“”” ….la terapia psicoanalitica è senz’ altro efficace per la correzione delle dinamiche emotivo-relazionali e per i processi di simbolizzazione a partire dai quali prendono forma le modalità della nostra vita. Accade però che ci siano vissuti di sofferenza o comunque di disagio dovuti alla nostra particolare visione del mondo: troppo angusta per disporre di strumenti sufficienti per relativizzare il dolore, o priva di risposte in ordine a quel vissuto, oggi sempre più diffuso, relativo alla insignificanza della propria esistenza che non riesce a reperire un senso e una ragione soddisfacente per vivere. [ … ] . Un tempo era la religione a offrire un senso all’ esistenza, oggi che le speranze ultraterrene si sono affievolite, cosa meglio della filosofia può inaugurare una riflessione in grado di reperire una risposta a questa incessante e dolorosa domanda di senso ? … “”“ (sottolineature di Chiara)
( Umberto Galimberti in D la Repubblica del 1° Ottobre 2011 )
Come dice la Peperita Patty (Schulz) “chiedere e ottenere non sono la stessa cosa”. Infatti, con questo testo di Krisnamurti, che pubblico dopo due chiacchiere , non ho la minima pretesa di rispondere al vuoto e alla mancanza di senso che caratterizza la nostra epoca da quando “tutte le cornici”, tutte le ideologie religiose e laiche che “ci inquadravano”, pur liberamente e per nostra “scelta”, in una struttura piena di significato, un ideale di cambiamento o addirittura di rivoluzione di questo mondo, in cui “dobbiamo starci” (perché il suicidio, magari, non fa parte della nostra cultura) , ma ci stiamo ” a disagio”, quando non con angoscia e sofferenza. Come tutti sappiamo, questi grandi quadri di cui eravamo personaggi o comparse, non ci sono più o zoppicano da tutte le parti. Siamo in una situazione che definirei, un po’ trivialmente, così: ” ingoiamo il piattume che caratterizza la realtà di oggi, e per farlo abbiamo bisogno di illusioni, solide come un delirio (convinzioni, fabbricate da noi per la nostra tranquillità, che nessun dubbio possa sfiorare e men che meno buttare giù).
Ma, se la nostra mente non ha questa capacità allucinatoria, oppure non vogliamo “adattarci”, allora, quello che chiamo “il piattume”, “il non senso di tutto” si insinua nella nostra mente e nella nostra anima contaminandoci, al punto che, in certi momenti di sconforto, non lo distinguiamo più da noi stessi : piatti e vuoti noi stessi, spalmati sul mondo esterno, “omologati” è un “must”), perché la lotta tra un individuo e il mondo, non la regge neanche il gigante dalle sette teste.
Sono morte le vecchie concezioni del mondo, e per ora non sembrano sorgerne delle nuove, ci regalino cioè quella motivazione a proseguire verso un obbiettivo e un senso che arrivano a delinearci un’identità possibile, unh abito in cui stare a nostro agio.
C’è chi silega alla grande cornice della nostra epoca, dove la maggioranza di noi si butta per trovare “un valido” (ve lo ricordate quest’altro “must”?) significato che ci faccia alzare presto al mattino ed uscire di casa correndo, combattere e sgomitare “senza preconcetti” per “fare soldi, inculare l’altro prima che ci inculi lui, comprare, comprare sempre di più, per acquistare uno status “riconosciuto” dagli altri ( è solo questo rimando di immagine che dà fondamenta al nostro esistere) come abitassimo in una vetrina o in un teatro di puri veli (apparire / mi raccomando/ e non essere!).
Quello che perseguiamo più di tutto è “imporci a modello” agli altri, stare su un piedistallo da cui guardare, laggiù, “la massa”, squallida per definizione: viviamo per farci vedere, ammirare ed invidiare perché, prima di tutto, “essere spettacolo”, “essere pura apparenza” è diventato il valore supremo, ma anche perché assolutamente “dobbiamo” (“noi che possiamo”) rifiutare, con qualunque artificio o illusione, la massificazione dei bisogni e di identità e, ancor più di cervelli, che ci ha portato la globalizzazione in quasi quarant’anni. “Noi siamo diversi”, può essere lo scopo di una vita.
Veramente la globalizzazione c’era già con Alessandro Magno e con l’Impero romano; reinventata ampliandola a nuovi importantissimi territori nel Cinquecento, è continuata ad estendersi con l’Impero Inglese nell’Ottocento e poi, in tappe varie, ha coperto i più piccoli anfratti del mondo intero (“totale”), negli ultimi decenni del Novecento fino ad oggi. Ma la grande differenza non è solo l’ampiezza cui la nostra testa ha dovuto adeguarsi, ma la velocità degli scambi e delle notizie che alcuni sanno sfruttare, a noi, gente-massa, essere continuamente invasi dagli stimoli più contradditori sempre più veloci, come abitassimo una giostra impazzita…fa diventare il nostro cervello e la nostra anima, appunto, una giostra impazzita, che ha perso ogni possibile senso dell’orientamento perché punti di riferimento vagamente stabili non solo non ci sono più, ma appena mi fisso su un punto qualsiasi, questo in un attimo scompare nel nulla, e tento su un altro, stesso destino…finché capisco che l’unica certezza che posso avere è l’incertezza, camminare su un a terra che si sbriciola sotto i nostri passi e cosa ancora più grave, “non capire più nulla” perché gli strumenti che ci eravamo fatti negli anni, ci restano come peso inutile nelle mani. come bulloni di una macchina che da tempo non esiste più.
Tutte cose che si sanno, ma questa mattina mi sono svegliata con questo in testa e dovevo raccontarvelo… come fosse una scoperta nuova!
Finisco con una breve nota sulla psicoanalisi o qualunque altra terapia: la terapia ci dà “quello che cerchiamo di ottenere noi, pazienti o non pazienti, con il nostro lavoro su noi stessi”: può darci “un aggiustamento e un maggiore equilibrio”, come dice il prof. Galimberti, ma può darci anche una conoscenza di noi stessi che ci permette “di guardare con coscienza tranquilla l’immenso della materia” (citaz. per come la ricordo di Lucrezio). Una filosofia? Lucrezio, seguace di Epicuro, lo credeva.
Adesso all’autore: “Cosa significa rapporto?” di J. Krishnamurti (1981)
Ho sempre sentito che tutte le creature, rocce comprese, hanno dentro di se’ qualcosa che ci parla, se riusciamo o vogliamo ascoltarlo. Facciamo parte di questa cosa misteriosa che è l’universo. E’ un pensiero che in qualche modo mi dà pace. e mi permette , forse, di essere più buona. Credo che l’albero, la pianta, una nuvola, un cielo azzurro o il mare in burrasca possano non so come trasmetterci qualcosa di grande di cui sentiamo, se riusciamo a fare silenzio dentro di noif, di far parte.
” … il paesaggio è una consolazione … ” ( Francesco Biamonti )