13:39 —— 65 anni fa il suicidio di Cesare Pavese: ha inizio “la noia” degli intellettuali moderni. Era il 27 agosto del 1950

 

 

IL BLOG:


QUESTA E’ NOIA?

 

« Non ci si uccide per amore di una donna. Ci si uccide perché un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, amore, disillusione, destino, morte[6]. »

 

E subito dopo, il 28 agosto del 195o:

 

« Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più. »

 

(dal Diario di Cesare Pavese (1935-1950)–Einaudi 1952, a cura di Italo Calvino, Natalia Ginzburg, Massimo Mila)

 

 

 

l’avevate già visto piccolino così?

 

 

 

 

 

Il 15 maggio del 1935 lo scrittore Cesare Pavese, in seguito ad altri arresti di intellettuali aderenti a “Giustizia e Libertà“, venne sospettato di frequentare il gruppo di intellettuali a contatto con Leone Ginzburg, e venne trovata, tra le sue carte, una lettera di Altiero Spinelli detenuto per motivi politici nel carcere romano.

Accusato di antifascismo, Pavese venne arrestato e incarcerato dapprima alle Nuove di Torino, poi a Regina Coeli a Roma e, in seguito al processo, venne condannato a tre anni di confino a Brancaleone Calabro dove visse in esilio per 6 mesi.

da: http://www.prolocobrancaleone.it/cesare-pavese-il-confino-a-brancaleone/

 

 

http://tucc-per-tucc.blogspot.it/2015/02/cesare-pavese-santo-stefano-belbo-09.html

 

 

ARTICOLO DI ANDREA ESPOSITO (FANPAGE DI OGGI)

 

 


 


 

65 anni fa il suicidio di Cesare Pavese: ha inizio “la noia” degli intellettuali moderni

Era il 27 agosto del 1950 quando in una camera dell’albergo Roma di Piazza Carlo Felice a Torino,

il poeta e scrittore Cesare Pavese si tolse la vita ingerendo dieci bustine di sonnifero.

Con lui aveva inizio quella che sarebbe poi diventata “la noia” degli intellettuali moderni.

 

di Andrea Esposito
Era il 27 agosto del 1950, esattamente sessantacinque anni fa, quando in una camera dell’albergo Roma di Piazza Carlo Felice a Torino, il poeta e scrittore Cesare Pavese si tolse la vita ingerendo dieci bustine di sonnifero.
In preda ad una profonda depressione e tormentato dalla delusione amorosa con l’attrice americana Constance Dowling, alla quale dedicò i versi di “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, lo scrittore piemontese, proprio mentre raggiungeva l’apice del suo successo, decise di mettere prematuramente fine alla sua vita all’età di 42 anni.

Pavese, come molti della sua generazione (nacque nel 1908), ebbe una vita difficile e avventurosa: passò l’infanzia a Santo Stefano Belbo, un piccolo paesino delle Langhe in provincia di Cuneo, ma malgrado le buone condizioni economiche della famiglia, furono anni tutt’altro che facili. Il padre morì di cancro quando aveva cinque anni e crebbe solo con la madre che gli impartì un’educazione molto rigida accentuando ancor di più il suo carattere timido e introverso.
Frequentò le scuole a Torino dove incontrò alcuni dei suoi amici più cari come Mario Sturani, compagno di studi e Tullio Pinelli, a cui farà leggere per primo le bozze di “Paesi tuoi” e lascerà una lettera prima di suicidarsi. Quest’ultimo, uno dei più grandi sceneggiatori del cinema italiano, sconvolto da questa tragedia gli dedicherà pochi anni dopo un episodio de “La dolce vita” di Fellini, quello di Steiner, l’intellettuale che si toglie tragicamente la vita e nel cui pensiero riecheggia lo spirito sensibile e raffinatissimo dell’amico poeta. Ma questi sono anche gli anni degli incontri con l’opera di D’Annunzio e di Alfieri che ebbero grande influenza nella sua poetica. In generale Pavese nella sua opera rimetteva al centro la ricerca di contatti umani, di ritorno al mondo rurale da cui proveniva senza però mai distaccarsi dall’ossessione della solitudine e dall’idea della morte. Il passaggio dalla poesia alla prosa fu immediato e quasi naturale, sebbene nel suo caso non si possa parlare di forma romanzo in senso compiuto, ma senz’altro di narrativa. Nei suoi racconti improntati a un realismo verghiano ma più di tutto alla narrativa americana c’è comunque una forte impronta piemontese, nel legame con la propria terra, nell’uso di un linguaggio molto vicino ai contadini e che si riflettono in una prosa molto scorrevole e “parlata”.
Fu un intellettuale modernissimo, fin dal 1930 si dedicò all’attività di traduttore che continuò fino al 1947. Tradusse “Moby Dick” di Melville, “Riso nero” di Anderson, “Ritratto dell’artista da giovane” di Joyce. La sua attività in Einaudi e la frequentazione di intellettuali antifascisti gli costò, nel 1935, l’arresto e la condanna al confino politico a Brancaleone Calabro, dove trascorse un anno afflitto da profonde crisi di depressione. In questo periodo iniziò a scrivere il diario che in seguito intitolò “Il mestiere di vivere”. Nel 1936, tornato in libertà, pubblicò il volume di poesie “Lavorare stanca”, poi scrisse due romanzi brevi “La bella estate” e “La spiaggia”. Durante la seconda guerra mondiale si rifugiò in campagna dalla sorella e trascorse diversi periodi nascosto nel convento di Crea. Dopo la liberazione si iscrisse al Partito Comunista e scrisse il romanzo politico “Il compagno”. Nel 1950, l’anno della sua morte, vinse il Premio Strega con “La bella estate” e fu pubblicato il romanzo della maturità “La luna e i falò”.

ARTICOLO A CURA DI Andrea Esposito

 

 

 

continua su: http://www.fanpage.it/65-anni-fa-il-suicidio-di-cesare-pavese-ha-inizio-la-noia-degli-intellettuali-moderni/http://www.fanpage.it/

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15 risposte a 13:39 —— 65 anni fa il suicidio di Cesare Pavese: ha inizio “la noia” degli intellettuali moderni. Era il 27 agosto del 1950

  1. Donatella scrive:

    Trovo bellissimi i titoli dei suoi libri:” Lavorare stanca”, “Il mestiere di vivere”, ” La luna e i falò”, ” La bella estate”.

  2. nemo scrive:

    Nemo ne aggiungerebbe uno: ” Fatica di vivere “.

    • Chiara Salvini scrive:

      Precisa correzione, che va nel senso di Cesare Pavere: “Il mestiere di vivere” è il titolo del suo diario, come sai-sapete, e nella parola “mestiere” c’è tutta la fatica e l’illusione di un possibile “apprendimento” a vivere; anche noi arriviamo ad un punto in cui ci diciamo: ” Ecco, adesso abbiamo più strumenti per capire e agire”, ma dopo un po’ siamo di nuovo per terra a zero—e dobbiamo ricominciare…finché non ci arrenderemo a starcene nel guscio piccolo che ci racchiude in grembo. Evidentemente lui ha rinunciato. C’è una poesia che adesso non ricordo bene, ma che ci comunica la fatica di vivere : ecco, è questa : “Lavorare stanca”. Tutti la conoscete, ma vale sempre rileggerla :
      “La noia dei nostri intellettuali”, cosa avrà voluto dire? Io conosco solo il romanzo di Moravia con questo titolo : “La noia”. Casualmente osservo oggi questa manifestazione con più assiduità di altri tempi : un essere umano, che non “sente” più alcun senso nella propria vita, e che l’unica realtà che gli dà questo senso e lo fa “sentire vivo” è il sentirsi “attratto eroticamente”, non importa da chi e da cosa. Questo mi pare anche “la rappresentazione” del romanzo di Moravia. Se hai-avete letto, avete qualcosa da comunicarci? grazie! chiara

  3. nemo scrive:

    Nemo conosce solo una poesia col titolo ” Lavorare Stanca ” ( del ’34) che inizia: ‘Traversare una strada per scappare di casa / lo fa solo un ragazzo, …..’ che non contiene il verso sulla noia dei nostri intellettuali, riportato da Chiara .

    • Chiara Salvini scrive:

      Ninìn bello, a leggere un po’ le lettere e un po’ le figure, ci si può sbagliare. NOn sempre l’elicottero dà precisione, oltre che insieme. La poesia del ’34 è ben lontana dalla noia; l’articolo afferma: alla morte di Pavese: ha inizio la noia…Chaira ha chiesto a te che sai tutto:l’articolo, parlando della noia dei nostri intellettuali, cosa avrà voluto dire?

  4. nemo scrive:

    Il 28 Agosto del ’50 Pavese non era già morto ?

  5. nemo scrive:

    Ehh, cara Chiara, se nemo ‘sapesse tutto’ sarebbe un fenomeno da baraccone. Fortunatamente, è d’ un’ ignoranza crassa che più non si può. Per cercare di capire cosa Pavese volesse dire a proposito degli intellettuali, bisognerebbe leggere lo scritto che nemo non conosce.

  6. nemo scrive:

    Ma chi è che dice che con la morte di Pavese ha inizio la noia degli intellettuali moderni ( affermazione apodittica ! ) ? Certamente, non Pavese …..

  7. nemo scrive:

    Nemo ringrazia per i bacini ( graditissimi ) e si ripromette di leggere l’ articolo ( computer permettendo ).

  8. nemo scrive:

    Mahh, se ho letto bene, l’ articolo di Andrea Esposito ( o a cura di Andrea Esposito ? ) non parla di ‘noia’, sostantivo che si ritrova solo nella ‘titolatura’. Che voglia significare l’ autore per noia degli intellettuali ( definizione molto vaga, generica ) solo lui potrebbe dirlo. Di intellettuali per nulla ‘annoiati’, dopo Pavese, se ne conoscono. Chiara sicuramente ne potrà elencare moltissimi, divertenti e divertiti.

    • Chiara Salvini scrive:

      chiara direi proprio di no, troppi anni mi sono isolata nella psicologia clinica (almeno 40) : ecco, se tu volessi farlo invece al posto suo. Anche nemo, volendo, ti darebbe “una mano grossa”! Anche mario conosce la letteratura italiana bene, mi pare, per come si può apprendere da una persona che ha da tempo fatto “il voto del silenzio con la vecchia ciabatta-moglie”: in casa slega i contatti esterni e si riposa del mondo pubblico (sua stessa ammissione); non è detto che sia un male. “Noia”, in questo caso, ho inteso “persone che non trovano un senso alla vita” –Mi viene in mente Boris Vian, la vita è come un dente che ti fa sempre male, ma finalmente te lo arrancano–Come sai, lui si è suicidato –Non è poi un personaggio così rappresentativo della letteratura, forse di un costume di un’epoca del dopoguerra, Juliette Greco…”La nausea ” di Sartre però non ricordo. grazie di aver letto l’articolo, con nemo che non legge è venuto un pasticcio divertente! ciao, notte notte

  9. nemo scrive:

    Ma insomma, chi può affermare che gli ‘intellettuali moderni’ sono annoiati ? Come tutti gli esseri viventi ci saranno intellettuali annoiati e altri no. Questo anche prima di Pavese. Vero Chiara ?

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