15 marzo 2014 ore 23:17 QUALCHE POESIA DI DAVIDE MARIA TUROLDO (Coderno, 22 novembre 1916 – Milano, 6 febbraio 1992)

dal sito:

http://www.club.it/autori/elencograndi.html

 

un grazie  a due “grandi esseri umani”, pur nella diversità

[audio:https://www.neldeliriononeromaisola.it/wp-content/uploads/2014/03/Mozart-Requiem.mp3|titles=Mozart Requiem]

DAVIDE MARIA TUROLDO

 

 

CHIARA:  forse, che io conosca, solo Diletta Luna ci potrebbe dire la verità dei rapporti  di Padre Turoldo con la Chiesa ufficiale, visto che l’ha conosciuto bene–anche forse per aver vissuta una storia che ha delle somiglianze con la sua:   suora “espulsa” dalla Chiesa di Roma (Santo Uffizio) in quanto “non conforme”– Ho registrato un nostro dialogo, ma devo metterlo in ordine e poi pubblicarlo: anche chi ha fede nella Chiesa in genere (senza Papa Francesco!), se vive il suo impegno spirituale, non perché in qualche modo fa “status” di gente perbene – il  che-mi permetto- in una città aiuta anche gli affari, ma vive una ricerca personale, non potrà che rimanere allibito a cominciare dalla vita dei conventi. E’ difficile per noi “fuori”, immaginare un tale “ghetto degli orrori”.

 

A CHI INTERESSA: SCHEMATICA BIOGRAFIA

http://www.comune.lecco.it/resources/evento/N1364e0526dcf979d951/N1364e0526dcf979d951/biografia_turoldo.pdf

 

A CHI AMA LEGGERE LE STORIE:

http://it.wikipedia.org/wiki/David_Maria_Turoldo

LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

I grandi poeti contemporanei
David Maria Turoldo

Da “Io non ho mani”,
MEMORIA
È la memoria una distesa
di campi assopiti
e i ricordi in essa
chiomati di nebbia e di sole.
Respira
una pianura
rotta solo
dagli eguali ciuffi di sterpi:
in essa
unico albero verde
la mia serenità.

 

 

IO NON HO MANI

Io non ho mani
che mi accarezzino il volto,
(duro è l’ufficio
di queste parole
che non conoscono amori)
non so le dolcezze
dei vostri abbandoni:
ho dovuto essere
custode
della vostra solitudine:
sono
salvatore
di ore perdute.

Da “Udii una voce”

Non per me il pulito verso.

Uno scabro sasso la parola

nelle mie mani.

Intanto che gli effetti dissepolti

marciscono come foglie staccate

dalla pianta..

Questi i miei giorni vuoti di pudore,

i miei canti senza note

la verità senza amore.


Da “Gli occhi miei lo vedranno”

ITINERARI

Liberata l’anima ritorna

agli angoli delle strade

oggi percorse, a ritrovare i brani.

Lì un gomitolo d’uomo

posato sulle grucce,

e là una donna offriva al suo nato
il petto senza latte.
Nella soffitta d’albergo
una creatura indecifrabile:
dal buio occhi uguali
al cerchio fosforescente d’una sveglia
a segnare ore immobili.
E io a domandare alle pietre agli astri
al silenzio: chi ha veduto Cristo?


ALLORA RIDERO’ DELLA SUA DELUSIONE

Armata di falce verrà
pronta a ingaggiar battaglia.
Altri forse avranno un gesto
di pietà:
fonde pensavano
fossero le radici.
E certo non sapevano
che celavo una continua
attesa d’andarmene.

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9 risposte a 15 marzo 2014 ore 23:17 QUALCHE POESIA DI DAVIDE MARIA TUROLDO (Coderno, 22 novembre 1916 – Milano, 6 febbraio 1992)

  1. Donatella D'Imporzano scrive:

    C’è speranza e disperazione insieme in queste poesie. Ho sempre pensato che la condizione delle suore e dei preti è disumana: perché sfruttarne così tutte le energie e non permettere che abbiano una vita affettiva come tutti gli altri esseri umani? Se penso ai collegi, ai conventi, ecc. mi viene un senso di gelo e di morte. A questo proposito c’è un bel film recente, Philomena, che tratta proprio di questi argomenti: una chiesa sadica e vendicativa e una credente che riesce a perdonare, malgrado tutto.

  2. diletta luna scrive:

    ho letto. A Chiara risponderò sulla similitudine tra Turoldo e diletta luna ed a Donatella per ora rispondo è vero il senso di “gelo e di morte “, ma c’è anche la possibilità di grandi amori . A più tardi.

  3. nemo scrive:

    Non mi riesce di leggere poesia (o prosa) ‘ legandola ‘ alla vita dell’ autore: la ‘grandezza’ dell’ opera letteraria è legata alla sua ‘universalità’ ( come ‘ Allora riderò …. ‘ in questo caso …. )

    • Chiara Salvini scrive:

      Certamente, caro Nemo, è questo un filone importante della critica letteraria, o, meglio, della concezione della poesia e dell’arte in genere: l’arte come un “frutto” astratto da ogni contingenza dell’epoca e dell’autore. Si direbbe una lettura anti-storicistica. A mio parere, una lettura che ristabilisce i legami dell’autore con la sua autobiografia, il suo tempo (nel caso di Turoldo per esempio, una specie di messa al bando dalla Chiesa, che non deve essere stata per lui “poca cosa”)… è un modo di guardare alla poesia (entrambi questi sguardi ci sono sempre stati, quasi sempre in reazione- alternza…un po’ come in pittura il figurativo e l’astratto) che ha la stessa legittimità della prima, soprattutto perché, anche se, con tutti questi dati, la poesia si rende più com-prensibile e quindi più vicina, l’universalità della vera arte rimane, in quanto qualunque “contestualizzazione” non “giustificherà” quel verso, quel dipinto…Sempre rimarrà un area che sarà oscura all’indagine, ma non alla nostra ( e di altri mondi diversi dal nostro) – chiamiamola – “immedesimazione” e piacere estetico: in questo mi pare consista la sua “universalità”, come appunto dici tu. grazie del bellissimo contributo: la mia risposta – lo so- è per ora troppo generica, ero totalmente impreparata alla tua osservazione. Ma ci rifletterò. grazie, notte bella, chiara

  4. diletta luna scrive:

    La ” grandezza della poesia ” non si può trovare se la si lega alla vita dell’autore ? Non sono tanto d’accordo, caro Nemo. La “grandezza è legata alla sua universalità ” D’accordo, invece,,è verissimo, quasi indispensabile per essere tale. Quello che penso io è che , perché una poesia sia tale, devi sentire nel tono personale che l’autore ti propone , un senso , un sentimento, una bellezza che ha proprio qualcosa di universale. Anche quello che dice Chiara ” l’arte come frutto astratto da ogni contingenza dell’epoca e dell’autore ” non mi convince. Che cosa dovrebbe “cantare ” una poesia ( la mia sera del Pascoli, alla sera del Foscolo .l’infinito del Leopardi, i pastori del D’Annunzio e mille altre ) se non il sentimento del poeta in quel piccolo o grande contingente ? Mi accorgo che il discorso sarebbe lungo, perché si tratta di vedere come si concepisce l’arte. Si potrebbe anche farlo, un qualche momento , o no ?

  5. nemo scrive:

    In generale, prima gioisci per la ‘bellezza’ dell’ opera poi, se credi, ti puoi anche ‘informare’ sull’ autore … ( ma potresti anche non farlo, non è necessario). Così è per me. Con grande rispetto per chi la pensa diversamente: le ‘scuole’ sono tante …. ( Ma spesso, la ‘conoscenza’ degli autori fa perdere il ‘gusto’ per i loro capolavori … tanto per fare un esempio, Céline non vi dice niente ? )

    • Chiara Salvini scrive:

      Céline e Heidegger, cattedrattico, erede addirittura di Husserl della cattedra del suo maestro a Frriburgo, ci pongono lo stesso problema in quanto, come saprai, Heidegger ha addirittura appoggiato attivamente il Nazismo, illudendosi che, questo, fosse la soluzione dei mali della Germania. Anche Nietzsche è stato un serio problema perché era venduto come teorizzatore del Nazismo. Solo molto tardi, forse finiti i miei studi, è stato provato che la sorella-di fede nazista- aveva manomesso i manoscritti. Per me, allora, era impossibile leggerli. Con gli anni è tutto cambiato ( a parte che anche “noi duri e puri” siamo stati trasportati dolcemente dal lassismo generale degli anni Ottanta e sg.)–è tutto cambiato nel senso che si è cominciato a distinguere tra opera d’arte o di filosofia e la persona con la sua storia. Una qualche separazione confusa si è fatta strada anche nella mia testa, con estrema difficoltà…Oggi potrei leggere Céline, Heidegger ho dovuto farlo per l’univ. di psicologia in Brasile e, non solo non sono morta per contaminazione, ma quel poco che ho capito, lo ricordo “schiuditore di orizzonti”, se mi passi l’espressione…
      Ma vorrei – cambiando argomento- mettere un minuscolo sassolino a questo dibattito “sulla poesia”, chiamiamolo così, certamente per me molto interessante. Il sassolino è una minuscola frase di Paul Celan, del 26 marzo 1969, tratta dal suo libretto (in italiano) “La verità della poesia” (del 1983 in lingua originale, per Einaudi Contemporanea n.19, uscì invece nel 1993)—Tutta questa pappardella per citare questa frase minuscola, che, pero’ a me sembra importante—almeno come “schiusura” che potrebbe aiutarci a mettere il discorso su un altro livello. Non traduco…tanto nessun anglofilo leggerà!

      “La poésie ne s’impose plus, elle s’expose.”
      Grazie—spero che Diletta e Donatella vogliano partecipare…senz’altro ci chiameranno dagli alti circoli della Poesia, con la “P” maiuscola! chiara

  6. Donatella D'Imporzano scrive:

    Non saprei dire cos’è la poesia, so che la si avverte quando c’è, così come la bellezza in qualsiasi forma d’arte. E’ un momento magico in cui l’autore, magari grazie anche a sforzi precedenti che non sono stati altrettanto felici, riesce a raggiungere una capacità di sintesi ” universale” riuscendo a raggiungere altri uomini. Ci sono poi tante forme di poesia, come ci sono tante forme di musica. Alcune canzoni, nella loro semplicità, colpiscono subito il nostro immaginario e diventano pressoché universali; la musica classica o colta, come del resto la poesia dei grandi, vissuti magari secoli fa, ha bisogno di strumenti adeguati per essere capita. Una volta compresa, suscita in noi l’ emozione dei sentimenti, come la canzone che sentivamo cantare a nostra madre da piccoli. Insomma, è davvero impossibile classificare la poesia e la bellezza. Io direi che è un momento di contatto e di pacificazione con l’universo, un modo diverso di guardare la realtà, di gustarne finalmente e liberamente un pezzetto.
    l

  7. nemo scrive:

    Un poeta è così ‘raro’: è sempre un miracolo ( Moravia ).

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