La quinta sinfonia

di Gregorio Moppi 

Ogni sinfonia di Beethoven è un romanzo, e ciascun romanzo merita di essere pubblicato in un volume a sé, sostiene Teodor Currentzis, il direttore greco che insieme alla sua orchestra russa affronta partiture classiche con energia punk. Perciò, pur avendo registrato a Vienna la Quinta e la Settima in coppia, sceglie tuttavia di mandarle fuori separatamente. Quasi che, costrette a coabitare in uno stesso cd, le due sorelle potessero togliersi reciprocamente aria.

Dunque adesso esce la sola Quinta ( una mezz’oretta di durata), l’altra seguirà presto.

E questa Quinta sinfonia suona come un terremoto. Sovversiva, però lucida. Forse si presentò così ai primi ascoltatori nel 1808: la raffigurazione in note di una rivolta. Ispida, rocciosa, elettrica, sanguigna. Rosseggiante di utopia. Un dramma che comincia oscuro, si precipita turbinoso sull’acciottolato della scrittura beethoveniana (alle velocità febbrili che Beethoven pretende dagli esecutori), finché, lasciati sul campo morti, feriti e tanto sangue, man mano si schiude radioso, comunque non davvero pacificato.

Currentzis, condottiero veemente e visionario eppure con la testa ben piantata sulle spalle, ha con sé MusicAeterna, combattenti temprati dal clima siberiano che lo seguirebbero ovunque. Ma lui, da autentico guru qual è, li trascina in battaglia soltanto dopo averli convinti dell’ineluttabilità dell’impresa.