in un intrigo diplomatico/thriller di scarti con­ti­nui, buro­crati inaf­fi­da­bili e prio­rità sba­glia­tis­sime. Equi­voci avvo­cati che trat­tano per conto della Ger­ma­nia dell’est, insi­diosi rap­pre­sen­tanti dei Crem­lino, agenti Cia che sono quasi peg­gio di entrambi, ai posti di blocco mili­tari tede­schi ancora aleg­gianti di nazi­smo, un’automobile spor­tiva bianca che sfrec­cia tra le strade inne­vate, un gruppo di per­sone che tenta di sca­val­care «il» muro e viene fal­ciato al suolo.

Sullo sfondo insi­dioso dell’Europa del dopo­guerra, Hanks dà al suo pala­dino della costi­tu­zione (nella tra­di­zione dei per­so­naggi di Stewart e Gary Coo­per o dell’avvocato Atti­cus Finch nel clas­sico anti­raz­zi­sta To Kill a Moc­kin­bird) un piglio, uno humor e un’ostinazione pal­pa­bili. Spiel­berg, che era un teen ager negli anni in cui è ambien­tato il film, ha detto in parec­chie inter­vi­ste di averlo fatto in omag­gio a suo padre, che visitò l’Unione Sovie­tica quando i rot­tami dell’aereo spia di Powers erano espo­sti sulla Piazza rossa, a riprova dell’ostilità americana.

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Ma è dif­fi­cile, in que­sta fine­stra aperta sul pas­sato, non vedere (anche) la guerra solo un po’ meno fredda con la Rus­sia di Putin, gli errori enormi, anti­co­sti­tu­zio­nali, fatti nel nome della guerra al ter­rore, i passi falsi della poli­tica estera ame­ri­cana di oggi e il loro riflet­tersi sull’opinione pub­blica del paese. In Il ponte delle spie James Dono­van (che Ken­nedy avrebbe poi man­dato a Cuba a trat­tare il rila­scio di pri­gio­nieri ame­ri­cani dopo la Baia dei porci) non è un eroe delle Guerra fredda, ma dei nostri tempi.

 

 

 

 

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