sentite questo gruppo uruguaiano-meraviglia–appena scoperto, lo sentiremo ancora
LOS OLIMARENOS (olimaregnos) –EL BESO QUE TE DI
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sarà questa la nostra “mg” ? la ricerca continua indefessa!
mario bardelli, computerart
11 DICEMBRE 2013 ORE 08:26 OLTRE L’OCCIDENTE RITROVIAMO IL FIATO PER SPERARE—-18 – 02 – 2010 Lucia e Ivonne: ex-tupamaras. Topolansky e Passada nominate presidenti di Senato e Camera
11 dicembre 2013 ore 08:22 JOSE’ MUJICA (“PEPE”), IL PRESIDENTE EX TUPAMAROS CHE DONA AI POVERI IL 90% DEL SUO STIPENDIO
11 dicembre 2013 ore 07:30 URUGUAY, UN CORAGGIOSO TENTATIVO DI LOTTARE – MA DA SOLI, COME SINGOLA NAZIONE- CONTRO I CARTELLI DELLA DROGA
Montevideo, capitale dell’Uruguay: in questo porto nei secoli precedenti (dal 1879-al 1930 circa), sono arrivati migliaia di italiani–liguri- piemontesi e campani—un loro figlio diventò Presidente del paese nel 1920: si chiamava Jose’ Serrato—
Lunedì, 20 Gennaio 2014
Foto: Internazionale.it
È sì, forse dall’Uruguay del presidente José Mujica, che vive in una piccola fattoria
e dona la quasi totalità del suo stipendioa un’istituzione per lo
sviluppo delle zone povere, potevamo anche aspettarci un progetto
di legge nato proprio
da un’idea del presidente, che non è una liberalizzazione
della marijuana, ma un’intelligente regolamentazione.
Così dopo l’iniziativa del 2013 Armas para la vida, che ha dato
la possibilità ai cittadini che consegnano un’arma di riceverne
in cambio una di conoscenza, come un computer portatile,
o una per la mobilità sostenibile, come una bicicletta, ora
“L’obiettivo non è diventare il Paese del fumo libero,
ma tentare un esperimento al di fuori del proibizionismo, che è fallito,
– ha spiegato Mujica –per riuscire a strappare un mercato
ùimportante ai trafficanti di droga. La tossicodipendenza
è una malattia, ma guai a confonderla col narcotraffico” che può
essere bloccato solo facendo dell’Uruguay “il primo Paese al mondo
a legalizzare e a gestire produzione e vendita delle droghe leggere
fissando le regole del nuovo mercato, compreso il prezzo e il divieto
di vendita agli stranieri per evitare la nascita di un turismo
della marijuana”.
Qui i cittadini con più di 18 anni potranno così entro
la seconda metà del 2014 comprare una dose mensile
di “erba” ad un prezzo relativamente basso, un dollaro
al grammo (l’equivalente di 0,75 euro), circa il 30% in meno
degli attuali valori sul mercato illegale.La legge prevede
inoltre la creazione di un Istituto di
Regolamentazione della Cannabis (Inc) che concederà
licenze per la coltivazione delle piante da parte di singoli
(massimo sei piante a testa), associazioni di consumatori
(massimo 45 soci e 99 piante) e cooperative private
controllate dallo Stato, che venderanno la marijuana
attraverso una rete di farmacie autorizzate, per un massimo
di 40 grammi mensili a persona. Per rendere possibile
il controllo del mercato della marijuana sarà creato anche
un registro di consumatori, la cui privacy sarà garantita
dalle norme già esistenti in materia di protezione dei dati.
Contemporaneamente lepene previste per il commercio
illegale saranno rese molte più dure. Una première
a livello mondiale, quindi, che sceglie un modello diverso
da quello di altri Paesi come l’Olanda o di alcuni Stati americani,
come California e Colorado e dove il monopolio statale, assicurano,
andrà di pari passo con campagne pubbliche che mettano in guardia
dagli eccessi del consumo, simili a quelle che avvengono con il tabacco.
Il sì definitivo alla nuova legge è arrivato il 10 dicembre scorso con il voto
favorevole del Senato e i soli 16 voti, su un totale di 30 seggi,
del Frente Amplio, la coalizione di sinistra al Governo
di Montevideo, e nonostante l’opinione contraria
di oltre il 60% degli uruguaiani certificata
da alcuni sondaggi. L’opposizione, da parte sua,
ha sostenuto che la legge approvata rappresenta
una chiara violazione dei trattati internazionali in materia di droghe,
presenta grosse difficoltà di implementazione e potrebbe
risultare incostituzionale, perché prevede la creazione
di un organismo statale, l’Inc appunto, a meno di un anno
dalle elezioni politiche e presidenziali previste per novembre
del 2014, il che è proibito dalla carta magna uruguaiana.
Anche se lo stesso Mujica ha ammesso che “forse
l’Uruguay non è pronto per questa esperienza”,
solo qualche giorno fa Umberto Veronesi, direttore scientifico
dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano(Ieo),
ha voluto ricordare come “in Italia, dove una legge sciagurata
ha riempito le prigioni parificando le droghe leggere
a quelle pesanti, non ci resta che far tesoro della lezione
di realismo che ci offre il piccolo e democratico Uruguay,
dove si è pensato a ridurre i danni, e non a perseguitare i singoli”.
Intanto Torino, da qualche giorno, sembra aver fatto
proprio il segnale che arriva da oltre oceano,
diventando la prima città d’Italia ad aver votato
un documento per la liberalizzazione della marijuana.
Il provvedimento è stato approvato il 14 dicembre dal Consiglio
comunale di stretta misura: 15 voti a favore (Sel, mezzo Pd, Idv, 5 Stelle),
13 contrari e 6 astenuti, fra cui il sindaco Piero Fassino. Anche se
si tratta di un via libera senza ricadute pratiche immediate, è politicamente
rilevante perché invita il Parlamento ad affrontare il passaggio
da un impianto di tipo proibizionistico a uno di tipo legale
della produzione e della distribuzione delle droghe
cosiddette leggere, con particolare riferimento alla cannabis
e ai suoi derivati. È la prima volta che si va oltre l’ok all’utilizzo
della cannabis a fini terapeuticichiedendo anche l’abolizione
della legge Fini-Giovanardi, ad oggi una delle principali
cause del sovraffollamento delle carceri.
Del resto non tutti sanno che la cannabis legale cresce anche
in Italia, ma per il momento solo nell’area industriale di Rovigo.
Al quarto piano di un piccolo palazzo tra la statale e l’autostrada,
il Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione
in Agricoltura(Cra) ha allestito una serra con dodici
varietà diverse di marijuana. “È dal 1994 che qui portiamo
avanti sperimentazioni sulla canapa e sulle sue varie applicazioni”,
ha spiegato Gianpaolo Grassi, ricercatore del Cra,
e in questo momento di euforia antiproibizionista,
il lavoro del Consiglio sta ottenendo risalto anche
internazionale “visto che le richieste per le varietà selezionate
da noi arrivano anche da Colorado, Arizona, California.
E anche dall’Uruguay”, ha raccontato il ricercatore.
“Da millenni – ha puntualizzato Grassi – si conoscono
le applicazioni in campo medico della canapa” tanto che
dal 2007 anche in Italia le tabelle ministeriali dei farmaci
contemplano i derivati della cannabis. Sei regioni,
Toscana, Puglia, Friuli, Veneto, Marche e Sardegna
hanno legiferato in materia di medicinali a base di
cannabinoidi, garantendo il rimborso di tutte le cure
per i pazienti affetti da Aids, cancro, sclerosi multipla
o altre patologie caratterizzate da dolori articolari o neurologici. Per questo
il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) ha promosso una proposta
di legge per avviare coltivazioni protette di cannabis in Italia, allo scopo naturalmente di rifornire le Aziende Sanitarie Locali che per l’approvvigionamento all’estero dei derivati della canapa sostengono costi enormi. “Esistono purtroppo ancora troppe resistenze rispetto alla canapa e a quello che può fare alle persone che soffrono – ha conclusoGrassi – e pensare che un tempo l’Italia era il primo produttore di canapa in Europa. Sì, non era considerata una droga. Ma facendo un’analisi tra costi e benefici, appare evidente l’insensatezza dell’approccio proibizionistico”.
Perché l’Italia non prende e fa suoi i buoni esempi che vengono, come dei miracoli, dai posti più insperati? E perché no, anche l’esempio di devolvere parte dello stipendio a chi non ha da vivere, oppure, da parte dei politici eletti, darsi uno stipendio che sia nella media di quelli normali?