MARCO ARESU, UNA PAROLA AL GIORNO .IT CI INTRODUCE A UNA PAROLA DIFFICILE, PER I CURIOSI E’ ::: PARONOMASIA // MA HA ESEMPI DIFFUSISSIMI…

 

UNA PAROLA AL GIORNO.IT  — 16 GIUGNO 2018

https://unaparolaalgiorno.it/significato/P/paronomasia?utm_source=notification&utm_medium=push&utm_campaign=pdg

 

Paronomasia

 

WIKI::: 

Esempi di proverbi ed espressioni idiomatiche:

  • «Carta canta»
  • «Capire fischi per fiaschi»
  • «Dalle stelle alle stalle»
  • «Chi non risica non rosica»
  • «Senza arte né parte»
  • «Volente o nolente»
  • «Chi dice donna dice danno»
  • «Il troppo stroppia»
  • «C’era un grande via vai»

Risultati immagini per PARONOMASIA IMMAGINE?

 

Risultati immagini per PARONOMASIA IMMAGINE?

POESIA :::

 

« Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono

di quei sospiri ond’io nudriva il core

in sul mio primo giovenile errore

quand’era in parte altr’uom da quel ch’io sono…. »

(Petrarca)
« Talor, mentre cammino solo al sole

e guardo coi miei occhi chiari il mondo… »

(Sbarbaro)

pa-ro-no-mà-sia

SIGNIFICATO :: Figura retorica che consiste nell’accostamento di parole che abbiano una qualche somiglianza fonica, ma siano differenti nel significato

dal latino tardo paronomàsia, a sua volta dal greco paronomasía, ‘gioco di parole che suonano allo stesso modo’, composto di pará ‘vicino a’ e ónoma‘nome’

Mi capita, quando leggo o studio qualcosa che non sia strettamente legato alle mie materie, di beccare quel parolone che incute, a me incauto lettore, timore e confusione; ecco perché oggi ho deciso di iniziare dicendo che la paronomasia è chiamata anche bisticcio: una parola semplice, che tutti abbiamo sentito e usato almeno una volta, e che ben rende l’idea di queste due parole, vicine l’una all’altra, che simili tra loro cozzano e… bisticciano. Ovviamente la parola “bisticcio” ha altri significati, e questa è solo la mnemotecnica che uso io per ricordarmi che la paronomasia è, appunto, un bisticcio di parole.Un primo appunto da fare prima di citare qualche esempio è la distinzione che si è soliti fare tra la paronomasia apofonica e quella isofonica: la prima, infatti, si basa sull’alternanza vocalica nella radice della parola; la seconda sull’uguaglianza della vocale su cui cade l’accento delle due parole.La radice di una parola, nell’Italiano, è quella parte della parole che non è soggetta a variazioni. Detto ciò, un ottimo esempio di paronomasia apofonica è tratto dal primo canto dell’Inferno dantesco: «e non mi si partía d’innanzi al vólto, / anzi impediva tanto il mio cammino, / ch’i’ fui per ritornar piú volte vòlto». Dante è alle prese con la lonza, una delle tre fiere che incontra nella selva, e ci dice che essa non si allontanava dal suo sguardo, anzi: era un ostacolo così grande che Dante ha pensato diverse volte di interrompere il cammino e tornare indietro. La paronomasia è in vólto/volte/vòlto: il primo è il singolare del sostantivo “volto”, quindi c’è il plurale del sostantivo “volta” e infine il participio passato del verbo “volgere”; la radice è sempre “volt-”, ma etimologicamente diversa in tutti e tre i casi. I più attenti, poi, hanno forse pensato al fatto che, tra il primo e l’ultimo verso della terzina, c’è un’epifora (e cioè la ripetizione di parole o gruppi di parole alla fine dei versi).Sempre in Dante, ma stavolta nel ventisettesimo canto del Purgatorio, troviamo invece un esempio di paronomasia isofonica: «e’ disse: “Il temporal foco e l’etterno / veduto hai, figlio; e se’ venuto in parte / dov’io per me più oltre non discerno». Stiamo assistendo alla separazione tra Dante e Virgilio, e quest’ultimo, nelle sue ultime parole rivolte al pellegrino, inserisce la paronomasia veduto/venuto (non vi è mutamento vocalico nella radice in questo caso, ma consonantico, e la vocale su cui cade l’accento è la stessa).Di paronomasia è pieno anche il linguaggio quotidiano (e non deve stupire, perché come abbiamo spesso visto le ripetizioni e somiglianze son terreno fertile per le frasi fatte): cade dalle stelle alle stalle, colui la cui situazione peggiora rovinosamente all’improvviso, e volente o nolente gli tocca rimboccarsi le maniche, fare una scelta svelta e darsi da fare, se non vuole fare la fame!

Mauro Aresu, giovane studente di Lettere classiche, a venerdì alterni ci racconta una figura retorica.

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *