21 ottobre 2012 ore 07:37 PREZIOSISSIMO QUESTO CONTRIBUTO DEL BLOG DI NEMO / MASSIMO RECALCATI / RAGAZZI E NON RAGAZZI: VA MEDITATO! NON DIMENTICHIAMOCI PERO’ CHE OGGI, IN ITALIA, SE PRENDETE 10 GIOVANI, QUASI 4 SONO DISOCCUPATI (36%). INOLTRE, HANNO STUDIATO, VORREBBERO UN LAVORO SECONDO GLI STUDI, MA QUESTO TEMO PROPRIO SIA UNA CHIMERA PER LA MAGGIORANZA DI LORO. QUESTO FATTO LO RITENGO UN POTENTE GENERATORE DI DEPRESSIONE E DI CHIUSURA DEL FUTURO: CON UN PRESENTE COSI’, NON CE LA FANNO A PROIETTARE LA LORO IMMAGINE NEL DOPO. LA RADICE DELLA DEPRESSIONE E’ IL VUOTO PRESENTE CHE IMPEDISCE L’IMMAGINAZIONE DEL FUTURO SE NON COME PROIEZIONE DEL VUOTO E INSIPIENZA PRESENTE. VIENE A MANCARE LA SPERANZA, SENZA LA QUALE NESSUNO VIVE.

 

 

chiara: mi permetto di mettere in risalto alcuni temi che giudico fondamentali e che dovremmo, noi tutti insieme, sviluppare, capirci qualcosa! Al fondo, tento di capire. Con calma. Avviso gli amici dei telegrammi: è venuto lungo, ma…vorrei un vostro contributo! Come fare? ADESSO ALLE MUSICHE! SONO LE 9:20…DUE ORE CHE SCRIVO E VOI NON LEGGETE, ACCIDENTI!

 

 

nemonemo ha postato sul blog cinelibri

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Massimo Recalcati: Adolescenza infinita
“””… < […] I nostri figli sono nel tempo di una libertà di massa dove però l’ isolamento cresce esponenzialmente insieme al conformismo. La loro responsabilità cresce precocemente, ma sempre più raramente possono incontrare negli adulti incarnazioni credibili della responsabilità. La politica non dovrebbe essere un punto di riferimento culturale alto al quale i giovani debbono poter guardare con fiducia ? Ma non è proprio il luogo della politica – per Aristotele la più alta e nobile delle arti, quella capace di ricomporre le differenze particolari per il bene comune dalla Polis – ad essersi trasformata in un party adolescenziale forsennato ? L’ iperedonismo contemporaneo ha scomunicato il compito educativo come una cosa per moralisti. Di conseguenza, la libertà si è ridotta a fare quello che si vuole senza vincoli né debiti. Ma intanto il debito cresce e
ha sommerso le nostre vite e l’ assenza di senso della Legge ha spento la potenza generativa del desiderio. E allora la libertà non genera alcuna soddisfazione ma si associa sempre più alla depressione. È qualcosa che incontriamo sempre più frequentemente nei giovani di oggi. Ma come ? Hanno tutte le possibilità, più di qualunque generazione precedente ? E sono depressi ? Come si spiega ? Si spiega col fatto che la loro libertà è in realtà una prigione perché è senza possibilità di avvenire. Cresciamo i nostri figli nella dispersione ludica mentre la storia li investe di una responsabilità enorme: Come fare esistere ancora un avvenire possibile ? […]. Oggi le cose sono cambiate. La massa non è più unita dall’ attaccamento fanatico all’ ideale. Il cemento che la tiene insieme si è inesorabilmente sgretolato, così si è fatta liquida, ondivaga, informe. E prevale l’ individuo nel suo isolamento narcisistico. >. …”””

Quella libertà senza futuro che impedisce di
crescere

( da Adolescenza infinita di Massimo Recalcati, la Repubblica di Sabato 6 Ottobre 2012 )

 

 

chiara: cosa vorrà dire che: “l’assenza di senso della Legge ha spento la potenza generativa generativa del desiderio”? . Intanto “Legge” e’ scritto maiuscolo ed e’ associato alla parola “desiderio”; “potenza generativa del desiderio”…capisco che se desiderate molto qualcosa, mettete in campo voglia e strumenti per ottenerla. Ovvio, se si tralascia la reazione inibitoria che, secondo le circostanze possono generare. Per es. : sono certa che oggi i giovani desiderino un lavoro, che permetta loro di comprare tanti oggetti del desiderio, ma anche, e direi, soprattutto che esplichi la loro personalità, metta in luce le loro potenzialità, li faccia sentire “protagonisti” e capaci di lasciare un segno nella storia. “Vogliono contare”. Ma farsi un culo quadrato, come ci vorrebbe per “tentare” di  ottenerlo, be’…

Mi perdo in una traversa: Questo bisogno di “essere qualcuno”, di “contare”, per quel poco che vedo, è in loro impellente: diciamo che “realizzarlo e’ un sine qua non per vivere una vita degna”. Facendo solo un’ipotesi: i giovani hanno ancora, in parte, la sensibilità dei bambini che presentono le cose, i giovani, da sempre, anche noi eravamo così negli anni Sessanta, sentivamo che aria tirava, non solo al momento, ma in seguito. Non sto a specificare perché ci allontaniamo troppo. Oggi (ripeto: è un’ipotesi) i giovani sentono, come noi non siamo capaci di sentire perché siamo ottusi, che non contano più nulla come individui e che la loro vita non ha più un significato, come dire? “Grande”? E non è solo in Italia, ma mondiale. Sempre che gli assetti internazionali, a partire dall’Europa, rimangano così.

Come dice bene il Prof. Recalcati: sarebbero chiamati ad un compito grande: “come costruire un futuro vivibile?”, ma intuiscono che nessuno li chiama, non chiama loro, che i giochi sono altrove e in mano di ristrettissime persone con in mano un potere, per noi, kafkiano. Voglio dire che non ci arriviamo neanche ad immaginarlo.

A mio modo di vedere “i giovani lo sanno” : sanno che solo pochissimi di loro, le classiche rarae aves, avranno un “destino”, un’attività produttiva che dipende da loro e che non serve solo a guadagnare il pane, ma serve a loro “per realizzarsi come persone”, serve a vivere una vita “bella”. In genere i nostri sono figli degli anni Ottanta, un periodo della storia dell’Occidente in cui, nonostante la crisi del petrolio, c’erano nelle case margini per tirar su i figli “con comodità e oggetti”. E, ovviamente, loro, i giovani, vorrebbero continuare la loro vita così, non scendere di classe sociale, cosa, tra l’altro, non solo difficilissima, ma penosa. Aspettano quindi  che tutto questo, che pareva “promesso”, implicitamente promesso, arrivi così come da copione:  intanto si distraggono…(edonismo, consumismo ecc.; della politica ha detto benissimo il Prof. Recalcati, non ci sono “modelli degni”.)

Alcuni di loro sfuggono a questo destino, diciamo, “di distrazione”, sia per meriti loro che della famiglia sia soprattutto dei “Maestri che hanno incontrato e loro hanno saputo percepire…anche libri”, e sono quelli che si sono fatti un culo quadro sugli studi, hanno coltivato se stessi ad olio di gomito, quando gli studi trasmessi dagli insegnanti non erano magari granché, e soprattutto quando “farsi il culo” e “l’olio di gomito” erano decisamente “OUT”…Fru 84, mia figlia,  ha fatto il liceo artistico: al primo anno, alla prima interrogazione, è andata benissimo perché aveva studiato, non so neanche se ce ne sia stata una seconda, di interrogazione, ma la reazione della classe (egemonia in mano ai ripetenti) è stata tale che mai più l’ha fatto, capendo benissimo che, lì dentro, se avesse studiato, non avrebbe fatto vita. Lei ha scelto di sopravvivere nel suo ambiente. Se lei avesse avuto un “io gigantesco” (la famiglia non ha potuto niente, o molto poco, contro la violenza del “gruppo”) avrebbe studiato “per sé”, o “per la famiglia”, o addirittura  “per i propri interessi”! Questo benedetto “io” così forte a 14 anni è una rarità, e forse è anche un bene che sia così…tralascio.

Mi fermo perché mi si associano troppe cose e il mio piatto diventa il classico stufato all’irlandese, quello che stronca gli avanzi di una vita, ma -almeno dagli anni Ottanta- viviamo “una crisi di cultura e una crisi della figura dell’intellettuale” non risolta: “a cosa serve studiare, se la cultura non dà pane, a cosa serve?

 

Per chiudere con la domanda iniziale: “cosa significa che l’assenza di significato della Legge opprime il desiderio trasformatore…”….Risposta:  prima di tutto NON LO SO, (se volete, per il poeur fieu che è arrivato qui, potete saltare, sono ciarbottane mie blateranti…d’accordo l’italiano e’ l’italiano! ma…), poi mi sa di un certo gran maestro della psicoanalisi che è il signor Lacan, francese, l’avrete sentito nominare, un signore che -come tutta la psicoanalisi francese- è stato molto influenzato da Hegel, filosofo tedesco, anzi, in particolare dalle Lezioni su Hegel di Kojève, Parigi, anni Trenta…(e se saltassimo la mia erudizione di cui, poi, non ho neanche memoria?)…

Questo importantissimo psicoanalista francese, psicoanalista e psichiatra, JACQUES LACAN  (muore nell’81), e che so essere un punto di riferimento importante per il Prof. Recalcati…direi che lo è quasi per tutti!, ecco, sì, è così, ma non per me perché mi è troppo difficile da capire. Perdonerete  l’ignoranza quando confessata apertamente?

 

Però, sia chiaro, non rinunciamo!

Una spiegazione la troveremo insieme perché, vedrete:  quell’idea snebbierà questo paesaggio che abbiamo intorno e che  ci appare, a noi vecchi (ma non è che i giovani…), sempre più difficile da decodificare.

Non sarà così, ve lo prometto!, ma sarà un minuscolo tassello, che aiuterà e che ci imporrà di andare avanti, ma è bene, un trucco per la nostra inerzia, partire pensando che quello sforzo da fare ci salverà del tutto….

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2 risposte a 21 ottobre 2012 ore 07:37 PREZIOSISSIMO QUESTO CONTRIBUTO DEL BLOG DI NEMO / MASSIMO RECALCATI / RAGAZZI E NON RAGAZZI: VA MEDITATO! NON DIMENTICHIAMOCI PERO’ CHE OGGI, IN ITALIA, SE PRENDETE 10 GIOVANI, QUASI 4 SONO DISOCCUPATI (36%). INOLTRE, HANNO STUDIATO, VORREBBERO UN LAVORO SECONDO GLI STUDI, MA QUESTO TEMO PROPRIO SIA UNA CHIMERA PER LA MAGGIORANZA DI LORO. QUESTO FATTO LO RITENGO UN POTENTE GENERATORE DI DEPRESSIONE E DI CHIUSURA DEL FUTURO: CON UN PRESENTE COSI’, NON CE LA FANNO A PROIETTARE LA LORO IMMAGINE NEL DOPO. LA RADICE DELLA DEPRESSIONE E’ IL VUOTO PRESENTE CHE IMPEDISCE L’IMMAGINAZIONE DEL FUTURO SE NON COME PROIEZIONE DEL VUOTO E INSIPIENZA PRESENTE. VIENE A MANCARE LA SPERANZA, SENZA LA QUALE NESSUNO VIVE.

  1. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Tento di dire la mia, anche se sono cose già risapute: noi siamo nati e vissuti in un periodo in cui erano vive delle utopie, era stato sconfitto il fascismo, sembrava che fosse possibile sconfiggere anche altri mostri, il socialismo sembrava quasi a portata di mano ( parlo dei giovani che eravamo allora). C’era in noi, come nei giovani di tutti i tempi, la mancanza della storia, cioè l’acquisizione di quanto sia difficile ogni trasformazione effettiva, ogni piccolo passo. Ci sentivamo contemporaneamente oggetti e soggetti del cambiamento, oggetti perché non poteva che andare così, soggetti perché in quella moltitudine che andava ingrandendosi ci sentivamo comunque anche noi protagonisti, anche noi mettevamo il nostro granellino. Poi mano a mano le cose sono cambiate, fino al completo smascheramento del falso socialismo. Però anche lì ci siamo comportati, come sinistra nel complesso e non solo in Italia, buttando l’acqua ed il bambino insieme. Bastava dire e pensare: va bene ragazzi, non ce l’abbiamo fatta come avremmo voluto, però i grandi bisogni delle persone restano, sia quelli materiali che quelli più ideali. Per questo ci dobbiamo immediatamente rialzare, riprendere il nostro bagaglio di battaglie vittoriose e no, denunciare che il capitalismo è ben lontano dal soddisfare quei bisogni di cui si parlava. Invece è come se ci avessero dato una grande botta in testa e abbiamo cercato di assomigliare il più possibile a quella parte del mondo che, veniva detto, aveva sconfitto il comunismo. In realtà non aveva sconfitto un bel niente: aveva sconfitto i concorrenti in affari, ma le aspirazioni ad una società più giusta rimanevano intatte. E sull”anse magurau” hanno infierito tutti , anche noi. Se vogliamo fare un buon affare da uno cattivo , questa crisi è l’occasione di smascherare la falsità del capitalismo: anche questo sistema non dà la felicità, anzi porta platealmente la maggior parte della popolazione mondiale alla disperazione. Ci andrà molto tempo perché i giovani attuali ragionino in modo ” storico”, come del resto è successo anche a noi. Oggi siamo consapevoli che ogni conquista è un frutto che matura molto lentamente, anche se a volte lo possiamo cogliere senza che ne abbiamo nessun merito ( penso nella nostra generazione alla possibilità di andare a scuola, di potere essere curati, di potere avere una pensione, ecc.). Altro che rottamare le vecchie generazioni! Mi viene in mente anche un’altra cosa: ognuno di noi si è sentito ” realizzato” quando ha dimostrato a se stesso che qualche cosa sapeva fare ( e qui non c’entrano i grandi sistemi ). Ricordo la mia felicità e fierezza quando, insieme ad altri siamo riusciti a realizzare uno spettacolo teatrale proprio grazie solamente alla nostra ostinazione e alla volontà di metterci in gioco. Certo ci sono vittorie e sconfitte, però serve sapere che in una determinata situazione io, tu, noi ce l’abbiamo fatta. E questa è una speranza concreta, anche se piccola e circoscritta, perché si basa su di noi, su noi come persone. Nell’immediato penso che i giovani risentano pesantemente delle nostre sconfitte, ma perché noi ne risentiamo ancora e non abbiamo il coraggio, la faccia, di andare avanti e di dire che ce la possono fare bene anche loro, meglio di noi. In fondo hanno a disposizione un mondo che per molti aspetti è migliore : più informazione, più libertà individuale, un pochino meno di pregiudizi,ecc.

  2. nemo scrive:

    L’ articolo ‘riportato’ ( parzialmente ) si riferisce al libro di Massimo Recalcati “Cosa resta del padre” (Cortina, editore ). Non so , a parte i ‘sentimenti’ che sono ‘eterni’ (?), quello che ‘pensano’ i giovani: sono passati almeno sei decenni da quella mia ‘condizione’ di giovane ( se mai lo sono stato ) e la società, anche in termini economici oltre che culturali e tecnici (vedi Internet ), è enormemente cambiata: allora, i ‘grandi’ che ‘comandavano’ si erano formati nell’ ‘800, erano passati dal lume a petrolio alla luce elettrica.

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