ORE 23:19 Saint Louis e le linee del colore // Pubblicato da Le parole e le cose (LINK SOTTO)| DI ARNALDO TESTI ( CHE INSEGNA STORIA AMERICANA ALL’UNIV. DI PISA) :—-

 

 

 

Saint Louis e le linee del colore

5 settembre 2014 Pubblicato da Le parole e le cose http://www.leparoleelecose.it/?p=16005&1 commento

 

 


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di Arnaldo Testi

 


[In agosto gli Stati Uniti sono stati scossi dalla rivolta di Ferguson. Pubblichiamo un articolo di Arnaldo Testi apparso sul suo blog Short Cuts Americaracconta i cambiamenti che Saint Louis ha subito negli ultimi decenni e aiuta a collocare la rivolta di Ferguson nel suo contesto storico e sociale. Arnaldo Testi insegna Storia americana all’Università di Pisa].

 

 

 

 

 

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Era common knowledge, quando abitavamo nella St. Louis County, verso la metà degli anni 1980s, che per andare a downtown St. Louis era meglio imboccare subito le expressways e lasciar perdere le strade urbane. Che fosse common knowledge ce lo dissero quasi subito al nostro arrivo, ma ci volle qualche settimana per capirne davvero la ragione. Lungo le strade urbane, che sulla carta sembrano più facili e dirette, i poliziotti ti tendono gli agguati, aspettano il tuo minimo errore di guida per farti la multa, perché i soldi delle multe sono importanti fonti di finanziamento per i piccoli comuni che attraversi. Mi pare che le statistiche di oggi suggeriscano che i fermati e multati siano in gran parte guidatori neri locali. Nella nostra esperienza aneddotica di allora erano poliziotti neri in attesa degli studenti bianchi della University of Missouri che, soprattutto nei weekend, tornavano al campus a notte tarda dopo aver fatto baldoria in centro, un po’ bevuti e un po’ stoned – facili prede.

La University of Missouri–St. Louis, dove stavamo anche noi, ha come indirizzo postale “St. Louis, Missouri”, ma in realtà è al di fuori dei confini municipali della città, nella parte settentrionale della contea di St.Louis, la cosiddetta North County. Il campus si estende sul territorio di tre cittadine di poche migliaia, a volte poche centinaia di abitanti, Normandy, Bellerive e Bel-Nor (le n. 55, 4 e 5 della mappa qui sopra), incastrate insieme ad altre fra St. Louis proper e la City of Ferguson più a nord (la n. 31). Sono tutti municipi autonomi, ed erano allora in rapida trasformazione demografica: da suburbs bianchi in suburbs neri. La white flight dal cuore metropolitano di St. Louis li aveva attraversati e superati come un’onda nei decenni precedenti, e il suo posto era stato preso dalla black flight. Diventati a maggioranza afro-americana, i municipi si sono impoveriti, e anche i soldi delle multe aiutano. Che, almeno allora, a pagarli fossero un po’ di studenti bianchi intossicati doveva dare qualche soddisfazione extra.

Una delle volte in cui, ancora innocenti dei costumi locali, ci fermarono in questa sorta di black belt di micro-municipalità, non avevamo rispettato uno stop. Cioé, avevamo rallentato quasi a fermarci, ma non del tutto. Erano le due del mattino, non c’era anima viva in giro. Ma nascosta dietro l’angolo c’era la squad car, a luci prima spente e subito accese, tutta per noi. Il poliziotto afro-americano non sapeva bene che farsene della nostra driver licence italiana, la teneva per un angolo fra pollice e indice come fosse una molliccia escrescenza. Finimmo così alla stazione di polizia. Una decina di scrivanie in uno stanzone semi-buio. Seduto dietro ciascuna, un poliziotto nero. Seduti davanti, teenagers neri ammanettati – sperammo, non per violazioni del traffico. Del nostro officer, peraltro, capivamo a stento qualche parola del suo indifferente e, a noi pareva, ostile Black English. A rompere l’impasse arrivò dopo un’ora un poliziotto bianco. Ci spiegò rapidamente ciò che dovevamo fare (tornare di lì a qualche giorno alla locale traffic court a saldare il conto), e ci rimise in strada verso il nostro mondo.

Percentuale di residenti afro-americani (blu: più di 80%), 1970, 1990, 2010

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Prendendo le expressways, che sono autostrade separate, tagliavamo attraverso simili seccature, e anche attraverso la black belt settentrionale. Anche qui c’era un caveat, tuttavia, un pericolo a est. Ci dissero che una volta arrivati a downtown St. Louis (dove andavo tutti i giorni a fare ricerca negli archivi municipali) bisognava assolutamente uscire dall’autostrada prima di imboccare il ponte sul Mississippi. Altrimenti ci saremmo trovati sull’altra sponda, in Illinois, a East St. Louis. E nessuno voleva davvero fare manovre di rientro nelle strade di East St. Louis. In tutti questi consigli di amici e colleghi bianchi, non comparivano mai le parole “race” o “black”, e neanche “crime”, ma insomma, ci si capiva. East St. Louis in particolare, ormai al 97% nera, era un vero spauracchio, con una storia drammatica di segregazione e race riots che risaliva alla Prima guerra mondiale, e una storia più recente di decadenza e povertà, di gangs e gang wars. In una sua ballata di allora, Tom Waits, per dire che sei proprio in un postaccio, diceva “and you’re east of East St. Louis”. Meglio evitare.

La City of Ferguson, poco più a nord del nostro campus, era ancora a larga maggioranza bianca, capitava di andarci a fare qualche spesa senza ricevere particolari consigli. La grande trasformazione demografica sarebbe avvenuta con spettacolare velocità nel ventennio successivo: da 74% bianca nel 1990 a 67% nera nel 2010. Nel bel mezzo della trasformazione era invece St. Louis. Dei suoi circa 400.000 abitanti, i bianchi stavano scendendo dal 60% nel 1970 al 51% del 1990; la tendenza era chiara e sarebbe stata confermata nel 2000: 45%. Viceversa i neri stavano salendo dal 41% al 48%, e infine nel 2000: 52%. A metà degli anni 1980s si era vicini al tipping point, al momento di rovesciamento delle maggioranze razziali. E fra i bianchi c’era molto nervosismo e un senso di inevitabilità. L’aumento della percentuale di popolazione afro-americana era dovuto alla loro precedente lenta fuga verso i suburbs – una fuga che ora quell’aumento non faceva che accelerare ulteriormente.

A noi capitava di discuterne socialmente, e di percepire il nervosismo, al circolo delle bocce di The Hill, “Italian Hill”, la storica enclave italo-americana nel South Side bianco della città, sotto i ritratti di Yogi Berra e Joe Garagiola, eroi del quartiere e grandi stars del baseball nazionale. Capitava di discuterne, più politicamente, con alcuni attivisti del partito Democratico, dominante in città (27 dei 28 consiglieri comunali) e che stava, anch’esso, cambiando pelle. Perché le conseguenze erano prevedibili, in termini di rappresentanza politica e quindi, concretamente, di gestione del personale e del patronage municipale. A differenza della piccola Ferguson, dove alla maggioranza nera corrisponde ancora oggi una struttura di potere politico bianca, St. Louis elesse nel 1993 il suo primo sindaco afro-americano (e dal 1991 aveva il primo police chief nero). Non so bene che cosa sia successo da allora. Vedo che il sindaco è di nuovo bianco, anche se con una sua peculiarità: è un cattolico maronita, con ascendenze libanesi.

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[Immagine: Ferguson, Missouri].

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