PIER PAOLO PASOLINI, LA RESISTENZA E LA SUA LUCE —LACRIME—LA RELIGIONE DEL MIO TEMPO, I MERIDIANI, MONDADORI, pp. 944-947

 

Centro Studi Pier Paolo Pasolini Casarsa della Delizia

 

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“La Resistenza e la sua luce”, di Pier Paolo Pasolini

 
25 aprile 1045

Per onorare i settanta anni dalla lotta di Liberazione, scegliamo dalla raccolta La religione del mio tempo  la poesia La Resistenza e la sua luce in cui Pasolini rievoca i giorni friulani della guerra, la sua storia di “perseguitato”,  la scelta del fratello partigiano Guido, tragicamente ucciso, lo slancio di speranza che animò l’Italia antifascista in lotta e poi, nel primo dopoguerra, ne guidò l’impegno democratico. Quasi un vorticoso zoom sulla storia italiana, in cui la vicenda personale del poeta si intreccia a quella collettiva di tutto un popolo resistente e che nel testo trova nell’immagine ripetuta della “pura luce” l’equivalente adatto a esprimere  l’ansia di giustizia e di libertà di un esaltante momento storico, prima che tutta quella luce (così il poeta deluso scrive nel testo immediatamente successivo, Lacrime) non si rivelasse altro che “un sogno / ingiustificato, inoggettivo, fonte / ora di solitarie, vergognose lacrime”. (af)

 

Così giunsi ai giorni della Resistenza
senza saperne nulla se non lo stile:
fu stile tutta luce, memorabile coscienza
di sole. Non poté mai sfiorire,
neanche per un istante, neanche quando
l’Europa tremò nella più morta vigilia.
Fuggimmo con le masserizie  su un carro
da Casarsa a un villaggio perduto
tra rogge e viti: ed era pura luce.
Mio fratello partì, in un mattino muto
di marzo, su un treno, clandestino,
la pistola in un libro: ed era pura luce.
Visse a lungo sui monti, che albeggiavano
quasi paradisiaci nel tetro azzurrino
del piano friulano: ed era pura luce.
Nella soffitta del casolare mia madre
guardava sempre perdutamente quei monti,
già conscia del destino: ed era pura luce.
Coi pochi contadini intorno
vivevo una gloriosa vita di perseguitato
dagli atroci editti: ed era pura luce.
Venne il giorno della morte
e della libertà, il mondo martoriato
si riconobbe nuovo nella luce ….

Quella luce era speranza di giustizia:
non sapevo quale: la Giustizia.
La luce è sempre uguale ad altra luce.
Poi variò: da luce diventò incerta alba,
un’alba che cresceva, si allargava
sopra i campi friulani, sulle rogge.
Illuminava i braccianti che lottavano.
Così l’alba nascente fu una luce
fuori dall’eternità dello stile …
Nella storia la giustizia fu coscienza
d’una umana divisione di ricchezza,
e la speranza ebbe nuova luce.

(La Resistenza e la sua luce e Lacrime furono pubblicate nella sezione La ricchezza (1955-1959) della raccolta La religione del mio tempo, edita da Garzanti nel 1961, ora in P.P.Pasolini, Tutte le poesie, a cura di W.Siti, vol. I, “Meridiani” Mondadori, Milano 2003, pp.944-947).

Guido Alberto Pasolini

Guido Alberto Pasolini

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LA POESIA SUCCESSIVA ::: LACRIME

 Ecco quei tempi ricreati dalla forza
brutale delle immagini assolate:
quella luce di tragedia vitale.
Le pareti del processo, il prato
della fucilazione: e il fantasma
lontano, in cerchio, delle periferia
di Roma biancheggiante in una nuda luce.
Gli spari; la nostra morte, la nostra
sopravvivenza: sopravvissuti vanno
i ragazzi nel cerchio dei palazzi lontani
nell’acre colore del mattino. E io,
nella platea di oggi, ho come una serpe
nei visceri, che si torce: e mille lacrime
spuntano in ogni punto del mio corpo,
dagli occhi ai polpastrelli delle dita,
dalla radice dei capelli al petto:
un pianto smisurato perché sgorga
prima d’essere capito, precedente
quasi al dolore. Non so perché‚ trafitto
da tante lacrime sogguardo
quel gruppo di ragazzi allontanarsi
nell’acre luce di una Roma ignota,
la Roma appena affiorata dalla morte,
superstite con tutta la stupenda
gioia di biancheggiare nella luce:
piena del suo immediato destino
d’un dopoguerra epico, degli anni
brevi e degni d’un intera esistenza.
Li vedo allontanarsi: ed è ben chiaro
che, adolescenti, prendono la strada
della speranza, in mezzo alle macerie
assorbite da un biancore ch’è vita
quasi sessuale, sacra nelle sue miserie.
E il loro allontanarsi nella luce
mi fa ora raggricciare di pianto:
perché? Perché non c’era luce
nel loro futuro. Perché c’era questo
stanco ricadere, questa oscurità
Sono adulti, ora: hanno vissuto
quel loro sgomentante dopoguerra
di corruzione assorbita dalla luce,
e sono intorno a me, poveri uomini
a cui ogni martirio è stato inutile,
servi del tempo, in questi giorni
in cui si desta il doloroso stupore
di sapere che tutta quella luce,
per cui vivemmo, fu soltanto un sogno
ingiustificato, inoggettivo, fonte
ora di solitarie, vergognose lacrime.

 

***

Da Pier Paolo PasoliniLA RELIGIONE DEL MIO TEMPO (6. Un’educazione sentimentale – La resistenza e la sua luce – Lacrime), Garzanti 1961.

***

La foto è di Sandro Becchetti

 

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