24 GIUGNO 2013 ORE 16:51 GIGI SI RACCONTA, COME TUTTI NOI, “VENDENDOSI MOLTO BENE”: CHIARA DICHIARA: “BEL TITOLO DEL LIBRO// NON HO MAI “BRUCIATO PIAZZE” // // CERTISSIMA CHE I DENARI NON FOSSERO IN CIMA AI LORO PENSIERI, CE LI AVEVANO SOTTO IL CULO //

IL RITRATTO DEL PLAYBOY  FATTO DA SE STESSO

Gigi Rizzi, un altro Sessantotto

Uno stralcio dal libro «Ho ammazzato Gigi Rizzi»

 

Pubblichiamo un brano dal libro Ho ammazzato Gigi Rizzi, autobiografia pubblicata a cura di Giangiacomo Schiavi

Fu un altro Sessantotto, senza molotov e senza barricate, nell’estate rovente di Saint-Tropez. Ma quella bandiera tricolore che sventolava sotto laMadrague segnò un’epoca, come la contestazione che bruciava le piazze e occupava le università. Ricordo i titoli dei giornali e gli occhi allucinati degli amici in quelle notti senza fine all’Esquinade; giravamo a piedi nudi e il mondo ci guardava un po’ invidioso, forse indignato. Che Guevara, Barnard, Gigi Rizzi: ecco i nomi dell’anno secondo Newsweek: un rivoluzionario, il mago del cuore e un ragazzo di provincia. Forse non vale una vita ma quella storia fu una bomba pazzesca che fulminò tutto il resto. 

Avevo ventiquatto anni e Brigitte Bardot. Non sentivo i richiami della rivolta e nemmeno gli slogan di quella generazione arrabbiata che voleva abbattere tabù e pregiudizi e aveva nello spinello il simbolo della trasgressione. Ero libero, felice e consapevole di aver rotto in anticipo il muro del pudore, con il sesso sfrenato e la licenza di prendermi tutto. Non conoscevo Rudi Detschke e Daniel Cohn-Bendit ma nella mia incoscienza ero andato anch’io in Francia a combattere una guerra di liberazione contro il perbenismo e il reggiseno. Una rivoluzione sentimentale che si fondava sullo charme e sulla joie de vivre, e che non aveva il denaro in cima ai suoi pensieri, come qualcuno potrebbe invece credere. Noi, i ragazzi italiani di Saint-Tropez, per piacere, per conquistare, dovevamo lottare contro gli straricchi. Io non avevo la Ferrari o la Rolls Royce e nemmeno lo yacht da trenta metri; me la giocavo tutta con la mia faccia e quella era la sfida più eccitante. Gunther Sachs, ex marito di Brigitte, playboy e miliardario, scendeva dal suo elicottero vestito da Dracula, lanciava tonnellate di rose rosse, entrava nel porto con il suo Aquarama sparando candelotti fumogeni. Io ballavo il flamenco sul tavolo prendendo a calci i bicchieri. Piedi nudi, jeans, capelli al vento e via. Vaffanculo.

 

Quella del ’68 era la mia quarta estate in questa Babilonia popolata da miliardari, avventurieri, prostitute, drogati e pervertiti, il più fiorente mercato di carne umana che si conosca, diceva Robert, il proprietario delPirata. A Saint-Tropez si consumavano tutti i rituali della corruzione e del vizio, le mode più sfrenate, i partouzes più ingegnosi. E noi, les italiens, eravamo un’istituzione, con il nostro tavolo sempre riservato al Byblos, contesi e desiderati al Papagayo, sempre attesi all’Esquinadeall’alba, ultima tappa di un tour infernale al quale erano ammessi soltanto i campioni. 

Arrivavamo noi, alzavamo un dito, si aprivano le acque del Mar Rosso e morivano d’invidia i cacciatori di donne più agguerriti, perché noi avevamo il diavolo in corpo e portavamo sempre il profumo dell’avventura. Non ho mai capito se fosse lo charme o la mia sfrontata esuberanza a rendere tutto facile e possibile in quel mondo surreale cercato con forza anni prima, dopo i racconti degli amici genovesi. C’ero piovuto ventenne per scoprire la differenza tra le donne italiane e quelle francesi, per dimenticare Gigliola Cinquetti che cantava Non ho l’età e dragare in quelle spiagge che avevano nomi esotici come Tahiti, Morea, Pampelonne. Come in un incantesimo mi era sembrato di vivere in un paradiso.

Con le donne non ci sono alternative, o sei re o sei straccione: lì improvvisamente ero stato messo su un trono da decine di ragazzine disinibite e da signore trasgressive. Una stagione, poi un’altra, il fascino di una conquista che inebria e diventa una sbornia difficile da smaltire, ti fa sentire grande, potente. A Saint-Tropez il tempo sembrava fermarsi in quelle notti interminabili e la musica ti entrava nella pelle come il sole e l’acqua del mare. No, non si poteva paragonare a Portofino, che pure era stata la mia prima riserva di caccia, a Capri o a Forte dei Marmi, località battute dai tombeurs romani e milanesi.

Saint-Tropez era unica, straordinaria, perché aveva proclamato la religione del corpo e perché c’era lei, Brigitte Bardot, simbolo del desiderio, della trasgressione, una presenza che si percepiva, si respirava, impregnava l’aria. Bella, divina, imprendibile fino a quel giorno di giugno, quando si presentò alPapagayo. Giorno speciale, clima di trionfo, tutti intorno a noi: si brindava alla nuova stagione del New Esquinade, una boîteche avevamo affittato per due mesi con l’amico Beppe Piroddi, statrega di un’operazione che conciliava il divertimento con gli affari. Con lui a Milano avevo aperto il Number One, e nella pausa estiva ci era sembrata geniale l’idea di gestire l’Esquinade, punto d’arrivo obbligato delle notti tropeziane. Era una cantina, un buco maledetto con un caldo bestiale, denso di fumo e sudore, il massimo dalle cinque alle otto di mattina per farsi un whisky e incontrare qualcuno. C’è un anno magico nella vita di ognuno, e quello deve essere stato il mio, perché di colpo si materializzavano i sogni della mia adolescenza. Era tutto facile, possibile per “Gigi l’amoroso” come cantava Dalida. Mi sentivo un D’Artagnan, vincente e imbattibile.

Gigoleggiavo tra indistinguibili Nadine, Claudine, Françoise, Monique, Babette, ogni sera un’avventura, un incontro. Eravamo velenosi, inconfondibili, con i nostri cinturoni di pelle dalla grande fibbia, le catene a maglia larga appese al collo con infilati i ciondoli e gli anelli regalo di amanti speciali, i capelli lunghi, il pullover di cachemire appiccicato alla pelle, i basettoni fin sotto l’orecchio. Allora mi fasciavo la fronte con un foulard perché mi piaceva la parte del pirata, ed era quella la mia divisa, con i jeans e una maglietta. Io, con Franco Rapetti detto “il principe”, Rodolfo Parisi, ricchissimo tenebroso, e Beppe che aveva appena intrecciato una love story con la vedova di Porfirio Rubirosa, Odile Rodin. I quattro moschettieri, scriveranno i giornali, i padroni delle notti di Saint-Tropez.

24 giugno 2013 | 13:35

 

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2 risposte a 24 GIUGNO 2013 ORE 16:51 GIGI SI RACCONTA, COME TUTTI NOI, “VENDENDOSI MOLTO BENE”: CHIARA DICHIARA: “BEL TITOLO DEL LIBRO// NON HO MAI “BRUCIATO PIAZZE” // // CERTISSIMA CHE I DENARI NON FOSSERO IN CIMA AI LORO PENSIERI, CE LI AVEVANO SOTTO IL CULO //

  1. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Perché non ci hanno detto niente? Eppure eravamp a pochi chilometri, mannaggia!

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