24 gennaio 2014 ore 18:48 +++++ CHANDRA TALPADE MOHANTY (BOMBAY, 1955) / una recente pubblicazione in italiano // INTERVISTA DA REPUBBLICA DI OGGI (vedi art. sg)

L’intervista
La sociologa Chandra Talpade Mohanty “Da noi le donne non hanno ancora voce”
nata a Bombay -India- nel 1955
OPERE:
pour une épistémologie de la domination
autrici varie tra cui Chandra
IN ITALIANO: FEMMINISMO SENZA FRONTIERE- EDITORE OMBRE CORTE
I saggi qui raccolti trattano questioni cruciali della politica e della riflessione teorica femminista contemporanea: il rapporto tra riconoscimento delle differenze e ricerca di un nuovo universalismo; il nesso tra riflessione teorica e attivismo femminista; le lotte delle donne del sud del mondo contro le politiche neoliberiste e la ricerca di nuove pratiche di resistenza e di solidarietà fra donne; la relazione esistente, infine, fra politiche della conoscenza e pratiche politiche femministe transnazionali.

nota: se siete interessati ai saggi, vi consiglio di vedere il catalogo dell’editore Ombre corte (Internet)

«LA cosa più importante è che di questi casi ora si parla. Sono sempre accaduti, ma adesso hanno una visibilità che può portare a un cambiamento per il quale in India i movimenti femministi combattono da quattro decadi». La sociologa indiana Chandra Talpade Mohanty insegna studi di genere negli Stati Uniti, alla Syracuse University, ma da lì continua a seguire il suo Paese. Davanti allo stupro di gruppo ordinato dal capo di una comunità tribale Santhal la sua risposta è di condanna, ma anche di soddisfazione per quel che è successo dopo.
Professoressa Mohanty, la sua prima reazione, davanti a una ventenne violentata per punizione?
«L’atto compiuto su di lei è di profonda violenza. Ma questi sono i normali metodi dei gruppi di “eminenti” dei villaggi, che rispondono a un solo codice: quello antico del patriarcato, basato su principi maschilisti. Le donne non hanno semplicemente alcuna voce. Nessuna di loro è mai stata ammessa in quei gruppi. Ma il caso del dicembre 2012 a Delhi è stato un punto di svolta per tutta l’India e ora anche nella vicenda del Birbhum c’è un lato positivo».
Quale?
«Ci sono stati degli arresti, tredici uomini sono stati considerati responsabili: solo qualche anno fa, sarebbe stato altamente improbabile. C’è un cambiamento culturale in atto e di questo bisogna ringraziare, molto, i media indiani più diffusi, che stanno facendo un incredibile lavoro di denuncia quotidiana di ogni singolo episodio, seguendone poi tutti gli sviluppi giudiziari. Aprendo un giornale indiano, si può anche pensare “che orrore, quante violenze contro le donne”. Io invece penso: finalmente si dice, si vede, si sa quel che succede».
(a.b.)
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La cosa più importante è che di questi casi ora si parla. Sono sempre accaduti, ma adesso hanno visibilità
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