ore 10:13 DALLA NOSTRA DONATELLA D’IMPORZANO—IL FATTO QUOTIDIANO

 

BUGIARDO MAI. DI SILVESTRINI

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Obama e le armi: un Nobel da restituire? di Maurizio Clerici, Il Fatto
Quotidiano 23 settembre 2014, pag.18

 



Rimediare ai disastri della famiglia Bush è il peso che Obama sopporta
per rovesciare il passato e consolare il futuro, fiducia di chi gli ha
regalato il Nobel della Pace,  ispirato ” ai suoi sforzi straordinari
per la cooperazione tra i popoli”…primi dieci mesi alla Casa Bianca.
A volte i popoli sono rappresentati da governi che inseguono altri
interessi. Se l’imperativo di Bush padre ( vicedirettore  CIA)
affidava al liberismo selvaggio l’impegno di rallegrare le Borse non
importa i disastri umani, la sensibilità di Obama apriva l’illusione
di un mondo diverso. Ma dentro e fuori gli Stati Uniti le corporazioni
difendono trame che è complicato slegare: armi, petrolio, riserve
agricole, elettronica, colossi farmaceutici. Anni dopo il Nobel si
affida alle diplomazie dei maneggioni cresciuti all’ombra di
Negroponte inventore delle squadre della morte dal Vietnam all’America
Centrale. L’ambasciata di Obama a Damasco arma i transfughi di al
Qaeda per rovesciare la dittatura di Assad, strabismo che trascura
l’instabilità del Medio Oriente da mezzo secolo sul piede di guerra.
Si riaccendono i fuochi. Se Reagan, Bush padre e figlio arruolavano
contro Unione Sovietica e integralismo iraniano Saddam Hussein e Bin
Laden, tragedia rimediata con due guerre e silenzio assicurato da due
condanne a morte, Obama insegue gli stessi passi. Prova a fermare
Assad che massacra 100.000 civili, sradica due milioni di profughi
protetto dall’ombrello di Putin il quale irride l’impotenza
diplomatica di Washington dove vecchi consiglieri infilano
clandestinamente in Siria il senatore repubblicano McCain, avversario
di Obama nella corsa alla Casa Bianca, mediatore CIA di sicura
fede.Incontra Al Baghdadi che prepara il Califfato dei tagliagole. Ne
annuncia  la ” moderazione” e miracolosamente arrivano fiammanti auto
Hunvee dell’American Motors,computer e tecnici che invadono i social
network. Si aprono le pipeline del petrolio pompato dalle bandiere
nere. Anche l’Europa approva il mercato. Lo proibisce solo un mese fa,
dopo il primo sgozzamento che sconvolge la Casa Bianca. Adesso
democratici e repubblicani approvano l’invito del presidente:
addestrare e armare l’esercito libero siriano, guerriglia anti-Assad
di un Islam che continua ad essere “moderato”. E la storia ricomincia
annacquata dalle elezioni USA di medio termine: un presidente
all’ultimo mandato non può complicare con nuove invasioni le speranze
dei suoi democratici. Si affida a mercenari, consapevole che non sono
mercenari qualsiasi. E il suo Nobel della Pace si trasforma nella
caricatura di un impegno non mantenuto, memoria ingombrante di
promesse alle quali ha voltato le spalle. Imbarazzi più o meno
nascosti nel comitato di chi lo ha premiato. Il Presidente Thorbjorn
Jagland affida alla rete l’opportunità di valutarne la restituzione.
Laburista, primo ministro e ministro degli Esteri della Norbegia,
ammette la delusione. Sarebbe la prima volta nella storia del grande
premio, anche se nel 1973 Le Duc Tho ha disertato la cerimonia di Oslo
non sopportando di essere al fianco di Henry Kissinger: premiati
assieme per la pace in Vietnam. Non voleva dimenticare bombardamenti e
foreste avvelenate dalla diossina. Il Nobel di Kissinger torna in
discussione appena Clinton pubblica i documenti sugli intrighi che
fanno morire Salvador Allende per mettere su Pinochet, proprio in quel
’73. L’Obama trasparente deve restituirlo? Impossibile da presidente,
magari per passare alla storia al momento dell’addio anche se è
complicato immaginarlo mentre confessa: chiedo scusa, vi siete
sbagliati.

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