ORE 23:14 «La ‘ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune : sono scomunicati “.

Prima
BERGOGLIO IN CALABRIA PER IL BAMBINO UCCISO
L’anatema del Papa sui mafiosi “Adorate il male, vi scomunico”
MARCO ANSALDO
DAL NOSTRO INVIATO
CASSANO ALLO JONIO (Cosenza)

LE PAROLE che tutti si aspettano da Francesco in Calabria non sono nell’omelia ufficiale, distribuita alla stampa poche ore prima. Ma sorprendono ugualmente tutti, nel suo discorso a braccio. Jorge Mario Bergoglio alza la testa dai fogli e le pronuncia con voce ferma. Quasi un grido. «La ‘ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune» .
Francesco in visita in Calabria
CASSANO ALLO JONIO (COSENZA)

«COLORO che nella loro vita hanno questa strada di male, i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati ».
Mai un Papa aveva parlato di scomunica ai mafiosi. Mai un Pontefice era stato così esplicito nella condanna della criminalità organizzata. E mai direttamente da un altare. Giovanni Paolo II lo aveva fatto nella Valle dei Templi («Lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta, un giorno, verrà il giudizio di Dio!»). Benedetto XVI al Politeama di Palermo («La mafia è una strada di morte, incompatibile con il Vangelo»). Francesco è sceso nel cuore della ‘ndrangheta calabrese, ha affrontato l’inferno dei boss, e ha dichiarato pubblicamente «scomunicati tutti i mafiosi ».
«Quando non si adora il Signore si diventa adoratori del male — ha scandito il Pontefice argentino, interrompendo l’omelia che stava leggendo sulla piana di Sibari davanti a 250mila fedeli — come lo sono coloro i quali vivono di malaffare e di violenza e la vostra terra, tanto bella, conosce i segni e le conseguenze di questo peccato. Questo male va combattuto, va allontanato. Bisogna dirgli di no. La Chiesa, che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre di più spendersi perché il bene possa prevalere».
Non è caso se la quarta tappa del pellegrinaggio di Francesco nell’Italia sofferente (dopo Lampedusa, Cagliari e l’incontro con i poveri ad Assisi) si svolge in Calabria. Il Papa ha infatti scelto con attenzione il suo viaggio nel Sud, aggredito dal fenomeno mafioso, per mostrare la vicinanza della Chiesa a chi lotta contro la malavita. Una visita concordata con il vescovo Nunzio Galantino, prelevato pochi mesi fa proprio dalla diocesi Cassano allo Jonio e portato a Roma come nuovo segretario della Conferenza episcopale italiana. «Vengo per chiedere scusa», è difatti lo slogan sotto cui si svolge l’evento, con il quale Francesco ha spiegato ai calabresi il senso della decisione di togliere dalla loro terra un prelato tanto amato e capace, elevandolo a un incarico così delicato e centrale.
Conferma sulle parole del Papa don Davide Scito, docente di Diritto Canonico all’Università Pontificia della Santa Croce: «E’ la prima volta che un Pontefice parla così esplicitamente di scomunica ai mafiosi». Sulla questione nel 2010 venne redatto un documento della Cei, rimasto però a livello di proposta. «Penso che il Pontefice — aggiunge il canonista — con queste parole fortissime e senza precedenti, abbia voluto denunciare e richiamare la gravità del comportamento di tanti malavitosi che si spacciano per cattolici devoti. Francesco vuole dire che questa gente deve essere esclusa dalla comunione con Dio. E lo ha detto con parole definitive e inequivocabili».
E con esplicita coerenza Francesco aveva iniziato la sua visita in Calabria visitando il carcere di Castrovillari. Partendo da un incontro molto commovente con il padre e le nonne di Cocò Campolongo, il bambino di 3 anni bruciato il 20 gennaio scorso, vittima innocente di una faida per il controllo del territorio. «Non accada mai più — ha detto Bergoglio — che i bambini debbano subire queste sofferenze, e non siano mai più vittime della ‘ndrangheta». Il Papa ha inviato un saluto alla madre del piccolo, anch’essa in un’altra casa circondariale, facendole giungere un messaggio: «Io prego sempre per lui». E alle detenute del carcere, salutate e baciate una per una, ha detto confortandole: «Anch’io faccio i miei sbagli e devo fare penitenza ». In cattedrale, ha esortato con affetto i sacerdoti a lavorare come «buoni operai », e non come «impiegati».
Un altro gesto esplicito Francesco lo ha compiuto lungo il tragitto in auto da Cassano allo Jonio verso Marina di Sibari, quando ha compiuto una sosta davanti alla chiesa dove il 3 marzo scorso fu assassinato a sprangate padre Lazzaro Longobardi. Il Papa e il vescovo Galantino sono entrati in chiesa da soli per pregare. «Padre Lazzaro — sono state le parole del segretario della Cei — ha pagato con la vita la sua coerenza e l’amore per gli ultimi». In auto Bergoglio si è ancora fermato quando ha visto la scritta: “Qui vive un piccolo angelo, fermati». Ha così dato un saluto e un abbraccio alla bambina microcefala che abita in quella casa.
All’ospedale San Giuseppe Moscati, ha quindi visitato i malati e approfittato della sosta per farsi rimuovere dalla mano un frammento di legno rimastogli conficcato in un dito. Un microintervento risolto dal primario, Francesco Nigro Imperiale, con una pinzetta e chiuso con un cerotto.
Ancora parole dure contro la mafia sono state pronunciate dallo stesso vescovo Galantino. «La malavita organizzata — ha detto il segretario della Cei — rallenta i processi di crescita non solo economici. Si nutre di coscienze addormentate e perciò conniventi. Anche la Chiesa talvolta per stanchezza rallenta il suo passo». Galantino, ripetendo le tre parole con cui aveva salutato il Pontefice («grazie, benvenuto e scusa») ha ricordato che la parola «scusa» venne pronunciata da Francesco nella lettera in cui informava i fedeli che avrebbe chiamato il vescovo di Cassano a Roma, sottraendolo agli impegni sul territorio. «Scusa devo chiederlo io oggi — ha concluso Galantino — a tutte le persone che mi hanno chiesto di avvicinarla. Ci sarebbe voluta più di una giornata, per accontentarli tutti».
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