ore 09:45 —-Mezza birra se ne va per il Fisco —dal 10 ottobre—-servirebbe a finanziare l’impegno per la scuola—dedicato a donatella e franco il Navigatore-che-non-naviga-

Mezza birra se ne va per il Fisco.
La battaglia dei produttori contro le accise

Dal 10 ottobre è previsto un ritocco delle aliquote per l’alcol, che saliranno di nuovo nel 2014 e nel 2015. Lo Stato pensa di incassare fino a 220 milioni per finanziare gli interventi sulla scuola, ma dal mondo delle bionde attaccano: “Taglino la spesa, questa manovra è recessiva”. E anche dal servizio Bilancio sollevano dei dubbi

di RAFFAELE RICCIARDI

MILANO – Birraioli d’Italia uniti contro l’aumento delle accise, che rischia di proiettare nel 2015 il peso del Fisco su un euro di birra a quota 45 centesimi. La tematica è scottante e sta per deflagare, per un settore e un prodotto che in Italia è vicino al cuore dei consumatori. Per di più, che rappresenta un comparto industriale di peso: secondo l’Associazione degli industriali della Birra (AssoBirra) riguarda 500 aziende e 150mila addetti, oltre ai 300 imprenditori – soprattutto giovani – che negli ultimi anni hanno dato vita a un boom di microbirrifici. La tematica è però scivolosa perché il governo ha deciso di intervenire sui costi delle “bionde” per finanziare il decreto legge “recante misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca”. Quello della Scuola, che per intendersi include anche un piano triennale di immissioni in ruolo.

Insomma, la motivazione della raccolta fondi è più che mai nobile e urgente per un Paese che da anni non investe più in ricerca e istruzione. Ma, secondo i diretti interessati, avviene ancora in maniera sbagliata e a discapito dei produttori. Andiamo con ordine. Il fulcro del problema sta nell’articolo 25 del decreto, che dispone “l’incremento dell’aliquota dell’imposta di consumo sui prodotti alcolici”. Si tratta a dire il vero di un secondo ritocco al rialzo. Già nel decreto Cultura, infatti, le aliquote erano state riviste. Ma come si spiega nella relazione tecnica del decreto Scuola, “ovviamente”

questo secondo intervento – più pesante – supera il primo.

Il Servizio Bilancio dello Stato, come di consueto, ha verificato le disposizioni di copertura del decreto Scuola, ivi compreso, dunque, l’incremento delle accise. Il decreto prevede di fatto un balzo dell’accisa del 12,5% a partire dal 10 ottobre, poi altri rincari dal 1° gennaio 2014 e ancora dal 2015. Per quanto riguarda la sola birra, anche se poi sono inclusi nel decreto anche gli “alcolici intermedi” e “l’alcool etilico”, l’aliquota dell’imposta di consumo passa a 2,66 euro per ettolitro e per grado dal 10 ottobre, poi a 2,7 euro nel 2014 e quindi 2,99 dal 2015. Secondo il governo, che considera il saldo tra accise, Iva e riduzione del gettito legato al reddito delle imprese, la misura offre risorse che vanno dai 13,3 milioni del 2013 ai 224,6 milioni del 2015.

Alberto Frausin, presidente di AssoBirra, non ci sta e spiega la scelta di lanciare una petizione destinata agli oltre 35 milioni di consumatori, ricordando che “l’accisa è una tassa che paga il consumatore ogni volta che beve una birra, che lo faccia in pizzeria o al bar o a casa sua. Già oggi 1 sorso su 3 va al Fisco, in pratica su una birra da 66 cl da 1 euro, ben 37 centesimi sono di tasse”. Ma il peggio deve arrivare: “Con i nuovi aumenti si arriverebbe a un sorso su due. Senza contare che questi aumenti rischiano di mettere in ginocchio un settore in cui si dà lavoro direttamente a 4.700 persone, che arrivano a 144mila se si considera l’indotto”. Dalle stime AssoBirra, l’aumento dell’accisa porterà un calo ulteriore dei consumi, già in contrazione nei primi mesi del 2013, di circa 5 o 6 punti percentuali.

GRAFICI: La storia e gli effetti delle accise sulla birra

La misura preoccupa anche Federvini, come ha detto recentemente il presidente Lamberto Vallarino Gancia, anche perché arriva a stretto giro dall’aumento dell’Iva al 22%. E’ anche vero, però, che la bevanda con la quale il Paese s’identifica ha finora scampato molti rincari. Ricorda AssoBirra: “L’accisa è ingiusta perché la birra è l’unica bevanda a bassa gradazione alcolica a pagarla in Italia: nel nostro Paese non pagano le accise le bevande che rappresentano il 65% dei consumi di alcol”.

L’effetto recessivo per i consumi e i dubbi sul gettito sono d’altra parte testimoniati dal Servizio Bilancio, che sottolinea come la relazione tecnica non “fornisce i dati e gli elementi posti alla base della quantificazione degli effetti” dell’aumento delle accise, in assenza dei quali “non appare possibile procedere ad una verifica dei predetti effetti”. Si dovrebbe poi chiarire, visto che si tratta di una duplicazione di misure già previste nell’ambito del decreto Cultura, come si sommano gli effetti nei saldi di finanza pubblica. Ancora, “andrebbe chiarito se si sia tenuto conto della possibile riduzione dei consumi”, sia per l’andamento del settore che per i possibili rincari. La corsa a modificare la norma è partita, il termine per presentare emendamenti è martedì. Scettici gli operatori sulla possibilità di rinviare il primo scalino, ma per i prossimi sarà ancora battaglia.

Stima del gettito dell’aumento delle accise (euro mln)

2013 2014 2015 2016
Accise 11,7 130,5 215,9 215,9
Iva 1,6 18,9 31,3 31,3
Ires/Irpef 0 -1,4 -15 -19,1
Irap 0 -0,3 -2,9 -3,6
TOTALE 13,3 147,8 229,4 224,6

 

(05 ottobre 2013)© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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1 risposta a ore 09:45 —-Mezza birra se ne va per il Fisco —dal 10 ottobre—-servirebbe a finanziare l’impegno per la scuola—dedicato a donatella e franco il Navigatore-che-non-naviga-

  1. Donatella D'Imporzano scrive:

    Si continua sulla antichissima linea di grattare il fondo del barile dove è già stato prelevato tutto il possibile. L’idea di prendere i soldi dove ci sono ( incrementando la lotta alla mafia, abbattendo l’evasione, facendo investimenti pubblici seri per creare il lavoro, potenziando la scuola e la ricerca veramente, curando i beni culturali non solo a parole), di tutto questo non si parla o, se se ne parla, è solamente in modo demagogico, per gettare polvere negli occhi con formule roboanti e attaccando il presunto nemico di turno per distogliere il pubblico dai veri problemi. Si concentrano sulle cose che risultano più facili da colpire: i beni immobili di chi ha sempre pagato le tasse, gli stipendi fissi, le pensioni, soprattutto quelle medio-basse e additano al ludibrio pubblico gli statali che da parecchi anni non rinnovano il contratto di lavoro. Marta, seguendo il discorso fatto a reti unificate dal Nostro Caro Premier, non ha un lavoro stabile ed è incinta, mentre le sue colleghe statali hanno la maternità pagata.
    Si mettono i lavoratori gli uni contro gli altri, in modo demagogico, quando bisognerebbe estendere i diritti invece di abbassare quelli di chi li ha, frutto di lotte decennali e secolari. Non è abbassando i diritti a chi li ha che si redistribuiscono a tutti, semplicemente si diminuiscono e si tolgono a tutti. Solo creando delle reali occasioni di lavoro si può uscire dalla crisi e penso che i soldi si possano trovare prendendoli lè dove ci sono. Si vede cosa sono riuscite a fare le misure restrittive finora adottate, la riforma Fornero sulle pensioni e sul lavoro. Con il Job Act avremo una formula in più di contratto: quarantasette invece delle quarantasei attuali. A tutto questo è mancata finora una risposta che fosse minimamente adeguata e ciò non è perdonabile, soprattutto alla politica e agli uomini che ne hanno fatto un’occasione per la scalata al potere personale ottuso ed arrogante, in un partito che, nato e cresciuto per difendere gli interessi dei più deboli,, è diventato con gli anni sempre più simile a quelli che da sempre rubano, si approfittano, spadroneggiano e si assicurano una vita agiata per se’ e per la propria ” famiglia” .

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