1. 4 una storia genetica come tante…e un vecchissimo dibattito ideologico: “ereditarietà o ambiente?”

 

 

1.  4a

 

 

 

La mia infanzia

come

quella di

tutti

i malati mentali

“sa”

le origini

della mia malattia.

Illustri genetisti

Eric Kandel

tra gli altri

 

 

 

ritengono

che

il patrimonio genetico

indichi una tendenza

una virtualità

 

 

che

 

come per tutte le altre malattie

che

potenzialmente

portiamo con noi alla nascita

 

ha bisogno di un terreno

per svilupparsi.

Più precisamente: un ininterrotto rapporto reciproco di modificazione si stabilisce immediatamente

tra gene ed esperienze

nelle prime fasi della vita.

 

(Di mio, direi : più veloce di un bel po’ nelle prime fasi di vita,

ma, secondo me, questo reciproco rapporto  continua fino alla morte.

Non so quanti anni avrò davanti, ma mi aspetto di fare ancora grandi progressi prima di comparire al cospetto!)

 

 

Sono le caratteristiche del terreno

a permettere                                 o  non

al seme di crescere:

 

è del gene la caratteristica di svilupparsi bene in un certo terreno o di non svilupparsi: nel caso peggiore può anche arrestare certe caratteristiche utili alla sopravvivenza nel suo specifico ambiente e sviluppare solo quelle non  utili..

 

Tutti siamo portatori di tante virtualità di malattie,

ma solo se incontriamo un particolare ambiente,

queste si sviluppano.

 

Ci sono malattie in cui la forza del gene di imporsi sul terreno è più alta, in altri è più forte il terreno.

 

E’ “terreno” per il seme

e “ambiente”                                      per l’uovo fecondato

 

tutto quello che lo circonda  a partire dal concepimento.

 

 

un sale minerale

che manca alla terra

 

 

un

minuscolo

starnuto

della madre.

 

 

 

Ogni stimolo infinitesimale

 

introduce una modifica

a cui il feto deve rispondere

e questa risposta è un’informaziose preziosa per il patrimonio genetico

che “la registra” e poi prepara a sua volta una risposta

 

 

 

e così va avanti

in un infinito

reciproco

richiamo.

 

 



Questo schemino

è facile da capire

usando il mio caso.

 

 

 

 

 

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

3 risposte a 1. 4 una storia genetica come tante…e un vecchissimo dibattito ideologico: “ereditarietà o ambiente?”

  1. nemo scrive:

    La stanchezza, sicuramente, fa diminuire le difese fisiche e ‘psichiche’. Per il resto, feti compresi, non saprei. La convinzione che mi sono fatto è che l’ ambiente abbia un ruolo molto importante sulla psiche. Per questo, soprattutto quando si ha la responsabilità di avere generato, occorrerebbe assicurare serenità, presenza, amore e attenzione ai figli ( prima del benessere economico, del quale i bimbi stessi non sanno cosa farsene ).

    • Chiara Salvini scrive:

      caro Nemo, per quel poco che so, credo sia impossibile separare l’azione del corpo, che inizia, come sai, dall’unione di un gamete maschile e uno femminile, entrambi portatori di una storia, per dirla molto semplice, dall’ambiente in cui questo avviene cioè la pancia femminile. Immaginando solo, credo che già l’atto di unione dei genitori, come avviene, con amore o non, sia già, in un certo senso, “ambiente” che influenza il patrimonio genetico ed è da questo influenzato in una reciprocità così rapida difficile da immaginare; questo processo (a parte la mia idea che nasca già dall’atto sessuale) continua nella gravidanza e nei primi anni di formazione del bambino. Ripeto, per quel poco che so, un feto non è mai esclusivamente l’unione dei genitori, perché-mi avevano insegnato tanti anni fa all’università di psicologia- nell’attuarsi di questa unione, diciamo il patrimonio ereditato dai genitori, avviene “a caso” una mutazione per cui ogni bambino, pur essendo figlio di determinati genitori, è unico. Questa mutazione casuale è solo sua e gli fornisce un’identità che non è mai lo specchio dell’eredità dei genitori. Per questo guarda al mondo e ai genitori, fin da subito, con uno sguardo, o meglio, un punto di vista che è suo e non di altri. Con questo sguardo, chiamiamolo così, egli ha influenza sull’ambiente ed è da questo influenzato, altrimenti non si potrebbero capire due fratelli appartenenti alla stessa famiglia, possano essere diversissimi, anche fisicamente, ma soprattutto di testa. Per dirla corta, ciascuno dei fratelli ha reagito per es. ai genitori in un modo completamente diverso che, a sua volta, ha portato i genitori a trattarlo, uno o l’altro, diversamente e così in una circolarità. Certo, i genitori dovrebbero…ma “anche il bambino dovrebbe”, non è un foglio bianco né una cera molle che puoi formare: sono tre soggetti che entrano in un rapporto e se la responsabilità è certamente dei maggiori, una sua specifica responsabilità ce l’ha, a mio parere, anche il bebè. Non so quanto sia stata chiara, spero trovare qualcuno esperto che esprima meglio queste idee. Comunque come sempre ti ringrazio. Che poi i genitori “dovrebbero”…è una pia speranza che, a mio parere, non riguarda questo mondo che vediamo…ci sono, ma sono mosche bianche. Più invecchio e più mi accorgo (anche in me stessa) che l’egocentrismo, l’egoismo, l’inerzia…sono spinte fortissime nell’essere umano. Dentro questo quadro, a me pare che un figlio, parlando in generale che significa che ci sono eccezioni, è straordinariamente amato o curato ecc. finché riusciamo a vederlo (allucinando) come un nostro prolungamento. Aggiungo che personalmente non sono così disperata (come posso apparire dall’ultima affermazione) sulla realtà di un vero rapporto tra persone tra genitori e figli che si aiutano-arricchiscono a vicenda per crescere insieme. Grazie, chiara

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *