9 AGOSTO 2012 ORE 4:58 “VERRA’ VERRA’…. IL NOSTRO APRILE ….PER NOI VERRA’…” CLAUDIO PONCIA CI REGALA UNA BELLA BIOGRAFIA DI MIKIS THEODORAKIS anche se si ferma a circa dieci anni fa. GRAZIE E MILLE! Come potete vedere dalla Lettera aperta pubblicata in “dal blog di nemo” (articolo precedente) MIKIS E’ TUTTORA IL NOSTRO “UCCELLINO CORAGGIOSO”. segue: IRENE PAPAS, “PER TE” /” IL MIO APRILE”.

 

 

MIKIS THEDORAKIS CANTA UNA SPERANZA PER NOI TUTTI POPOLI D’EUROPA

 

MIKIS THEODORAKIS
 


Mikis Theodorakis
nasce il 29 luglio 1925 nell’isola di Chio da padre di origine cretese e da madre di origine greco-anatolica.

Segue il padre, impiegato pubblico, nei trasferimenti in diversi centri delle isole egee, del Peloponneso e della terraferma.

Nel 1943, in piena occupazione italotedesca, è ad Atene dove inizia gli studi musicali al conservatorio dell’Odeion,e prende contatto con la Resitenza, cui è già legato da quando risiedeva a Tripoli di Arcadia, e per la quale combatte, subendo arresti e torture. Partecipa poi alla guerra civile (1946/1949) nelle file dei “ribelli”.

Conosce i campi di concentramento, compreso quello famigerato sull’isola di Macrònissos, e la deportazione a Icarìa. Contrae la tubercolosi. Nel 1950, messo in libertà, si diploma al Conservatorio dell’Odeion, e completa il servizio militare. Comincia a comporre e a farsi conoscere in patria come nuovo talento della musica greca. Nel 1953 un suo balletto sinfonico, “Carnaval”, viene rappresentato all’Opera di Roma. Si trasferisce quindi a Parigi con una borsa di studio. Compone pezzi sinfonici, musiche per balletto e per film.

Fonda e dirige un’orchestra sinfonica classica. Contemporaneamente decide di misurarsi con la canzone popolare greca, la cui ricchezza musicale, accumulata attraverso una lunga e complessa tradizione, gli sembra straordinaria, ma menomata da una deludente povertà sul lato dei testi. Sceglie perciò un autentico poeta, Yannis Ritsos, suo compagno di prigionia a Macronissos, che già negli anni Trenta aveva sperimentato lingua, stili e metrica popolari e mette in musica- usando umili ritmi di ballo, otto parti di un suo poema del 1936, “Epitafios” (Venerdì Santo), dove una donna del popolo, una madre come la Madonna, piange il figlio ucciso durante una manifestazione di lavoratori. Da quel momento (1960), Theodorakis si colloca al centro del rinnovamento della vita musicale, artistica e culturale della Grecia del popolo, impegnata a sconfiggere la terribile povertà, e a sollevarsi a dignità democratica dopo la guerra civile, la sanguinosa repressione e l’arretratezza politica, sociale e culturale coltivata da una monarchia autoritaria e da una classe possidente gelosa dei suoi privilegi, nazionalista, tradizionalista e bigotta. I poeti convergono sulla musica popolare e, ricambiati, danno voce e dignità ai sentimenti e alla musica del popolo: si assiste a una vera febbre culturale e politica, che viene “curata” con il colpo di stato militare del 21 Aprile 1967.

Maggiori successi nel Cinema1957 Colpo di mano a Creta
1959 Luna di miele
1962 Elettra
196 Zorba il greco
1969 Z, l’orgia del potere
1973 L’amerikano
1973 La quinta offensiva
1974 Serpico 

Dopo “Epitafios” e sino alla dittatura militare, Theodorakis compone: “Politìa Proti”, “Epifania”, “Lipotàchtes” (Disertori), “Enas ‘Omiros (Un ostaggio) per la rappresentazione dell’omonima opera teatrale dell’irlandese Brendan Behan, le opere teatrali “Omòrfi Poli” (Bella città), “Tragùdi tu necrù adelfù” (Canto del fratello morto), compone con altri musicisti la rivista “Maghikì Poli” (Città magica) e, da solo, un’altra opera teatrale, “I ghitonià ton anghèlon” (Il quartiere degli angeli), dove affiora il tema, destinato a fama universale, della danza di Zorbà; la seconda Città (Politìa Dèfteri), “Micrès Kiklàdhes” (Piccole Cicladi), l’oratorio “Axion Estì” (Dignum est), “Romiossìni” (Grecità), “Romancero Gitano”, sui versi di Federico Garcia Lorca, “Balàda tu Mautchàusen” (Ballata di Mauthausen), nella quale esordisce la sua massima interprete, Maria Farandùri, “Exi thalassinà fengària” (Sei lune marine), destinate a uscire lo stesso giorno del colpo di stato. Compone molto anche per il cinema, sia greco, sia francese, importanti le colonne sonore dei film “ Fedra” di J. Dassin, e di “Zorba il Greco” di Cacoyannis. Nutrita è anche la produzione sinfonica, per balletto e per le scene delle tragedie classiche. Egli stesso scrive molti testi, poiché, come il fratello Yànnis, è un poeta eccellente: ma i suoi autori sono anche i principali poeti neogreci, T. Livadhìtis, D. Christodhùlos, Odisseo ElitisYorgos Sefèris (che saranno insigniti del premio Nobel), Yànnis Ritsos, Nicos Gàtsos, Iàcovos Cambanéllis, K. Vàrnali, P. Cocchinòpulos.

Ma è la straordinaria tradizione musicale popolare che fornisce gli strumenti, le voci e la materia prima che, rielaborata trasformata e rivissuta, viene immessa nel circolo della musica contemporanea, senza scivolamenti folkloristici che pure sono in agguato. Ma Theodorakis non solo usa la materia prima del popolo; ma produce anche materia prima per il popolo, cioè “crea” canti popolari, che il popolo sente subito, per quanto innovativi, come suoi da sempre. L’avvento della dittatura dei colonnelli nel 1967 trova dunque Theodorakis rivestito di un ruolo indiscusso nel rinnovamento culturale e politico. È presidente del movimento giovanile LAMBRAKIS e deputato dell’EDA, il nuovo partito della sinistra Greca (Il partito comunista è fuorilegge dagli anni della guerra civile). La sua notorietà di artista è enorme e ha già largamente varcato i confini.

Si schiera, naturalmente, contro i colonnelli: dopo pochi mesi passati in clandestinità viene arrestato, condotto nel carcere Avèroff, poi detenuto nelle carceri di Korìdallos, mattatoi di molti suoi compagni di lotta, come Andreas Lentakis. La sua notorietà internazionale gli risparmia la vita: viene confinato, agli arresti domiciliari, prima a Vrachàti, dove ancora oggi Mikis ha una residenza, e poi nel villaggio di Zàtuna, sui monti dell’Arcadia. E’ sottoposto a stretta sorveglianza di polizia; intimidazioni ed umiliazioni coinvolgono la sua stessa famiglia, la moglie Mirtò, il piccolo figlio Yorgos e la figlia Margarita. La sua musica è proibita, ma clandestinamente circola: è la voce della Resistenza. Una campagna di pressione internazionale, che riesce a coinvolgere il Consiglio d’Europa, reclama la sua liberazione, che però arriva solo nel 1970, e dopo un altro periodo di carcere a Oropòs, e di ricoveri in ospedali per i continui scioperi della fame ad oltranza. Da quel momento, tutta la sua musica e la sua persona sono votate, in giro per tutti i paesi del mondo, alla libertà della Grecia. Alla caduta della Giunta militare, nel1974, la festa del popolo non esprime né ferocia né vendetta, ma è una festa di musica e canto, intorno a Theodorakis e ad una generazione nuova di autori e di cantanti cresciuta nell’opposizione alla dittatura.

Anche nelle carceri Mikis riesce a comporre, protetto dai suoi compagni di prigionia: nascono “Mythistòrima” (Mitologia), “O ilio ke o chronos” (Il sole e il tempo), “Epifània Deftéri” (Epifania seconda), “Catàstasi poliorchìas” (Stato d’assedio). Nel confino di Vrachàti compone “Tragùdhia tu Andreas” (Canzoni per Andrea), “Nichta thanàtu” (Notte di morte), e nel confino di Zàtuna i dieci cicli di “Arkadhìa” (Arcadia) e altro e altro. I suoi poeti: Theodorakis, certo, ma anche: Seferis, Manos Elefterìu, Y. Fotinòs, A. Kalvos, A. Sikeliànos, T.Sinòpulos, Manos Anaghnostàkis, e altri, tra cui il senegalese Leopold Senghor. Nell’esilio nascono “Canto General” dall’incontro col poeta cileno Pablo Neruda, il ciclo “Stin Anatolì” (All’Est), “18 Lianotraghùdhia tis picrìs Patrìdha” (18 distici popolari per la patria triste), sui versi di Yannis Ritsos. Ed altre musiche per film, tra le quali “Z – L’orgia del potere” e “L’Amerikano” di Costa Gavras, e “Serpico” di Sidney Lumet.

Dopo il ritorno, la sua presenza politica continua ad essere rilevante. Forte della limpidezza e dell’autorevolezza del suo passato, lavora per la conciliazione tra i Greci, come aveva già fatto dopo la guerra civile, quando aveva composto “Le canzoni per il fratello morto”. Non dimentica nulla, ed esorta a non dimenticare, ma sostiene la soluzione Karamanlìs, cioè un governo liberale di centro, perché non si riaprano le vecchie ferite del suo popolo: purchè la democrazia che si ricomincia a costruire sia autentica e non subisca l’ennesimo tradimento. Vuole l’integrazione europea; ma il suo sguardo è ampio, va a comprendere il mondo. Sa che musica e cultura sono materiali per la costruzione di ponti tra i popoli ed usa senza sosta queste armi per la pace. Crea canali e occasioni di scambio culturale tra il suo popolo e quello turco, per superare gli storici pregiudizi reciproci.

Nel suo paese combatte l’intolleranza politica e l’affarismo. Per questo è piuttosto malvisto dai comunisti brezneviani e dall’estrema destra. Ma non è certo un centrista: la sinistra è parte integrante di lui, e lui è parte integrante della sinistra. Ma quando gli sembra che il governo socialista di Andreas Papandreu si stia trasformando in un regime personale, cripto-autoritario e che alla sua ombra fiorisca la mala pianta della corruzione, compie un gesto clamoroso, e sostiene l’opposizione di centro-destra, candidandosi nelle sue liste e ricoprendo per qualche tempo un incarico nel nuovo governo conservatore. Molti amici gli voltano le spalle, anche la sua cantante migliore, Maria Faranduri, che entra in parlamento con i socialisti del PA.SO.K.

Pochi, invero, capiscono la serietà della sua provocazione, che vuole mettere in guardia contro i vizi storici del suo (forse non solo del suo) Paese: le derive autoritarie, il notabilato, la corruzione. Per questo il suo monito viene variamente letto come un’incoerenza senile, come un bel gesto di un eterno ragazzo che vuol far politica senza saperla fare, come un’ingenuità o un sussulto di ambizioni frustrate. Ma nessuno cessa di amare la sua musica e le sue canzoni, che sono sempre nel cuore, anche se un po’ meno sulle labbra dei Greci, investiti e un po’ narcotizzati dai nuovi stili di vita consumistici anche in campo musicale.

La scomparsa di Papandreu e di lì a poco il settantesimo compleanno di Mikis consacrano la riconciliazione tra il grande musicista e la sinistra, anche quella che sta al governo. Decine di concerti in suo onore rilanciano la sua figura a tutto campo. C’è solo il rischio della sua riduzione a monumento nazionale. Ma è un rischio ancora remoto, perché Theodorakis continua a lavorare, nonostante gli anni e la salute malferma: compone e dà concerti in tutta l’Europa. Tanto è forte il suo credo nei ponti culturali, che quest’anno l’abbiamo visto importare in Grecia un’orchestra di artisti tedeschi che avevano magnificamente capito la sua musica greca. Ancora oggi, a 75 anni di età, Mikis è la più consapevole, profonda ed estesa voce della Grecia contemporanea. Esprime il meglio del suo Paese – un paese perennemente e spesso drammaticamente in bilico tra passato e presente, tra oriente e occidente, tra passioni intense e fatalismo, tra libertà e tirannia – e lo accorda, grazie alla musica e all’ostinato amore per tutti gli uomini e tutti i popoli, al meglio del mondo intero.

Noi italiani cominciammo ad amarlo trent’anni fa, negli anni bui della Giunta Militare (1967/1974), quando, in esilio dopo dure esperienze di carcere e confino (non certo le prime, per lui, che già le aveva ben conosciute durante l’occupazione nazista e nella guerra civile contro i restauratori del fascismo nel suo sventurato Paese), diffondeva la sua musica nel mondo occidentale e nei paesi allora socialisti perché tutti sentissero quanto libero, limpido e solare fosse anche nell’ira e nel dolore il cuore dei Greci dotati di cuore e perché, amando la sua musica, amassimo anche la libertà perduta del suo popolo e, con lei, la nostra stessa e quella di tutti i popoli. E così, in quegli anni, anche i più distratti di noi hanno conosciuto e cantato “Ragazzo sorridente” e “Fiume amaro” e magari hanno cercato di ballare con il vitalismo di “Zorba il Greco”. E così, grazie a lui, i meno distratti si accorgevano che la Grecia era un piccolo paese dal corpo sì spezzato, ma con l’anima, una grande anima, integra, con la sua musica, la sua poesia, la sua narrativa, il suo cinema, il suo teatro: con un popolo e una cerchia di intellettuali capaci di nutrirsi l’un l’altro (in una società abituata a parlare due lingue greche diverse, una per i ricchi, una per i poveri), e di parlare al mondo e di ascoltarlo senza dover per questo ripudiare i propri linguaggi più autentici.

Di greco nel mondo, insomma, non c’era solo la pur grandissima Maria Callas, ma c’erano anche Mikis Theodorakis, Costas Gavras, Theo Anghelopulos, Nikos Kasangiakis, Odisseo ElitisYorgos SeferisYannis Ritsos, Maria Faranduri, Irene PapasMelina Mercuri, che risultarono, per coloro che, un po’ meno distratti, vollero andare a vedere più a fondo, la punta di un iceberg sconosciuto di fantasia e di rigore artistico ed etico, di amore per il popolo e per l’umanità.

Chi fu conquistato dalla musica di Theodorakis, e volle vedere quale musica si facesse nel suo paese, scoprì che la musica greca, quella buona, stava al centro di una raggiera che la collegava con ogni esperienza musicale passata e attuale, dall’occidente al medio oriente, da quella popolare, laica e religiosa, a quella bizantina e colta, e, soprattutto, con la poesia contemporanea neogreca e straniera: e con meraviglia scopriva come i poeti più insigni scrivessero testi i quali, musicati, sarebbero stati ascoltati (ma sarebbe meglio dire rivissuti) dai colti e dagli incolti in quello strano e per noi quasi inconcepibile circuito di diffusione costituito non dalla radio e dalla televisione, non dalle grandi case discografiche e dai mega concerti, ma da una fitta ragnatela di taverne fumose nei quartieri poveri. Taverne nelle quali, non a caso, cantare e suonare era stato proibito dal Dittatore.

Scoprì allora che Mikis era nello stesso tempo eccezione e regola: eccezione per la singolarità del suo genio creativo, per l’esrema e raffinata consapevolezza della sua cultura musicale, per l’intensità e la coerenza delle sue lotte di uomo libero, per la sua “Grecità” non ripiegata su se stessa, ma capace di trasformarsi in voce dell’uomo e per l’uomo tout court senza tradirsi e senza farsi indistintamente cosmopolita: ma scoprì anche che il suo modo di essere uomo e artista faceva scuola e quindi regola, e che altri conducevano per altre strade la stessa ricerca, non per un esteriore meccanismo imitativo, ma perché molti intorno a lui capivano la sua vivente lezione di cosa potesse e dovesse essere un intellettuale che s’incarichi di tutte le responsabilità del dire e del fare di fronte al suo popolo ed a tutti i popoli del pianeta: perché, nel bene e nel male, ogni popolo è l’immagine del suo simile e del suo dissimile; e toccherebbe proprio alla cultura di mostrare questa semplice e basilare verità, ed alla politica di trarne le conseguenze costruendo i ponti e facendo vivere la pace, e i diritti e la voce di tutti e di ciascuno.

In parte, questo modo d’intendere la musica dentro la vita dell’individuo e del popolo cerca di sopravvivere nella Grecia di oggi grazie a coloro che appresero la lezione di Theodorakis, nonostante e contro le devastazioni collettive e individuali del consumismo, dell’intossicazione mediatica, della corruzione politica, del pregiudizio nazionalistico troppo spesso eretto a schermo dell’insicurezza di sé e della minaccia, sentita come luogo comune e per questo esorcizzata con grotteschi e pericolosi ritorni di fiamma tradizionalistici, della perdita di identità nel contesto dell’Europa economica e della globalizzazione mondiale.

E Theodorakis, a 75 anni, continua ancora oggi a militare guardando avanti, in questa nuova resistenza: resistenza globale, seppur senza gli spargimenti di sangue di un tempo, perché in gioco c’è l’intera anima della Grecia, che è un patrimonio di tutti noi e che rischia di dissolversi o nell’omologazione o nella cristallizzazione. E lo fa, da quell’ “Assikico Pulaki” (Uccellino coraggioso) che è sempre stato, senza padroni né padrini politici e perciò non di rado frainteso da coloro stessi che credono di credere alle sue stesse idee. Solamente alcune delle sue note più recenti, come quelle di “Poetica” (1997), hanno il colore smorzato dello struggimento e della pensosità, piuttosto che quelle dell’impeto, dell’ira o della festosità. Come se tornasse la vena delle Arcadie, tristemente composte nel villaggio alpestre di Zàtuna, dov’era il suo confino. Molti pensano a Theodorakis quasi come a una specialità greca, da godersi con il sole, il mare, il meltemi, il sirtaki, i buzuki, e alcuni cibi di un paese, la Grecia, noioso a scuola con il suo passato pesante, ma piacevole in vacanza, col suo presente leggero; altri lo ricordano per le belle canzoni di lotta politica e sociale; altri ancora hanno sentito dire che Theodorakis è molto serio, quando è sinfonico o bizantino, e quindi un pochino noioso, da ascoltare compunti se non se ne può fare a meno.

Quasi niente di tutto ciò è vero: Mikis non si compone di tre, di sette o di più parti; la sua stessa molteplicità è la sua unità. Non poliedricità, né virtuosismo, ma coerenza con un ideale, nel quale non può esservi scissione fra l’uomo, il compositore, il poeta; tra l’intellettuale e il popolo; tra popolo e popolo, fossero anche, questi, il Greco e il Turco; tra passato presente ed avvenire. Gli stili e i linguaggi sono dell’uomo e l’uomo è diversità e unicità: e l’artista cerca ed esprime l’una per mezzo dell’altra. E’ dunque un umanista, Mikis Theodorakis: per questo egli sta nel passato e nel futuro.
Per questo Theodorakis è la Grecia.
© Claudio Poncia

 

chiara: pur girando e girando in queste calme ore notturne, non sono in alcun modo riuscita a trovare il testo di “Apriilis” di Mikis Theodorakis. Riporto il video di Irene Papas, che la canta come seconda canzone, nella speranza che il testo italiano abbia qualche parentesco con quello greco. Ascoltate questa voce: parla a nome del popolo greco, ma non solo, parla a nome dei popoli europei oggi così martoriati.

 

Senza titolo. Vesalius / di mario bardelli

 

irene papas 1969

http://www.youtube.com/watch?v=DSfr9TMJNDw&feature=player_detailpage

 

 

 

 

 
www.mikis-theodorakis.net

 

 

 

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10 risposte a 9 AGOSTO 2012 ORE 4:58 “VERRA’ VERRA’…. IL NOSTRO APRILE ….PER NOI VERRA’…” CLAUDIO PONCIA CI REGALA UNA BELLA BIOGRAFIA DI MIKIS THEODORAKIS anche se si ferma a circa dieci anni fa. GRAZIE E MILLE! Come potete vedere dalla Lettera aperta pubblicata in “dal blog di nemo” (articolo precedente) MIKIS E’ TUTTORA IL NOSTRO “UCCELLINO CORAGGIOSO”. segue: IRENE PAPAS, “PER TE” /” IL MIO APRILE”.

  1. Donatella scrive:

    Non riesco ad ascoltare questa canzone senza aprire le valvole, peraltro molto deboli, del mio ” cian- giurin”. Credo di piangere sull’aprile, passato e presente, di tutti, oltre che del mio, un piangere che è emozione, incredulità, ricordo, nostalgia, speranza: ” Verrà, verrà l’aprile mio verrà…”

  2. diletta luna scrive:

    A differenza della Do ho sentito benissimo le due canzoni che amo tanto e canto da…cent’anni in particolare “per te ” e ” verrà verrà, l’aprile mio verrà “

  3. nemo scrive:

    Tutto dipende dai sentimenti ‘aggiuntivi e integranti’ di chi ascolta.

    • Chiara Salvini scrive:

      CRIPTICAMENTE vuoi dire della musica? comunque grazie della elittica partecipazione: E’ che -come diceva Cesare Pavese in una sua bella poesia- “parlare stanca”: ch.

  4. nemo scrive:

    Sì, delle due canzoni: Donatella piange, Diletta Luna no. Sentimenti ‘aggiuntivi e integranti’ la canzone, che appartengono a chi l’ ascolta e non all’ autore. Non credi ?

    • Chiara Salvini scrive:

      ne sono certissima, ognuno di noi “indora”, “traveste con un velo”, la realtà con il suo codice genetico, con quello dei sentimenti e, soprattutto, con il codice culturale che si è fatto dagli inizi della sua storia ad oggi, addirittura – per te, come quasi tutti, così umorale -anche con l’umore del momento. Per questo, anche se non solo per questo, la nostra epoca ha abbandonato il Positivismo dell’Ottocento (c’è il Neopositivismo insieme a tante altre letture) e non riesce più a credere che “la realtà obbiettiva esista”. Per quel poco che so, la svolta decisiva per questa concezione, che maturava dalla fine dell’Ottocento, l’ha dato HEINSENBERG con IL PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE (1927): DI TUO CI AGGIUNGI LA RIVOLUZIONE CUBISTA ECC. LA MUSICA ATONALE LA PRIMA GUERRA MONDIALE ECC.

      Ho trovato un testo, che pubblico sotto, che al mio ignorantissimo giudicare sembra buono, ma voglio aggiungere in sintesi cosa mi hanno insegnato in filosofia della scienza: negli esperimenti subatomici, nel piccolissimo cioè, la determinazione della posizione dell’oggetto da guardare, dipende dall’ “OSSERVATORE” ossia dal ricercatore che verfica teoria ed esperimento. In sintesi: il soggetto determinerebbe la visione della realtà anche nella scienza fisica, scienzia delle scienze da Galileo in poi, che, appunto, ha inventato-rielaborato IL METODO SPERIMENTALE. Figurarsi l’importanza dell soggetto, dei suoi veli di Maia che tesse e dispiega sul reale osservato, nelle cosiddette “scienze umane”! Stiamo schisci, va tutto benissimo anche così, anzi, molto meglio, abbiamo chiuso con il marmo cadaverico della CERTEZZA e delle insolubili discussioni col vicino!

      DA iNTERNET:
      Scritto da Samuele

      FEBBRAIO 2012

      IL PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE DI HEISENBERG fORMULATO LA PRIMA VOLTA NEL 1927.

      (nota chiara: non sono in grado di giudicare se non a orecchio…distratto, la responsabilità è tutta di Samuele…! MA VOI AIUTATECI SE SAPETE, CORREGGETECI!)

      TESTO SI SAMUELE

      “Più cerchiamo di capire con precisione quale sia la posizione di una particella, meno precisa è la nostra conoscenza della sua velocità (e viceversa)”

      Abbiamo già parlato del meraviglioso esperimento delle due fessure, grazie al quale si è dimostrato che le particelle (gli elettroni nel nostro esempio) hanno una seconda “natura” ondulatoria oltre a quella corpuscolare.

      La duplice natura delle particelle è stata una delle scoperte più incredibili della meccanica quantistica del ’900 e ha avuto enormi ripercussioni, una delle quali è il famoso principio di indeterminazione di Heisenberg, uno dei principi più noti della scienza ma anche uno dei meno compresi (spesso anche le spiegazioni nei libri sono fuorvianti, per non parlare delle sciocchezze viste in TV).

      Immagine di Heisenberg
      Cerchiamo di capirci qualcosa.

      Era il 1927 quando Werner Karl Heisenberg, venticinquenne assistente del famosissimo Niels Bohr, diede il suo più celebre contributo alla scienza con il suo principio di indeterminazione che ebbe l’enorme conseguenza di mostrare a tutti che la comprensione scientifica ha dei limiti invalicabili.

      Il principio, in breve, asserisce che è impossibile misurare con precisione sia la posizione che la velocità di una particella, perchè quanto più si cerca di definire con precisione una delle due variabili tanto più diventa impredicibile la misura dell’altra.

      Questa imprecisione (o meglio, questa indeterminazione) non è dovuta ad errori di misurazione o a nostri limiti sperimentali, ma è una conseguenza fondamentale della duplice natura di particella e di onda del mondo quantistico, ed è una legge fondamentale: o è come dice Heisenberg o la fisica quantistica è sbagliata.

      Essa riflette un’indeterminazione intrinseca della natura: non è che non possiamo conoscere quantità di moto e posizione di una particella con precisione… il fatto fondamentale è che la particella NON HA quantità di moto e posizione ben specificate!

      Le particelle in fisica quantistica infatti si rappresentano con delle funzioni probabilistiche che descrivono la probabilità di trovare una particella in un posto o in un altro… bisogna cercare di smettere di pensare alle particelle come a delle “palline”, perchè quando si parla di fisica quantistica la duplice natura ondulatoria/particellare sconvolge le regole a cui siamo abituati!

      Divagazione rilassante prima di passare ad un esempio:

      Non potrai mai essere sicuro del numero di birre che hai bevuto la notte scorsa.
      Principio di Indeterminazione di Heineken

      Torniamo a noi:

      Esperimento

      Riprendiamo l’esempio dei fotoni (link al post), con l’unica differenza che le particelle questa volta sono lanciate contro una singola fenditura:

      Le particelle sono lanciate tutte in direzione perpendicolare allo schermo, emesse da una sorgente di estensione D, molto maggiore dell’ampiezza d della fenditura.

      Questo processo si configura quindi come un’evidente tentativo di misurare la posizione delle particelle dirette verso lo schermo… solo i fotoni racchiusi nello spazio d passeranno lo schermo: la nostra conoscenza della loro posizione è aumentata considerevolmente.

      Tuttavia cosa succede? Una volta superato il primo schermo la figura di diffrazione che risulta nel secondo schermo (che rileva la posizione di arrivo delle particelle) è più larga della fenditura, nonostante i fotoni siano sparati tutti esattamente in direzione perfettamente perpendicolare agli schermi e quindi con velocità nella direzione x ben definita ed uguale a zero.

      Come se non bastasse, la figura di diffrazione (esperimenti lo dimostrano) aumenta la propria estensione al diminuire della larghezza della fenditura d nel primo schermo.

      Il tentativo di definire con maggior precisione la posizione della particella comporta una perdita di conoscenza della sua velocità, dimostrando l’indeterminazione ben spiegata dal principio di Heisenberg.

      Questi risultati non sono assolutamente legati al tipo di esperimento scelto, ma hanno validità assolutamente generale.

      La formula che lega il principio di Heisenberg alla costante di Plank (h)
      Un paio di implicazioni fondamentali del principio di Heisenberg:

      – l’indeterminazione di posizione e velocità nasce solo ed esclusivamente all’atto della misurazione, senza intervento esterno la particella proseguirebbe nella sua traiettoria rettilinea… è l’uomo a rendere indefinito qualcosa che non lo è!

      – “Se conosciamo il presente possiamo calcolare il futuro”.
      Questa è un’affermazione verissima ma Heisenberg dimostra che non sempre possiamo conoscere il presente con la precisione necessaria a calcolare il futuro: il legame causale tra presente e futuro è perduto, le leggi della meccanica quantistica hanno quindi una natura puramente probabilistica.

      Ma se tutto ha una duplice natura di corpuscolo e onda, perchè solo nel mondo dell’infinitamente piccolo della meccanica quantistica vediamo questi comportamenti apparentemente illogici mentre la vita di tutti i giorni sembra seguire altre regole?
      [fbshare]La spiegazione è semplice… anche se gli esseri umani nel loro insieme hanno una una componente ondulatoria (inferiore al raggio di un protone, vedi legge di De Broglie), l’uomo/particella è decisamente più grande dell’uomo/onda e quindi la nostra natura ondulatoria è irrilevante. L’elettrone/particella invece è più piccolo della propria onda e quindi il dualismo causa quei comportamenti quantistici apparentamente inconcepibili.

      Nel 1933 Heisenber vincerà il Nobel per la fisica. Uno dei più meritati di tutta la storia della scienza.

      Bibliografia:

      “Un’occhiata alle carte di Dio” di G.C.Ghirardi – Il saggiatore (1997)
      “Heisenberg, l’indeterminazione e la rivoluzione quantistica” di D.C.Cassidy – Le Scienze 1992
      “Temi matemagici” di D.R.Hofstadter – Le Scienze 1981

      Segnala il post!

  5. Giovanni scrive:

    Grazie di averlo pubblicato in greco con la canzone completa. Per informazione il cantante del video è Giannis Parios in un concerto del 2001- Theodorakis è inquadrato tra il pubblico e in seguito andrà sul palco.
    Nella traduzione italiana è stato tagliato il ritornello festoso: La mia ragazza si chiama Eleniò…
    (preannunciato dalla strofa : .. e in tutto il quartiere canzoni e baci – nel testo greco), snaturando un po’ il carattere della canzone.

  6. Giovanni scrive:

    Grazie, ricambio i migliori auguri a tutti, mi fa piacere che venga pubblicato anche il resto del concerto con la traduzione dei versi.
    Per “aprili” una traduzione dell’originale si può trovare a questo link:
    http://www.stixoi.info/stixoi.php?info=Translations&act=details&t_id=10511
    Il testo è dello stesso Mikis Theodorakis, che, oltre al suo chiaro impegno politico, ha scritto molte canzoni popolari.

    • Chiara Salvini scrive:

      Non so come ringraziarti del dono, alla prima occasione la pubblico con il testo e la traduzione: è stato, il tuo, un vero regalo di Buon Anno”! A risentirci presto!

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