UNA RESISTENZA SEMPRE VIVA! CESARE LIPPARINI, SCANIGLIA—RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO CON ESTREMO PIACERE–

 

Pubblico volentieri questa foto fatta oggi in occasione del conferimento al Partigiano combattente massetano Cesare Lipparini , nome di battaglia “Scaniglia” della XXIII° Brigata Garibaldi ” Guido Boscaglia” , di una medaglia commemorativa ,in bronzo, in occasione del 25 Aprile 2016( 72° anniversario della Liberazione dal Nazi -fascismo) conferita a tutti i partigiani viventi dal Ministro della difesa Pinotti. Hanno consegnato la medaglia e la pergamena il sindaco di Massa M.ma Marcello Giuntini e il comandante dei Carabinieri Salvatore Tiralongo.
Auguri e un abbraccio forte a Cesarino “Scaniglia” Lipparini.

 

Foto de Lina del Podestà.

 

 

 

 

 

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Biografie R/esistenti

Cesare Lipparini, ‘Scaniglia’

Nasce a Massa Marittima il 4 luglio del 1925.
Il padre Giulio, originario di Bologna dove ha frequentato un collegio con Guglielmo Marconi, è proprietario di una calzoleria che fabbrica scarpe anche per i Distretti Militari di Siena; la madre Enrichetta Spinicci è di Follonica, nipote di un ex garibaldino che aveva combattuto sul Volturno con Giuseppe Garibaldi.

Cresciuto in una famiglia dai sentimenti avversi al regime, Cesare fin da ragazzo ha modo di frequentare l’ambiente antifascista anche nello stesso stabile in cui abita. I primi rudimenti che contribuiscono ad aprirgli gli occhi sulla realtà glieli fornisce un vecchio socialista originario di Modica (RG), il grande invalido Pietro Antimi, ma è molto importante anche il suo assistere ai continui arresti di un altro vicino di casa, quel Silvio Quintavalle (vedi Biografia R/esistente), anarchico preventivamente fermato dalle camicie nere (assieme ad altri antifascisti come Libero Corrivi ed i fratelli Gasperi) ogni volta che Duce, Re o qualche gerarca si avvicinano al territorio comunale, anche semplicemente transitando in treno da Follonica.

Altri fatti colpiscono i suoi sentimenti: è giovane testimone di numerose e sproporzionate aggressioni subite da giovanotti tenacemente antifascisti come Enrico Filippi, Otello Gattoli, Elvezio Cerboni, ripetutamente provocati e picchiati da gruppi di fascisti.
Anche suo padre, una volta, viene schiaffeggiato per non essersi tolto il cappello al passaggio di un corteo fascista.

Con queste premesse, all’indomani dell’8 settembre, la scelta di Cesare avviene veloce e spontanea: diciottenne, decide di non presentarsi al ricostituito esercito mussoliniano e di rifugiarsi nelle conosciute macchie di Settefonti, insieme ad una decina di giovani massetani tra i quali Piccioli, Menichetti, Venturi. Non prima, però, di essersi tutti procurati armi per lo sbandamento di reparti della Divisione Ravenna, acquartierati in Poggio a Massa Marittima.

Frattanto anche altri due gruppi di antifascisti massetani si sono formati all’Uccelliera o in altre macchie: si tratta del gruppo dei fratelli Zazzeri, inizialmente autonomi, e di quello più numeroso che comprende gli “storici” Gattoli, Cerboni e Filippi (che saranno accomunati anche nella dura sorte di restare vittime dei nazifascisti) con molti altri giovani come Giovannetti, Petrai, Martellini.

Tutti questi gruppi per un certo periodo si riuniranno nella c.d. Banda del Massetano, prima di ridiversi (dividersi?, blog) per vari motivi di numero, di strategia ma anche di colore politico.
Questa attività partigiana può contare su una fondamentale ed estesa rete di solidarietà e di protezione preparata da anziani antifascisti. Cesare Lipparini ricorda il lavoro dello stagnino Antonio Bizzi, importante punto di riferimento, e della staffetta Vasco Bernardini, fornaciaio a Schiantapetto.
Altra imprescindibile figura è Ugo Ugolini, del podere Montalto in località La Stima, sulla strada per Gerfalco: saranno lui e la sua famiglia a dare precise indicazioni, nascondere o accompagnare decine e decine di giovani che scelgono ‘la via della macchia’.

Le prime importanti azioni, ‘Scaniglia’ le compie sotto il comando del capitano Mario Chirici che subentra a Cerboni nella gestione della Banda ormai divenuta IIIa Brigata Garibaldi “Camicia Rossa”: l’assalto ed il disarmo della caserma Dicat di Massa Marittima, l’occupazione momentanea di Monterotondo Marittimo, la cattura di un pullman di carabinieri fascisti che vengono disarmati e rilasciati dopo una votazione tra i partigiani.

 

 

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