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Biondo era e bello e di gentile aspetto…… Dante, Purgatorio canto III
Storica National Geographic
Il 26 febbraio 1266 nella battaglia di Benevento muore Manfredi, ultimo sovrano svevo del regno di Sicilia.
Figlio naturale dell’imperatore Federico II di Svevi…
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Purgatorio · Canto III
Avvegna che la subitana fuga dispergesse color per la campagna, rivolti al monte ove ragion ne fruga,i’ mi ristrinsi a la fida compagna: e come sare’ io sanza lui corso? chi m’avria tratto su per la montagna?El mi parea da sé stesso rimorso: o dignitosa coscïenza e netta, come t’è picciol fallo amaro morso!Quando li piedi suoi lasciar la fretta, che l’onestade ad ogn’ atto dismaga, la mente mia, che prima era ristretta,lo ‘ntento rallargò, sì come vaga, e diedi ‘l viso mio incontr’ al poggio che ‘nverso ‘l ciel più alto si dislaga.Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio, rotto m’era dinanzi a la figura, ch’avëa in me de’ suoi raggi l’appoggio.Io mi volsi dallato con paura d’essere abbandonato, quand’ io vidi solo dinanzi a me la terra oscura; e ‘l mio conforto: «Perché pur diffidi?», Vespero è già colà dov’ è sepolto Ora, se innanzi a me nulla s’aombra, A sofferir tormenti, caldi e geli Matto è chi spera che nostra ragione State contenti, umana gente, al quia; e disïar vedeste sanza frutto io dico d’Aristotile e di Plato Noi divenimmo intanto a piè del monte; Tra Lerice e Turbìa la più diserta, «Or chi sa da qual man la costa cala», E mentre ch’e’ tenendo ‘l viso basso da man sinistra m’apparì una gente «Leva», diss’ io, «maestro, li occhi tuoi: Guardò allora, e con libero piglio Ancora era quel popol di lontano, quando si strinser tutti ai duri massi «O ben finiti, o già spiriti eletti», ditene dove la montagna giace, Come le pecorelle escon del chiuso e ciò che fa la prima, e l’altre fanno, sì vid’ io muovere a venir la testa Come color dinanzi vider rotta restaro, e trasser sé in dietro alquanto, «Sanza vostra domanda io vi confesso Non vi maravigliate, ma credete Così ‘l maestro; e quella gente degna E un di loro incominciò: «Chiunque Io mi volsi ver’ lui e guardail fiso: Quand’ io mi fui umilmente disdetto Poi sorridendo disse: «Io son Manfredi, vadi a mia bella figlia, genitrice Poscia ch’io ebbi rotta la persona Orribil furon li peccati miei; Se ‘l pastor di Cosenza, che a la caccia l’ossa del corpo mio sarieno ancora Or le bagna la pioggia e move il vento Per lor maladizion sì non si perde, Vero è che quale in contumacia more per ognun tempo ch’elli è stato, trenta, Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto, ché qui per quei di là molto s’avanza». |
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