Franco Iacch, La crisi in Ucraina e la dottrina fuorviante del conflitto atomico regionale – LIMESONLINE.COM – 12 GENNAIO 2022

 

 

LIMESONLINE.COM – 12 GENNAIO 2022

https://www.limesonline.com/armi-nucleari-sempre-strategiche-first-strike-usa-russia-nato/126223

 

 

La crisi in Ucraina e la dottrina fuorviante del conflitto atomico regionale

 

Carta di Francesca Canali

Carta di Francesca Canali – 2020

 

 12/01/2022

Se Mosca si sentisse sull’orlo della sconfitta in una guerra percepita come regionale dagli Stati Uniti, ma considerata esistenziale per i russi, come reagirebbe?

 

di Franco Iacch

 

NUCLEARE, SCONTRO USA-RUSSIA

Il Consiglio per la sicurezza nazionale consegna al presidente degli Stati Uniti il ventaglio di tutte le opzioni disponibili e aggiornate (Blue sky options) per rispondere a una minaccia specifica. Le agenzie di intelligence e il dipartimento della Difesa statunitense elaborano costantemente dei piani d’attacco per fronteggiare tutte le minacce attuali ed emergenti. Tuttavia, quando si considera l’azione militare è importante riconoscere le variabili e le lacune di intelligence che complicano inevitabilmente il processo decisionale politico e militare.

 

Un primo colpo (first strike) limitato o un attacco preventivo strategico regionale contro le truppe russe ammassate al confine con l’Ucraina non escluderebbe la rappresaglia termonucleare globale di Mosca. Qualsiasi decisione è affidata all’infallibilità e alla capacità di discernimento concessa al presidente degli Stati Uniti, ma l’opzione nucleare – caldeggiata da alcuni legislatori americani – non dovrebbe essere presa mai in considerazione.

 

Le armi nucleari sono per natura indiscriminate e ogni loro utilizzo comporta il rischio di un’escalation incontrollata. Tuttavia, ipotizziamo che oltre la demagogia e l’information warfare (guerra dell’informazione) di queste ore sull’Ucraina, l’idea di un conflitto termonucleare limitato sia ritenuta una opzione percorribile. La testata W76 Mod 2/Mk4A degli Stati Uniti, configurata per una singola detonazione primaria rispetto al doppio evento esplosivo previsto negli asset termonucleari, è stata progettata e messa in servizio proprio per i “conflitti strategici regionali”, cioè per eliminare un gap percepito potenzialmente sfruttabile dai russi in un contesto operativo limitato.

 

Secondo la dottrina del “conflitto regionale”, un asset in grado di rispondere a minacce limitate dovrebbe possedere una resa esplosiva tra un minimo di due a un massimo di sei chilotoni. Il problema di asset come la W76 Mod 2 – impensabile un ricorso alle B61-12, garanzia politica degli Stati Uniti che ne detengono la proprietà e la discrezionalità a protezione dell’Europa, ma non concepite per la “decapitazione” – è concettuale: credere che nel ventaglio strategico in linea esista un asset in grado di essere utilizzato in un isolato evento estremo. Minimizzare e sottovalutare la resa di un asset strategico, in virtù della percezione di un gap potenzialmente sfruttabile nella deterrenza regionale, potrebbe essere fatale.

 

Se Mosca rilevasse anche un solo Trident II D5 in volo con plausibile traiettoria delle testate verso obiettivi russi tra Voronež e la Crimea, difficilmente attenderebbe di capire la resa esplosiva delle Mirv (Multiple independently targetable reentry vehicle) imbarcate prima di ordinare un attacco di rappresaglia. Qualsiasi first strike – compresi quelli passanti per le rotte circumpolari – non giungerebbe inaspettato.

 

A entrambi gli schieramenti, anche una limitata finestra temporale garantirebbe il “giorno del Giudizio”. Ancor prima che i battaglioni russi fossero colpiti, diversi Iskander (solo per fare un esempio di risposta “regionale”) sarebbero probabilmente in volo verso le infrastrutture militari europee della Nato. Tuttavia, considerando la capacità di carico utile dei Trident (in configurazione standard l’UGM-133A può imbarcare quattro-cinque MIRV, ma potrebbe trasportarne fino ad un massimo di quattordici) e la resa esplosiva massima delle sue testate a rientro multiplo indipendente anche un singolo SLBM configurato in assetto “leggero” con le W76-2 (in virtù del conflitto regionale) potrebbe arrecare danni inaccettabili pur non possedendo capacità di decapitazione (resa esplosiva che sarebbe nota soltanto all’attaccante).

 

Se Mosca percepisse quel “singolo e limitato attacco strategico regionale” come un rischio per la sopravvivenza stessa della Russia, non esiterebbe a bersagliare gli Stati Uniti e gli alleati della Nato. Questo perché il bagaglio di preoccupazioni e informazioni dell’attaccante non è mai allineato a quello del destinatario.

 

Carta di Laura Canali, 2020

Carta di Laura Canali – 2020

 

Lo stesso principio è valido per la percezione delle intenzioni. La definizione che raggruppa le armi nucleari non strategiche è una reliquia della guerra fredda. In base al concetto scalare di un asset tattico, l’impiego di quest’ultimo è teoricamente ritenuto isolato, limitato e proporzionale. Tuttavia ogni arma termonucleare impiegata è strategica. Ciò è dovuto al crescente riconoscimento che qualunque utilizzo del nucleare avrebbe conseguenze strategiche.

 

Ed è sotto la lente strategica che bisogna valutare il loro reale fine, cioè convincere l’avversario di non poter raggiungere i propri obiettivi pena una rappresaglia devastante. Se il first strike regionale statunitense venisse percepito da Mosca come il preludio a un massiccio attacco volto a degradare il deterrente strategico del Cremlino, l’escalation verso la guerra termonucleare globale diverrebbe certa.

 

 

La deterrenza è essenzialmente un’arma psicologica attiva sulle percezioni del potenziale avversario, ma perderebbe la sua efficacia senza una capacità credibile (certezza strategica). Se Mosca si sentisse sull’orlo della sconfitta in un conflitto percepito come regionale dagli Stati Uniti, ma considerato esistenziale per i russi, potrebbe vedersi costretta a lanciare l’intero ventaglio strategico di proiezione. Nessuno sa quello che accadrà una volta avviati i lanci, mentre ancora più pericolose potrebbero essere le implicazioni sulla stabilità strategica mondiale.

 

 

Nonostante i presidenti Vladimir Putin e Joe Biden a Ginevra abbiano sottolineato di essere consapevoli della loro corresponsabilità e che non ci sarebbero vincitori in una guerra nucleare che non dovrà mai essere combattuta, le rispettive dottrine sull’utilizzo della forza strategica suggeriscono che ciascuna parte crede che le guerre nucleari regionali possano essere combattute, vinte e in qualche modo limitate.

 

 

Le errate percezioni sulla quali si basano le immagini esistenti – per lo più negative come la differenza tra avvertimento e aggressione – potrebbero essere fatali: l’unica utilità positiva delle armi termonucleari è il loro non impiego.

La dottrina di una guerra termonucleare limitata e gestibile è orribile. Promuove la distorta percezione di riuscire a riscrivere l’equilibrio del terrore della guerra fredda, corrodendo il profondo e sacrosanto timore che tutti dovrebbero provare quando si considera fattibile l’opzione nucleare.

 

 

 

Tabella di Laura Canali - 2016
Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

1 risposta a Franco Iacch, La crisi in Ucraina e la dottrina fuorviante del conflitto atomico regionale – LIMESONLINE.COM – 12 GENNAIO 2022

  1. ueue scrive:

    Speriamo che, ancora una volta, la minaccia atomica tenga lontano la guerra.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *