ANTONIO FERRARA, MARINO NIOLA, TOMASO MONTANARI, REPUBBLICA DEL 6 GENNAIO 2018 :: Le nozze della discordia alla Reggia di Caserta

 

 

REPUBBLICA DEL 6 GENNAIO 2018

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Le nozze della discordia alla Reggia di Caserta

 

Longread (articolo lungo)  Beni Culturali

Polemica per l’affitto a 30mila euro all’ad di una griffe. La sposa: “Ho scelto un simbolo della mia città”. Felicori: basta con l’odio per la ricchezza, lo Stato da solo non ce la fa. Le opinioni pro e contro

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COMMENTA

CASERTA. “Cosa dovrei fare? Chiudere la Reggia ai ricchi? Davvero non capisco certe polemiche. Noi ospitiamo eventi nel palazzo vanvitelliano perché abbiamo spazi che sono stati destinati dal governo a questa funzione”. Mauro Felicori festeggia il dato del 22 per cento, il miglior incremento del numero di visitatori tra i grandi musei italiani: e mentre quella che lui chiama “la cura della comunicazione” ha fatto salire a 838 mila i biglietti staccati alla Reggia di Caserta, il manager bolognese deve fare i conti con un fuoco di polemiche scoppiate sui social per aver concesso la sala Romanelli per il matrimonio di Angela Ammaturo, amministratore delegato del marchio di moda Frankie Morello.

Per prevenire gli attacchi, lo stesso Felicori, uno dei nuovi direttori insediati dalla riforma Franceschini, molto attivo sui social, aveva postato sulla sua pagina Facebook un fotomontaggio in cui viene raffigurato come il boss delle cerimonie, Antonio Polese, deceduto qualche mese fa, noto per il docu-reality trasmesso da Real Time in cui si dava conto dei matrimoni trash organizzati nel suo albergo. La giovane sposa, 26 anni, e il neo marito, Francesco Rossi Guarnera, studi da avvocato, si sono conosciuti un anno fa e hanno deciso di sposarsi a Napoli, nella chiesa di San Francesco di Paola in piazza Plebiscito. A cantare l’Ave Maria per loro venerdì pomeriggio c’era Andrea Bocelli, giacca blu e papillon nero. E poi hanno voluto il ricevimento in un luogo speciale. “La Reggia è strepitosa – dice con un sorriso Angela Ammaturo mentre con il marito attende gli ospiti del brunch al Circolo Rari Nantes di Napoli – è il simbolo di Napoli che è la mia città, perché io sono napoletana. Bocelli? È un caro amico di famiglia”.

Duecentocinquanta invitati, tre saloni presi in fitto, fiori lungo lo scalone monumentale che porta al piano nobile: rose, peonie, orchidee e ortensie, tutte rigorosamente bianche. Un centinaio di addetti impegnati sin dalla mattina, con il monumento che è rimasto regolarmente aperto. Menu a base di pesce, un centinaio tra camerieri e chef, una trentina di hostess. “Non capisco le polemiche. Anzi, mi chiedo: perché non dovrei fare i matrimoni in un palazzo che è nato per ospitare feste ed eventi? Non usiamo certo le sale museali, quella del Trono o quelle affrescate e decorate, ma spazi liberati dalla Scuola superiore di pubblica amministrazione” dice Felicori. E spiega che l’incasso per la concessione del sito, fissato da un tariffario (“che ho trovato e non ho modificato” precisa) ha consentito di incamerare 30mila euro (saranno usati per la manutenzione) “e anche di far guadagnare 50 euro all’ora ai custodi impegnati, che in tempo di taglio degli straordinari non mi pare proprio da sottovalutare”.

Ma 30mila euro non sono forse troppo pochi per poter godere della Reggia da soli? “Se fossero pochi in due anni avrei già avuto altre richieste, questa è stata la prima. Ho rimesso la Reggia di Caserta al centro dell’attenzione, facciamo regolarmente congressi. Anche quelli costano, anche quelli sono per “ricchi”. Che facciamo? Se si odia la ricchezza, si faccia una norma per vietare i matrimoni negli spazi pubblici. Anzi, vietiamo la ricchezza” dice Felicori. E annuncia che presto avrà a disposizione 30mila metri quadri di locali prima occupati dall’Aeronautica. “La userò per eventi, servono soldi per la manutenzione e i restauri. Chi è contro i matrimoni, alla fine, è contro la tutela. Lo Stato da solo non può fare tutto, dovrebbe essere ormai chiaro a tutti”.

Il commento/A favore

Marino Niola: “Nessuno scandalo, quei soldi sono utili”

Matrimonio e patrimonio oggi sposi. Anche se c’è chi dice che quest’unione non s’ha da fare. Perché l’uno non sarebbe degno dell’altro. Eppure da secoli si celebrano unioni da favola in chiese che riepilogano interi capitoli di storia dell’arte. E questo uso rituale degli spazi sacri non nuoce allo stato dei luoghi, né alla loro conservazione. Né tantomeno costituisce uno svilimento del loro valore culturale. A quante cerimonie, più o meno eleganti, avranno assistito le Sibille del Duomo di Siena, il Cristo di Sant’Apollinare in Classe a Ravenna, la Vergine Odigitria di Torcello? Eppure quei capolavori sono rimasti quel che erano. Belli e impassibili.
Anzi, gli introiti degli eventi, possono aiutare alla conservazione di tanti gioielli artistici e architettonici, che hanno costi di manutenzione elevatissimi. E persino i rinfreschi e le cene che di solito concludono i vernissages delle mostre nei grandi musei, non hanno mai torto un capello alla Gioconda o attentato alla virtù della Venere di Botticelli. Un contatto moderato e regolato con i beni culturali li rende più vicini alla vita delle persone. E può avere una funzione civica decisiva. Perché niente educa come la bellezza.
Semmai la questione è di renderla accessibile in maniera equa e democratica. Perché non sia solo un’esperienza da privilegiati. E le splendide sale della Reggia di Caserta, o lo studiolo del Palazzo Ducale di Urbino, non siano appannaggio esclusivo dell’ad di un marchio di moda, ma anche di una coppia di insegnanti. Insomma lo sposalizio tra luoghi d’arte e fiori d’arancio si può fare.

Il commento/Contro

 

Tomaso Montanari: “La bellezza è di tutti. Non diamola solo a pochi”

È osceno il messaggio che scaturisce dal fanta-matrimonio alla Reggia di Caserta: in un tempo di atroce diseguaglianza e in una terra sfigurata dalla prepotenza dei potenti, lo Stato dice che chi ha i soldi può comprarsi tutto. Anche l’uso di un monumento nazionale mantenuto con le tasse della povera gente che sta fuori a guardare i nuovi ricchi a banchetto. La Reggia torna una reggia dell’antico regime: con tanti saluti alla sovranità nazionale.

Dopo il festino pre-matrimoniale a Palazzo Pitti a Firenze, il matrimonio trash della Reggia illustra la “dottrina Franceschini”: mercificazione spinta, a detrimento della tutela (terribilmente eloquente la fotografia dell’allestitore del serto floreale, tranquillamente a cavallo di uno dei leoni monumentali dello scalone) e della funzione costituzionale del patrimonio. E perfino una deputata del Pd (il partito del ministro Franceschini e il partito che sta vagliando la candidatura del direttore della Reggia alle prossime politiche) scrive che “se questo è il prezzo da pagare per avere un po’ di soldi in più per i nostri beni culturali, non so se davvero ne valga la pena”.

Già, il prezzo: parafrasando la pubblicità di una carta di credito, la Reggia passa da “ciò che non ha prezzo” a “tutto il resto”, per cui basta pagare. Ma pagare quanto? Trentamila miserabili euro: niente in confronto a ciò che avrà chiesto Bocelli per cantare in chiesa, o anche solo della fortuna spesa in fiori esotici. Anche questo è eloquente: dando un prezzo a tutto, ci accorgiamo quanto vale per noi il patrimonio culturale. Spiccioli.

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