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Umberto Saba – Il garzone con la carriola
Umberto Saba
1883 – 1957
Umberto Saba nacque a Trieste. Il suo vero nome era Umberto Poli .
Si fece chiamare Saba, che in ebraico significa ” pane “, in omaggio alla
madre ebrea e come segno di rifiuto del padre da cui era stato abbandonato
ancor prima di nascere .
Partecipò alla prima guerra mondiale, ma senza essere mandato al fronte.
Fu discriminato dalle leggi razziali del fascismo.
Lasciò scritto che la sua vita era stata ” povera ( relativamente ) di avvenimenti
esterni; ricca a volte fino allo spasimo, di moti e risonanze interne ”
Nelle sue opere cercò la semplicità e la purezza della parola poetica .
La sua opera piu’ conosciuta è il Canzoniere, che raccoglie le poesie
composte fra il 1910 e il 1944.
In piu’ occasioni, Saba dice nei suoi versi che la vita di un poeta è uguale a
quella di tutti gli altri uomini, con questa sola differenza: che egli soffre e
gioisce di piu’.
Dunque chi ha la sensibilità poetica è destinato a soffrire molto, ma anche a
vivere dei momenti di felicità sconosciuti alla maggioranza delle persone.
Saba sa che questo è un suo privilegio, ma vorrebbe che tutti potessero
goderne e per questo ce ne spiega il segreto.
Dice che, per avere anche solo un momento di felicità, dobbiamo
sentirci in pace con tutti e ” portare fuori ” di noi la vita, cioe’
smettere per un po’ di pensare a noi stessi per guardarci attorno.
Dobbiamo ” spalancare le finestre ” sul mondo e fermarci ad osservare le cose
e le persone attorno a noi, per scoprire che la Terra è ripiena di gioia.
Se siamo disposti a dimenticare il nostro ” io “, anche un ragazzo che
corre cantando per la strada può rivelarci che esiste la
felicità di vivere; se ci fermiamo a guardarlo, la sua gioia ci contagia e la sua
percezione entra in noi.
IL GARZONE CON LA CARRIOLA
E’ bene ritrovare in noi gli amori
perduti , conciliare in noi l’offesa ,
ma se la vita all’ interno ti pesa
tu la porti al di fuori.
Spalanchi le finestre o scendi tu
tra la folla: vedrai che basta poco
a rallegrarti: un animale , un gioco ,
o, vestito di blu ,
un garzone con una carriola ,
che a gran voce si tiene la strada aperta,
e se appena in discesa trova un’erta
non corre più, ma vola.
La gente che per la via a quell’ ora è tanta
non tace, dopo che in dietro si tira.
Egli più grande fa il fracasso e l’ira,
più si dimena e canta.
Umberto Saba, LA SERENA DISPERAZIONE (1913-1915), Mondadori Editore, 1951, pp. 11-12
UN RICORDO
Non dormo. Vedo una strada, un boschetto,
che sul mio cuore come un’ansia preme;
dove si andava, per stare soli e insieme,
io e un altro ragazzetto.
Era la Pasqua; i riti lunghi e strani
dei vecchi. E se non mi volesse bene
– pensavo – e non venisse più domani ?
E domani non venne. Fu un dolore,
uno spasimo fu verso la sera;
che un’ amicizia (oggi lo so) non era,
era quello un amore;
il primo; e quale e che felicità
n’ebbi, tra i colli e il mare di Trieste.
Ma perché non dormire, oggi, con queste
storie di, credo, quindici anni fa ?
(ibidem, pp. 21-22)
Bellissime, scarne e piene di vita queste poesie. Sono anche un suggerimento.